N. 106 ORDINANZA 10 - 19 marzo 1993
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Sicurezza pubblica - Misure - Sorveglianza speciale con divieto di soggiorno - Sorveglianza speciale e obbligo di soggiorno - Criteri soggettivi di applicazione - Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita'. (Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 3). (Cost., art. 3).(GU n.13 del 24-3-1993 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'), promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1992 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Santoriello Antonio, iscritta al n. 299 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola; Ritenuto che nel corso di un giudizio in cui il ricorrente aveva impugnato un decreto della Corte d'appello di Salerno, confermativo della misura di prevenzione comminatagli - consistente nella sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con divieto di soggiorno nei comuni delle Regioni Campania, Lazio, Basilicata e Calabria - la Corte di cassazione, con ordinanza emessa il 6 marzo 1992, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423; che il giudice a quo osserva come la norma stessa inizialmente descrivesse tre ipotesi di pericolosita' sociale (normale, intermedia e particolare) riferibili ai soggetti previsti nell'art. 1 della legge medesima nonche' agli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso ex art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, alle quali si correlano, rispettivamente, la sorveglianza speciale, la sorveglianza con il divieto di soggiorno ed infine l'imposizione dell'obbligo di soggiorno; che, a parere del giudice rimettente, il suddetto quadro normativo avrebbe subito uno sconvolgimento con l'emanazione degli artt. 20 e 24 del decreto-legge n. 152 del 1991, i quali non prevedono piu' - sia pure allo scopo di evitare infiltrazioni mafiose in altre parti del territorio - il divieto di soggiorno per gli indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose, certamente "portatori di una carica di pericolosita' sociale piu' allarmante" di quella di coloro che possono invece ancora essere assoggettati a tale misura; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, la quale preliminarmente ha contestato il presupposto ermeneutico della Corte di cassazione ed eccepito l'inammissibilita' della questione; che, secondo l'Avvocatura, il trattamento riservato ai soggetti indicati nell'art. 1, numeri 1) e 2), della legge n. 1423 del 1956 sarebbe parificato a quello dei presunti mafiosi, con esclusione di ogni disparita'; che, infine, a parere dell'Autorita' intervenuta, l'opzione legislativa, motivata dal rischio di "esportazione" del fenomeno mafioso, avrebbe eliminato la misura del divieto di soggiorno non in una logica di tutela dei soggetti interessati, ma per ragioni di politica criminale fondate sulla specificita' del fenomeno mafioso e pertanto sarebbe da escludere la comparabilita' delle situazioni, rispettivamente, del mafioso, al quale si applicherebbe l'obbligo di soggiorno (con la scelta se nel comune di residenza o in altro comune) e del non-mafioso al quale sarebbe comminato il divieto di soggiorno; Considerato che l'ordinanza di rimessione, oltre a non motivare circa la rilevanza della questione, non offre elementi atti a consentire una completa valutazione della fattispecie oggetto del giudizio a quo; che, in particolare, non e' dato conoscere - come rileva esattamente l'Avvocatura dello Stato e come appare piu' probabile - se il caso in esame riguardi una delle ipotesi di pericolosita' di cui ai numeri 1) e 2) dell'art. 1 della legge n. 1423 del 1956 ovvero la categoria dalla stessa norma contemplata sub 3); che, in riferimento alla prima delle due eventualita', risulterebbe applicabile l'art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152, come modificato dall'art. 13 della legge 3 agosto 1988, n. 327, il quale estende le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, alle persone qualificate pericolose a termini dei citati numeri 1) e 2); che, cio' premesso, verrebbe altresi' in evidenza l'art. 24 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 152 (convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203) dettato per regolare la situazione di chi - versando nelle condizioni soggettive di cui sopra - si trovasse sottoposto a divieto di soggiorno; che, pertanto, il sindacato richiesto a questa Corte riveste un'efficacia meramente ipotetica nel giudizio in corso davanti al giudice a quo, onde il giudizio di costituzionalita' non puo' essere ammesso; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1993. Il Presidente e redattore: CASAVOLA Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 19 marzo 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 93C0278