N. 150 SENTENZA 1 - 8 aprile 1993
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Giurisdizione civile e penale - Regione Valle d'Aosta - Soppressione del giudice conciliatore ed istituzione del giudice di pace - Ausiliari del giudice - Compressione e caducazione di specifiche competenze regionali - Necessita' di una uniforme normativa degli organi giurisdizionali su tutto il territorio nazionale - Inammissibilita' e non fondatezza. (Legge 21 novembre 1991, n. 374; legge 21 novembre 1991, n. 374, artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40, 41, terzo comma, 45 e 47). (Cost., art. 116; statuto speciale regione Valle d'Aosta, art. 41).(GU n.16 del 14-4-1993 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge 21 novembre 1991, n. 374 ("Istituzione del giudice di pace"), promosso con ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta notificato il 20 dicembre 1991, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 1991. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1993 il Giudice relatore Renato Granata; Uditi l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione autonoma Valle d'Aosta e l'avv. dello Stato Giorgio d'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso depositato in data 24 dicembre 1991 la regione Valle d'Aosta ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice di pace) e comunque dei suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40 e 41 (terzo comma), 45 e 47 per violazione dell'art. 116 della Costituzione e delle norme e principi dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (l. cost. 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare del suo art. 41. Premette la difesa della regione che l'art. 41 dello Statuto contempla la potesta' del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa, di istituire gli uffici di conciliazione. Inoltre, in base al secondo comma del medesimo art. 41, il Presidente della giunta ha il potere, su delega necessaria del Presidente della Repubblica, di provvedere a tutti gli atti concernenti il rapporto giuridico dei giudici conciliatori e dei vice conciliatori. Infine dalla medesima norma statutaria e' attribuito al Presidente della giunta il potere di autorizzare all'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere i soggetti che ne posseggono i requisiti. La legge impugnata - osserva la regione - sopprime (formalmente) il giudice conciliatore. Cosi' facendo comprime illegittimamente le competenze regionali mediante eliminazione del suo presupposto. In realta' pero' - prosegue la ricorrente - la legge impugnata ha modificato la disciplina del giudice conciliatore, come risulta in particolare dall'art. 39, che espressamente prevede che in tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore e viceconciliatore" ovvero "ufficio di conciliazione", queste devono essere sostituite da "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace". Peraltro, anche in questa prospettiva di continuita' tra giudice conciliatore e giudice di pace, si' che la disciplina di quest'ultimo si qualifica come modifica della disciplina del primo, risulta la compressione delle competenze regionali previste dallo Statuto ed in particolare dal suo art. 41. Infatti l'art. 2 della legge n. 374/91 prevede la istituzione ex lege degli uffici del giudice di pace in ogni capoluogo degli ex-mandamenti giudiziari e non piu' con decreto del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di questa; inoltre sono istituite sedi distaccate mediante decreto del Presidente della Repubblica, su parere del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario ed i comuni interessati e non piu' con decreto del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa. Altresi' un'illegittima compressione delle competenze regionali vi e' quanto alla nomina dei magistrati onorari addetti a funzioni di giudice di pace; e' infatti previsto che tale nomina avvenga con decreto del Presidente della Repubblica su mera proposta del Presidente della giunta e non piu' con decreto del Presidente della giunta su delega necessaria del Presidente della Repubblica. 2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo il rigetto del ricorso. L'Avvocatura premette che le disposizioni statutarie della Regione Valle d'Aosta relative al giudice conciliatore non prevedono poteri di istituzione o soppressione di magistrature onorarie, ne' costituzionalizzano in parte qua l'ordinamento giudiziario quanto alla figura magistratuale del giudice conciliatore nella anzidetta regione, ma contemplano poteri (di nomina, vigilanza, decentramento) esercitabili nei confronti di tale figura se ed in quanto prevista dall'ordinamento giudiziario. Una volta quindi venuta meno la figura del giudice conciliatore le norme statutarie non trovano piu' il loro presupposto applicativo senza che per cio' solo vi sia lesione