N. 88 SENTENZA 8 - 15 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 "
 Previdenza e assistenza - Ciechi assoluti minori degli anni  diciotto
 -  Corresponsione  della  indennita'  di  accompagnamento  -  Mancata
 previsione - Incongrua discriminazione - Irrazionalita' del  criterio
 del   compimento   o   meno  della  maggiore  eta'  -  Illegittimita'
 costituzionale.
 "
 (Legge 28 marzo 1968, n. 406, art. 1)
 "
 (Cost., artt. 3, 31 e 38).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 28 marzo 1968, n. 406 (Norme per la concessione di una indennita'  di
 accompagnamento  ai  ciechi  assoluti  assistiti dall'Opera nazionale
 ciechi civili), in riferimento all'art. 8  della  legge  10  febbraio
 1962,  n.  66  (Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i
 ciechi civili) ed all'art. 14 septies della legge 29  febbraio  1980,
 n.  33 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30
 dicembre 1979, n. 663, concernente provvedimenti per il finanziamento
 del  Servizio  sanitario  nazionale,  per  la  previdenza,   per   il
 contenimento  del  costo  del  lavoro  e per la proroga dei contratti
 stipulati dalle pubbliche  amministrazioni  in  base  alla  legge  1›
 giugno  1977,  n.  285,  sull'occupazione  giovanile),  promosso  con
 ordinanza emessa il 24 gennaio 1992 dalla  Corte  di  cassazione  sui
 ricorsi  proposti dal Ministero dell'Interno contro Buffa Giuseppe ed
 altra e da Buffa Giuseppe ed altra contro il Ministero  dell'Interno,
 iscritta al n. 384 del registro ordinanze 1992;
    Visto  l'atto  di  costituzione di Buffa Giuseppe ed altra nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi  l'avv.  Luciano  Ventura  per  Buffa  Giuseppe  ed  altra e
 l'avvocato  dello  Stato  Plinio  Sacchetto  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Corte  di  cassazione solleva questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge 28 marzo  1968,  n.  406,  "in
 riferimento  all'art.  8  della  legge  10  febbraio  1962,  n. 66 ed
 all'art. 14 septies della legge 29 febbraio 1980, n. 33, nella  parte
 in   cui   la  suddetta  norma  non  ha  attribuito  l'indennita'  di
 accompagnamento ai ciechi assoluti minori degli anni diciotto".
    2.  -  In  particolare  la  Corte,  premesso   che   la   corretta
 interpretazione  delle  norme sopra indicate esclude che l'indennita'
 di accompagnamento possa essere attribuita ai ciechi  assoluti  anche
 prima  del  compimento  del  18›  anno di eta', e che la questione e'
 circoscritta al periodo di tempo anteriore  all'applicabilita'  della
 non  retroattiva  legge  21  novembre  1988  n.  508 (la quale ha poi
 attribuito una indennita' di accompagnamento, di nuovo genere,  anche
 ai  minori  ciechi  assoluti),  ritiene  che  l'esclusione di un tale
 diritto  nei  riguardi  degli   infradiciottenni   evidenzi   profili
 d'illegittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 31 e 38,
 primo e terzo comma, della Costituzione.
    3.   -   Rileva   il   giudice   remittente  che  l'indennita'  di
 accompagnamento introdotta a far data dal 1› gennaio  1968  a  favore
 delle  persone affette da cecita' assoluta dall'art. 1 della legge 28
 marzo 1968 n. 406 rispondeva - nell'ambito di  fondamentali  precetti
 della Costituzione e, in particolare, di quelli di cui agli artt. 3 e
 38  - all'esigenza di sopperire a bisogni primari di soggetti colpiti
 dalla totale privazione della vista  e,  percio',  in  condizioni  di
 gravissima  menomazione nello svolgimento della vita quotidiana e dei
 rapporti  sociali.  Istituto  giuridico  avente  quindi  funzione   e
 caratteri peculiari, attinenti ad un aspetto non tanto immediatamente
 economico  ma  piuttosto  di natura tipicamente "sociale". Ma, mentre
 per far fronte alle necessita' di natura strettamente  economica,  di
 sostentamento,  sussisteva la pensione non reversibile gia' istituita
 dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, alle necessita'  definibili  come
 "sociali" era indirizzata l'indennita' di accompagnamento.
