N. 89 SENTENZA 8 - 15 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Adozione - Figlio maggiorenne anche  adottivo  dell'altro  coniuge  -
 Riduzione della differenza di eta' richiesta dalla legge ad opera del
 giudice  -  Mancata  previsione  -  Insussistenza di un discrezionale
 apprezzamento  a  cura  del  giudice  dell'interesse  della   persona
 dell'adottando  -  Razionale  giustificazione  della disciplina - Non
 fondatezza.
 
 (C.C., art. 291).
 
 (Cost., artt. 2, 3 e 30, primo e secondo comma).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof. Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 291 del  codice
 civile  promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1991 dalla Corte
 di appello di Roma sul reclamo proposto da  Carlo  Lolli  avverso  il
 provvedimento  negativo di adozione del Tribunale, ordinanza iscritta
 al n. 173 del registro ordinanze 1992  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  16, prima serie speciale, dell'anno
 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 19 novembre 1992 il Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - La Corte d'appello di Roma - investita del  reclamo  proposto
 dal  signor  Carlo  Lolli  avverso il decreto del Tribunale che aveva
 rigettato, mancando la differenza di eta' di almeno diciotto anni tra
 adottante ed  adottato,  la  domanda  che  egli  aveva  proposto  per
 l'adozione  ordinaria  della  figlia  maggiorenne che la moglie aveva
 avuto dal primo matrimonio, da tempo  sciolto  -  ha  sollevato,  con
 ordinanza  emessa  il  10  dicembre  1991,  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 291 del codice civile, nella parte  in  cui,
 limitatamente  al  caso del coniuge che chiede di adottare il figlio,
 anche adottivo,  dell'altro  coniuge,  non  consente  al  giudice  di
 ridurre,  quando  l'adottando  sia  di fatto stabilmente inserito nel
 contesto familiare e sussistano validi motivi  per  la  realizzazione
 dell'unita'  familiare,  l'intervallo di eta' di diciotto anni che la
 stessa  disposizione  prevede  debba  intercorrere  tra  adottante  e
 adottando.
    Il   giudice   rimettente   premette   che   e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale dell'art.  44,  quinto  comma,  della
 legge  4  maggio 1983, n. 184, che disciplina l'adozione di minori in
 casi particolari, nella parte in cui questa disposizione non consente
 al giudice di derogare, nell'ipotesi del minore figlio anche adottivo
 dell'altro  coniuge, alla prescrizione relativa al divario di eta' di
 diciotto anni tra adottante e  adottando,  quando  sussistano  validi
 motivi per la realizzazione dell'unita' familiare (sentenza n. 44 del
 1990).  La  Corte  d'appello  considera  irragionevole  la disciplina
 dettata per l'adozione ordinaria dall'art. 291 del codice civile, che
 prevede come inderogabile il limite del divario di eta' anche  quando
 l'adottando  sia  di  fatto stabilmente inserito nel nucleo familiare
 dell'adottante.
    L'adozione  di  persone  maggiori  di  eta'  ha  la  finalita'  di
 trasmettere il nome di chi non ha discendenti legittimi o legittimati
 e  di  dare  all'adottante  un  erede;  ma lo scopo dell'istituto, ad
 avviso del giudice rimettente, non  e'  necessariamente  limitato  ai
 risvolti patrimoniali, ben potendo comprendere anche quello di inser-
 ire  a  pieno  titolo  l'adottando nella famiglia alla quale di fatto
 partecipa.
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    L'Avvocatura sostiene che  non  e'  pertinente  il  richiamo  alla
 sentenza della Corte costituzionale n. 44 del 1990, essendo diversi i
 presupposti   e   le   finalita'  dell'adozione  di  minori  in  casi
 particolari,  presi  in  esame  da  quella  sentenza,   rispetto   ai
 presupposti  ed  alle  finalita' dell'adozione di persone maggiori di
 eta', tanto piu' che  nei  due  istituti  assume  differente  rilievo
 l'interesse dei soggetti del rapporto.
    Inoltre,  secondo  l'Avvocatura, l'unita' familiare costituisce un
 presupposto fondamentale per l'armonico sviluppo  della  personalita'
 dei  minori  ed  e'  pertanto  rilevante ai fini della loro adozione,
 mentre nell'adozione del maggiore di eta' e'  prevalente  l'interesse
 dell'adottante,  in  ragione  dello  scopo di tramandare nel tempo il
 nome di chi non ha discendenti e dell'interesse ad  avere  un  erede.
