N. 94 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 ottobre 1992
N. 94 Ordinanza emessa il 16 ottobre 1992 dalla corte d'appello di Cagliari nel procedimento civile vertente tra Sanna Giovanni Maria, in proprio e quale procuratore ad negotia di Sanna Caterina ed altri e il comune di Pattada Espropriazione per pubblico interesse - Espropriazioni per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici - Determinazione dell'indennita' di esproprio per le aree edificabili in base alla media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento - Esclusione dell'applicazione di detta disciplina ai procedimenti per i quali l'indennita' predetta sia stata accertata dalle parti o sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della norma impugnata - Ingiustificato deteriore trattamento dell'espropriato che agisce giudizialmente rispetto a quello che ricorre alla cessione volontaria del bene espropriato - Attribuzione al Ministro dei ll.pp. del potere di definire i criteri per l'individuazione della edificabilita' delle aree - Violazione del principio della capacita' contributiva in quanto per l'opera pubblica il proprietario espropriato contribuisce in misura superiore agli altri cittadini (differenza tra valore di mercato ed indennita' di esproprio) nonche' del principio della tutela giurisdizionale contro gli atti illeciti ed illegittimi della p.a. - Violazione altresi', del principio che, nel procedimento di formazione delle leggi, esige l'approvazione articolo per articolo, nonche' della competenza legislativa regionale in materia di edificabilita'. (Legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 15, n. 5; legge 8 agosto 1992, n. 359, artt. 1 e 5-bis). (Cost., artt. 3, 53, 71, 72, 113 e 117).(GU n.11 del 10-3-1993 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 282 del ruolo generale degli affari contenziosi civili per l'anno 1988, promossa da Sanna Giovanni Maria, in proprio e quale procuratore ad negotia di Sanna Caterina, Sanna Salvatore, Sanna Pietro Paolo e Sanna Maria Maddalena, domiciliati elettivamente in Cagliari presso lo studio dell'avv. Beniamino Piras, che li rappresenta e difende in forza di procure generali alle liti 30 maggio 1988 e 1½ giugno 1988, attori, contro il comune di Pattada, in persona del sindaco pro- tempore, contumace, convenuto. Con decreto n. 5/38 in data 6 maggio 1988, notificato il 24-26 dello stesso mese, il presidente della giunta regionale Sarda dispose l'espropriazione, a favore del comune di Pattada, in un'area di proprieta' degli attori di 15.051 mq, sita nell'abitato di detto comune, per l'attuazione del piano di zona per l'edilizia economica e popolare. L'indennita' di espropriazione fu determinata in L. 12.539.900 per il suolo ed in L. 6.960.000 per i soprassuoli, secondo i criteri dettati dalla legge n. 865/1971, sul presupposto che l'immobile avesse esclusiva suscettivita' di uso agricolo. Deducendo che trattavasi invece di area fabbricabile e che il suo valore era pertanto di gran lunga superiore, gli attori, con atto notificato al comune di Pattada l'8 giugno 1988, hanno proposto opposizione alla determinazione dell'indennita' di esproprio. In contumacia del comune, la causa e' stata istruita con la produzione dei documenti comprovanti le circostanze esposte nell'atto di citazione e con una consulenza tecnica d'ufficio, che ha accertato che l'area in oggetto aveva gia' all'epoca del decreto di esproprio sicura destinazione edilizia e ne ha quindi determinato il suo valore venale. Dopo la precisazione delle conclusioni, la causa e' stata quindi rimessa al collegio per la decisione. Senonche', nelle more, e' entrata in vigore la legge 8 agosto 1992, n. 359, che all'art. 5-bis detta nuovi criteri per la valutazione della edificabilita' delle aree e per la determinazione dell'indennita' di espropriazione di queste aree che, alla stregua di tali criteri, debbano ritenersi edificabili. Di tale disposizione - ed anche, per le ragioni che vedremo, dell'art. 15, n. 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonche' dell'art. 1 della stessa legge n. 359/1992 - la difesa degli attori, con memoria depositata l'8 ottobre 1992, ha eccepito l'illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 71, 72, 117, 53 e 113 della Costituzione. Sotto il primo profilo gli attori rilevano che a norma dell'art. 71 della Costituzione il progetto di legge che deve essere redatto in articoli separati, e che, secondo il successivo art. 72, l'approvazione delle camere deve essere fatta separatamente articolo per articolo e poi, complessivamente, con votazione finale. Cio' per consentire ai membri delle Camere di esaminare e valutare analiticamente i singoli articoli, l'uno separato dall'altro, e di procedere poi ad una valutazione complessiva finale del progetto di legge risultante dalla votazione sui singoli articoli. In contrasto con tali precetti costituzionali - sostengono gli attori - l'art. 15, n. 