delle prerogative regionali. Ne' tali prerogative sono esercitabili in relazione al giudice di pace atteso che quest'ultimo e' figura del tutto nuova e diversa rispetto al giudice conciliatore, come puo' desumersi da una serie di elementi: la mancata modifica della competenza del giudice conciliatore in sede di riforma del processo civile (legge n. 353/90) come espressione della volonta' del legislatore di non rivitalizzare l'istituto; la competenza a carattere generale del giudice di pace; il riferimento istituzionale del decentramento e della sede (non piu' al Comune, ma al mandamento giudiziario e la Pretura); l'assunzione degli oneri inerenti al funzionamento di tale nuova magistratura; l'esercizio delle funzioni di cancelleria e di notificazione; la non gratuita' dell'ufficio; il procedimento ed i requisiti per la nomina dei giudici di pace; l'attribuzione di una competenza penale; il parametro di giudizio costituito dalle regole di diritto, salvo che per cause di minor valore; la previsione di un regime impugnatorio delle sentenze analogo a quelle delle sentenze del Pretore, al quale il giudice di pace e' equiordinato come giudice di primo grado; la necessita' del ministero e dell'assistenza del difensore. Quindi sotto l'aspetto sia qualitativo che quantitativo il giudice di pace non corrisponde al giudice conciliatore; come peraltro risulta anche dalla coesistenza, in via temporanea e transitoria, del giudice conciliatore e del giudice di pace sino all'esaurimento delle cause pendenti innanzi al primo. Ne' in senso contrario rileva la disposizione di chiusura dell'art. 39 legge n. 374/1991, per cui, nelle disposizioni di legge in cui vengono usate, le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore", "vice conciliatore", "ufficio di conciliazione", queste sono sostituite con le espressioni "giudice di pace" ed "ufficio del giudice di pace". Osserva ancora l'Avvocatura che dalle disposizioni statutarie non e' desumibile un principio di carattere generale riferibile ad ogni e qualsiasi figura di giudice onorario; la salvaguardia di superiori principi costituzionali impone la stretta interpretazione delle norme statutarie, apparendo queste derogative di regole generali poste a presidio dell'indipendenza dei giudici; infatti la scelta dei giudici conciliatori era sostanzialmente operata in via esclusiva dall'autorita' regionale. L'ampliamento di tale potere di scelta, ove riferito al giudice di pace, unitamente al potere di vigilanza, si collocherebbe fuori dai principi costituzionali generali applicabili in tema di garanzia dell'indipendenza del giudice. L'Avvocatura pertanto ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi. 3. - La difesa della Regione Valle d'Aosta ha poi depositato una memoria in cui, nel contestare le deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato, ribadisce la tesi secondo cui le competenze amministrative regionali contemplate dallo Statuto di autonomia sono perfettamente compatibili con la riserva di legge statale in materia di ordinamento giudiziario ed insiste nel negare che il legislatore ordinario statale possa eliminare il presupposto per l'esercizio di competenze regionali, costituzionalmente garantite in quanto recepite nello Statuto d'autonomia. Considerato in diritto 1. - La regione ricorrente ha sollevato una duplice questione di costituzionalita'. In via principale ed in riferimento all'art. 116 della Costituzione, nonche' alle norme dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (l. cost. 26 febbraio 1948 n. 4) e segnatamente del suo art. 41, censura la legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice di pace) e comunque i suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40 41 (terzo comma), 45 e 47 nella parte in cui, sopprimendo il giudice conciliatore ed istituendo in suo luogo il giudice di pace, comportano la caducazione di specifiche competenze regionali costituite dal potere del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa, di istituire gli uffici di conciliazione; dal potere del Presidente della giunta di provvedere, su delega necessaria del Presidente della Repubblica, a tutti gli atti concernenti il rapporto giuridico dei giudici conciliatori e dei vice conciliatori; dal potere del Presidente della giunta di autorizzare all'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere i soggetti che ne posseggano i requisiti. La medesima legge e, comunque, le suddette norme citate sono censurate di incostituzionalita', in riferimento ai medesimi parametri, ma sul diverso presupposto che la figura del giudice conciliatore sia stata non gia' soppressa, ma soltanto modificata in quella del giudice di pace, in quanto illegittimamente risulterebbero compresse le stesse competenze regionali essendo previste la istituzione ex lege degli uffici del giudice di pace in ogni capoluogo degli ex-mandamenti giudiziari (e non piu' in forza di decreto del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di questa), la istituzione di sedi distaccate mediante decreto del Presidente della Repubblica, su parere del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario ed i comuni interessati (e non piu' con decreto del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa), ed, infine, la nomina dei magistrati onorari addetti a funzioni di giudice di pace con decreto del Presidente della Repubblica su mera proposta del Presidente della giunta (e non piu' con decreto del Presidente della giunta su delega necessaria del Presidente della Repubblica). 2. - Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilita' della questione sollevata dalla regione Valle d'Aosta nei confronti dell'intera legge n. 374 del 1991 non essendo consentita, secondo la giurisprudenza piu' volte ribadita da questa Corte (sentenze nn. 483/91, 360/91, 49/91, 85/90, 459/89, 1111/88), una indistinta censura nei confronti di una legge nel suo complesso. 3. - Quanto poi alle censure nei confronti delle singole disposizioni - premesso che con la citata legge n. 374/91 (la cui efficacia e' stata differita in massima parte al 3 gennaio 1994 dall'art. 1 legge 4 dicembre 1992 n. 477) il legislatore ha istituito il giudice di pace, come magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario e con poteri giurisdizionali in materia sia civile che penale, dettando nel contempo una complessa normativa sia organizzativa (inerente alla nomina, allo status e all'ufficio del giudice di pace) che processuale (riguardante il procedimento innanzi al medesimo) - deve preliminarmente esaminarsi la questione interpretativa posta dalla difesa della regione a presupposto della sua duplice censura essendo il conseguente scrutinio di costituzionalita' condizionato dalla soluzione data alla questione stessa; occorre cioe', in particolare, stabilire se il giudice di pace sia un "nuovo" giudice onorario ovvero sia null'altro che la riedizione, con modifiche, del giudice conciliatore. Vari elementi esegetici inducono a ritenere corretta la prima soluzione, che e' quella prospettata in via principale dalla stessa difesa della regione, ed alla quale aderisce anche l'Avvocatura di Stato. 4. - Innanzi tutto dal combinato disposto degli artt. 43 e 44 risulta che in via di prima attuazione della legge il giudice di pace ed il giudice conciliatore coesistono, rimanendo quest'ultimo ancora in vita per tutto il tempo necessario per esaurire le cause pendenti, anche se attribuite dalla legge medesima alla competenza del giudice di pace. La coesistenza di tali due figure di magistrati onorari rappresenta gia' di per se' sola sicuro indizio della diversita' delle stesse. Inoltre le differenze di disciplina sono cosi' radicali e profonde, da rendere manifesto che l'intenzione del legislatore - il quale, dopo aver abbandonato l'originario disegno di ridefinire ed attualizzare il giudice conciliatore, ha deliberatamente omesso di elevare la competenza di quest'ultimo in sede di riforma del processo civile (legge n. 353 del 1990) - sia stata quella di delineare una nuova, del tutto autonoma, figura di giudice onorario. Ed infatti al giudice di pace e' riconosciuta una competenza ben piu' ampia di quella del giudice conciliatore sia perche' e' estesa alla materia penale (per le contravvenzioni ed alcuni tipi di delitti dalla delega di cui all'art. 35 legge n. 374/91) sia perche' la stessa competenza civile e' completamente ridisegnata, con la specifica individuazione di attribuzioni funzionali. Inoltre l'aver limitato il giudizio secondo equita' (che per il giudice conciliatore rappresentava la regola) alle cause il cui valore non superi quello di due milioni di lire (art. 21) implica una maggiore professionalita' tecnica del giudice di pace, che poi si e' tradotta anche nella prescrizione di piu' specifici e rigorosi requisiti per la nomina (art. 5) e nell'estensione dei doveri prescritti per i magistrati ordinari con conseguente responsabilita' disciplinare (art. 10), sicche' e' mutato anche il regime della sorveglianza, che sul giudice conciliatore era esercitata dal pretore e dal presidente del tribunale (art. 29 dell'ordinamento giudiziario) mentre sul giudice di pace e' esercitata dal Consiglio superiore della magistratura (art. 16 legge n. 374/91). Per altro verso la maggiore professionalita' richiesta per il giudice di pace ha comportato che la sua attivita' - a differenza di quella del giudice conciliatore - non sia gratuita, essendo prevista un'indennita' per l'esercizio delle funzioni (art. 11). Coerentemente poi alla marginalizzazione del giudizio secondo equita' il legislatore (art. 20) ha previsto che normalmente le parti non possano stare in giudizio se non con il ministero e l'assistenza di un difensore (mentre per il