N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 1992

                                 N. 98
  Ordinanza emessa il 10 dicembre 1992 della Corte dei conti, sezione
 quarta giurisdizionale sul ricorso proposto da Erbacci Elvira
 contro il Ministero del tesoro
 Pensioni - Pensioni privilegiate di guerra - Vedova passata a nuove
    nozze  -  Perdita  del diritto a pensione in caso di reddito annuo
    superiore al limite di legge del secondo coniuge -  Irrazionalita'
    della  condizione della non possidenza (in relazione a determinati
    parametri  reddituali)  -  Pregiudizio   del   dovere-diritto   di
    mantenimento,  istruzione  ed  educazione dei figli, e ostacolo al
    matrimonio  e  alla  formazione  di  una  famiglia   legittima   -
    Riferimento  alla ordinanza della Corte costituzionale n. 325/1992
    di manifesta infondatezza di analoga questione ritenuta superabile
    dal giudice rimettente in relazione alla diversa prospettazione.
 (D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 42, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 29, 30 e 31).
(GU n.11 del 10-3-1993 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso  iscritto  al  n.
 869099 del registro di segreteria, proposto da Erbacci Elvira avverso
 il  silenzio-rifiuto  del  direttore  generale  pensioni di guerra su
 istanza pensionistica del 29 gennaio 1977;
    Uditi, alla pubblica udienza  del  giorno  10  dicembre  1992,  il
 relatore,  nella  persona  del  cons.  Giusepe David, nonche' il p.m.
 nella persona del vice procuratore generale Fortunato Capuano;
    Assente e non rappresentata la ricorrente;
    Esaminati gli atti tutti di causa;
                               F A T T O
    Erbacci Elvira, vedova dell' ex militare Gorini Giovanni (deceduto
 il  13  maggio 1945), passata a nuove nozze con Farnetti Giulio il 26
 aprile 1947, con domanda del gennaio 1977 chiedeva al  Ministero  del
 tesoro trattamento pensionistico indiretto di guerra e, non essendosi
 al riguardo provveduto, proponeva, contro il silenzio-rifiuto opposto
 dall'amministrazione, il ricorso in epigrafe.
    In pendenza di giudizio veniva emessa dal direttore generale delle
 pensioni di guerra la determinazione n. 1399364, in data 28 settembre
 1985,   con  la  quale,  tenuto  conto  della  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 184/1975 e  dell'acquisita  documentazione,  veniva
 attribuito  alla  suddetta  il  richiesto  trattamento  pensionistico
 dall'1 febbraio 1977 al 31 dicembre 1982 e  non  oltre  dato  che  il
 reddito  percepito  dal secondo marito nel 1982 (da valere per l'anno
 successivo) risultava di L. 5.333.600  annue  e  cioe'  superiore  al
 limite  previsto  dalla  legge (L. 5.200.000) per poter conservare il
 diritto a pensione.
    Il procuratore generale, con conclusioni  scritte  dal  1½  aprile
 1992,  confermate  all'odierna,  pubblica  udienza,  chiedeva, tenuto
 conto   di   quanto   stabilito   dalla   anzidetta    determinazione
 direttoriale,  che  venisse  emessa  declaratoria di cessazione della
 materia del contendere.
                             D I R I T T O
    L'art. 42 primo comma del d.p. n. 915/78 (ugualmente l'art. 55 del
 medesimo d.p. per il vedovo) stabilisce che la vedova di militare  (o
 civile)  deceduto  per  causa  bellica perde il diritto a pensione se
 contrae nuove nozze con chi fruisca, o venga a fruire successivamente
 al matrimonio,  di  un  reddito  annuo  complessivo  superiore  a  L.
 2.400.000 dall'1 febbraio 1979 (elevato, per gli anni dall'82 all'84,
 a L. 5.200.000).
    La  sezione  III  speciale pensioni di guerra con ordinanza n. 131
 del  13  dicembre  1991,  ritenendo  che  dalla  citata  disposizioni
 derivasse,  per  la  vedova  di guerra, tanto se di agiata condizione
 economica quanto se non lo fosse,  una  irrazionale  limitazione  del
 diritto   a   pensione,   sollevava   questione   di   illegittimita'
 costituzionale in riferimento agli artt. 29,  secondo  comma,  e  30,
 primo comma, della Costituzione.
