N. 8 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 febbraio 1993
N. 8 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 febbraio 1993 (della regione Liguria) Finanza regionale - Riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 - Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Mancata previsione dell'esenzione da detta imposta degli immobili posseduti dagli Istituti autonomi case popolari (I.A.C.P.) - Asserita invasione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia residenziale pubblica e lesione della autonomia finanziaria ed amministrativa della regione, essendo gli I.A.C.P. enti strumentali delle regioni - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee (esenzione per gli immobili dello Stato, delle regioni, province e comuni e mancata esenzione per gli immobili degli I.A.C.P.) - Violazione dei principi contenuti nella legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421 (art. 4), nonche' del principio della capacita' contributiva - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 307/1983 e 486/1992. (D.L. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7). (Cost., artt. 3, 117, 118 e 119).(GU n.8 del 17-2-1993 )
Ricorso per la regione Liguria, in persona del presidente pro- tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Giuseppe Petrocelli, con domicilio eletto in Roma, via degli Scipioni 228 presso lo studio dell'avv. Gianpaolo Zanchini contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente pro-tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante: "Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421" nella parte in cui non esenta dalla imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) gli immobili posseduti dagli istituti autonomi case popolari (I.A.C.P.). L'art. 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1993 n. 504 ha istituito, a decorrere dall'anno 1993, l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.). Presupposto dell'imposta e' il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati. Il successivo art. 4 prevede che l'imposta non si applichi per gli immobili di cui il comune e' proprietario o titolare dei diritti reali di cui all'art. 3, mentre l'art. 7 contempla le esenzioni dall'imposta. In particolare, risultano - tra gli altri - esentati: gli immobili posseduti dallo Stato, dalle regioni, dalle prov- ince, dai comuni (se diversi da quelli indicati nell'ultimo periodo del primo comma dell'art. 4), dalle comunita' montane, dai consorzi fra detti enti, dalle unita' sanitarie locali, .. dalle camere di commercio; i fabbricati con destinazioni ad usi culturali, ex art. 5- bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601; i fabbricati ad uso del culto e di proprieta' della Santa Sede indicati nel trattato lateranense di cui alla legge 27 maggio 1929, n. 810; i fabbricati appartenenti agli stati esteri e ad organizzazioni internazionali esenti dall'ILOR; i fabbricati che, gia' inagibili o inabitabili, sono stati recuperati per le attivita' assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 504; gli immobili destinati ad attivita' assistenziali previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonche' delle attivita' ex art. 16 lett. a) della legge 20 maggio 1985, n. 222. In tale elencazione non risultano ricompresi gli immobili posseduti dagli istituti autonomi case popolari (I.A.C.P.). La mancata previsione dell'esenzione dall'imposta per gli I.A.C.P. appare costituzionalmente illegittima e lesiva della sfera di competenza assegnata alle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica, nonche' dell'autonomia finanziaria ed amministrativa delle regioni in base alle seguenti considerazioni in D I R I T T O I motivo. - Violazione degli artt. 119, 117, 118 della Costituzione in relazione all'art. 93 del d.P.R. 27 luglio 1977, n. 616. Le funzioni statali inerenti alla programmazione ed alle attivita' di costruzione e gestione degli interventi di edilizia residenziale pubblica, nonche' quelle relative agli I.A.C.P. sono state trasferite alle regioni ad opera dell'art. 93 del d.P.R. n. 616/1977. Gli I.A.C.P. sono stati definiti da detta norma - tramite il richiamo all'art. 13 - come "enti dipendenti dalle regioni", dei quali le regioni disciplinano l'ordinamento, essendo competenti a statuire autonomamente in merito ai relativi controlli, ad eventuali fusioni, fino a giungere alla possibilita' di sopprimere ed estinguere tali enti e di stabilire "soluzioni organizzative diverse" (art. 93, secondo comma), tra cui - evidentemente - la gestione regionale diretta delle funzioni degli I.A.C.P. La regione Liguria ha scelto di mantenere in vita gli I.A.C.P. e