 Infine, ad avviso della Avvocatura, sarebbe del tutto inconferente il
 richiamo  al  parametro  dell'art.  30,  primo e secondo comma, della
 Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  d'appello  di  Roma  dubita  della  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  291 del codice civile, nella parte in cui,
 disciplinando le condizioni  dell'adozione  di  persone  maggiori  di
 eta',  stabilisce  che  l'adottante  deve superare di almeno diciotto
 anni l'eta' dell'adottando, senza  prevedere  che  il  giudice  possa
 ridurre  la  differenza di eta' richiesta da questa disposizione, nel
 caso di adozione del figlio maggiorenne, anche  adottivo,  dell'altro
 coniuge.
    La  Corte  d'appello  indica quali parametri di valutazione per il
 giudizio di legittimita' costituzionale gli artt. 2, 3 e 30, primo  e
 secondo  comma,  della  Costituzione.  Esisterebbe  una irragionevole
 disparita' di trattamento tra maggiorenni e minorenni, giacche'  solo
 per questi ultimi l'adozione sarebbe possibile anche quando manchi la
 differenza   di   eta'   tra  adottante  ed  adottato  ordinariamente
 richiesta, mentre tra i due istituti (adozione ordinaria  e  adozione
 in  casi  particolari)  non  si  darebbero  differenze. Ad avviso del
 giudice rimettente anche  l'adozione  di  persone  maggiori  di  eta'
 potrebbe  avere  per  scopo  non  tanto  l'attribuzione del nome e la
 prefigurazione di un  erede,  quanto  l'inserimento  a  pieno  titolo
 dell'adottando  nella famiglia della quale, di fatto, costituisca uno
 dei membri.
    La Corte d'appello sollecita, in definitiva, l'applicazione  anche
 all'adozione  ordinaria  delle  ragioni  in  base alle quali e' stata
 ritenuta costituzionalmente illegittima, per l'adozione di minori  in
 casi  particolari,  la  mancata  previsione del potere del giudice di
 accordare una ragionevole  riduzione  della  differenza  di  eta'  di
 diciotto anni tra il coniuge adottante ed il minore adottando, quando
 quest'ultimo sia figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge (art. 44,
 primo comma, lettera b), della legge n. 184 del 1983).
    2.  -  Il  giudice  rimettente muove dalla premessa della ritenuta
 identita' di situazioni nelle quali verserebbero gli adottandi -  nel
 caso di adozione del figlio del coniuge dell'adottante - tanto che si
 tratti  di  adozione  ordinaria  quanto  che si tratti di adozione di
 minori.
    Ma proprio  questa  premessa  non  e'  esatta,  in  ragione  della
 differente   disciplina   che   caratterizza  in  modo  diverso,  per
 struttura, per funzione e  per  ampiezza  dei  poteri  attribuiti  al
 giudice,  l'adozione  di  minori  rispetto all'adozione di persone di
 maggiore eta'.
    L'organica disciplina della adozione  dei  minori,  dettata  dalla
 legge  n. 184 del 1983, ha come essenziale e dominante obiettivo - in
 conformita' alle convenzioni internazionali volte  a  disciplinare  e
 proteggere  in  modo  specifico  i  minori  (si  veda in proposito la
 Convenzione di Strasburgo sulla loro adozione,  ratificata  in  forza
 della  legge  22 maggio 1974, n. 357) - l'interesse dei minori stessi
 ad un ambiente familiare stabile ed armonioso,  nel  quale  si  possa
 sviluppare  la  loro personalita', godendo di un equilibrato contesto
 affettivo ed  educativo  che  ha  come  riferimento  idonei  genitori
 adottivi.
    Coessenziali  all'adozione  dei  minori  sono  l'inserimento nella
 famiglia di definitiva accoglienza ed  il  rapporto  con  i  genitori
 adottivi,  i  quali  assumono la responsabilita' educativa dei minori
 adottati. Ne deriva l'attribuzione  ad  essi  delle  potesta'  e  dei
 doveri che caratterizzano la posizione dei genitori nei confronti dei
 figli, anche quando, come nella adozione in casi particolari (art. 48
 della  legge n. 184 del 1983), il minore non sempre versi in stato di
 abbandono e non cessino del  tutto  i  rapporti  con  i  genitori  di
 origine.  In  questo  contesto,  che  implica  di necessita' il pieno
 inserimento del minore nella comunita' familiare adottiva, si colloca
 l'obbligo  dell'adottante   di   mantenere,   istruire   ed   educare
 l'adottato,  in  conformita'  a  quanto  prescritto dall'art. 147 del
 codice civile per i figli nati nel matrimonio (art. 48 della legge n.