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dispone che le modifiche apportate al decreto-legge in sede di conversione sono elencate in allegato alla legge, cosi' come e' accaduto, in particolare per la legge 8 agosto 1992, n. 359, che ha convertito in legge il d.l. 11 luglio 1992, n. 333, introducendo anche l'art. 5- bis di cui si discute. Detta legge si compone infatti di un articolo unico ("Il d.l. 11 luglio 1992, n. 333, recante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, e' convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge") e tutte le modifiche sono elencate in allegato alla legge stessa. Ne discende che la legge di conversione in oggetto e' stata approvata mediante votazione soltanto del suo articolo unico e non anche mediante votazione dei singoli articoli del decreto da convertire e delle relative modifiche. Di qui l'illegittimita' costituzionale - deducono gli attori - sia dell'art. 15, n. 5, della legge n. 400/1988 sia dell'articolo unico della legge n. 359/1992, sia infine del citato art. 5-bis, per il quale l'illegittimita' risulta particolarmente evidente: esso, infatti, non ha nemmeno carattere di modifica del decreto-legge, giacche' contiene una norma completamente nuova rispetto alla materia del d.l. n. 333/1992, che non riguardava le espropriazioni per pubblica utilita'. Sotto il secondo profilo gli attori rilevano che con il disposto del n. 5 dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992 e' stato demandato al Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 17 della gia' citata legge n. 400/1988, di definire i criteri ed i requisiti per l'individuazione della edificabilita' di fatto delle aree. Senonche', la competenza legislativa in relazione all'attivita' costruttiva edilizia e' attribuita, dall'art. 117 della Costituzione, alle regioni: ne discende - deducono gli attori - che il n. 5 dell'art. 5-bis viola tale precetto costituzionale. Ed infatti il richiamato art. 17 della legge n. 400/1988 conferisce ai Ministri il potere regolamentare per l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, "esclusi" pero' "quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale". Sotto il terzo profilo gli attori rilevano che il pagamento dell'indennita' dovuta per l'espropriazione di un immobile occorrente per la realizzazione di un'opera pubblica, costituisce una spesa pubblica alla quale, in base all'art. 53 della Costituzione, tutti devono concorrere in ragione della loro capacita' contributiva. Ma se invece l'indennita' di espropriazione viene determinata, come prevede l'art. 5-bis, in misura inferiore al valore venale che si ricaverebbe da una delibera contrattazione di compravendita del bene espropriato, il proprietario di quest'ultimo e' chiamato a contribuire alla spesa di realizzazione dell'opera pubblica oltre che in ragione della sua capacita' contributiva generale, come avviene per tutti gli altri contribuenti, anche con un contributo personale e diretto, pari alla differenza tra il valore venale del bene espropriato e l'indennita' di espropriazione di minore importo. L'art. 5-bis in commento viola pertanto - concludono gli attori - anche il citato art. 53 della Costituzione. Sotto il quarto ed ultimo profilo gli attori rilevano che, a norma del n. 1 dell'art. 5-bis in commento, l'indennita' di espropriazione delle aree fabbricabili e' determinata nella media tra il valore re- ale ed il reddito dominicale rivalutato, e la diminuzione di tale me- dia del 40%. Senonche' il n. 2 dello stesso articolo dispone che in ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato puo' convenire la cessione volontaria del bene e che in tale caso all'importo della media tra il valore venale ed il reddito dominicale rivalutato non applica la predetta riduzione del 40%. Cio' comporta, evidentemente, che in tutti i casi di impugnazione del decreto di espropriazione o di opposizione giudiziale alla misura di indennita' di esproprio determinata in via amministrativa, l'espropriato subisce la perdita automatica del 40% dell'indennita' e che tale perdita assume il carattere di sanzione a carico dell'espropriato per avere richiesto la tutela giurisdizionale del suo interesse legittimo o del suo diritto soggettivo. In tal modo - concludono gli attori - la norma viola palesemente il principio costituzionale della tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi contro gli atti della pubblica amministrazione, sancito dall'art. 113 della Costituzione. La questione di costituzionalita' cosi' proposta dagli attori e' certamente rilevante nel presente giudizio giacche', secondo il disposto dell'ultimo comma dello stesso art. 5-bis, i criteri di determinazione dell'indennita' di espropriazione stabiliti da detto articolo si applicano anche nei procedimenti in corso: la decisione della domanda dipende quindi proprio dall'applicazione delle norme di cui si deduce l'incostituzionalita'. La Corte ritiene inoltre la questione "non manifestamente infondata", sia alla luce dei richiamati artt. 71, 72, 117, 53 e 113 della Costituzione, sia anche alla luce dell'art. 3 della Costituzione, cui pure la Corte, d'ufficio, ritiene di dover fare riferimento. Il maggior contributo richiesto, per la realizzazione dell'opera pubblica, al proprietario del bene espropriato rispetto a tutti gli altri contribuenti (gia' considerato con riferimento all'art. 53 della Costituzione) appare invero privo di qualsiasi ragionevole giustificazione. Altrettanto ingiustificata appare la disparita' di trattamento stabilita tra il soggetto espropriato che conviene la cessione volontaria del bene e quello che invece propone opposizione giudiziale alla stima o comunque impugna il decreto di esproprio. Va pertanto ordinata l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e, sospeso il presente giudizio, va disposto che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 71, 72, 117, 53, 113 e 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 15, n. 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e degli artt. 1 e 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359; Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Cagliari, nella camera di consiglio della sezione civile della corte d'appello il 16 ottobre 1992. Il presidente: ANDRIA Depositata in cancelleria oggi 18 novembre 1992. Il collaboratore di cancelleria: GHIRONI 93C0196