N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 12 marzo 1993

                                 N. 8
 Ricorso  per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria
 il 12 marzo 1993 (della regione autonoma della Sardegna)
 Caccia - Divieto dell'attivita'  venatoria  su  tutto  il  territorio
 nazionale per un periodo di otto giorni in relazione alla particolare
 "gravita'"  delle  "attuali  condizioni  meteo-climatiche dalle quali
 deriva  uno  stato  di  pericolo  di  rilevanza  nazionale  di  danno
 ambientale   per  la  minaccia  alla  fauna  selvatica"  dovuto  alla
 "maggiore vulnerabilita'" di questa - Asserita invasione della  sfera
 di competenza regionale in materia di caccia, cosi' come disciplinata
 dalla legge quadro n. 157/1992, che assegna alle regioni il potere di
 vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia per sopravvenute
 particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche, oltreche'
 per  malattia  o  altre calamita' - Statuto regione Sardegna artt. 3,
 lett. i), e 6 - Riferimenti alle sentenze della Corte  costituzionale
 nn.  177,  217, 633 e 1000 del 1988, 407/1989, 346/1990, 37 e 386 del
 1991.
 (Ordinanza 5 gennaio 1993 del Ministro dell'ambiente, di concerto con
 il Ministro dell'agricoltura e delle foreste).
 (Statuto regione Sardegna, artt. 3, lett. i), e 6).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
    Ricorso della regione autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del
 presidente  della  giunta  regionale pro-tempore on.le ing. Antonello
 Cabras, giusta deliberazione della giunta regionale  del  12  gennaio
 1993, n. 1/84 rappresentata e difesa - in virtu' di procura a margine
 del  presente  atto  -  dall'avv.  prof.    Sergio Panunzio, e presso
 quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, piazza Borghese n. 3;
 contro la Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente  del Consiglio in carica; per il regolamento di competenza
 in relazione all'ordinanza del Ministro  dell'ambiente,  di  concerto
 con  il  Ministro dell'agricoltura e delle foreste, in data 5 gennaio
 1993,  recante  "Divieto  dell'attivita'  venatoria   su   tutto   il
 territorio nazionale, per un periodo di giorni otto".
                               F A T T O
    La regione autonoma della Sardegna, in virtu' degli artt. 3, lett.
 i),  e  6  dello  statuto  speciale (legge costituzionale 26 febbraio
 1948, n. 3), e' titolare di potesta' legislativa e amministrativa  di
 tipo esclusivo (o primario) in materia di caccia.
    Nell'esercizio  della  propria competenza esclusiva in materia, la
 regione Sardegna ha stabilito  una  organica  disciplina  legislativa
 della  caccia,  contenuta  nella  legge  28 aprile 1978, n. 32 (sulla
 protezione della fauna e sull'esercizio della  caccia  in  Sardegna),
 successivamente modificata ed integrata.
    Cio'  premesso, nella Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 1993, n. 4,
 e' stata pubblicata l'ordinanza del Ministro dell'ambiente 5  gennaio
 1993,  meglio  indicata  in  epigrafe.  Con tale ordinanza - adottata
 visto l'art. 1, secondo e quinto comma, della legge 8 luglio 1986, n.
 349; visto l'art. 8 della legge 3 marzo 1987,  n.  59;  e  visti  gli
 artt.  19  e 21, primo comma, lett. m) ed n), della legge 11 febbraio
 1992, n. 157 - il Ministro dell'ambiente  ha  vietato  "su  tutto  il
 territorio  nazionale  ogni  forma  di attivita' venatoria per giorni
 otto dalla data della pubblicazione della presente ordinanza".
    Nel preambolo si legge  che  l'ordinanza  e'  stata  adottata  dal
 Ministro  essendosi  accertato  che  nelle  attuali condizioni meteo-
 climatiche, a causa della loro gravita' si  ravvisano  i  presupposti
 previsti dagli artt. 19 e 21 della sopra citata legge n.  157 (1992);
 essendosi  "Ritenuto che tale situazione configura uno stato di grave
 pericolo di danno ambientale per la minaccia alla fauna selvatica  in
 quanto  per tali condizioni, la fauna selvatica stessa risulta essere
 in condizioni di maggiore vulnerabilita', e che tale stato  di  grave
 pericolo,  in  quanto  di  rilevanza  nazionale, impone l'adozione di
 idonee misure conservazionistiche da  parte  dell'autorita'  centrale
 dello  Stato";  ed  essendosi  infine "Ritenuto che l'unico strumento
 idoneo a prevenire l'insorgenza di fenomeni  pregiudizievoli  per  la
 sopravvivenza  della fauna selvatica e per favorire una piu' efficace
 attivita' di controllo da parte delle autorita' competenti e'  quello
 di  sospendere  ogni  attivita'  venatoria  su  tutto  il  territorio
 nazionale interessato dai fenomeni meteoclimatici di cui in premessa,
 per un periodo di giorni otto".
