N. 97 ORDINANZA 8 - 15 marzo 1993
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Miniere, cave e torbiere - Sicurezza del lavoro - Comportamenti omissioni - Sanzioni penali - Discrezionalita' legislativa - Manifesta infondatezza. (D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, art. 671, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 32).(GU n.13 del 24-3-1993 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1992 dal Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima nel procedimento penale a carico di Dalle Cort Marcello ed altri, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di Marcello Dalle Cort ed altri per violazione degli artt. 158 e 167 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), il Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima, con ordinanza del 7 maggio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del citato d.P.R. n. 128 del 1959, nella parte in cui non opera una distinzione all'interno degli "altri casi" (diversi da quelli specificamente indicati nel primo comma) "tra le ipotesi nelle quali la condotta omissiva, con riguardo a carenze nella predisposizione di specifici accorgimenti tecnici, puo' essere sanata attraverso l'ottemperanza al contenuto della diffida e quelle nelle quali la condotta omissiva abbia oggettivamente integrato, nella sua completezza, una ipotesi di reato"; che, ad avviso del giudice remittente, nel caso di infrazioni, quali quelle contestate nella specie, in cui la condotta omissiva abbia gia' prodotto completamente tutti gli effetti dannosi o pericolosi che giustificano la sanzione penale, "la diffida e la successiva ottemperanza non possono realizzare altro che una forma di estinzione del reato", in contrasto con la ratio legis consistente, come si desume dagli artt. 672, 673 e 674 del decreto, nel fine di ottimizzazione delle condizioni di lavoro in cava e in miniera e non di sottrarre alla sanzione penale fattispecie criminose gia' completamente attuate; che pertanto la norma denunciata e' ritenuta contraria sia al principio di eguaglianza, "per l'evidente disparita' di trattamento con identiche situazioni che si verificano in settori di lavoro diversi da quello esaminato", sia al principio di tutela della sa- lute; che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato che gli illeciti previsti dal secondo comma dell'art. 671 del d.P.R. n. 128 del 1959 sono configurati dalla legge come reati di inosservanza di un ordine legittimo della pubblica autorita', di guisa che la fattispecie penale e il conseguente obbligo di rapporto all'autorita' giudiziaria (art. 672) si concretano soltanto con l'inadempimento, debitamente constatato, della diffida intimata dall'ingegnere capo; che si tratta di una scelta discrezionale del legislatore, fondata su una valutazione che ragionevolmente differenzia la disciplina degli "altri casi" previsti dall'art. 671, secondo comma, sia rispetto ai casi specificamente indicati nel primo comma, sia rispetto alle infrazioni previste dall'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, in ordine alle quali la diffida e' una mera facolta' dell'Ispettorato del lavoro, non, in quanto inadempiuta, un elemento costitutivo del reato; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, dal Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1993. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: MENGONI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 15 marzo 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 93C0257