giudice conciliatore la difesa personale della parte rappresentava la regola). Lo stesso regime delle impugnazioni testimonia il carattere radicale del mutamento: mentre, infatti, le sentenze del conciliatore erano da ultimo soltanto ricorribili per cassazione, e quando - prima della legge 30 maggio 1984 n. 399 - erano (per difetto di giurisdizione o per incompetenza) soggette ad appello, giudice di questo era il pretore, invece per le sentenze del giudice di pace - ad eccezione di quelle pronunziate secondo equita' - e' dettata la regola della appellabilita' innanzi al tribunale, cosi' rendendosi il giudice di pace equiordinato al pretore. Complessivamente puo' dirsi che, mentre il giudice conciliatore era per piu' ragioni un giudice minore, il giudice di pace si affianca - limitatamente al giudizio di primo grado - alla magistratura ordinaria nell'auspicata prospettiva che questo piu' elevato livello, cosi' realizzato, consenta una risposta piu' adeguata, da parte dell'ordine giudiziario nel suo complesso, alla sempre crescente domanda di giustizia. 5. - A conclusioni diverse non puo' condurre il richiamo all'art. 39 legge n. 374/91 - invocato dalla difesa della regione per sostenere le (pressoche' identiche) censure di incostituzionalita' sul diverso presupposto esegetico della identificabilita' del giudice di pace come riedizione, modificata ed aggiornata, del giudice conciliatore - a norma del quale in tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore" e "vice conciliatore" ovvero "ufficio di conciliazione", queste debbano intendersi sostituite rispettivamente con le espressioni "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace". Si tratta, invero, di una norma di chiusura che vale soltanto a recuperare residualmente - ossia al di la' della disciplina completamente ridisegnata del giudice onorario - ulteriori disposizioni che facciano riferimento al giudice conciliatore, la cui mancata previsione avrebbe richiesto la verifica, ad opera del legislatore, di ogni singola disposizione ulteriore per sostituire al giudice conciliatore il giudice di pace. Essa, quindi, non puo' essere valorizzata ed enfatizzata per significare l'identificazione di tali due figure di giudice onorario. Sicche' - puo' subito dirsi - l'accoglimento della ricostruzione appena fatta del giudice di pace come nuovo giudice onorario, distinto e diverso dal giudice conciliatore, rende evidentemente infondate le censure della regione ricorrente basate sull'opposto presupposto della continuita' dei due istituti e della sostanziale assimilabilita' del giudice di pace al giudice conciliatore. 6.1. - La questione di costituzionalita', all'esame della Corte, si focalizza quindi nel quesito se il legislatore, nel porre mano ad istituire una nuova figura di giudice onorario, fosse, o meno, vincolato a far salve le attribuzioni regionali gia' previste per il giudice conciliatore nell'art. 41 Statuto Valle D'Aosta, tenendosi al riguardo presente la diversa collocazione nella gerarchia delle fonti delle due normative (l'art. 41 Statuto Valle d'Aosta, da una parte; la legge n. 374/91, e segnatamente il suo art. 40, dall'altra) che, nella prospettazione della difesa della regione, sarebbero fra loro in conflitto. La forza di legge costituzionale della prima le attribuisce la resistenza tipica di tale categoria di fonti normative sicche' la seconda, che invece ha forza di legge ordinaria, non potrebbe che cedere, risultando viziata dal contrasto con l'altra. La questione di costituzionalita' viene quindi ad incentrarsi sull'interpretazione dell'art. 41 Statuto Valle d'Aosta e sull'esatta determinazione del suo ambito e della sua portata. 6.2. - Il titolo VII dello Statuto di autonomia della Valle d'Aosta, rubricato come "Ordinamento degli uffici di conciliazione", prevede nella sua unica norma (l'art. 41) determinate attribuzioni, di natura amministrativa, in favore del Presidente della Giunta, nonche' della Giunta stessa, attribuzioni concernenti sia l'istituzione degli uffici di conciliazione (che e' disposta con decreto del Presidente della Giunta previa deliberazione di questa); sia la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa dall'ufficio dei giudici conciliatori e viceconciliatori (che e' disposta dal Presidente della Giunta in virtu' di delegazione del Presidente della Repubblica); sia, infine, l'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere (che e' autorizzato anch'essa dal Presidente della Giunta). Orbene, il significato limitativo espresso dal tenore testuale della previsione statutaria riferentesi esclusivamente - sia nella rubrica del titolo, sia nella formulazione della sua unica norma - al giudice conciliatore ed al suo ufficio, e non al "giudice onorario" in generale, trova conforto non solo nella considerazione che la piu' ampia figura, appunto, del "giudice onorario" - ricomprendente in se' quella del "giudice conciliatore" gia' all'epoca esistente nell'ordinamento giudiziario - non poteva non essere presente al legislatore costituente, essendo la Carta costituzionale (che tale figura "generale" conosce ed ammette: art. 106, secondo comma) antecedente, sia pure di poco, allo Statuto di autonomia, ma trova conferma anche in altre varie e concorrenti ragioni. 