N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 1992

                                 N. 24
 Ordinanza emessa il 16 dicembre 1992 dalla pretura di Lecce,  sezione
 distaccata  di  Campi Salentina, nel procedimento civile vertente tra
 Marso Cosimo ed altri e il comune di Squinzano ed altri
 Regione Puglia - Edilizia residenziale pubblica -  Provvedimenti  del
 comune  dichiarativi  dell'annullamento o decadenza dall'assegnazione
 di alloggi di edilizia popolare - Prevista ricorribilita' innanzi  al
 pretore - Conseguente estensione con legge regionale della competenza
 dell'autorita' giudiziaria ordinaria - Incidenza su materia riservata
 alla esclusiva competenza statale.
 Regione  Puglia  -  Edilizia  residenziale pubblica - Attribuzione al
 sindaco, anziche' al consiglio comunale, della competenza ad emettere
 i  provvedimenti  di  decadenza  dall'assegnazione  dell'alloggio   -
 Travalicamento della competenza legislativa regionale.
 Regione  Puglia - Edilizia residenziale pubblica - Prevista decadenza
 dall'assegnazione dell'alloggio in caso  di  non  stabile  abitazione
 nello  stesso  -  Ipotesi  non  prevista  nella  normativa  statale -
 Travalicamento della competenza legislativa regionale.
 (Legge regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54, art. 19, primo  comma,
 p.p., lett. b), p.p., e settimo comma).
 (Cost., artt. 108 e 117).
(GU n.5 del 3-2-1993 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti:
                           OSSERVA IN FATTO
    Con  ricorso 19 gennaio-4 febbraio 1986, Cosimo, Silvana, Gaetano,
 Rita, Giuseppe e Vincenzo  Marzo,  tutti  eredi  di  Pasquale  Marzo,
 assegnatario  di  alloggio  Gescal  con  promessa  di  futura vendita
 contratto  (9  ottobre  1964,  reg.  in   pari   data),   proponevano
 opposizione,  innanzi  a  questo pretore, avverso il provvedimento 13
 dicembre 1985, n. 85, del sindaco di  Squinzano,  con  il  quale  era
 stata  dichiarata  la  decadenza dell'assegnazione ai sensi dell'art.
 19, lett. b) della legge regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54.
    Deducevano a sostegno dell'opposizione:  A)  l'illegittimita'  del
 provvedimento  sindacale,  costituente una duplicazione - in pendenza
 di giudizio - di quello emesso in data 4 ottobre 1984 dal  presidente
 dell'I.A.C.P.  di Lecce ed opposto dagli stessi ricorrenti con atto 3
 gennaio 1985; B)  l'illegittimita'  del  suddetto  provvedimento  per
 violazione  nel procedimento fissato dalla normativa regionale citata
 (art. 19 e 18), volto ad accertare la  sussistenza  delle  condizioni
 per  le  dichiarazioni  di  annullamento  e  decadenza; C) nel merito
 "l'insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto" del motivo di
 decadenza (non stabile abitazione dell'assegnatario e dei suoi  eredi
 nell'alloggio assegnato).
    Costituitosi,  il  comune,  dopo  avere rilevata la competenza del
 sindaco  in  subiecta  materia  (prima   attribuita   al   presidente
 dell'I.A.C.P.  ex  art.  11 della legge 30 dicembre 1972, n. 1035) ai
 sensi della gia' richiamata legge  regionale,  sottolineava  che  "il
 nuovo  atto  sostituiva  l'altro,  lo rafforzava e lo convalidava per
 effetto del perpetuarsi della situazione presistente".
    Nel merito osservava che l'alloggio dei Marzo era  stato  concesso
 in   locazione  a  tal  Salvatore  Bianchi,  sin  dal  1981,  sicche'
 indiscutibile si appalesava l'abuso e  correlativamente  corretto  il
 provvedimento di decadenza.
    Nel  giudizio  spiegava intervento adesivo alle ragioni del comune
 il Bianchi, che giustificava la propria legittimazione ad intervenire
 in  quanto  in  possesso  dei  requisiti  di   legge   per   ottenere
 l'assegnazione  dell'alloggio  in  questione  in sanatoria ex art. 23
 della legge regione Puglia cit.
    All'udienza  del  23  settembre  1986,  i  ricorrenti  sollevavano
 questione  di legittimita' costituzionale della legge regionale nella
 parte in cui "equipara totalmente le diverse ipotesi di  assegnazione
 'senza  distinguere  tra  locazioni  semplici  e  promesse per future
 vendite', sottratte  queste  ultime  alla  potesta'  normative  delle
 regioni"  e  sulle  quali,  quindi,  il sindaco non poteva esercitare
 alcun potere sanzionatorio.
                          I N   D I R I T T O
    La   questione  di  legittimita'  costituzionale  della  normativa
 regionale nei termini prospettati dai  ricorrenti  e'  manifestamente
 infondata.
