N. 146 ORDINANZA 1 - 6 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Caccia  -  Fauna  selvatica  - Patrimonio indisponibile dello Stato -
 Furto   venatorio   ed   ipotesi   di   illecito   amministrativo   -
 Discrezionalita'  legislativa  -  Richiesta  di  sentenza  additiva -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 30, terzo comma, e  31,  quinto
 comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.16 del 14-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo
 SPAGNOLI,  prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo  CHELI,  dott.    Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 30, terzo
 comma, e 31, quinto comma, della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157
 (Norme  per  la  protezione  della fauna selvatica omeoterma e per il
 prelievo venatorio), promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 23 marzo 1992 dalla  Corte  d'appello  di
 Venezia  nel  procedimento  penale  a carico di Chioccarello Remigio,
 iscritta al n. 262 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  20  prima  serie speciale
 dell'anno 1992;
      2) ordinanza emessa il 19 giugno 1992 dal Tribunale di Udine nel
 procedimento penale a carico di Gabassi Mario, iscritta al n. 584 del
 registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 42 prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto   che,  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Remigio
 Chioccarello, la Corte d'appello di Venezia, con ordinanza emessa  il
 23  marzo  1992  (R.O.  n. 262 del 1992), ha sollevato - in relazione
 all'art.  3  della   Costituzione   -   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 30, terzo comma, e 31, quinto comma, della
 legge 11 febbraio 1992, n. 157;
      che,  nell'ordinanza di rinvio si espone che la legge n. 157 del
 1992, pur abrogando la legge 27 dicembre 1987,  n.  968,  continua  a
 qualificare  la  fauna  selvatica come patrimonio indisponibile dello
 Stato e persegue l'obiettivo della protezione della  fauna  selvatica
 conformemente all'interesse nazionale ed internazionale;
      che - ad avviso del giudice a quo - il principio di appartenenza
 pubblica  del  patrimonio  faunistico  comporta  che  lo  svolgimento
 dell'attivita' venatoria avvenga in regime di concessione dello Stato
 (art. 12, primo comma, della legge n. 157 del  1992)  e  che  non  si
 determini   l'effetto  acquisitivo  della  proprieta'  a  favore  del
 cacciatore se l'atto venatorio non e' conforme alla legge  (art.  12,
 secondo comma, e art. 13 della stessa legge);
      che,   pertanto,   sempre   secondo   il   giudice   remittente,
 l'abbattimento di selvaggina in violazione delle norme della legge n.
 157 del 1992 non comporterebbe trasferimento della  proprieta'  della
 selvaggina  stessa  al cacciatore, mentre l'impossessamento a fine di
 profitto della selvaggina abbattuta  o  catturata  in  situazioni  di
 illiceita'  integrerebbe  gli  elementi  oggettivi e soggettivi della
 fattispecie del furto;
      che,  invece,   per   effetto   delle   norme   impugnate,   non
 ricorrerebbero gli estremi del reato di furto nell'impossessamento di
 selvaggina  illecitamente abbattuta o catturata nei centri pubblici o
 privati di riproduzione  ne'  sarebbe  punibile  a  titolo  di  furto
 l'impossessamento  a  fine  di profitto di mammiferi o uccelli di cui
 sia vietata la caccia, con la  conseguenza  che  le  norme  impugnate
 riserverebbero  a  chi  si  impossessa  di  selvaggina  illecitamente
 abbattuta  o  catturata  un  trattamento   radicalmente   diverso   e
 privilegiato  rispetto  a  quello  previsto per ogni altra ipotesi di
 sottrazione di cosa mobile altrui a fine di profitto;
      che  il principio di eguaglianza risulterebbe violato in quanto,
 da un lato, la tutela penale del soggetto passivo verrebbe "eliminata
 sol perche' l'azione di  impossessamento  ricade  su  taluni  beni  a
 differenza   di  altri  ..  facenti  parte  del  medesimo  patrimonio
 indisponibile e forniti di tutela anche penale a sanzione del  furto"
 e,  dall'altro,  una  disciplina  identica  (consistente  in sanzioni
 amministrative o solo contravvenzionali) sarebbe applicata ad ipotesi
 diverse quali l'esercizio venatorio illecito seguito  o  non  seguito
 dall'impossessamento  di  selvaggina mentre si avrebbe una disciplina
 diversa (sanzione  penale  del  furto  o  sanzioni  amministrative  o