6.3. - La norma statutaria, per il suo contenuto precettivo, incide sull'ordinamento giudiziario e sullo status di un giudice dell'ordine giudiziario. Sotto il primo profilo (incidenza sull'ordinamento giudiziario), va innanzi tutto ribadito che in tale materia c'e' riserva di legge (art. 108 della Costituzione) e questa Corte ha gia' piu' volte puntualizzato trattarsi di riserva di legge statale, con conseguente esclusione di qualsivoglia interferenza della normativa regionale (sent. n. 767 del 1988, n. 43 del 1982, n. 81 del 1976, n. 4 del 1956). Deve quindi ripetersi che alla legge statale "compete in via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'intero territorio nazionale e nei confronti di tutti (art. 3 della Costituzione) i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (artt. 24, primo comma, e 113 della Costituzione)" (sent n. 81 del 1976, cit.). Tale riserva abbraccia sia la disciplina degli organi giurisdizionali, sia la normativa processuale, anch'essa riservata esclusivamente alla legge statale (sent. n. 505 del 1991, n. 489 del 1991). Come la legge processuale (secondo il disegno costituzionale del nostro ordinamento), cosi' anche la normativa degli organi giurisdizionali non puo' che essere uniforme su tutto il territorio nazionale, dovendo a tutti essere garantiti pari condizioni e strumenti nel momento di accesso alla fruizione della funzione giurisdizionale, il cui esercizio e' imprescindibilmente neutro, perche' insensibile alla localizzazione in questa o quella regione, oltre che neutrale, perche' svolto in posizione di terzieta' rispetto ai poteri dello Stato, non escluso il potere esecutivo delle regioni. Pertanto le attribuzioni regionali in materia di giudice conciliatore, in quanto incidenti in materia soggetta a riserva di legge statale, hanno carattere di specialita' sicche' l'art. 41 dello Statuto si pone come deroga a tali principi, consentita soltanto dal rango costituzionale della norma stessa; deroga doppiamente eccezionale perche' contempla un'interferenza regionale in materia di esclusiva competenza statale e perche' tale interferenza nell'ordinamento giudiziario si realizza a livello non gia' di legge regionale, bensi' esclusivamente di atti dell'esecutivo. Tale connotazione di eccezionalita' non puo' che confinare la norma statutaria nel ristretto ambito del suo tenore letterale sicche' in Valle d'Aosta e' solo il "giudice conciliatore", e non anche il "giudice onorario" ex art. 106, 2 co., della Costituzione, ad essere in qualche misura diverso dal giudice conciliatore sul restante territorio del paese. 6.4. - Il rilevato carattere derogatorio si appalesa poi ancora piu' marcato se si considera il contenuto della norma statutaria, che - seppur su delegazione del Presidente della Repubblica - prevede una serie di provvedimenti di competenza dell'esecutivo della regione che incidono in radice sullo status di giudice conciliatore, condizionandone la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa. Anche sotto questo secondo profilo giova richiamare la giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come la riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario e' posta "a garanzia dell'indipendenza della magistratura" (sent. n. 72 del 1991); indipendenza che costituisce valore centrale per uno Stato di diritto, sicche' l'eventuale difetto di presidi a sua difesa puo' ridondare in vizio di incostituzionalita' (sent. n. 6 del 1970); indipendenza che e' assicurata in generale, ma anche con specifico riferimento al giudice onorario, dalle competenze del Consiglio superiore della magistratura, sicche' anche per la nomina dei giudici di pace e' in generale prevista la previa deliberazione dello stesso (art. 4 legge n. 374/91). Tale valore non e' vulnerato dalla nomina di un giudice da parte dell'esecutivo (sent. n. 177 del 1973, n. 1 del 1967), ma occorre che il suo status non ne sia condizionato e che non si determini una situazione di soggezione formale o sostanziale ad altri soggetti (sent. n. 135 del 1982), non dovendo il giudice avere timore di alcun pregiudizio o aspettativa di alcun vantaggio per la sua attivita' (sent. n. 60 del 1969). In particolare - ravvisando un vulnus all'indipendenza della magistratura - la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma che prevedeva il potere di proposta del Ministro dell'agricoltura e foreste per la designazione del Commissario agli usi civici (sent. n. 398 del 1989); della