N. 107 ORDINANZA 10 - 19 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Giudizio  ordinario  e  giudizio  direttissimo -
 Disparita'  in  ordine  alla  richiesta   del   giudizio   abbreviato
 segnatamente  al  rispettivo  regime  delle  prove  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza della Corte in materia (sentenze nn.  316  e  213  del
 1992 - Manifesta infondatezza.
 
 ((C.P.P.,  artt.  519,  secondo  comma,  e 451, terzo comma (rectius:
 quinto comma)).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.13 del 24-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 519,  secondo
 comma,  e  451,  terzo  comma  (rectius: quinto comma), del codice di
 procedura penale, promosso con ordinanza emessa il  4  febbraio  1992
 dalla  Corte  di  cassazione  nel  procedimento  penale  a  carico di
 Quotidiano Pasquale  ed  altro,  iscritta  al  n.  304  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  Quotidiano  Pasquale  e Andolfi Giuseppe sono stati
 tratti a giudizio direttissimo dinanzi al Tribunale di Napoli per  il
 reato  previsto  dagli  artt. 110, 56 e 628, primo e terzo comma, del
 codice  penale,  modificato  poi   dal   P.M.,   dopo   l'istruttoria
 dibattimentale  e  l'acquisizione  di prove, in quello previsto dagli
 artt. 110, 610 e 339 del codice penale;
      che l'istanza di giudizio abbreviato dai suddetti avanzata  dopo
 la  modifica  dell'imputazione  e'  stata respinta sia dal giudice di
 primo grado che da quello di appello;
      che  la  Corte  di cassazione, con ordinanza del 4 febbraio 1992
 (R.O. n.  304  del  1992)  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  519,  secondo comma, e 451, terzo comma
 (rectius: quinto comma), del codice di procedura penale;
      che, a parere della  Corte  remittente,  sarebbero  violati  gli
 artt.  3 e 24 della Costituzione per la disparita' di trattamento che
 si verifica tra coloro che sono  tratti  a  giudizio  ordinario,  nel
 quale il giudizio abbreviato puo' essere chiesto anche dopo che siano
 assunte  le  prove e sia stata modificata l'imputazione, e coloro che
 sono tratti a giudizio direttissimo, nel  quale  la  detta  richiesta
 deve essere avanzata prima che siano assunte le prove e prima che sia
 possibile conoscere se l'imputazione sia modificata;
      che  nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura Generale dello
 Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 che ha concluso per la infondatezza della questione;
    Considerato  che questa Corte ha piu' volte affermato (sentenze n.
 316 del 1992; n. 213 del 1992) che i benefici  connessi  al  giudizio
 abbreviato conseguono alla rinuncia dell'imputato al dibattimento, la
 quale  consente  di realizzare l'obiettivo prefissosi dal legislatore
 della rapida definizione del processo;
      che detto obiettivo non puo' essere raggiunto quando gia' si  e'
 pervenuti  al  dibattimento  in  base  alle  contingenti  valutazioni
 dell'imputato sull'andamento del processo;
      che  la  richiesta  di  giudizio  e'  collegata  solo  al  fatto
 contestato   e  non  rileva  l'eventuale  modifica  dell'imputazione,
 peraltro ben prevedibile dall'imputato,  in  un  sistema  processuale
 imperniato sulla formazione della prova nel dibattimento;
      che  allo  stesso  imputato e' affidata la scelta tra i benefici
 derivanti dal  giudizio  abbreviato  e  gli  eventuali  vantaggi  che
 possono conseguire alla modifica dell'imputazione;
      che  non  sussiste  disparita'  di  trattamento  derivante dalla
 diversita' del rito, ne' lesione del diritto a difesa;
      che,  pertanto,  la  questione   sollevata   e'   manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  519,  secondo comma, e 451, terzo comma
 (rectius:  quinto  comma),  del  codice  di  procedura   penale,   in
 riferimento  agli  artt.  3  e 24 della Costituzione, sollevata dalla
 Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: GRECO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0279