ne ha disciplinato l'organizzazione con legge regionale 28 febbraio 1983, n. 6 (modificata con legge regionale 3 maggio 1985, n. 33) e, da ultimo, con legge regionale 29 dicembre 1986, n. 36 (modificata ed integrata da legge regionale 26 luglio 1988, n. 35) recante: "Disciplina degli enti strumentali della Regione". A norma delle leggi regionali ora citate e - prima ancora - a norma dello statuto della regione Liguria (artt. 17, terzo comma, n. 7), spetta alla regione l'approvazione dei bilanci degli enti dipendenti; inoltre, il bilancio di previsione dell'ente strumentale e' allegato al bilancio di previsione della regione, mentre il conto consuntivo e' sottoposto al controllo del comitato regionale di controllo. Il fatto che il bilancio degli I.A.C.P. venga "approvato" dalla regione, mediante atto che non e' di mero controllo, ma di amministrazione attiva, rende quest'ultima direttamente responsabile dei risultati conseguiti dagli I.A.C.P., ivi compresi, evidentemente, i risultati di negativa gestione. A cio' si aggiunga che dalla definizione degli I.A.C.P. quali "enti strumentali" della regione discende l'identita' degli scopi istituzionali dell'una e degli altri, giacche' l'ente strumentale - per definizione consolidata - e' solo il "braccio operativo" dell'ente titolare delle funzioni, del quale esegue gli indirizzi, realizza i programmi di attivita' e sul quale, in definitiva, fa ricadere i risultati della gestione; la stessa giurisprudenza di codesta Corte ha avuto modo piu' volte di qualificare gli I.A.C.P. come "istituti che vanno ricompresi tra gli enti operanti all'esclusivo servizo di funzioni attribuite alle Regioni" (v., da ultimo, sent. n. 486/92). Ora, da tutto quanto sopra esposto emerge chiaramente che gli eventuali disavanzi dei bilanci degli enti strumentali della regione sono suscettibili di far carico all'amministrazione regionale stessa, che - in quanto soggetto titolare delle funzioni di edilizia residenziale esercitate dagli I.A.C.P. - e' l'unico ente effettivamente interessato al risultato finale della gestione degli Istituti; in tale ottica, ad esempio, con norma legislativa, la regione Liguria ha fornito garanzia fidejussoria nei confronti dello I.A.C.P. di Genova in relazione al consolidamento delle esposizioni pregresse (legge regionale 1988, n. 38), con onere a carico del bilancio regionale. Orbene, l'unica entrata certa degli I.A.C.P., mediante la quale essi dovrebbero assicurare il pareggio di bilancio, e' costituita - per legge: art. 25 legge 8 agosto 1977, n. 513 - dai canoni di locazione e dall'alienazione degli alloggi. A seguito dell'istituzione dell'I.C.I. sono stati calcolati, sia pur sommariamente, gli esborsi che gli istituti liguri dovrebbero effettuare, per il pagamento dell'imposta, con il risultato che la quota disponibile sulle entrate per canoni non sarebbe - detratte le spese di amministrazione e manutenzione ordinaria - nemmeno sufficiente a coprire detto onere (v., a titolo esemplificativo, i docc. nn. 1 e 2). Inoltre, poiche' per il pagamento dello stesso verrebbe assorbita la quota destinata, ai sensi dell'art. 25 della legge n. 513/1977, a finanziare la manutenzione straordinaria del patrimonio, e' evidente che verranno sottratte indispensabili risorse per la conservazione della piu' vasta porzione di patrimonio pubblico, con inevitabile depauperamento dello stato patrimoniale di detti enti. A Genova, ad esempio, per pagare l'I.C.I., occorreranno all'I.A.C.P. oltre tre miliardi, ovvero il 62,3% dei canoni incassati (l'imposta, infatti, fa riferimento al valore catastale degli immobili, e quindi prescinde dal canone, stabilito per legge in rapporto al reddito dell'inquilino), e condurra' inevitabilmente a sicuri disavanzi di bilancio, o ad una dismissione del patrimonio immobiliare (v. ancora docc. nn. 1 e 2). La descritta situazione, in quanto causativa di sicuro deficit per gli I.A.C.P., rompe il gia' precario equilibrio tra entrate e spese degli Istituti dei quali impedisce l'autosufficienza finanziaria, e si traduce in una pesante violazione dell'autonomia finanziaria delle regioni, rispetto alle quali gli I.A.C.P. si pongono - come si e' detto - quali meri enti strumentali per l'esercizio di funzioni di esclusiva pertinenza regionale. E non v'e' dubbio che la disposizione dell'art. 119 della Costituzione sta in primo luogo ad indicare che per le regioni "l'autonomia finanziaria", deve concretarsi, sul piano sostanziale, in una condizione di autosufficienza per quanto attiene alla provvista dei mezzi occorrenti per far fronte alle "spese necessarie ad adempiere alle loro funzioni normali" (cosi' come precisa il secondo comma di detto