    Nella parte  in  cui  tale  ordinanza  e'  applicabile  anche  nel
 territorio  della  regione  Sardegna  essa e' pero' gravemente lesiva
 delle attribuzioni costituzionali di quest'ultima,  onde  la  Regione
 Sardegna la impugna per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    Violazione  delle  attribuzioni regionali stabilite dagli artt. 1,
 lett. i) e 6 dello statuto speciale per la Sardegna, e dalle relative
 norme d'attuazione. Violazione dei principi di  legalita',  di  leale
 collaborazione, e relativi al potere sostitutivo dello Stato.
    1.  - In base alle proprie attribuzioni costituzionali spetta alla
 regione di adottare tutti i provvedimenti necessari, anche quelli  di
 urgenza,  per  la  tutela  della fauna dell'isola. Come afferma anche
 l'art. 1 secondo comma  della  citata  legge  regionale  n.  32/1978,
 l'amministrazione  regionale  puo'  assumere - fra l'altro - tutte le
 iniziative idonee  ad  assicurare  la  conservazione  del  patrimonio
 faunistico regionale.
    Invero  le  attribuzioni  gia'  statali  in materia di caccia sono
 state  trasferite  integralmente  alla  competenza  esclusiva   della
 regione.
    Spetta  dunque  agli organi della regione Sardegna (in particolare
 all'Assessore  regionale  competente   ed   al   Comitato   regionale
 faunistico:  v.  infatti  gli  artt.  6 e 38 della legge regionale n.
 32/1978) di disporre eventuali divieti temporanei  di  caccia,  anche
 ove  cio'  sia reso urgentemente necessario da particolari avversita'
 atomosferiche che colpiscono il territorio dell'isola.
    Ne' vi e', d'altro canto, alcuna norma che attribuisca al Ministro
 dell'Ambiente (ma neppure a quello  dell'agricoltura)  il  potere  di
 adottare ordinanze aventi il contenuto di quella impugnata.
    Tali, infatti, non sono neppure le norme legislative nel preambolo
 dell'ordinanza.
    Non  lo  e',  in  primo  luogo,  l'art.  8 della legge n. 59/1987,
 poiche' il potere di adottare ordinanze contingibili ed  urgenti  ivi
 attribuito  al Ministro dell'Ambiente e' dato ad esso al solo fine di
 tutelare l'ambiente, allorquando "si verifichino situazioni di  grave
 pericolo  di  danno ambientale e non si possa altrimenti provvedere".
 Si tratta, dunque, di un potere di ordinanza che non  puo'  avere  ad
 oggetto  la  tutela  della  fauna (per la quale le residue competenze
 statali spettano semmai al Ministro dell'agricoltura).  Infatti,  per
 quanti collegamenti vi siano fra la "fauna" e "l'ambiente", non vi e'
 pero'  fra  le  due  materie rapporto di identita', ne' la fauna puo'
 essere  considerata  una parte rispetto all'ambiente considerato come
 il tutto.  E  cio',  del  resto,  trova  conferma  in  quelle  stesse
 disposizioni  della  legge  istitutiva  del  Ministero  dell'Ambiente
 (legge 8 luglio 1986, n. 349), richiamate dall'ordinanza ministeriale
 impugnata, secondo cui spetta al  Ministero  (oltre  a  quelli  della
 promozione,  conservazione  e  recupero  "delle condizioni ambientali
 conformi agli interessi  fondamentali  della  collettivita'  ed  alla
 qualita'  della  vita"  anche  il  compito  de "la conservazione e la
 valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e  la  difesa  delle
 risorse  naturali  dall'inquinamento"  (art.  1,  secondo  comma); ed
 inoltre  spetta  anche  al   Ministero   di   promuovere   e   curare
 l'adempimento delle convenzioni internazionali, delle direttive e dei
 regolamenti   comunitari  concernenti  "l'ambiente  e  il  patrimonio
 naturale" (art. 1, quinto comma). E' noto, infatti, come anche quella
 del  "patrimonio  naturale"  e'  nozione  che  -   nella   tradizione
 legislativa  e giurisprudenziale - afferisce all'ambiente ed alla sua
 tutela, e pero' non si confonde con il  "patrimonio  faunistico"  (di
 cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157).
