N. 45 SENTENZA 28 gennaio - 10 febbraio 1993

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Enti pubblici - Regioni Lombardia e Toscana - Gestione del bilancio -
 Indirizzi - Direttive del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  -
 Richiamo  alla  giurisprudenza della Corte - Esercizio della funzione
 soggetto all'osservanza di precisi requisiti di sostanza e di forma -
 Invasione  di  attribuzioni  garantite  alle  regioni  -  Illegittimo
 strumento di controllo e compromissione della autonomia finanziaria -
 Violazione  della  riserva  di  legge  -  Non  spettanza allo Stato -
 Annullamento parziale della direttiva del  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  pubblicata  nella    Gazzetta Ufficiale n. 125, del 29
 maggio 1992
 
 (D.P.C.M. pubbl. nella Gazz. Uff. del 29 maggio 1992, n. 125)
 
 (Cost., artt. 97, 117, 118 e 119).
(GU n.8 del 17-2-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  promossi  con  ricorsi  della Regione Lombardia e della
 Regione Toscana, notificati rispettivamente il 27  ed  il  28  luglio
 1992,  depositati  in  Cancelleria  il  1›  ed il 10 agosto 1992, per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito  della  direttiva  del
 Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi della legge 23 agosto
 1988,  n.  400,  sulla gestione del bilancio dello Stato e degli enti
 del settore pubblico  allargato  per  l'anno  1992,  ad  integrazione
 dell'analoga   direttiva   del  16  gennaio  1992;  ricorsi  iscritti
 rispettivamente ai nn. 25 e 27 del registro conflitti 1992;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  1›  dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Uditi  gli  avvocati  Valerio  Onida  per  la  Regione Lombardia e
 Alberto Predieri per la Regione Toscana;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato (n. 25),  la
 Regione   Lombardia   ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei
 confronti dello Stato, in relazione alla direttiva del Presidente del
 Consiglio dei ministri, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  del  29
 maggio  1992, n. 125, sulla gestione del bilancio dello Stato e degli
 enti del settore pubblico allargato per il 1992, che integra  analoga
 direttiva,  emanata  il  16  gennaio 1992 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 15 del 20 gennaio successivo, anch'essa
 impugnata innanzi a questa Corte dalla Regione Lombardia.
    La direttiva del 29 maggio 1992 sospende, a decorrere  dalla  data
 della  sua  pubblicazione e fino al 30 settembre 1992, la facolta' di
 impegnare le spese nei limiti dei fondi  assegnati  in  bilancio  per
 tutte  le  amministrazioni dello Stato e le aziende autonome. Per gli
 aspetti diversi dall'assunzione degli impegni di spesa, essa proroga,
 fino al 30 settembre 1992, le disposizioni della precedente direttiva
 del 16 gennaio 1992 e, al punto 3, si  autoqualifica  come  "atto  di
 indirizzo   volto   al   conseguimento   di  obiettivi  di  interesse
 nazionale".
    Lamenta la ricorrente che la direttiva,  nella  parte  in  cui  si
 rivolge   alle   regioni,   non   e'  sorretta  da  alcun  fondamento
 legislativo: la legge 23 agosto 1988, n. 400, non contiene  specifica
 autorizzazione  ad  emanare atti di indirizzo diretti alle regioni in
 materia  di  spesa  e  di  bilancio.  Come   chiarito   dalla   Corte
 costituzionale  nella  sentenza  n.  242 del 1989, l'art. 2, comma 3,
 lett. d) di detta legge, e'  disposizione  meramente  procedimentale,
 inidonea  a  fondare  l'esercizio  della  funzione  di indirizzo e di
 coordinamento. Tanto meno l'art.  5  della  legge  n.  400  del  1988
 autorizza  il  Presidente  del  Consiglio  ad  adottare direttive nei
 confronti delle regioni per l'esercizio di loro competenze.
