N. 108 ORDINANZA 10 - 19 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -   Dibattimento   -   Mancata  previsione  della
 trasmissione immediata  del  verbale  di  udienza  al  p.m.  e  della
 sospensione  in  attesa  del  giudizio  sulla  falsa  testimonianza -
 Richiamo alle sentenze nn. 24/1992 di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  195, quarto comma, del c.p.p. e 255/1992 di illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  500,  terzo  comma,  del  c.p.p.   -   Ius
 superveniens:  d.-l.  8  giugno 1992, n. 306, art. 7, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992,  n.  356  -  Necessita'  di
 riesame in ordine alla rilevanza della questione - Restituzione degli
 atti al giudice a quo.
 "
 (C.P.P., artt. 207, secondo comma, e 476, secondo comma)
 
 (Cost., art. 101, secondo comma).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 207,  secondo
 comma, e 476, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso
 con  ordinanza  emessa  il 19 giugno 1991 dal Tribunale di Savona nel
 procedimento penale a carico di Faraci Giovanni, iscritta al  n.  674
 del  registro  ordinanze  1991  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 44, serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Tribunale di Savona ha sollevato,  in  riferimento
 all'art.   101,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' degli artt. 207, secondo comma, e  476,  secondo  comma,
 del  codice  di procedura penale, nella parte in cui non prevedono la
 possibilita' di trasmissione immediata  del  verbale  di  udienza  al
 pubblico  ministero  e  di sospensione del dibattimento in attesa del
 giudizio sulla falsa testimonianza, qualora cio' sia  necessario  per
 la definizione del giudizio in corso;
      che  a  tal  proposito  il  tribunale  rimettente osserva che, a
 differenza di quanto prevedeva l'art. 458  del  codice  di  procedura
 penale  del 1930, l'assenza di una disciplina che regoli le possibili
 interferenze tra procedimento in  corso  e  giudizio  sulla  falsita'
 della  testimonianza e la mancanza di una norma generale che consenta
 la sospensione del processo  in  presenza  di  pregiudiziale  penale,
 obbligano il giudice a proseguire il dibattimento fino alla sentenza,
 "anche   nel   caso   in   cui  si  riveli  assolutamente  necessario
 l'accertamento sulla falsita' del teste, che  rimane  rimesso  ad  un
 eventuale  e  separato  procedimento",  sicche', ove l'imputazione si
 fondi su dichiarazioni di una persona e questa  non  le  confermi  in
 sede  di esame testimoniale, il giudizio, non potendo essere sospeso,
 non potra' che concludersi con una sentenza assolutoria, "destinata a
 rimaner  ferma,  quand'anche  venisse  poi  accertato  che la mancata
 conferma fosse dovuta all'opera di intimidazione o subornazione posta
 in essere dall'imputato o da terzi";
      che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato che, successivamente alla pronuncia della ordinanza di
 rimessione, questa Corte, con sentenza n. 24 del 1992, ha  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  195,  quarto  comma, del
 codice di procedura penale, cosicche' a seguito della caducazione del
 divieto ivi  enunciato,  si  e'  resa  ammissibile  la  testimonianza
 indiretta  degli  ufficiali  ed  agenti  di  polizia  giudiziaria sul
 contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni;
      che, con sentenza n. 255 del 1992, questa  Corte  ha  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  500,  terzo  comma,  del
 codice di procedura penale, nonche'  l'illegittimita'  costituzionale
 del quarto comma del medesimo articolo nella parte in cui non prevede
 l'acquisizione  nel  fascicolo  per  il  dibattimento,  se sono state
 utilizzate per le contestazioni previste dai commi primo  e  secondo,
 delle  dichiarazioni  precedentemente  rese dal testimone e contenute
 nel fascicolo del pubblico ministero;
      che il medesimo art. 500 del codice di procedura penale e' stato
 successivamente sostituito ad opera dell'art. 7 del  decreto-legge  8
 giugno  1992,  n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura
 penale e  provvedimenti  di  contrasto  alla  criminalita'  mafiosa),
 convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 7 agosto 1992, n. 356,
 stabilendosi,  nel  quarto  e  quinto  comma,  che  le  dichiarazioni
 utilizzate per le contestazioni nell'esame testimoniale sono valutate
 come  prova  dei fatti in esse affermati se sussistono altri elementi
 di  prova  che  ne  confermano  l'attendibilita'  o  risulta  che  il
 testimone  e'  stato  sottoposto  a  violenza,  minaccia,  offerta  o
 promessa di denaro o di  altra  utilita',  affinche'  non  deponga  o
 deponga   il  falso  ovvero  risultano  altre  situazioni  che  hanno
 compromesso la genuinita' dell'esame;
      che, pertanto, alla stregua del petitum che  il  giudice  a  quo
 mostra di perseguire, spetta al medesimo rimettente verificare se, in
 conseguenza  delle  profonde  modifiche  che  il  quadro normativo e'
 venuto  a  subire  in  ordine  allo  specifico   tema   della   prova
 testimoniale,  la  questione  sollevata  sia  tuttora  rilevante  nel
 processo a quo;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Savona.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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