N. 102 SENTENZA 10 - 19 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sanita' pubblica - Farmacie - Corresponsioni da parte delle uu.ss.ll.
 -  Trattenuta  di  una  quota  pari al 2,5% dell'importo al lordo dei
 tickets - Insussistenza di una disparita' di trattamento tra titolari
 di farmacia ed altri utenti del Servizio  sanitario  nazionale  e  di
 violazione  del  principio della capacita' contributiva nonche' della
 progressivita' della imposizione - Non fondatezza.
 
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 30
 dicembre  1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica),
 promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 12 maggio 1992 dal  Giudice  conciliatore
 di  Treviso,  iscritta  al  n.  424  del  registro  ordinanze  1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  37,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
      2) ordinanza emessa l'11 luglio 1992 dal Giudice conciliatore di
 Mirano  nel  procedimento civile vertente tra Maguolo Ugo e la U.S.L.
 n. 17 di Mirano, iscritta al n. 554 del  registro  ordinanze  1992  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 41, prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
      3) ordinanza emessa il 22 luglio 1992 dal Pretore di Venezia nel
 procedimento civile vertente tra Guerra Alberto e la U.S.L. n. 16  di
 Venezia,  iscritta al n. 659 del registro ordinanze 1992 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1992;
    Visti l'atto di costituzione di Vanzini Marisa nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi gli avvocati Francesco Cavallaro e Paolo Barile per  Vanzini
 Marisa  e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio civile promosso da  Vanzini  Marisa,
 titolare di farmacia convenzionata, contro la U.S.L. n. 10 di Treviso
 il giudice conciliatore di Treviso ha sollevato, con ordinanza del 12
 maggio  1992,  questione  incidentale  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 4, comma 4, della legge 30  dicembre  1991  n.  412,  nella
 parte  in  cui  dispone  che  il  Servizio  sanitario  nazionale, nel
 provvedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto per  la
 vendita   delle  specialita'  medicinali  (in  regime  di  assistenza
 diretta), trattiene una quota pari al 2,5% dell'importo al lordo  dei
 tickets.  Secondo  il  giudice  rimettente  la  norma  si porrebbe in
 contrasto con il  principio  di  eguaglianza  perche'  introduce  una
 prestazione  patrimoniale  obbligatoria  di  carattere  tributario  a
 carico di una limitata categoria di cittadini (ossia  i  titolari  di
 farmacia)  senza  che sussista alcuna ragione giustificatrice di tale
 trattamento discriminatorio, essendo essi  gravati,  quanto  chiunque
 altro, dalle normali imposte e dal contributo per il S.S.N.
    Inoltre  sussiste  contrasto  con  il  principio  secondo cui ogni
 cittadino e' tenuto a concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione
 della  propria  capacita'  contributiva  e  il  sistema tributario e'
 uniformato  a  criteri  di  progressivita'  (art.   53   Cost.);   in
 particolare attraverso il prelievo del 2,5% la categoria dei titolari
 di  farmacia  viene sottoposta ad una prestazione patrimoniale la cui
 base imponibile e' rappresentata  (non  gia'  dal  reddito,  ma)  dal
 ricavo  lordo.  Infine  la  stessa  norma  censurata discrimina anche
 all'interno della stessa categoria  dei  titolari  di  farmacia,  tra
 coloro  che  svolgono  prevalentemente servizio mutualistico e coloro
 per  i  quali  tale  servizio   costituisce   solo   una   componente
 dell'attivita'; sicche' essa grava in modo ineguale all'interno della
 stessa   categoria   che   subisce  il  prelievo,  risultando  questo
 distribuito  secondo  un  criterio  casuale  e  talvolta  in   misura
 inversamente  proporzionale  all'effettiva  capacita' contributiva in
 quanto legato non al reddito, ma al ricavo lordo.
    2. - Si e' costituita la parte privata Vanzini  Marisa  sostenendo
 la illegittimita' costituzionale della norma impugnata.
