N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 1992
N. 81 Ordinanza emessa il 17 novembre 1992 della pretura di Venezia, sezione distaccata di Chioggia nel procedimento penale a carico di Tammeo Nicola Processo penale - Procedimento pretorile - Dibattimento - Modifica dell'imputazione - Lamentata impossibilita' della rimessione in termini dell'imputato per la richiesta di riti alternativi - Disparita' di trattamento - Irragionevolezza - Compressione del diritto di difesa - Lesione dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. (C.P.P. 1988, artt. 510 e 516). (Cost., artt. 3, 24 e 111).(GU n.10 del 3-3-1993 )
IL PRETORE Premesso: che, nel corso del dibattimento, il rappresentante del p.m. in udienza ha provveduto, ex art. 516 del c.p.p., a modificare l'imputazione originariamente ascritta all'imputato, perche', alla luce delle risultanze istruttorie, fino a quel momento acquisite, il fatto risultava diverso da come era descritto nel decreto di citazione a giudizio, si' da modellarsi (immutata la condotta materiale), su una figura di reato dissonante, in quanto che polarizzato su presupposti di fatto altri; che, in secondo luogo, la difesa dell'imputato, pur genericamente contestando la mancata ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti necessari per dare luogo a questa forma di contestazione nuova, non ha, tuttavia eccepito la novita' del fatto, trattandosi di una nuova enunciazione della medesima condotta, oggetto dell'originario addebito, e si e' vista, pertanto, rigettare la "istanza" di prosecuzione del processo sul tema d'accusa contenuto nell'atto di esercizio dell'azione penale, ex art. 555 del c.p.p.; che, a questo punto, la difesa dell'imputato ha ritenuto di sollevare questione di legittimita' costituzionale, con riferimento agli artt. 516 e 520 del c.p.p., ed in particolare perche' la disposizione regolante la modifica del capo di imputazione (art. 516) violerebbe i principi costituzionali di eguaglianza, in relazione all'esercizio del diritto di difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione), nella parte in cui prevede che sia riservato al giudicabile il diritto di poter nuovamente accedere al rito abbreviato; e, dall'altro, i medesimi principi, nonche' l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (art. 111 della Costituzione), nella parte in cui (l'art. 516) non prevede che il giudice-terzo possa, sull'iniziativa del p.m., svolgere un compiuto intervento di verifica, onde valutarne la ammissibilita' (o meno), in riferimento alla sussistenza (o meno) dei presupposti che la giustificano. Questo premesso, rileva come la questione cosi' sollevata, nel suo duplice profilo, non sia manifestamente infondata, in particolare nell'ambito del giudizio pretorile, tenuto conto della circostanza che, in tale ambito, il decreto di citazione a giudizio, contenente il tema d'accusa, rispetto al quale l'imputato valuta il rischio processuale che sullo stesso incombe, e di conseguenza opta per il rito (ordinario), abbreviato, patteggiamento), piu' opportuno, viene licenziato direttamente dal p.m. (mancando la previsione dell'udienza preliminare). Piu' difficilmente, si osserva che la "nuova contestazione", siccome prevista dall'art. 516 del c.p.p. (non diversamente dalla contestazione del fatto concorrente e del fatto nuovo), costituisce certo una forma tipizzata di esercizio dell'azione penale, sia pure a carattere eccezionale, ed e', in quanto tale, regolata da norme presidiate a pena di nullita' assoluta ( ex artt. 17, lettera b) e 179, primo comma, del c.p.p.); ma ciononostante, il controllo del pretore, che non ha accesso al fascicolo del p.m., e' limitato all'aspetto esteriore, e comunque processuale, della disciplina anzidetta (a titolo di esempio: il p.m. pretende di esercitare la nuova constestazione, in sede di atti preliminari, oppure spaccia per diversa descrizione del fatto gia' contestato quella che e', in realta', la contestazione di un fatto nuovo, si' da aggirare il dissenso della persona tratta a giudizio); e non si estende, giocoforza, alla correttezza sostanziale, con riferimento alla pregressa fase endo-processuale, dell'iniziativa del pubblico ministero, da valutarsi in correlazione con quei diritti e mezzi difensivi da esercitarsi a pena di decadenza, in un caso entro quindici dalla notifica del decreto di citazione a giudizio (giudizio abbreviato), e, nell'altro, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (patteggiamento). Ed invero, il pretore, in qualita' di giudice del dibattimento, solo attraverso l'esame del fascicolo del p.m. potrebbe controllare se, gia' all'esito delle indagini preliminari, erano emersi gli elementi costitutivi di una diversa descrizione del (medesimo) fatto (poi effettivamente contestato) e, di una conseguente sua diversa configurazione giuridica (evenienza, quest'ultima, astrattamente possibile, in quanto che, altrimenti, non si comprenderebbe, perche' l'art. 516 c.p.p. fa salva solo l'ipotesi che, a seguito della nuova descrizione del fatto, il giudice del dibattimento risulti incompetente, in relazione alla nuova figura di reato). Mancando, invece, tale controllo, il p.m., nel giudizio pretorile (diversamente da quanto avviene in quello ordinario, nel quale le determinazioni dell'accusa passano attraverso il vaglio del g.i.p., prima di trovare sbocco nel decreto che dispone il giudizio) potrebbe maliziosamente tralasciare questi ulteriori elementi, nella formulazione dell'orginario capo di imputazione, riservandosi di utilizzarli solo nel corso del dibattimento (per la nuova contestazione ex art. 516 del c.p.p.), si' da disorientare l'imputato e sconvolgere la sua strategia difensiva. Si pensi all'ipotesi in cui all'imputato sia stata contestata ( ex art. 555 del c.p.p.) la fattispecie penale di cui all'art. 20, lettera b) della legge n. 47/1985, e solo nel corso del dibattimento il p.m., che gia' le indagini preliminari avevano reso edotto dell'esistenza di un vincolo paesistico, contesti, nelle forme di cui all'art. 516, ferma restando la condotta materiale, la piu' grave fattispecie penale, configurata colla lett. b), nell'accennato art. 20, si da' precludere all'imputato, che non puo' fare piu' ricorso al patteggiamento, il beneficio della sospensione condizionale, tenuto conto della nuova pena edittale. Peralto, e qui entra in gioco il secondo profilo sollevato dalla difesa dell'imputato, anche nelle ipotesi di mero errore del p.m. che, nella enunciazione dell'originario capo di imputazione, non abbia tenuto conto di tutti gli elementi emersi durante le indagini preliminari, per distrazione; ed in quello in cui solo dal dibattimento sia effettivamente emerso che il fatto era diverso da come descritto nel decreto di citazione a giudizio, sembra non potersi manifestamente escludere che l'impossibilita' di accedere (in relazione al nuovo titolo di reato) ai riti alternativi, dia luogo ad una diversita' di trattamento o irragionevole, e, sotto questo aspetto, costituzionalmente censurabile.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 510 e 516 del c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, siccome formulata dalla difesa dell'imputato; Sospende pertanto il presente giudizio penale, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Chioggia, addi' 17 novembre 1992 Il pretore: CIAMPAGLIA 93C0183