 contravvenzionali)     in     casi    non    differenziabili    quali
 l'impossessamento di selvaggina nell'ambito  di  esercizio  venatorio
 illecito  o  vietato  da  un  lato e l'impossessamento compiuto al di
 fuori dell'attivita' venatoria dall'altro;
      che, infine, la questione di costituzionalita' sarebbe rilevante
 "in quanto l'appello del Procuratore generale tende  ad  ottenere  la
 condanna  dell'imputato  per  furto  venatorio  in applicazione delle
 norme  vigenti  all'epoca  del   fatto"   e   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  della  normativa  che esclude la configurabilita' del
 reato  di  furto  "comporterebbe   ..   il   possibile   accoglimento
 dell'appello";
      che  nel procedimento penale a carico di Mario Gabassi, imputato
 del reato di  cui  agli  artt.  624  e  625  del  codice  penale  per
 l'abbattimento  di  un  fagiano, il Tribunale di Udine, con ordinanza
 del 19 giugno 1992 (R.O. n. 584 del  1992),  ha  sollevato  d'ufficio
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 30, terzo comma,
 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in relazione all'art.  3  della
 Costituzione,  sulla  base di considerazioni analoghe a quelle svolte
 dalla Corte d'appello di Venezia nell'ordinanza n. 262 del 1992;
      che nei giudizi dinanzi a questa Corte ha spiegato intervento il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per chiedere che le questioni
 siano dichiarate infondate;
    Considerato che per l'identita' delle questioni i giudizi  possono
 essere riuniti;
      che  entrambi  i  giudici  remittenti chiedono a questa Corte di
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30, terzo comma,
 mentre la Corte d'appello di Venezia chiede anche la declaratoria  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 31, quinto comma, della legge
 11 febbraio 1992, n. 157;
      che  le  censure  svolte  nelle ordinanze di rinvio si appuntano
 sulle norme che  hanno  espressamente  dichiarato  inapplicabili  gli
 articoli  624,  625  e  626  del  codice  penale rispettivamente alle
 fattispecie penalmente  sanzionate  contemplate  nell'art.  30  della
 legge  n.  157  del  1992  ed alle ipotesi di illecito amministrativo
 elencate nell'art. 31 della citata legge n. 157;
      che, pertanto, i giudici a quibus sollecitano un intervento  del
 giudice costituzionale diretto a rendere nuovamente configurabile nel
 nostro  ordinamento  il furto venatorio ed applicabili gli artt. 624,
 625 e 626 del codice penale nei casi in cui l'impossessamento a  fine
 di  profitto  della  selvaggina  abbattuta o catturata sia conseguito
 mediante esercizio di attivita' venatoria  contraria  a  norme  della
 legge n. 157 del 1992;
      che  la caccia e' oggetto di una disciplina legislativa speciale
 nel cui ambito il  legislatore  ha  identificato  le  fattispecie  da
 sanzionare ed il tipo di sanzioni da applicare, graduando le sanzioni
 stesse;
      che,  secondo  la  costante giurisprudenza di questa Corte (cfr.
 tra le altre le sentenze n. 108 del  1981  e  n.  42  del  1977),  al
 giudice costituzionale non e' dato di pronunciare una decisione dalla
 quale  possa  derivare  la  creazione  -  esclusivamente riservata al
 legislatore - di una nuova fattispecie penale; e cio'  in  forza  del
 principio  di  legalita'  sancito  dall'art. 25, secondo comma, della
 Costituzione;
      che, infine,  una  eventuale  pronuncia  di  accoglimento  della
 questione  prospettata  dal giudice remittente - oltre ad interferire
 indebitamente, per le  ragioni  suesposte,  in  ambiti  rigorosamente
 riservati  al  legislatore  -  risulterebbe  comunque irrilevante nel
 giudizio a quo in virtu' del principio di  applicazione  della  legge
 penale piu' favorevole;
      che   pertanto  le  questioni  vanno  dichiarate  manifestamente
 inammissibili;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' delle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 30, terzo comma, e
 31, quinto comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per  la
 protezione   della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
 venatorio), sollevate, in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,
 dalla  Corte  d'appello  di  Venezia  e dal Tribunale di Udine con le
 ordinanze di cui in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 6 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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