    Come   rilevato  dalla  giurisprudenza,  il  cui  orientamento  e'
 condivisibile, le  ipotesi  di  decadenza  dell'assegnazione  sancite
 dall'art.  17 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, riguardano sia le
 assegnazioni in locazione semplice sia quelle  con  patto  di  futura
 vendita,  fino  a quando per queste ultime non si sia perfezionato il
 trasferimento della  proprieta'  con  la  stipulazione  del  relativo
 contratto (ved. da ultimo: Cass. 13 novembre 1991, n. 12125; Cons. di
 Stato 5 ottobre 1991, n. 765).
    Piuttosto,  la  legge regionale e' sospetta di incostituzionalita'
 con riferimento: 1) alla previsione contenuta nell'art.  19,  settimo
 comma,  che attribuisce, in via esclusiva, al pretore la competenza e
 giurisdizionale sui ricorsi in opposizione  avverso  i  provvedimenti
 sindacali di decadenza; B) alla previsione dell'art. 19, primo comma,
 che   attribuisce  al  sindaco  la  materia  della  dichiarazione  di
 decadenza dall'assegnazione; C) alla previsione dell'art.  19,  primo
 comma,   lett.   B),   che   configura  la  decadenza,  tra  l'altro,
 nell'ipotesi in cui - come si assume nella  specie  -  l'assegnatario
 "non abiti stabilmente nell'alloggio assegnato".
    Con riferimento al profilo sub A, va preliminarmente osservato che
 il  riparto  della giurisdizione in tema di revoca delle assegnazioni
 ex art. 17 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n.  1035  ("decadenza"  nella
 legge  regionale)  e'  stato  per lungo tempo controverso; a partire,
 peraltro, dal 1989, la S. Corte di Cassazione con ripetute e numerose
 decisioni ha rilevato che, a parte l'ipotesi  di  decadenza  prevista
 dall'art.  11  del  d.P.R. n. 72/1035, che attribuisce "la competenza
 giurisdizionale (ved. s.u. 22 dicembre 1989 n. 5762)" per il  ricorso
 in   opposizione   al   pretore,   per  il  resto  il  riparto  della
 giurisdizione tra g.o. e g.a.  resta  regolato,  secondo  i  principi
 generali,  dalla  consistenza  delle  situazioni dedotte: sviluppando
 tali concetti si e', quindi, ritenuto che  l'addove  la  vicenda  non
 attenga,  come  nelle ipotesi di revoca, al rapporto pubblicistico di
 assegnazione,  ma  si  inserisca  nel  succesivo  rapporto  locativo,
 coinvolgendo   posizioni   di  diritto  soggettivo,  la  controversia
 appartiene alla  giurisdizione  del  g.o.,  mentre,  ove  investa  il
 suddetto  rapporto pubblicistico (fattispecie di annullamento ex art.
 16 del d.P.R. n. 72/1035), rientra nella giurisdizione del g.a. (ved.
 s.u. 19 aprile 1990, n. 3552; s.u. 22 gennaio 1991, n. 556).
    Peraltro, nonostante l'orientamento ormai consolidato nel  supremo
 collegio,  sussiste ancora nell'ambito della giustizia amministrativa
 un indirizzo non minoritario che  attribuisce  anche  in  materia  di
 revoca  e  decadenza la giurisdizione al giudice amministrativo (ved.
 da ultimo: Cons. di Stato 4 giugno 1990, n. 447; Cons. Stato 8 maggio
 1990, n. 360).
    L'appartenenza, comunque, al g.o. della giurisdizione in  tema  di
 opposizione   ai  provvedimenti  revoca,  non  correlabile  a  quella
 pretorile di cui all'art. 11 del  d.P.R.  n.  72/1035  cit.  -  norma
 questa   definita   "speciale"  e  non  estensibile  oltre  l'ipotesi
 considerata -  comporta  la  distribuzione  della  competenza  fra  i
 giudici  della  giustizia  ordinaria  secondo  i  normali criteri del
 valore.
    Orbene  l'art.  19,  settimo  comma, della legge regione Puglia 20
 dicembre 1984, n. 54, nell'attribuire al g.o.  la  giurisdizione  nei
 giudizi  di  opposizione  dal  pretore  la  competenza  per materia e
 territoriale inderogabile (funzionale), pare violare l'art. 108 della
 Costituzione, che  riserva  la  materia  processuale  al  legislatore
 statale.
    Ne'  la  norma  impugnata  -  rilievo, peraltro, inconferente - e'
 riproduttiva dell'art. 11, tredicesimo comma, del d.P.R. n.  72/1035,
 giacche'  questa  riguarda  la  sola ipotesi di decadenza per mancata
 stabile occupazione dell'alloggio da parte dell'assegnatario entro 30
 giorni  (o  60  se  lavoratore  emigrato  all'estero),  ma  contempla
 fondamentalmente  le  ipotesi di revoca di cui all'art. 17 del d.P.R.
 cit.; essa, quindi, non consente al g.o. ne' di verificare la propria
 giurisdizione alla stregua della normativa statale ne' alle parti  di
 eccepire  ed  al  giudice  di  rilevare  l'eventuale incompetenza per
 valore, sicche' evidente e' la rilevanza del giudizio in corso  nella
 questione.