    Premesso che la disposizione impugnata configura un vero e proprio
 prelievo  impositivo  a  carico  dei  titolari di farmacie, la difesa
 della  parte  costituita  ritiene  leso  il  principio  di  capacita'
 contributiva  (art.  53  Cost.)  che  esige l'identificabilita' di un
 collegamento effettivo tra la prestazione imposta  e  il  presupposto
 economico  considerato dalla norma tributaria, collegamento che nella
 fattispecie dell'art. 4 censurato farebbe invece difetto, atteso  che
 la "trattenuta" a favore del Servizio sanitario e' commisurata, sulla
 base  di  una  percentuale  fissa del 2,5%, all'importo liquidato dal
 Servizio  sanitario  alle  farmacie  per  le  specialita'  medicinali
 spedite  in regime di assistenza diretta e quindi il prelievo risulta
 imposto e determinato con riferimento al  ricavo  lordo  e  non  gia'
 all'utile effettivamente conseguito dal farmacista.
    Inoltre   -  prosegue  la  difesa  della  parte  costituita  -  la
 disposizione in esame si pone in contrasto anche con  i  fondamentali
 principi  di  razionalita'  e  di  eguaglianza  affermati dall'art. 3
 Cost., perche' si tratta difatti di  una  prestazione  che  penalizza
 indebitamente,   sul  piano  contributivo,  i  titolari  di  farmacie
 rispetto agli altri soggetti che pure  usufruiscono  all'interno  del
 Servizio  sanitario  nazionale  di prestazioni identiche a quelle dei
 farmacisti.
    Rileva infine la difesa della parte privata che la  commisurazione
 al  ricavo lordo del prelievo obbligatoriamente imposto ai farmacisti
 rende l'effettiva incidenza del tributo casuale rispetto al reddito e
 quindi  discriminatoria  nei  confronti  dei  titolari  di   farmacia
 maggiormente   gravati   dai   costi   di   esercizio,   sia  perche'
 irragionevolmente penalizza, a parita' di  ricavo,  i  percettori  di
 minori  utili, sia perche' il carico impositivo e' tanto piu' elevato
 quanto maggiore e' la  quota  di  servizio  mutualistico  svolto  dal
 titolare di farmacia.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo
 che la questione sollevata sia dichiarata  inammissibile  o  comunque
 non fondata.
    Sostiene  innanzi tutto l'Avvocatura che la questione sollevata e'
 inammissibile  perche'  l'ordinanza  di  rimessione  si   limita   ad
 affermarne  la  pertinenza  e la strumentale efficacia nel giudizio a
 quo, senza tuttavia  affatto  accennare  ai  termini  concreti  della
 controversia.
    Nel  merito  l'Avvocatura  ritiene  non  fondata  la  questione in
 ragione della giurisprudenza della Corte costituzionale che  ha  gia'
 riconosciuto la legittimita' costituzionale dello "sconto" sui prezzi
 delle  specialita'  medicinali,  seppur  in relazione alla disciplina
 precedente quella investita dalla censura del giudice rimettente.  In
 particolare  ritiene  non  sussistere  la  lamentata vulnerazione del
 principio  di eguaglianza (art. 3 Cost.) per effetto dell'imposizione
 della prestazione in  esame  a  carico  (soltanto)  dei  titolari  di
 farmacie,  atteso  che  si  tratta  di  categoria  di soggetti la cui
 attivita' si ricollega particolarmente all'assistenza farmaceutica e,
 come tale, discrezionalmente ritenuta dal legislatore la piu'  idonea
 a  sostenerne  in  parte  l'onere.  Ne' e' violato il principio della
 capacita'  contributiva  di  cui  all'art.  53  Cost.   che   esprime
 l'esigenza  che  ogni prelievo fiscale abbia causa giustificatrice in
 indici concretamente rivelatori di  quella  capacita',  intesa  quale
 idoneita'  soggettiva  ad  adempiere  l'obbligazione  deducibile  dal
 presupposto (discrezionalmente valutato dal legislatore) al quale  la
 prestazione  e' collegata; esigenza questa che nella fattispecie deve
 ritenersi rispettata in ragione del collegamento dell'imposizione  al
 prezzo   di  vendita  dei  prodotti,  che  e'  indice  rivelatore  di
 ricchezza.