    Orbene,   tra   tali   necessita'  "sociali",  prosegue  la  Corte
 remittente, debbono includersi tutte quelle attinenti  alla  vita  di
 relazione,  che  presuppongono  primariamente la possibilita', per il
 soggetto, di effettuare gli opportuni spostamenti  nell'ambito  della
 propria  dimora  nonche'  -  e soprattutto - al di fuori di essa, con
 tutte le relative esplicazioni afferenti alla vita interpersonale  ed
 agli   aspetti   della   cultura,   del  lavoro  e  della  formazione
 professionale, dell'uso del tempo libero e cosi' via, vale a dire  di
 tutto  cio' che - richiamando il precetto dell'art. 3, secondo comma,
 della  Costituzione  -  consente  un  piu'  completo  sviluppo  della
 personalita'.  E  tutto  questo,  per  il  soggetto  colpito  da  una
 menomazione cosi' grave come la cecita', non e' ovviamente  possibile
 allo  stesso  modo  delle  altre  persone,  il  che  evidenzia per il
 soggetto stesso una limitazione della liberta' e delle condizioni  di
 eguaglianza  rispetto agli altri consociati, limitazione che, in base
 alla suddetta norma costituzionale, e' invece dovere della Repubblica
 rimuovere, cosi' com'e'  suo  dovere  rimuoverla  in  relazione  alle
 esigenze dell'educazione e dell'avviamento professionale dell'inabile
 in  generale,  e  cio'  anche  alla  luce dell'art. 38, primo e terzo
 comma, della Costituzione.
    Proprio  in  relazione  a  tale  profilo, nei confronti del minore
 degli  anni  diciotto  (il  quale   peraltro   soggiace   all'obbligo
 scolastico  e  acquista  la  capacita'  giuridica  lavorativa gia' al
 compimento del quindicesimo anno di eta' e al quattordicesimo  per  i
 lavori  nell'agricoltura  e  nei  servizi  familiari: ex art. 3 della
 legge 17 ottobre 1967 n. 977) la particolare  forma  di  aiuto  e  di
 tutela   cui   e'   preordinata   l'indennita'   di   accompagnamento
 rivestirebbe - pur nei  limiti  della  sua  misura  economica  -  una
 specifica  valenza  anche superiore che nei confronti del maggiorenne
 talche'  puo'  ritenersi  privo   di   giustificazione   il   diverso
 trattamento.
    Un  ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della norma
 sarebbe ravvisabile in riferimento all'art. 31 della Costituzione che
 fa obbligo alla Repubblica di  agevolare  con  misure  economiche  ed
 altre  provvidenze  l'adempimento  dei  compiti  familiari e protegge
 l'infanzia e la gioventu' favorendone gli istituti necessari  a  tale
 scopo.   Orbene,  far  gravare  completamente  sui  componenti  della
 famiglia i compiti relativi  alle  particolari  esigenze  del  minore
 affetto   da  cecita'  significherebbe,  ad  avviso  della  Corte  di
 cassazione, negare alla famiglia stessa quell'aiuto necessario  anche
 per  realizzare i fini che i menzionati artt. 3, secondo comma, e 38,
 primo e terzo comma, della Costituzione perseguono.  Inoltre,  rileva
 il  remittente,  e' un dato rientrante nella comune esperienza che il
 minore affetto da cecita' ha  bisogno  di  una  forma  di  assistenza
 continuativa  e  diversa  alla  quale  i genitori sovente non possono
 essere in grado di provvedere, ove si  consideri  che  la  situazione
 economica  delle  famiglie  e  l'evoluzione  sociale e civile rendono
 sempre piu' diffuso lo svolgimento di  lavoro  esterno  da  parte  di
 entrambi i genitori.
    Viene  infine  posto  in  evidenza  come,  integrando  la  cecita'
 assoluta una menomazione di massima gravita' che di per se' limita il
 pieno  sviluppo  della  personalita',  non  appaia  giustificata   la
 negazione   ai   minori   degli   anni  diciotto  dell'indennita'  di
 accompagnamento che invece, sul piano generale, la legge 11  febbraio
 1980 n. 18 (art. 1, secondo comma) gia' garantiva agli altri invalidi
 benche' minorenni.