    D'altro  conto,  la  Corte  costituzionale  ha gia' dichiarato con
 sentenza 30 dicembre 1991, n.  505,  l'illegittimita'  costituzionale
 della  normativa  prov.  Bolzano  in  tema  di  opposizione avverso i
 decreti  di  annullamento  e  decadenza,  riservata  alla  competenza
 giurisdizionale pretorile.
   Con  riferimento  dei  profili  sub.  B  e  C,  va osservato che il
 legislatore statale nel riordinare la materia dell'edilizia  pubblica
 residenziale  ha  emanato dapprima la legge delega 22 luglio 1975, n.
 382  per  il  completamento  del  trasferimento  alle  regioni  delle
 funzioni  corrispondenti  alle  materie  di  cui  all'art.  117 della
 Costituzione; e successivamente il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per
 l'esecuzione della delega ed ancora la legge 8 agosto 1977, n. 513  e
 5 agosto 1978, n. 457.
    In particolare con il d.P.R. del 1977, n. 616, art. 95, sono state
 attribuite   ai   comuni   "le  funzioni  amministrative  concernenti
 l'assegnazione di alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica"  (con
 salvezza   nella   competenza  stimati  fra  quelli  da  destinare  a
 dipendenti civili e militari dello Stato per esigenze  di  servizio),
 funzioni,   che   secondo   l'ormai  consolidata  giurisprudenza,  si
 estendono anche ai provveidmenti di decadenza, annullamento e revoca,
 di cui agli artt. 11, 16 e 17  del  d.P.R.  del  1972,  n.  1035;  il
 termine  "comune"  e'  stato  costantemente interpretato nel senso di
 "consiglio comunale" (ved. Cass. 16 settembre 1980, n. 5622, Cons. di
 Stato 22 settembre 1987, n. 539, Cass. 26 marzo 1988, n.  2593  e  da
 ultimo  Cass.  2  ottobre  1991,  n. 11400), sicche' appare di dubbia
 costituzionalita', ai sensi  dell'art.  117  della  Costituzione,  la
 norma   regionale   che   attribuisce   la   competenza  in  tema  di
 provvedimenti di decadenza  al  sindaco,  quale  organo  monocratico,
 ansiche'  al  consiglio  comunale;  norma in base alla quale e' stato
 emesso il provvedimento opposto, donde la rilevanza  della  questione
 nel presente giudizio.
    Il provvedimento sindacale del 13 dicembre 1985 e' stato emesso ex
 art.  19,  lett.  B,  della  legge  regionale  citata,  che contempla
 l'ipotesi in cui l'assegnatario "non abiti stabilmente  nell'alloggio
 assegnato"  (o  ne  muti  la destinazione d'uso). Tale ipotesi non e'
 prevista in alcuna delle fattispecie di decadenza e revoca di cui  al
 d.P.R.  del  1972, n. 1035, cui in tema di provvedimenti sanzionatori
 fa riferimento la successiva legislazione di  "riordino":  l'art.  11
 del  d.P.R.  cit. sancisce la decadenza nell'ipotesi in cui non venga
 assolto l'onere di occupare stabilmente l'alloggio "entro il termine"
 di legge o quello prorogato a seguito "di motivata  istanza",  mentre
 l'art.  17  fissa  la revoca nei casi di cessione a terzi, abbandono,
 uso  per  scopi  vietati,  dell'alloggio,  fruizione  di  un  reddito
 superiore  a  quello stabilito, tutte ipotesi diverse o solo in parte
 assimilabili a quella della non stabile abitazione  dell'assegnatario
 nell'alloggio,  di  cui  all'art.  19,  lett.  B), della disposizione
 regionale.
    Anche in tal caso appare non manifestamente infondata la  question
 di  legittimita'  costituzionale  della  norma  de qua per violazione
 dell'art. 117 della Costituzione.
    Il motivo, su cui  si  fonda  il  provvedimento  sindacale,  rende
 evidente la rilevanza della questione nel giudizio in corso.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 dichiara d'Ufficio  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 19, settimo comma, della legge
 regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54 per violazione  dell'art.  108
 della  Costituzione nonche' del primo c.p.p. e del primo comma, lett.
 B) del p.p. della stessa norma per  violazione  dell'art.  117  della
 Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata  alle  parti  ed  al  presidente  della  giunta  regionale
 pugliese nonche' comunicata al presidente del consiglio della regione
 Puglia.
      Campi Salentina, addi' 16 dicembre 1992
                    Il pretore: (firma illeggibile)
                                Il collaboratore di cancelleria: ROLLO
    Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1992.
                Il collaboratore di cancelleria: ROLLO

 93C0056