    La Corte costituzionale con ordinanza n. 325, in data 29 giugno- 8
 luglio  1992, ha dichiarato, in relazione agli addotti argomenti, che
 la sollevata questione e' manifestamente  infondata  a  motivo  della
 estraneita'  a  prospettazioni di ordine pensionistico delle invocate
 norme  costituzionali   essendo   l'una   diretta   a   salvaguardare
 "essenzialmente  i contenuti e gli scopi etico-sociali della famiglia
 come  societa'  naturale  fondata  sul  matrimonio   senza   riflessi
 immediati  sulle  pensioni le quali ineriscono a momenti strettamente
 economici"; l'altro avendo per oggetto "i  doveri  e  i  diritti  dei
 genitori e dei figli ma non tocca il tema delle situazioni giuridiche
 a contenuto patrimoniale".
    Questa  sezione  riconosce  l'esattezza dei rilievi suindicati ma,
 dopo ulteriore, piu'  approfondita  disamina,  ravvisa  per  il  caso
 presente, sostanzialmente identico al precedente, di poter riproporre
 la  questione  sott'altro  piu'  ampio  profilo  e quindi con diversa
 motivazione che legittimi il richiamo non soltanto agli  artt.  29  e
 30,  primo  comma,  ma  anche  agli  artt. 3 e 31, primo comma, della
 Costituzione.
    A  tal  riguardo  la  sezione  ravvisa  di  dover  preliminarmente
 considerare:
      che, a seguito della  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
 184/1975,  e'  venuta  meno la rilevanza dello stato vedovile ai fini
 dell'acquisizione (o conservazione) del diritto a pensione  indiretta
 di  guerra  in  quanto  la  vedova,  passando  a  nuove nozze, non e'
 privata, per cio' solo, dell'anzidetto diritto ma, al pari di  quanto
 e'  stabilito per il vedovo, soltanto se e in quanto il nuovo coniuge
 sia titolare di un certo reddito;
      che la vedova acquista il diritto a pensione  indiretta  in  via
 autonoma  (e  non  derivata come per la pensione di riversibilita') e
 quindi iure proprio (sent. Corte costituzionale n. 379/1989);
      che, inoltre, a tale scopo, non ha rilevanza alcuna il suo  sta-
 tus economico.
    Tanto premesso, la previsione di cui all'art. 42, primo comma, del
 d.p.  n. 915/1978, che subordina l'acquisizione (o conservazione) del
 diritto a pensione di guerra da parte della vedova di militare  morto
 per  causa  bellica alla condizione di non possidenza (in relazione a
 determinati  parametri  reddituali)   del   nuovo   coniuge,   appare
 irrazionale  in quanto, alla stregua delle surrichiamate disposizioni
 della   Costituzione,   pone   in   essere   alcune    ingiustificate
 discriminazioni qui di seguito indicate:
      la  condizione di non possidenza (intesa negli anzidetti limiti)
 del nuovo coniuge induce  "remore  alla  libera  determinazione  alle
 nozze"  e "condizionamenti", che appaiono trascendere la specificita'
 dell'istituto pensionistico in quanto viene ad incidere "nella  sfera
 personale  di chi siasi risolto al matrimonio", analogamente a quanto
 osservato dalla Corte costituzionale  con  la  sentenza  n.  450/1991
 relativamente  alla durata quanto meno annuale del matrimonio ai fini
 dell'acquisizione del diritto a pensione indiretta di guerra;
      la medesima, anzidetta  condizione  non  agevola  la  formazione
 della  famiglia e l'adempimento dei compiti relativi e anzi da' vita,
 per i nuclei familiari legittimi, nei confronti delle unioni libere e
 delle famiglie di fatto, ad un trattamento  deteriore,  similmente  a
 quanto  rilevato  dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.
 179/1976 relativamente al caso della cumulabilita' di  redditi  della
 moglie   con   quelli  del  marito  per  la  formazione  del  reddito
 complessivo ai fini della abolita imposta complementare;
      la  perdita  della  pensione  per  la  vedova   di   guerra   in
 considerazione  della  condizione  reddituale del secondo coniuge non
 appare coerente con la natura del diritto ad essa  riconosciuto  che,
 come   gia'   accennato,   e'  autonomo,  acquisito  iure  proprio  e
 indipendentemente da valutazioni inerenti al suo status economico  e,
 per  quest'ultimo  aspetto,  specie  se  si ha riguardo al minimum di
 reddito del secondo coniuge ritenuto sufficiente per la  perdita  del
 diritto a pensione;
      infatti,  il  reddito  complessivo annuo del secondo coniuge, al
 suo limite minimo ostativo alla conservazione del diritto a pensione,
 e' stabilito  ad  un  livello  cosi'  basso  che  rappresenta  appena
 l'indispensabile per la sopravvivenza di una persona singola (per gli
 anni 1982-1984: L. 5.200.000; per l'anno 1992: L. 9.732.163); sicche'
 la  comminata  perdita  della  pensione a carico della vedova risulta
 soltanto  apparentemente  motivata  da   considerazioni   di   ordine
 economico  mentre,  in  sostanza,  si  appalesa  dettata  da  intento
 velatamente vessatorio e quindi discriminatorio.