    Osserva  poi  che  il  decreto-legge  11  luglio  1992, n. 333 (in
 particolare,  l'art.  4),  che  introduce  misure  urgenti   per   il
 risanamento  della  finanza  pubblica (convertito, con modificazioni,
 dalla legge 8 agosto 1992, n.  359),  tace  del  tutto  su  ipotetici
 vincoli  o  indirizzi  a  carico  delle  regioni,  e  non  puo' certo
 ritenersi che abbia conferito, a posteriori,  fondamento  legislativo
 alla  direttiva impugnata, che restringe illegittimamente la sfera di
 autonomia regionale per quanto attiene alla gestione del bilancio.
    2.  -  Anche  la  Regione  Toscana  ha  sollevato,   con   ricorso
 regolarmente   notificato   e   depositato   (n.  27),  conflitto  di
 attribuzione nei confronti dello Stato in  relazione  alla  direttiva
 del 29 maggio 1992, che risulterebbe illegittima per violazione della
 riserva  di  legge  prevista  dall'art. 119 della Costituzione: e' la
 legge,  ad  avviso  della  ricorrente,   che   deve   assicurare   il
 coordinamento  degli ordinamenti finanziari e contabili dello Stato e
 delle regioni, secondo quanto sottolineato dalla dottrina e messo  in
 luce dalla stessa Corte costituzionale (sentt. nn. 307 del 1983 e 162
 del 1982).
    Si  denunzia,  poi,  la  violazione delle regole che presiedono al
 legittimo  esercizio  del  potere   statale   di   indirizzo   e   di
 coordinamento e, in particolare, del principio di legalita'.
    Non  sussiste,  in questa materia, uno spostamento di competenza a
 favore dello Stato per la salvaguardia  di  un  interesse  nazionale.
 Spetta  comunque  alla  legge dello Stato definire in concreto quando
 ricorre tale interesse: l'esercizio in via amministrativa del  potere
 di indirizzo di coordinamento e' giustificato solo se trova legittimo
 supporto  nella legislazione statale (v., da ultimo, le sentt. nn. 49
 e 37 del 1991, n. 338 del 1989 e, soprattutto, la sent.  n.  150  del
 1982).  Il  principio  di  legalita',  d'altronde,  opera  anche  nei
 confronti  di  atti  amministrativi  statali  diversi  da  quelli  di
 indirizzo  e  coordinamento,  che  intervengono ad altro titolo nelle
 materie regionali.
    Quanto al citato decreto-legge n. 333 del 1992, si rileva  che  in
 tale  atto manca una norma che abbia contenuto analogo ai punti 2 e 3
 della direttiva impugnata. Esso introduce disposizioni che concernono
 le regioni e gli altri enti territoriali (cfr. artt. 1 e 2),  ma  non
 dispone,  per  le  regioni,  il  blocco degli impegni di spesa per il
 1992. In ogni caso, il fatto che il contenuto della direttiva vi  sia
 stato in parte riprodotto non fa venir meno l'interesse della Regione
 a  sollevare conflitto di attribuzione con riferimento alla direttiva
 del 29 maggio 1992: che una norma primaria ripeta il contenuto di una
 fonte  subordinata  solo  in  modo  parziale  non  implica,   invero,
 l'abrogazione  di  tale  fonte per la parte non recepita; l'efficacia
 della  direttiva  decorre  inoltre  da  un  termine   (quello   della
 pubblicazione  nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992) diverso e
 anteriore rispetto all'entrata in vigore del  piu'  volte  menzionato
 decreto-legge n. 333 dell'11 luglio 1992.
    3.  - Non si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
 dei ministri.
                        Considerato in diritto
    1. - I due ricorsi sollevano questioni identiche e vanno  pertanto
 riuniti e decisi con unica sentenza.
    2.  -  La  Regione  Lombardia e la Regione Toscana hanno sollevato
 conflitto di attribuzione nei confronti  dello  Stato,  in  relazione
 alla  direttiva  del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992, n. 125, nella  parte  in
 cui  pone  indirizzi sulla gestione del bilancio a tutti gli enti del
 "settore pubblico allargato",  e  dunque  anche  alle  regioni.  Tale
 direttiva  e'  stata adottata ai sensi della legge 23 agosto 1988, n.