articolo). E come statuito da codesta Corte con sentenza n. 307 del 1983, la necessita' del coordinamento fra finanza statale e finanza regionale, richiesto dall'art. 119, non puo' essere tale da consentire, di per se', misure di contenimento che vulnerino competenze ed interessi regionali costituzionalmente garantiti e cio' anche in presenza di situazioni congiunturali, risolvendosi le indebite limitazioni dell'autonomia finanziaria, oltretutto, in incidenza negativa sulla potesta' ex artt. 117 e 118 della Costituzione. E' logico, infatti, che se le somme per il pagamento dell'imposta assorbono le risorse destinate alla conservazione e all'incremento del patrimonio immobiliare degli I.A.C.P., si costringe inevitabilmente questi ultimi a procedere ad una dismissione del patrimonio, paralizzando in tal modo completamente l'esercizio delle funzioni regionali costituzionalmente garantite nella materia de qua. II motivo. - Violazione del principio di ragionevolezza. Come si e' detto, l'art. 7 qui impugnato esenta dall'I.C.I. gli immobili posseduti dalle regioni. Appare, allora, irragionevole ed arbitrario, e pertanto, viola il canone costituzionale della ragionevolezza degli atti legislativi, l'aver invece sottoposto ad imposizione gli immobili posseduti dagli I.A.C.P. che, in quanto enti strumentali delle regioni, ai fini che qui rilevano non possono che essere equiparati alle Regioni stesse. Ed invero, la esistenza degli I.A.C.P. e' meramente accidentale, come s'e' detto, potendo le regioni svolgerne le funzioni anche direttamente ed e' accidentale che nella regione Liguria il patrimonio immobiliare destinato al soddisfacimento dei bisogni di edilizia residenziale pubblica appartenga agli I.A.C.P., anziche' alle regioni. Se e' vero quanto ora esposto non si comprendono le ragioni per cui la norma impugnata abbia ritenuto di esentare un soggetto pubblico dall'imposizione e di assoggettarvi invece gli altri. Si richiamano, al riguardo, tutte le considerazioni svolte al precedente motivo, circa la natura degli enti strumentali di che trattasi quali meri soggetti attuativi degli indirizzi e delle scelte regionali nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, nonche' le argomentazioni circa l'identita' di scopi istituzionali delle regioni e degli I.A.C.P. III motivo. - Violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione all'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. L'art. 76 della Costituzione prevede che il Governo possa esercitare la funzione normativa su delega del Parlamento solo nel rispetto dei principi e criteri direttivi da quest'ultimo stabiliti. Nel caso di specie, il Governo e' stato delegato con l'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 ad emanare uno o piu' decreti legislativi diretti ad istituire l'I.C.I., con l'osservanza, in particolare, del criterio di esentare dall'imposta gli immobili destinati allo svolgimento delle attivita' istituzionali degli enti pubblici (tra cui quelli delle regioni) e - comunque - gli immobili destinati allo svolgimento di attivita' assistenziali. Ora, non v'e' dubbio che gli I.A.C.P. svolgano attivita' prevalentemente assistenziali (v. cass. ss.uu. del 6 aprile 1990, n. 9868), essendo diretti a fornire alloggi di tipo economico destinati a favorire le categorie piu' disagiate, a canoni calcolati senza intenti speculativi o di lucro, mai equiparabili ad una controprestazione in senso privatistico (v. Corte cotituzionale n. 193/1976). Per le ragioni sopra esposte, appare viziato per eccesso di delega l'art. 7 qui impugnato per la parte in cui non esenta dall'I.C.I. anche gli immobili degli I.A.C.P. IV motivo. - Violazione dell'art. 53 della Costituzione. La norma in rubrica enuncia che il criterio per determinare l'entita' dell'imposizione tributaria e' dato dalla "capacita' contributiva". Cio' che, tuttavia, la norma impugnata sembra ignorare e' che, proprio per la sua particolare destinazione e per le finalita' di tipo assistenziale a cui assolve, il patrimonio immobiliare degli I.A.C.P. non puo' produrre "reddito". Anche sotto tale profilo, pertanto, l'art. 7 che qui si denuncia appare contrastare con la Carta Costituzionale.
P. Q. M. Si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta ecc.ma Corte voglia dichiarare la costituzionale illegittimita' dell'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nella parte in cui non esenta dall'I.C.I. gli immobili degli Istituti autonomi case popolari. Si depositano le note prot. 8 del 22 gennaio 1993, dello I.A.C.P. di Genova e prot. 2061 del 12 gennaio 1993 dello I.A.C.P. di La Spezia. Genova - Roma, addi' 22 gennaio 1993 Avv. Giuseppe PETROCELLI 93C0106