    4.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo  per  l'inammissibilita',  o comunque per l'infondatezza,
 della sollevata questione.
    Sostiene la difesa del Governo  che  la  disciplina  previgente  -
 della cui legittimita' costituzionale la Corte di cassazione dubita -
 aveva dato luogo ad un sistema certo perfettibile ma non in contrasto
 con  le  norme  costituzionali invocate, le cui esigenze fondamentali
 gia' salvaguardava ove si consideri il  trattamento  complessivo  che
 (indipendentemente dalle categorie usate) veniva attribuito.
    Su  questa  linea,  ritiene  l'Avvocatura, si sarebbe posta questa
 Corte con la sentenza 20 gennaio 1992 n. 3 - coeva  all'ordinanza  di
 rimessione   -   nella   quale   si   conclude,  pur  dando  atto  di
 differenziazioni verificatesi nella purtroppo numerosa casistica, che
 "Nell'arco temporale considerato, tuttavia,  l'affermata  adeguatezza
 dell'indennita',  nel  quadro della complessiva razionalizzazione del
 sistema, e la dipendenza del diverso trattamento  da  circostanze  di
 fatto  (quali  il  limite  di  reddito  per  godere  della pensione),
 escludono   l'asserita   violazione    degli    invocati    parametri
 costituzionali".
   5.  -  Si  sono  costituiti  in  giudizio  Giuseppe  Buffa e Ivonne
 Gardini, nella qualita' di legali rappresentanti della figlia  minore
 Isabella Buffa, parte del giudizio a quo .
    Dopo  aver  svolto  considerazioni  totalmente  adesive  a  quanto
 rilevato  dalla  Corte  remittente  sul  punto  della  non  manifesta
 infondatezza della questione, la parte privata sostiene che il quadro
 normativo   che   regola  la  materia  e'  comunque  suscettibile  di
 interpretazione diversa da quella fatta propria dal provvedimento  di
 rimessione;  interpretazione  che,  da  sola,  potrebbe consentire di
 riconoscere l'indennita' di accompagnamento anche  ai  minori  ciechi
 assoluti.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  di  Cassazione solleva questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge 28  marzo  1968,  n.  406,  in
 riferimento  all'art.  8  della  legge  10  febbraio  1962,  n. 66 ed
 all'art. 14 septies della legge 25 febbraio 1980, n. 33, nella  parte
 in   cui   la  norma  suddetta  non  ha  attribuito  l'indennita'  di
 accompagnamento ai ciechi assoluti minori degli anni diciotto.
    Ad avviso della Corte remittente - premesso che  la  questione  e'
 circoscritta  al  periodo di tempo anteriore all'applicabilita' della
 legge 21  novembre  1988,  n.  508  (la  quale  ha  poi  riconosciuto
 l'indennita'  di  accompagnamento  anche ai minori ciechi assoluti) -
 l'illegittimita' della norma e' ravvisabile, in  primo  luogo,  nella
 violazione  dell'art.  3  della Costituzione sotto il duplice profilo
 della ingiustificata disparita'  di  trattamento  nei  confronti  dei
 ciechi  assoluti maggiorenni, i quali, in forza della medesima norma,
 percepiscono detta indennita', nonche' della violazione  dell'obbligo
 di  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine  sociale  ed  economico  che
 impediscono il pieno sviluppo della persona umana  in  condizioni  di
 eguaglianza  con  gli altri cittadini; ulteriori censure sono dedotte
 in riferimento ai principi sanciti dagli artt. 31 (agevolazioni  alla
 famiglia  e  protezione  dell'infanzia)  e  38 (tutela degli inabili)
 della Costituzione.
    2.1.  -  In  riferimento  al  primo   degli   indicati   parametri
 costituzionali la questione e' fondata.