    4. - Con ordinanze dell'11 luglio 1992 e del  22  luglio  1992  il
 giudice   conciliatore   di   Mirano   ed   il  Pretore  di  Venezia,
 rispettivamente nel corso del giudizio tra Maguolo Ugo e l'USL n.  17
 di Mirano e del giudizio tra Guerra Alberto e l'USL n. 16 di Venezia,
 hanno    sollevato    la    medesima    questione    incidentale   di
 costituzionalita' svolgendo analoghe argomentazioni.
    5. - In entrambi questi due giudizi e' intervenuto  il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 Generale  dello  Stato  chiedendo  che  la  questione  sollevata  sia
 dichiarata  inammissibile  o  comunque  non  fondata sulla base delle
 stesse argomentazioni gia' sopra esposte.
    6. - Nell'imminenza dell'udienza la  difesa  della  parte  privata
 Vanzini  ha presentato una memoria in cui ribadisce le argomentazioni
 gia' svolte nell'atto di costituzione ed insiste per la dichiarazione
 di incostituzionalita' della norma censurata.  Aggiunge  che  non  e'
 richiamabile  la  risalente giurisprudenza della Corte costituzionale
 in materia  di  sconto  farmaceutico  atteso  che  la  posizione  del
 farmacista  convenzionato  con  gli enti mutualistici non puo' essere
 posta a raffronto con quella  del  farmacista  convenzionato  con  il
 Servizio  sanitario  nazionale perche', mentre la convenzione con gli
 enti mutualistici scaturiva da una libera scelta del  titolare  della
 farmacia,  la  convenzione  del  farmacista con il S.S.N. costituisce
 oggi un obbligo inderogabile.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale -
 in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. - dell'art. 4, comma 4,  della
 legge  30  dicembre  1991  n. 412 (Disposizioni in materia di finanza
 pubblica) nella parte  in  cui  dispone  che  il  Servizio  sanitario
 nazionale, nel provvedere alla corresponsione alla farmacie di quanto
 dovuto,  trattiene  una  quota pari al 2,5% dell'importo al lordo dei
 tickets per sospetta violazione:
       a) del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sotto un duplice
 profilo, perche' da  una  parte  pone  una  prestazione  patrimoniale
 obbligatoria  di  carattere  tributario  a  carico  di  una  limitata
 categoria di cittadini (i titolari di farmacia)  senza  che  sussista
 alcuna ragione giustificatrice di tale trattamento deteriore rispetto
 a  chiunque  altro  fruisca  delle prestazioni del Servizio sanitario
 nazionale;  d'altra  parte  perche'  si  determina   un   trattamento
 differenziato  anche  all'interno della stessa categoria dei titolari
 di   farmacia   tra  coloro  che  svolgono  prevalentemente  servizio
 mutualistico e coloro per i quali tale servizio costituisce solo  una
 componente dell'attivita', essendo i primi - a differenza dei secondi
 - maggiormente gravati dal prelievo suddetto;
       b)  del principio di capacita' contributiva e di progressivita'
 dell'imposizione tributaria  (art.  53  Cost.)  atteso  che  la  base
 imponibile  del  prelievo e' rappresentata (non gia' dal reddito, ma)
 dal ricavo lordo dell'attivita' di vendita di specialita'  medicinali
 in regime di convenzione.