    Ma  il  potere  di  adottare  l'ordinanza  qui  impugnata  non  e'
 attribuito al Ministro dell'ambiente neppure dalle vive  disposizioni
 della legge n. 157/1992 da essa richiamate.
    Non  dall'art. 19 che prevede si', al primo comma, la possibilita'
 di  vietare  o  ridurre  per  periodi  prestabiliti  la  caccia  "per
 importanti  e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o
 per sopravvenute  particolari  condizioni  ambientali,  stagionali  o
 climatiche o per malattie o altre calamita'", ma che pero' non sembra
 prevedere  anche  un divieto temporaneo di caccia per tutte le specie
 (come  quello  disposto  nell'ordinanza  ministeriale  impugnata),  e
 comunque  riconoscere  espressamente  che  il  potere in questione e'
 delle regioni e non dello Stato.
    Ne' tale potere del Ministro puo' in  alcun  modo  fondarsi  sulle
 lettere m) ed n) del primo comma dell'art. 21 della legge 157, che si
 limitano a stabilire un divieto assoluto ("E' vietato a chiunque") di
 cacciare su terreni innevati, oppure negli specchi d'acqua ghiacciati
 e sui terreni allagati. Tali norme, infatti, lungi dall'attribuire al
 Ministro  dell'ambiente  (o  ad  altro organo dello Stato) un qualche
 potere, stabiliscono dei divieti permanenti di caccia in  determinate
 situazioni, di per se' immediatamente operativi, o comunque bisognosi
 semmai di una normazione integrativa regionale (cfr. spec. lett. m).
    2.  -  Alla luce di quanto detto in precedenza, e' dunque evidente
 come l'ordinanza ministeriale impugnata abbia  leso  le  attribuzioni
 costituzionali della Provincia sotto diversi e concorrenti profili.
    In   primo   luogo   perche'   con   tale  ordinanza  il  Ministro
 dell'ambiente ha preteso di esercitare una  attribuzione  (quella  di
 vietare  in  via  di  urgenza  la  caccia  in  Sardegna,  in  caso di
 eccezionali  condizioni  meteo-climatiche)  che  invece  spetta  alla
 Regione,  in base alla competenze che le sono assegnate dallo Statuto
 speciale.
    3. - In  secondo  luogo  l'ordinanza  impugnata  e'  lesiva  delle
 attribuzioni  costituzionali della regione ricorrente anche perche' -
 come risulta da quanto si e'  detto  in  precedenza  -  essa  non  e'
 rispettosa del principio di legalita'.
    Si e' visto infatti che nessuna delle norme legislative richiamate
 dall'ordinanza  attribuisce  al  Ministro  dell'ambiente il potere di
 vietare la caccia in Sardegna. Ne'  tale  potere  potrebbe  dirsi  in
 qualche  modo  fondato  su  altre  norme  legislative  (comunque  non
 richiamate nell'ordinanza); e' cio' anche perche' se anche un qualche
 potere del genere fosse residuato al Governo (come non e') nonostante
 l'avvenuto trasferimento delle funzioni in  materia  di  caccia  alla
 Regione,  la  legge  lo avrebbe semmai affidato, ratione materiae, al
 Ministro dell'agricoltura, e non a quello dell'ambiemte.
    4. - In  terzo  luogo,  se  anche  lo  Stato  volesse  cercare  di
 giustificare  l'ordinanza ministeriale impugnata invocando un preteso
 interesse nazionale che  imporrebbe  il  suo  intervento,  egualmente
 sussisterebbe  la  lesione  delle  attribuzioni  costituzionali della
 regione ricorrente.