    Questa  Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di esaminare piu' volte
 l'articolata elaborazione normativa  nella  materia  del  trattamento
 assistenziale  e  previdenziale  delle varie categorie di inabili; in
 particolare, giova qui richiamare quanto stabilito dalla sent. n. 346
 del 1989 la quale,  riconoscendo  la  possibilita'  di  cumulo  delle
 prestazioni  assistenziali  connesse all'invalidita' con l'indennita'
 di accompagnamento, rilevo' il carattere autonomo  ed  aggiuntivo  di
 detta  attribuzione,  derivante  da  una funzione e da una natura del
 tutto specifiche e consistente  in  una  particolare  provvidenza  in
 favore  di soggetti non autosufficienti, al fine di porli in grado di
 far fronte alle esigenze  di  accompagnamento  e  di  assistenza  che
 quella   condizione   necessariamente   comporta,   consentendo  loro
 condizioni esistenziali compatibili con  la  dignita'  della  persona
 umana.
    Tenuti  fermi  detti  principi,  e  ritenuto quale dato rientrante
 nella comune esperienza che il minore affetto da cecita' assoluta  ha
 necessita'  di  una  forma  di  assistenza  continuativa alla quale i
 genitori sovente non possono essere in grado di  provvedere,  risulta
 del  tutto evidente che, ai fini dell'attribuzione dell'indennita' di
 accompagnamento,  il  compimento  o  meno  della  maggiore  eta'  non
 costituisce  affatto un criterio razionale adeguato ma appare anzi un
 incongruo elemento di discrimine tra coloro che si trovano ad  essere
 colpiti da una menomazione della massima gravita', qual e' la cecita'
 assoluta.
    2.2.  -  Proprio  per il minore degli anni diciotto la particolare
 forma  di  aiuto  e  tutela  cui  e'  preordinata   l'indennita'   di
 accompagnamento  assume  anzi una specifica valenza che, sotto alcuni
 profili, si rivela finanche maggiore che per il maggiorenne,  ove  si
 consideri  -  come  esattamente  osserva il giudice a quo - che nella
 prima eta' si svolge la fase essenziale ed irripetibile della vita ai
 fini della  formazione  della  personalita'  umana,  e  che  solo  un
 adeguato  inizio e sviluppo di tale fase puo' poi garantire al minore
 un appropriato inserimento nella vita sociale e nel lavoro.
    Su  quest'ultimo  punto,  inoltre,  occorre  considerare  che  sia
 l'obbligo  scolastico, con conseguente necessita' di accompagnamento,
 sia la capacita' giuridica lavorativa, con pari esigenza,  sussistono
 prima del compimento degli anni diciotto.
    Rilievi  che,  del  resto,  lo  stesso  legislatore ha mostrato di
 condividere allorquando, con l'art. 5 della legge 21  novembre  1988,
 n. 508, ha attribuito l'indennita' di accompagnamento anche ai ciechi
 assoluti di eta' inferiore agli anni diciotto.
    3.  -  Ne',  infine,  possono  ritenersi ostative alle conclusioni
 teste' raggiunte alcune  precedenti  pronunce  di  questa  Corte  che
 l'intervenuta  Avvocatura  dello  Stato  richiama in contrario avviso
 (ord. n. 280 del 1990; ord. n. 210 del 1991; sent. n. 3 del 1992).
    Trattasi invero di decisioni rese su  questioni  che  non  possono
 ritenersi  inerenti a quella in esame (in quanto venivano prospettati
 dubbi di legittimita' costituzionale su altre norme di  legge  e  con
 termini  di  raffronto  del  tutto  differenti),  le  cui motivazioni
 pertanto non offrono utili elementi di  giudizio  oltre  quelli  gia'
 considerati,   attesa   l'enunciata   specificita'   della  questione
 sollevata dalla Corte di Cassazione.
    Restano  assorbiti  i  riferimenti  agli  artt.  31  e  38   della
 Costituzione, ulteriormente invocati dal remittente.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 28
 marzo  1968,  n.  406  "Norme per la concessione di una indennita' di
 accompagnamento ai ciechi  assoluti  assistiti  dall'Opera  nazionale
 ciechi  civili",  nella  parte  in  cui non prevede la corresponsione
 dell'indennita'  di  accompagnamento  predetta,  ai  ciechi  assoluti
 minori degli anni diciotto.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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