    2.  - Dopo la riunione dei giudizi in ragione dell'identita' delle
 questioni di costituzionalita' sollevate, va preliminarmente respinta
 l'eccezione,    proposta     dall'Avvocatura     di     Stato,     di
 inammissibilita'della  questione per difetto di rilevanza. Infatti la
 qualita' delle parti (gli attori, titolari di farmacie convenzionate,
 - come risulta dalle ordinanze - e singole Unita' sanitarie locali) e
 la fattispecie regolata dalla disposizione della cui  legittimita'  i
 giudici  remittenti dubitano, consentono di individuare l'oggetto del
 giudizio a  quo  nella  pretesa  del  farmacista  di  non  subire  la
 decurtazione  del  2,5%  del  prezzo  delle  specialita'  medicinali,
 oggetto di rimborso. Quindi i giudici rimettenti sono chiamati a fare
 diretta applicazione della norma investita dalla censura  sicche'  e'
 da  condividerne  il  giudizio  di  rilevanza  della questione seppur
 espresso in termini estremamente sintetici.
    Sulla rilevanza della questione di  costituzionalita'  non  incide
 poi,  come  del  resto  e' anche pacifico tra le parti, il successivo
 art. 8, comma 2, d.l.vo 30 dicembre 1992 n. 502, -  che  ha  previsto
 che  le unita' sanitarie locali corrispondano alle farmacie il prezzo
 delle  specialita'  medicinali,  al  netto  dell'eventuale  quota  di
 partecipazione a carico dell'assistito, nei limiti del prezzo fissato
 per  i  farmaci  dai  provvedimenti del CIP - atteso che si tratta di
 disposizione che, in quanto operante ex nunc, non e' comunque  idonea
 ad alterare i termini del giudizio a quo.
    3.  - Nel merito - che e' limitato, quanto al thema decidendum, ai
 profili  di  sospetta  illegittimita'  costituzionale  allegati   dai
 giudici   rimettenti  con  esclusione  di  altre  prospettazioni  che
 appaiono adombrate nelle difese scritte ed orali della parte  privata
 costituita - le questioni non sono fondate.
    Va preliminarmente rilevato che tutti i giudici rimettenti partono
 dalla  premessa  che  la  "trattenuta" del 2,5%, prevista dalla norma
 censurata sull'ammontare di quanto spettante alle farmacie  a  titolo
 di rimborso (da parte del Servizio Sanitario Nazionale) del prezzo di
 vendita  delle  specialita'  medicinali,  abbia natura tributaria. In
 mancanza  di  alcun  apporto  in  dottrina   ed   in   giurisprudenza
 sull'argomento non vi e' ragione di censurare tale premessa esegetica
 non   sussistendo,   come   risultera'   in  seguito,  necessita'  di
 interpretazione adeguatrice ai canoni costituzionali  che  i  giudici
 rimettenti,  sotto  i  profili da essi indicati, assumono lesi; tanto
 piu' che, in riferimento all'analoga figura dello "sconto" (del  25%)
 sul  prezzo di vendita delle specialita' medicinali, quale in passato
 previsto dall'art. 4 legge 4  agosto  1955  n.  692  a  carico  delle
 imprese  produttrici  e delle farmacie ed in favore degli istituti ed
 enti mutualistici (normativa questa poi abrogata dall'art. 1  d.l.  4
 maggio  1977  n.  187, convertito in legge 11 luglio 1987 n. 395), la
 giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto la natura tributaria dello
 stesso (sent. n. 201 del 1975 e n. 144 del 1972).
    3.  -  Cio'  premesso,  deve  escludersi che vi sia violazione del
 principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sotto alcuno dei due  profili
 allegati dai giudici rimettenti.
