N. 13 ORDINANZA 12 - 19 gennaio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reato in genere - Emissione di assegno a  vuoto  -  Nuova  disciplina
 sanzionatoria  - Ambito di applicazione - Limiti temporali - Causa di
 improcedibilita'  -   Beneficio   -   Esclusione   -   Questione   di
 costituzionalita'  fondata  su l'erronea interpretazione dell'art. 11
 della legge n. 386/1990 - Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 2, 5, 11 e 12).
 
 (Cost., art. 25, secondo comma).
(GU n.4 del 27-1-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 5, 11 e  12
 della  legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria
 degli assegni bancari), promossi con n.  2  ordinanze  emesse  il  23
 gennaio 1992 dal Pretore di Breno nei procedimenti penali a carico di
 Verbali  Giovanna  e  Zigliana  Rocco,  iscritte ai nn. 351 e 352 del
 registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 2  dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che con due ordinanze in data 23 gennaio 1992 il Pretore
 di  Breno  -  nel   corso   del   giudizio   penale   nei   confronti
 (rispettivamente)  di Verbali Giovanna e Zigliana Rocco, imputati del
 reato di emissione di assegno  bancario  senza  provvista  (art.  116
 regio decreto n. 1736 del 1933) commesso prima dell'entrata in vigore
 della  legge  15 dicembre 1990 n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria
 degli assegni bancari)  -  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  in  via  incidentale degli artt. 2, 5, 11, e 12 della
 citata legge n. 386 del 1990;
      che il giudice rimettente ritiene che, da una parte,  l'art.  12
 ha  abrogato  l'art.  116  citato, e che, d'altra parte, l'art. 11 ha
 sottratto alle sanzioni previste dalla nuova normativa (sanzioni piu'
 severe in considerazione  delle  pene  accessorie  prima  applicabili
 soltanto  per  i casi piu' gravi) i reati commessi prima dell'entrata
 in vigore della legge n. 386  del  1990  soltanto  a  condizione  che
 l'imputato provveda al pagamento dell'assegno, degli interessi, della
 penale e delle spese;
      che pertanto, ove tale condizione non si verifichi, occorre fare
 applicazione  -  secondo  il  giudice  rimettente - della nuova (piu'
 severa) normativa anche a condotte poste in essere  prima  della  sua
 entrata   in  vigore  sicche'  risulta  conseguentemente  violata  la
 prescrizione del secondo comma dell'art. 25 Cost. secondo cui nessuno
 puo' essere punito se non in forza di una legge che  sia  entrata  in
 vigore  prima  del  fatto  commesso;  che  e'  intervenuto  (nel solo
 giudizio promosso  con  l'ordinanza  n.  252/90)  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello Stato, sostenendo la manifesta inammissibilita' della
 questione per essere gia' stata decisa da questa Corte  con  sentenza
 n. 32 del 1992;
    Considerato che il combinato disposto denunziato dal giudice a quo
 non  conduce  alla  applicazione  sempre ed in ogni caso delle "norme
 nuove anche a condotte precedenti", atteso che l'art. 11 ha  il  solo
 scopo   di  consentire  l'operare  della  causa  di  improcedibilita'
 dell'azione  penale  correlata   alla   possibilita'   di   utilmente
 effettuare  il pagamento in sanatoria ivi previsto (introducendo, nei
 limiti di questa innovazione, una disciplina che e' in ogni caso piu'
 favorevole per l'imputato) e non ha invece  la  funzione  di  imporre
 l'applicazione  della legge nuova pure nel caso in cui si realizzi la
 suddetta condizione di procedibilita';
     che,  verificandosi  tale  ultima  evenienza  e  quindi   essendo
 procedibile  l'azione  penale, opera, invece la generale prescrizione
 dettata dall'art. 2, comma terzo, cod. pen. sicche'  e'  compito  del
 giudice  accertare quale sia, nel singolo caso concreto sottoposto al
 suo esame, la disposizione penale piu' favorevole  come  univocamente
 statuito  dalla  Corte  di  Cassazione con talune pronunzie (Cass. 17
 giugno 1992 n. 6997, Cass. 12 maggio  1992  n.  5547),  peraltro  non
 contraddette  da  altra (Cass. 17 giugno 1992 n. 7031) nella quale la
 affermata valutazione  ex  lege  della  nuova  disciplina  come  piu'
 vantaggiosa    per   l'imputato   e'   riferita   alla   ipotesi   di
 improcedibilita' di cui all'art. 11;  che  non  e'  possibile  trarre
 argomenti  in senso contrario dall'art. 12, nel senso che tale norma,
 statuendo l'abrogazione dell'art. 116 del regio decreto n.  1736  del
 1933,  escluderebbe la possibilita' di ogni ulteriore applicazione di
 tale  disposizione  incriminatrice;  infatti  al  di  la'  del   dato
 meramente  letterale  il  coordinamento  del  citato  art. 12 con gli
 articoli 1 e 2 precedenti rende evidente  che  la  abolitio  criminis
 riguarda  in  realta'  soltanto  talune  delle  fattispecie criminose
 previste dall'art. 116, mentre quelle previste nei numeri 1 e  2  del
 suo primo comma risultano riformulate (e quindi meramente modificate)
 nelle   fattispecie   incriminate,   rispettivamente,  dai  ricordati
 articoli 1 e 2 della nuova legge;
      che pertanto la  questione  di  costituzionalita'  -  in  quanto
 fondata  su  un'erronea  interpretazione  dell'art.  11  citato  - e'
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e 9, secondo comma, delle norme integrative  per  i  giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi, dichiara manifestamente infondata la questione
 di costituzionalita' degli artt. 2, 5, 11, e  12  legge  15  dicembre
 1990  n.  386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari),
 in  riferimento  all'art.  25,  secondo  comma,  della  Costituzione,
 sollevata dal Pretore di Breno con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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