    Come e' stato  piu'  volte  affermato  da  codesta  Ecc.ma  Corte,
 "quando  lo Stato agisce per l'attuazione di un interesse nazionale o
 di un obbligo internazionale, la sussistenza  dell'uno  o  dell'altro
 non  puo'  essere semplicemente affermata o desunta genericamente, ma
 dev'essere comprovata da rigorosi procedimenti ermeneutici e da  seri
 argomenti  giustificativi,  sottoponibili,  in  sede  di sindacato di
 legittimita' costituzionale, a uno scrutinio  particolarmente  severo
 (v.,  per  gli  obblighi  internazionali,  sent.  n. 830/1988, e, per
 l'interesse nazionale, sentenze nn. 177, 217 e 633 del 1988, 407/1989
 e 139/1990). E cio' perche', come e' stato affermato nella  sent.  n.
 830  del  1988,  si  tratta di limiti alla competenza regionale nelle
 materie trasferite la cui natura e la cui consistenza  sono  tali  da
 comportare  una eccezionale alterazione della ripartizione dei poteri
 stabilita con norme di  rango  costituazionale"  (cosi',  per  tutte,
 sent. n. 346/1990).
    Alla  stregua  di tali principi, non solo l'ordinanza in questione
 e' priva di base legale,  ma  inoltre  manca  comunque  in  essa  una
 specifica   ed   adeguata  dimostrazione  dei  motivi  (di  interesse
 nazionale) che dovrebbero provare la necessita' del divieto di caccia
 anche nel territorio della Regione Sardegna.
    Tale motivazione, evidentemente, non  puo  essere  costituita  dal
 generico   riferimento  alla  "attuali  condizioni  meteo-climatiche"
 contenuto nel preambolo dell'ordinanza. Infatti se anche puo'  essere
 che   in   altre   zone  del  territorio  nazionale  (in  particolare
 nell'Italia  settentrionale)  il  freddo  intenso  e  le   abbondanti
 nevicate  avutesi  agli inizi del 1992 potevano rendere necessario un
 divieto di caccia come quello  disposto  dall'ordinanza  ministeriale
 (salvo vedere chi fosse competente ad emanarlo), certo e' che non era
 tale   la  situazione  della  Sardegna.  Dato  il  clima  tipicamente
 mediterraneo della Sardegna, le spruzzate di neve che si erano  avute
 anche  sull'isola  in  quel  periodo si erano immediatamente sciolte,
 onde non sussistevano minimamente i presupposti  per  un  divieto  di
 caccia  esteso  anche alla Sardegna. Prova ulteriore, questa, se pure
 ve ne fosse bisogno,  che  la  adozione,  con  riferimento  anche  al
 territorio  regionale,  di  provvedimenti  di  divieto di caccia come
 quello qui impugnato, per la natura stessa delle cose,  che  richiede
 valutazioni   differenziate   e   riferite  alle  diverse  situazioni
 territoriali, non puo' essere di  competenza  dello  Stato,  ma  deve
 essere   necessariamente   di   esclusiva  competenza  della  Regione
 ricorrente.
    5.  -  Infine,  sotto un ulteriore profilo, osserviamo ancora, per
 scrupolo  difensivo,  che  l'ordinanza  ministeriale  impugnata   non
 potrebbe essere giustificata neppure come espressione di un potere di
 controllo "sostitutivo" del Ministro.
    Infatti:  a)  nessuna  norma  legislativa  attribuisce al Ministro
 dell'ambiente un siffatto potere sostitutivo; b) comunque l'atto  non
 sarebbe  conforme  ai  principi  relativi all'esercizio del potere di
 controllo sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni (sentt.
 nn. 177 e 1000 del 1988, 37 e 386 del 1991).  In  particolare,  sotto
 quest'ultimo  profilo,  esso  non  sarebbe  conforme  al principio di
 "leale  cooperazione",  posto  che  in  nessun  modo  lo   Stato   ha
 sollecitato  la  regione ad adottare provvedimenti di sua competenza,
 prima di adottare l'ordinanza ministeriale impugnata.
                                P. Q. M.
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente
 ricorso, dichiarare che non spetta allo Stato adottare,  con  decreto
 del  Ministro  dell'ambiente,  divieti  di  esercizio  dell'attivita'
 venatoria  estesi  al  territorio  della  regione  Sardegna,  e   per
 l'effetto annullare l'impugnata ordinanza del Ministro dell'ambiente,
 di concerto con il Ministro dell'agricoltura, del 5 gennaio 1993.
      Roma, addi' 5 marzo 1993
                      Prof. avv. Sergio PANUNZIO

 93C0237