   Non  vi  e'  disparita'  di trattamento tra titolari di farmacia ed
 altri soggetti utenti del Servizio Sanitario Nazionale atteso  che  i
 primi  -  in  relazione  all'attivita'  di cessione delle specialita'
 medicinali, che costituisce il presupposto della "trattenuta" de  qua
 -  si  trovano in una situazione differenziata; essi infatti non solo
 sono  -  al  pari  di  chiunque  altro  -  fruitori   dell'assistenza
 farmaceutica  pubblica,  ma  -  a  differenza  degli altri utenti del
 S.S.N.  -  partecipano,  in  regime  di  convenzione,  all'erogazione
 dell'assistenza  stessa  mediante  la  vendita dei farmaci, dei quali
 percepiscono il prezzo dal S.S.N. Il particolare collegamento in tali
 termini  con  il  S.S.N.  costituisce  giustificata   ragione   della
 specialita' della disposizione censurata; d'altra parte questa Corte,
 pronunciandosi   in  tema  di  "sconto"  farmaceutico  ed  esaminando
 un'analoga  censura  di  disparita'   di   trattamento   per   essere
 (all'epoca)  lo  "sconto"  posto a carico dei produttori farmaceutici
 (oltre che dei titolari di farmacia) mentre  l'onere  dell'assistenza
 farmaceutica  avrebbe dovuto gravare sulla generalita' dei cittadini,
 ha affermato che "il principio fondamentale dell'art.  3  ..  non  e'
 violato  quando risultano diversamente disciplinate situazioni che il
 legislatore considera  diverse,  purche'  siano  osservati  i  limiti
 stabiliti dal primo comma di detto articolo, e purche' il trattamento
 differenziato  riguardi  categorie  di  persone  e  non  gia' singoli
 soggetti. Nella specie lo sconto obbligatorio e' posto a  carico  dei
 produttori  di  medicinali, cioe' di quella categoria di industriali,
 l'attivita'   dei   quali,   pur   essendo    compresa    nell'ambito
 dell'assistenza  sanitaria  in  genere,  si  ricollega  tuttavia,  in
 particolare, direttamente all'assistenza farmaceutica .."  (sent.  n.
 70  del  1960, successivamente confermata, proprio in ordine a questo
 profilo, da sent. n. 144 del 1972).
    Ne'  c'e'  disparita'  di  trattamento  nell'ambito  della  stessa
 categoria   dei   titolari  di  farmacie  in  ragione  della  diversa
 percentuale di farmaci dispensati in regime di assistenza pubblica, e
 quindi a carico del S.S.N., ovvero in regime privatistico, e quindi a
 carico degli acquirenti. Infatti diversa e' parallelamente  anche  la
 percentuale  dei  ricavi  derivanti  dai  rimborsi  del  S.S.N. ed e'
 coerente con la finalita' della "trattenuta" -  che  e'  quella  (non
 gia' di incrementare indistintamente le entrate tributarie al fine di
 far  fronte  alla  lievitazione  della  spesa  farmaceutica,  ma)  di
 determinare direttamente una contrazione  della  spesa  pubblica  per
 specialita' medicinali - che soltanto i ricavi a tale spesa collegati
 siano  presi  in  considerazione. Puo' a tal proposito richiamarsi la
 citata  sentenza  n.  144/72  che  ha  escluso  che  la  (previgente)
 disciplina  dello  "sconto"  farmaceutico determinasse violazione del
 principio di eguaglianza per l'asserita ingiustificata disparita'  di
 trattamento   tra   industrie   farmaceutiche  secondo  che  la  loro
 produzione avesse ad oggetto medicinali destinati all'uso dei mutuati
 ovvero farmaci destinati al consumo ordinario.
    4. -  Non  c'e'  poi  violazione  del  principio  della  capacita'
 contributiva,  che  deve  indefettibilmente  sussistere  in  caso  di
 imposizione tributaria (art. 53 Cost.).