 184 del 1983).
    La specialita' di  questa  disciplina  legislativa  risponde  alla
 specificita'  delle  esigenze  di  protezione del minore. In funzione
 dell'interesse  di  quest'ultimo  il  provvedimento  di  adozione  e'
 circondato  di  particolari cautele ed e' pronunciato all'esito di un
 procedimento che implica un incisivo controllo del  Tribunale  per  i
 minorenni,  volto  a verificare, al di la' della volonta' delle parti
 interessate, se  l'adozione  realizza  il  preminente  interesse  del
 minore.  Lo  stesso  procedimento  consente  inoltre  al  giudice  di
 indagare  sull'attitudine  dell'adottante  ad  educare il minore, sui
 motivi  dell'adozione,   sulla   personalita'   del   minore,   sulla
 possibilita'  di  idonea  convivenza  (art. 57 della legge n. 184 del
 1983).
    Tutte queste specifiche condizioni hanno  consentito  di  valutare
 come  l'adozione  di  un minore figlio del coniuge dell'adottante sia
 necessaria per assicurare all'adottando, con  l'inserimento  a  pieno
 titolo  nella  famiglia e con l'attribuzione del cognome dei fratelli
 uterini generati in  costanza  di  matrimonio,  il  superamento  "del
 disagio  sociale  della manifesta diversita' di origine con possibile
 disarmonia nella formazione psicologica e morale del minore  stesso".
 Si  e'  cosi'  ritenuto  che questo interesse prevalga sul limite del
 divario di eta' tra adottante e  adottato,  limite  che  puo'  essere
 eccezionalmente   superato  quando  sia  indispensabile,  secondo  il
 rigoroso apprezzamento del giudice, per  salvaguardare  i  valori  di
 protezione del minore, assicurando allo stesso una famiglia (sentenza
 n. 44 del 1990).
    L'esigenza di evitare gravi danni allo sviluppo della personalita'
 del  minore,  causati  dal  venir  meno  dell'unita'  di  vita  e  di
 educazione tra fratelli minori,  uno  dei  quali  gia'  adottato,  ha
 consentito inoltre, in casi altrettanto rigorosamente circoscritti ed
 eccezionali,  il  superamento dello stesso limite del divario di eta'
 massimo tra adottante ed adottato (sentenza n. 148 del 1992).
    3. - L'adozione di persone maggiori di  eta'  si  caratterizza  in
 modo  ben  diverso  da come in precedenza delineato. Essa non implica
 necessariamente  l'instaurarsi  o  il  permanere   della   convivenza
 familiare,  non  determina  la  soggezione alla potesta' dei genitori
 adottivi, ne' impone all'adottante l'obbligo di  mantenere,  istruire
 ed educare l'adottato. Inoltre l'adozione di persone maggiori di eta'
 e'   essenzialmente   determinata   dal   consenso  dell'adottante  e
 dell'adottando,  giacche'  il  controllo  del  Tribunale  verte   sui
 requisiti  che  legittimano l'adozione, essendo rimesso al giudice il
 ristretto potere di valutare se l'adozione  "conviene"  all'adottando
 (art. 312 del codice civile).
    Nell'adozione  di  persone  maggiori  di  eta'  al  giudice non e'
 attribuito alcun  discrezionale  apprezzamento  dell'interesse  della
 persona dell'adottando; ne' possono essere effettuati quegli incisivi
 controlli     previsti     per     l'adozione    di    minori,    che
 significativamenterispecchiano la  diversita'  di  presupposti  e  di
 finalita' dei due istituti.
    Risulta   quindi  razionalmente  giustificata  una  diversita'  di
 disciplina anche nel superamento - consentito solo per l'adozione  di
 minori,  in  casi eccezionali che esigono una specifica indagine e la
 rigorosa valutazione del giudice - del limite posto  dal  divario  di
 eta' ordinariamente richiesto tra adottante ed adottando, superamento
 che  si  giustifica in ragione del raccordo tra l'unita' familiare ed
 il momento ineliminabilmente formativo ed educativo, che caratterizza
 lo sviluppo del minore in  una  famiglia  ed  esige  una  particolare
 protezione che solo quella famiglia puo' assicurare.
    La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte
 d'appello di Roma non e' dunque fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 291 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt.
 2, 3, e 30, primo e secondo comma,  della  Costituzione  dalla  Corte
 d'appello di Roma con ordinanza emessa il 10 dicembre 1991.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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