    Intento  che colora, quindi, di significato punitivo detta perdita
 del diritto a pensione in quanto  viene,  in  definitiva,  ad  essere
 colpito  come  una  sorta di mancato obbligo di fedelta' alla memoria
 del coniuge deceduto pur non costituendo certamente  il  passaggio  a
 nuove  nozze  un  comportamento  contrario ai doveri che derivano dal
 matrimonio; donde l'irragionevolezza di  una  misura  che  si  rivela
 sostanzialmente  rivolta  a  limitare il libero esercizio di una tale
 scelta. E tanto appare ancor piu' evidente se si ha riguardo a quanto
 di recente affermato dalla Corte costituzionale con le  sentenze  nn.
 123/1990  e 189/991 circa "talune connotazioni del rapporto coniugale
 che nella societa' attuale, con ovvia rilevanza sul piano  giuridico,
 affiorano  e sono vivamente avvertite: con il crescente dell'eta' me-
 dia sempre piu' si manifesta propensione, da  parte  di  soggetti  in
 eta'  meno  giovanile, per un rapporto tendenziale alle dimensioni di
 rimedio alla solitudine individuale"; e ancora "il rapporto di coppia
 e'  ricercato  e  contratto  quale  fonte   di   reciproco   conforto
 nell'attuazione  di  una  unione  volta  ad affrontare nelle migliori
 reciproche condizioni di vita le quotidiane esigenze";
      infine, l'infliggere  la  perdita  del  diritto  a  pensione  in
 conseguenza  del  possesso  di  un  certo reddito da parte dell'altro
 coniuge e', peraltro, misura indirettamente idonea  a  comprimere  il
 diritto  al lavoro di quest'ultimo e a limitarne di fatto la liberta'
 di iniziativa e di azione potendo indurre a una  riduzione  della  di
 lui  attivita' lavorativa se non addirittura ad escludere di questa i
 connessi obblighi fiscali.
    Conclusivamente, gli addotti, nuovi motivi appaiono  alla  Sezione
 idonei  a  valutare  la  norma  in  questione  come discriminatoria e
 irragionevole in quanto i suoi effetti vanno a proiettarsi  entro  la
 sfera personale di chi siasi risolto a contrarre il vincolo familiare
 al quale si riconnettono valori costituzionalmente protetti.
    Per  quanto  sopra,  si  ritiene  non  manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42,  primo  comma,
 del d.p. n. 915/1978 in relazione agli artt. 3, 29 secondo comma, 30,
 primo  comma  e  31 primo comma, della Costituzione, questione che la
 sezione giudicante solleva di ufficio, ai sensi  dell'art.  23  terzo
 comma  della  legge  n. 87/1953, considerata la sua rilevanza ai fini
 del presente giudizio posto che  la  determinazione  direttoriale  n.
 1399364,  in  data  28 settembre 1985, sopravvenuta in sua pendenza e
 alla  quale,  secondo  consolidato  indirizzo  giurisprudenziale,  il
 giudizio  stesso e' da considerare e viene in effetti esteso, essendo
 di limitata efficacia temporale, non esaurirebbe l'intera materia del
 contendere,   ove   la    succitata    norma    venisse    dichiarata
 costituzionalmente illegittima.
                               P. Q. M.
    La Corte dei conti, sez. IV spec. pensioni di guerra; visto l'art.
 23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87, considera rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  42, primo comma, del d.p. n. 915/1978 per violazione degli
 artt. 3, 29 secondo comma, 30 primo comma e  31  primo  comma,  della
 Costituzione;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti, a cura della segreteria, alla Corte costituzionale;
    Ordina, altresi', che, a cura della stessa segreteria, al presente
 ordinanza  sia  notificata  alla  ricorrente, al procuratore generale
 della Corte dei conti al Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e
 comunica ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  provveduto  in  Roma,  nella  Camera  di  consiglio  del 10
 dicembre 1992.
                Il presidente ff. - estensore: BILOTTA

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