 400  (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento   della
 Presidenza del Consiglio dei ministri).
    Contestano  le  ricorrenti  che spetti al Presidente del Consiglio
 dei ministri il potere di  rivolgere  alle  regioni,  in  assenza  di
 delibera consiliare, una direttiva che costituisca "indirizzo" per il
 conseguimento  di  obiettivi  di  interesse nazionale, assumendo come
 fondamento di tale potere la citata legge 23 agosto 1988, n. 400, e -
 alla luce del principio di autonomia finanziaria posto dall'art.  119
 della  Costituzione  e  dalla  riserva  di  legge  ivi  introdotta  -
 lamentano, comunque, che un  atto  di  indirizzo  possa  limitare  la
 potesta'  delle  regioni  di  disporre  autonomamente  delle  risorse
 stanziate nei rispettivi bilanci.
    3. - I ricorsi sono fondati.
    Secondo quanto chiarito  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte,
 l'esercizio    della    funzione   di   indirizzo   e   coordinamento
 dell'attivita'   amministrativa    delle    regioni    e'    soggetto
 all'osservanza di precisi requisiti di forma e di sostanza: di forma,
 perche'  l'atto  di  indirizzo e coordinamento deve essere approvato,
 con delibera,  dal  Consiglio  dei  ministri;  di  sostanza,  perche'
 occorre  idonea  base  legislativa  per salvaguardare il principio di
 legalita' sostanziale (v., da ultimo, le sentenze nn. 384  del  1992,
 359, 204 e 37 del 1991, 338 e 242 del 1989).
    Manca,  in  questo  caso,  la delibera del Consiglio dei ministri,
 trattandosi di  una  direttiva  emanata,  come  atto  "proprio",  dal
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri.  E  manca  la "idonea base
 legislativa": non puo' infatti ritenersi tale l'art. 5 della legge n.
 400 del  1988,  che  definisce  i  rapporti  tra  il  Presidente  del
 Consiglio e i Ministri e non tocca, dunque, le relazioni tra lo Stato
 apparato  e  le  autonomie  regionali.  Motivi che hanno gia' indotto
 questa  Corte  ad  annullare,   perche'   invasiva   nell'ambito   di
 attribuzioni garantite alle regioni, analoga direttiva del Presidente
 del Consiglio dei ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15
 del 20 gennaio 1992 (sentenza n. 384 del 1992).
    E' d'altronde significativo che il recente decreto-legge 11 luglio
 1992,  n.  333,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 8 agosto
 1992, n. 359, abbia riprodotto, per le amministrazioni  dello  Stato,
 alcune disposizioni della direttiva impugnata, ma non abbia previsto,
 per  le regioni, il blocco degli impegni di spesa per l'anno 1992. Le
 prescrizioni introdotte dalla direttiva impugnata, ove riferite  alle
 regioni,  si  configurano  quale  illegittimo strumento di controllo:
 ostacolano la disponibilita' delle somme occorrenti per l'adempimento
 dei   loro   compiti   istituzionali,   compromettendo    l'autonomia
 finanziaria garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione e
 vulnerando  la  riserva  di  legge  introdotta  da  tale disposizione
 costituzionale per  il  coordinamento  della  finanza  regionale  con
 quella dello Stato (v., in particolare, le sentenze nn. 384 del 1992,
 307 del 1983 e 155 del 1977).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  non  spetta  allo  Stato porre vincoli all'attivita'
 amministrativa regionale di gestione del bilancio mediante  direttive
 del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri adottate ai sensi della
 legge 23 agosto 1988, n. 400; conseguentemente, annulla la  direttiva
 del  Presidente  del Consiglio dei ministri pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale del 29 maggio 1992, n. 125, nella parte in cui pone in tale
 materia un indirizzo alle regioni per il conseguimento  di  obiettivi
 d'interesse nazionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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