N. 117 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 gennaio 1993

                                N. 117
 Ordinanza  emessa  il  18  gennaio  1993  dal  pretore  di Modena nel
 procedimento civile vertente tra Masetti Mauro  e  Azienda  Trasporti
 Consorziali di Modena, A.T.C.M.
 Lavoro  (diritto  al)  - Azienda trasporti di Modena - Agenti stabili
 addetti al c.d. movimento  (nella  specie:  autista)  -  Esonero  per
 inabilita'  al servizio nelle funzioni della qualifica - Destinazione
 ad altre mansioni compatibili con le attitudini o le  condizioni  del
 lavoratore - Susseguente contratto collettivo trasfuso poi in legge -
 Previsione  di  esodo obbligatorio dei lavoratori dichiarati inidonei
 alle proprie mansioni nella qualifica  di  provenienza  entro  il  20
 giugno  1986  - Esclusione da detto esodo (per effetto della sentenza
 della Corte costituzionale  n.  60/1991)  dei  lavoratori  dichiarati
 inidonei,   entro  la  predetta  data,  rispetto  alla  qualifica  di
 provenienza e che abbiano svolto e svolgano  mansioni  equivalenti  o
 superiori  a  quelle  per  le quali erano stati dichiarati inidonei -
 Mancata  previsione   dell'esclusione   dall'esodo,   altresi',   dei
 lavoratori  che  non  esercitino  attualmente  mansioni equivalenti o
 superiori, ma siano in grado di riesercitarle per il riacquisto della
 capacita'  di  lavoro  -  Disparita'  di  trattamento  di  situazioni
 omogenee.
 (Legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3).
 (Cost., art. 3).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                              IL PRETORE
    A  scioglimento  della  riserva  che  precede  osserva  in fatto e
 diritto quanto segue: con  il  ricorso  introduttivo  della  lite  n.
 1050/91  Masetti  Mauro si doleva del provvedimento di esodo disposto
 dalla convenuta datrice deducendo in particolare:
      che al momento dell'esonero non sussisteva piu'  la  inidoneita'
 ex art. 3 legge n. 270/1988;
      che comunque le mansioni di fatto svolte dopo la idoneita' erano
 di  autista  di autoparco e quindi equivalenti a quelle rispetto alle
 quali la inidoneita' era stata dichiarata  e  rientranti  quindi  nel
 novum apportato dalla sentenza n. 60/1991 della Corte costituzionale;
      che comunque anche la inidoneita' illo tempore accertata non era
 totale, ma parziale.
    Tanto    premesso   il   ricorrente   chiedeva   declaratoria   di
 illeggitimita'   del   provvedimento   di   esodo   e   del   diritto
 all'inquadramento nel sesto livello come autista di autoparco.
   La  convenuta  ritualmente  costituitasi  a  sua  volta contestando
 integralmente  in  fatto  quanto  ex  adverso  dedotto  e   chiedendo
 conseguentemente il rigetto delle domande attoree.
    In  corso  di  causa  parte  attrice  chiedeva  congiuntamente  al
 sindacato provinciale di appartenenza ex art. 18, comma quarto  legge
 n. 300/1970 di essere reintegrato; la relativa istanza era respinta.
    Con il ricorso della lite n. 2994/1991 alla prima causa riunita il
 medesimo  attore  si doleva del trasferimento da Spilamberto a Modena
 per difetto del richiesto nulla osta sindacale, del  mancato  computo
 dei  tempi  di  trasferimento  da  Spilamberto  a Modena, del mancato
 inquadramento (e assegnazione a Spilamberto) come  autista  con  ogni
 effetto economico dal 1½ giugno 1991 avendo riacquistato la idoneita'
 alle relative mansioni.
    La convenuta in proposito osservava:
      che   essendo   stato   dichiarato  inidoneo  alle  mansioni  di
 conducente (e prevedendo l'organico di Spilamberto  solo  conducenti)
 era  assegnato a Modena; il disposto di fonte pattizia invocato (come
 il diritto oggettivo) disciplinava il  trasferimento  per  iniziativa
 dell'azienda  e  non  per  fatti  oggettivi,  come  nella  specie, in
 riferimento alla capacita' di lavoro dell'attore. Ne' per  lo  stesso
 motivo competevano competenze economiche di sorta;
      era  infondata  la  domanda  di  inquadramento  ed  ogni diritto
 consequenziale.  In  subordine  la  convenuta  eccepiva  comunque  la
 prescrizione  estintiva  quinquennale. Osserva l'adito Pretore quanto
 segue:
      la disciplina di diritto oggettivo disciplinante i  rapporti  di
 lavoro  de quibus (e fino al completamento della c.d. delegificazione
 introdotta dal legislatore del 1988 -  legge  270)  e'  sempre  stata
 considerata  costituire  un  autonomo  e speciale corpus normativo in
 posizione mediana tra il settore pubblico (di cui  partecipava  anche
 prima   della   introduzione   nel  settore  privato  del  regime  di
 stabilita') e privato; la conseguenza sul  piano  interpretativo  (le
 controversie  in  genere  riguardavano  l'applicazione dell'art. 2103
 c.c., ma anche dell'art. 18 della legge  n.  300/1970)  era  ritenuta
 l'operare  del  principio  di specialita' ed il conseguente regredire
 dei principi generali (si veda Cass. n. 2898/1991).