    Ha  gia'  affermato  questa  Corte  che per capacita' contributiva
 "deve intendersi l'idoneita' soggettiva  all'obbligazione  d'imposta,
 deducibile dal presupposto al quale la prestazione e' collegata senza
 che spetti al giudice della legittimita' delle leggi alcun controllo,
 se  non,  ovviamente,  sotto il profilo dell'assoluta arbitrarieta' o
 irrazionalita'  delle  norme"  (sent.  201  del  1975);  la  medesima
 pronuncia  -  resa in tema di "sconto" farmaceutico - ha rinvenuto un
 indice concretamente rivelatore  di  capacita'  contributiva  proprio
 nella percezione del prezzo di vendita dei farmaci (in senso conforme
 v.  anche sent. n.  144 del 1972). Ed in effetti - come gia' ritenuto
 in tali pronunce - il regime, tuttora vigente (seppur novellato),  di
 prezzo  imposto, qual e' quello delle specialita' medicinali, e' tale
 da assicurare una congrua  entrata  patrimoniale  al  titolare  della
 farmacia  (la  stessa  norma  censurata  ha  determinato  nel  25% la
 percentuale di spettanza ai farmacisti  sul  prezzo  di  vendita  dei
 farmaci  al  netto  d'IVA,  modificando  quella in precedenza fissata
 dall'art. 7, comma 13, legge 8 novembre 1991 n. 362 sul riordino  del
 settore  farmaceutico).  E'  quindi  rinvenibile  un sicuro indice di
 capacita' contributiva sicche'  non  puo'  dubitarsi  dell'"idoneita'
 soggettiva"  a  far fronte alla "trattenuta" de qua che - proprio per
 il suo meccanismo di decurtazione  di  un'entrata  piuttosto  che  di
 esborso - e' necessariamente collegata ad un ricavo.
    Ne'  a  diversa  conclusione  induce il rilievo della difesa della
 parte privata, secondo la  quale,  dopo  l'istituzione  del  Servizio
 Sanitario Nazionale, tutte le farmacie non possono che operare in re-
 gime  di  convenzione  (  ex  art. 28 legge 23 dicembre 1978 n. 833),
 atteso che il presupposto dell'imposizione tributaria va identificato
 nell'attivita' di vendita di prodotti farmaceutici agli assistiti, di
 per se'  rivelatrice  di  capacita'  contributiva,  mentre  l'assunta
 esclusivita'   del   regime   convenzionale   in  cui  essa  verrebbe
 necessariamente ad  inserirsi  rappresenta  un  prius,  a  tal  fine,
 irrilevante.
    5.  - Il parametro dell'art. 53 Cost. non e' neppure violato sotto
 il profilo, prospettato  dai  giudici  rimettenti,  della  sospettata
 vulnerazione   del   principio   di  progressivita'  dell'imposizione
 tributaria per essere la "trattenuta" de qua  calcolata  sull'importo
 dovuto dal servizio Sanitario Nazionale senza tener conto delle spese
 afferenti  alla  gestione  della  farmacia.  Infatti non si tratta di
 un'imposta  sul  reddito,  che  almeno  tendenzialmente  richiede  la
 determinazione  di  una  base  imponibile  al  netto  delle  spese di
 produzione del reddito stesso,  bensi'  la  "trattenuta",  in  quanto
 ritenuta  di  natura  tributaria,  deve catalogarsi - ancorata com'e'
 all'indice costituito dal trasferimento  di  ricchezza  rappresentato
 dal  rimborso  del  prezzo delle specialita' medicinali - nell'ambito
 dell'imposizione indiretta, che in generale puo'  non  richiedere  il
 computo  di  spesa  alcuna.  Ne'  vengono  in  discussione criteri di
 progressivita', cosi' come in materia di IVA (v. ord. 22  del  1992);
 d'altra    parte    la   prescrizione   del   carattere   progressivo
 dell'imposizione fiscale prevista  dall'art.  53  Cost.  riguarda  il
 sistema  tributario  nel  suo  complesso  e  non gia' in tutte le sue
 componenti (sent. n. 159 del 1985). Nella specie questa  connotazione
 di  progressivita'  cosi'  globalmente  intesa  non  e'  incisa dalla
 previsione della "trattenuta" de qua, che, pur  certamente  priva  di
 tale  carattere,  ha  una  portata assai limitata sotto l'aspetto sia
 soggettivo  (in riferimento alla categoria onerata) che oggettivo (in
 relazione alla misura dell'aliquota applicata).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondata   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma  4, della legge 30
 dicembre 1991 n. 412 (Disposizioni in materia  di  finanza  pubblica)
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dai
 giudici conciliatori di Treviso e di Mirano e dal Pretore di  Venezia
 con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1993.
                        Il presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0274