    Altra  particolarita'  era alla stregua della disciplina di cui al
 r.d. n. 148/1931 l'inoperativita' del diritto di recesso  del  datore
 in  relazione  ad  una insussistente capacita' di lavoro specifica in
 relazione alle mansioni proprie della qualifica (nel settore  privato
 il   recesso   in   tale  evenienza  e'  inquadrato  nell'ambito  del
 giustificato motivo oggettivo, - e la giurisprudenza non riconosce il
 diritto all'assegnazione ad altre  mansioni  compatibili,  ove  anche
 esistenti -, nel settore pubblico opera l'istituto della dispensa.
    La normativa speciale prevedeva invece il diritto allo svolgimento
 di  mansioni  diverse  anche  inferiori  ove  esistenti (ed in deroga
 quindi  al  vecchio  testo  dell'art.  2103  del  c.c.)   nell'ambito
 aziendale; solo in caso di insussistenza operava, nella ricorrenza di
 determinati  requisiti  assicurativi e contributivi, il pensionamento
 anticipato (e la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro).
    La  prassi  applicativa  (la  sentenza  n.  60/1991  della   Corte
 costituzionale  pregevolmente  riassume  ancorche'  evidentemente per
 sommi capi gli antecedenti storici  e  normativi)  presentava  quindi
 imponenti   fenomeni   di   sottoutilizzo,  in  quanto  il  personale
 dichiarato inidoneo conservava il trattamento economico pregresso.
    Al fine di ridurre gli oneri delle aziende  (in  massima  parte  a
 carico  della  finanza  pubblica  allargata)  e  ai relativi problemi
 gestionali, anche  di  natura  operativa,  all'esito  di  un  accordo
 sindacale  e'  intervenuto  il  legislatore del 1988 che ha disposto,
 nella   ricorrenza   di   determinati   requisiti   assicurativi    e
 contributivi, il collocamento a riposo coatto per gli inidonei (nelle
 mansioni  proprie nella qualifica di provenienza) al 20 giugno 1986 e
 in correlazione agli esodi la possibilita' di  nuove  assunzioni  (di
 personale evidentemente pienamente idoneo).
    In  pratica accadeva, pero', che le mansioni di nuova assegnazione
 agli inidonei a volte  (ancorche'  diverse)  rientrassero  alla  luce
 della  classificazione  legislativa  o  contrattuale  nel concetto di
 equivalenza latamente inteso (ad esempio ad un  ex  autista  inidoneo
 venivano assegnate mansioni proprie di un operaio specializzato.
    Investita  della  questione  la Corte opino' in sostanza legittimo
 l'esodo  (ancorche'  coatto),  in  quanto  contemperava   l'interesse
 dell'esodato (cui competeva una pensione aumentata) e quello pubblico
 (le  aziende  avevano personale necessariamente sottoinquadrato e non
 sempre utilmente  utilizzabile);  ne'  restrinse  pero,  l'ambito  di
 operativita'  (sent.  n.  60/1991),  nel senso di escludere dal piano
 quinquennale di esodo coloro che svolgono o  abbiano  successivamente
 svolto  mansioni  superiori  o equivalenti a quelle per le quali sono
 stati  dichiarati  inidonei.  Premesso  che   la   dichiarazione   di
 inidoneita' 15 ottobre 1985 e' definitiva (concetto da non confondere
 con quello di irreversibilita'), come emerge dal suo letterale tenore
 (e del resto sul punto la dichiarazione dell'attore in data 10 aprile
 1985  ha  natura  confessoria) e non parziale (per idoneita' non puo'
 intendersi quella ad un mero spezzone di  mansione  e  svolte  in  un
 ambito spaziale e temporale del tutto circoscritto), non emerge dalla
 espletata   istruttoria   che  ricorra  in  fatto  la  condizione  di
 riutilizzo richiesta dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
    L'attore che in cinque anni ha lavorato venti giorni (si  veda  il
 suo interpello) e' stato in sostanza utilizzato come operaio generico
 (i  testi  Terzi  e  Beltrami  hanno  confermato in punto di fatto le
 deduzioni della convenuta),  e  comunque,  guidare  gli  autobus  dal
 piazzale  dell'officina  o  del  ricovero all'interno del medesimo (e
 quindi le dichiarazioni del Masetti in sede di interpello libero  non
 paiono  utili)  non  pare  racchiuedere  il  nucleo  di  mansioni  di
 conducente di linea, cosi' come legislativamente  e  contrattualmente
 inteso,  ove  si  ponga mente, fra l'altro, alla giurisprudenza della
 Corte suprema in materia di mansioni e al requisito della  necessaria
 responsabilita', Cass. 7007/1987.
    Il  fatto  poi che l'attore abbia (una volta inserito nel piano di
 esodo) recuperato la idoneita' prima perduta  (anno  1990)  non  pare
 rendere  l'operato  della datrice difforme dal diritto oggettivo, pur
 nella estensione operata dalla Corte  costituzionale,  posto  che  il
 contemperamento  degli  interessi dalla Corte ritenuto congruo e alla
 cui  sussistenza  ha  condizionato  l'avvallo  di  costituzionalita',
 concerne  esclusivamente  gli  utilizzati  in  mansioni equivalenti o
 superiori  e  non  anche  gli  eventuali  di  nuovo  idonei  ma   non
 utilizzati,  non necessariamente sussistendo de plano la possibilita'
 di riassegnazione delle relative mansioni (e non pare che, sulla base
 dell'attuale diritto oggettivo, il piano quinquennale in rapporto  al
 quale  si  procede  a nuove assunzioni possa essere continuativamente
 rivisto alla luce  dell'evolvere  della  capacita'  di  lavoro  degli
 esodati con conseguente ingestibilita' operativa delle aziende).
    Ne'  pare  a  diversa  interpretazione  pare  possibile pervenire,
 sempre sulla base del diritto oggettivo, in sostanza leggendo  l'art.
 3  della  legge n. 270/1988 come richiedente una inidoneita' non solo
 accertata al 20 giugno 1986, ma  presente  nel  concreto  momento  di
 risoluzione   del  rapporto  di  lavoro,  giacche'  se  e'  vero  che
 appartiene agli strumenti ermeneutici (ed anzi con  quello  letterale
 concorre in guisa pariordinata) il criterio della ratio legis, rimane
 pur  sempre  il  limite della oggettiva portata letterale (al giudice
 ordinario non pare in sostanza consentito il potere addittivo proprio
 della Corte costituzionale),  giacche'  la  portata  estensiva  delle
 pronuncie  di  incostituzionalita'  della species prima ricordata non
 sono applicabili in via  analogica  ancorche'  ricorrendo  l'elemento
 della eadem ratio.
   Tuttavia,  alla  luce  appunto  della  evidente  eadem  ratio  puo'
 profilarsi il dubbio (atteso che le difficolta'  organizzative  delle
 aziende  non  paiono  prevalenti  rispetto al diritto al lavoro - che
 concorre, ove soddisfatto, alla pienezza  della  personalita'  socio-
 economica    dell'individuo    -    e    comunque    l'insensibilita'
 dell'ordinamento giuridico all'evolversi della  capacita'  di  lavoro
 dell'esodato,  come posto in rilievo dall'attore delle note difensive
 autorizzate, adduce oneri a carico la finanza pubblica allargata - in
 un  quadro  di  contenimento  e  di  razionalizzazione  dei   sistemi
 previdenziali  e  assicurativi  in genere, perseguito dal legislatore
 nell'attuale momento storico - di costituzionalita' del summenzionato
 art.  3  in  riferimento  al  precetto  di  cui  all'art.   3   della
 Costituzione.
    Non  pare  invero  che  sussista  apprezzabile ragione, sulla base
 delle considerazioni sopra svolte,  per  differenziare  in  punto  ad
 esodo  coatto  chi  si  sia  in  concreto  riqualificato (e cio' puo'
 avvenire anche dopo il 20  giugno  1986,  nonche'  dopo  la  concreta
 personale  individuazione  nell'ambito  del  piano  quinquennale,  da
 quanto si desume dalle motivazioni della predetta sentenza addittiva)
 rispetto  a  chi  (come  l'odierno  l'attore)  mansioni equivalenti o
 superiori non eserciti, ma  sia  in  grado  (ove  riassegnategli)  di
 riesercitarle, appunto per il riacquisto della capacita' di lavoro.
    La rilevanza della questione e' di tutta evidenza, in quanto sulla
 base  dell'attuale  diritto  oggettivo,  la  domanda attorea andrebbe
 senz'altro respinta.
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 costituzionalita'  dell'art. 3 della legge n. 270/1988 in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione nei termini di cui in motivazione;
    Sospende il giudizio ed ordina la  trasmissione  degli  atti  alla
 Corte costituzionale;
    Manda la cancelleria alle notificazioni e comunicazioni di legge.
      Modena, addi' 18 gennaio 1993
                        Il pretore g.d.l.: BISI
                                     L'operatore amministrativo: RUPEL
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