disposizione che contemplava, la possibilita' di riconferma nell'incarico dei componenti delle Commissioni comunali di prima istanza per i tributi locali nominati dal Consiglio comunale (sent. n. 281 del 1989); della norma che prevedeva la riconferma ad opera della giunta regionale dei membri del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana (sent. n. 25 del 1976); analoghe dichiarazioni di incostituzionalita' hanno riguardato il comandante di porto (sent. n. 121 del 1970), l'intendente di finanza (sent. n. 60 del 1969), i tribunali amministrativi per il contenzioso elettorale (sent. n. 49 del 1968); l'integrazione del collegio giudicante con giornalisti nominati dal Consiglio dell'ordine (sent. n. 11 del 1968). Quindi, anche sotto questo profilo dell'esigenza di garanzia dell'indipendenza del giudice, la previsione, contenuta nell'art. 41 Statuto Valle d'Aosta, del potere (seppur delegato) del Presidente della giunta di dichiarare la decadenza e la dispensa del giudice conciliatore, e soprattutto il potere di revocarne la nomina, denuncia il suo carattere singolare e del tutto eccezionale, nella specie consentito dal rango costituzionale della norma stessa. 6.5.- Lo scostamento della norma statutaria dal principio della riserva di legge statale in materia di ordinamento giudiziario ed il carattere eccezionale del potere di incidere, anche con provvedimento di revoca, sullo status del giudice conciliatore inducono quindi ad una lettura restrittiva della stessa da intendersi riferita esclusivamente al "giudice conciliatore", quale figura di giudice onorario in concreto esistente all'epoca dello Statuto stesso e non gia' al "giudice onorario" in tutti i suoi possibili modelli. Questa lettura in chiave riduttiva, in quanto riferita alla specifica figura di giudice onorario in concreto esistente nell'ordinamento giudiziario all'indomani della Costituzione, si spiega con l'esigenza, ritenuta dal legislatore costituzionale meritevole di tutela, di conservare l'esistente, a quel momento, ossia il giudice conciliatore in Valle d'Aosta quale risultante da una risalente tradizione di giustizia locale diffusa sul territorio. Ed infatti il legislatore costituente si e' limitato in buona parte a riprodurre disposizioni gia' contenute nella normativa precedente (art. 12, n. 3, d.l.vo lgt. 7 settembre 1945 n. 545 e d. l.vo c.p.s. 15 novembre 1946), che, elevate al rango di norme costituzionali, sono state poste al riparo da una possibile non omogeneita' con i principi che il Costituente aveva appena posto in materia di ordinamento giudiziario e di indipendenza della magistratura. Del resto, nel corso dei lavori preparatori proprio degli Statuti di autonomia, contenenti norme sul giudice conciliatore, il riferimento fu sempre ed esclusivamente al giudice conciliatore e non gia' al giudice onorario; inoltre la preoccupazione di chi temeva che potesse risultare vulnerato il principio di unita' della giurisdizione fu contrastata dalla precisazione, fatta dal Presidente della sottocommissione per gli statuti regionali, che si trattava di "materia limitatissima". 7. - Devono, pertanto, le prerogative dell'art. 41 essere interpretate secondo lo stretto tenore letterale della norma e quindi essere riferite unicamente al "giudice conciliatore", quale figura di giudice onorario concretamente esistente nell'ordinamento giudiziario all'epoca dello Statuto, e non gia' al "giudice onorario" in genere. Ne consegue, da un lato, che il legislatore, nel disegnare una nuova figura di giudice onorario in sostituzione del giudice conciliatore non era affatto vincolato a rispettare, ne' tanto meno a riprodurre pedissequamente, le prerogative statutarie. Conclusione questa, analoga - pur nella diversita' della fattispecie - a quella raggiunta dalla Corte (sent. n. 1 del 1961) allorche' - con riferimento alla parallela disciplina speciale dettata per gli uffici del giudice conciliatore dallo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige - ha affermato che lo Stato italiano non aveva assunto l'impegno ad adottare nella provincia autonoma di Bolzano (nella quale era prescritto il bilinguismo per giudici conciliatori, vice conciliatori, cancellieri e uscieri) " un'organizzazione giudiziaria e amministrativa difforme da quella vigente in tutto il territorio nazionale". Ne consegue ancora, dall'altro, che la speciale disciplina statutaria e' condizionata alla permanenza del suo originario presupposto, ossia all'esistenza stessa del giudice conciliatore come figura di giudice onorario dell'ordinamento giudiziario (ed invero la possibilita' che una legge statale ordinaria faccia venir meno il presupposto di una competenza di una regione a statuto speciale e' stata ritenuta da questa Corte, nella sentenza n. 13 del 1964, con riferimento alle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico dopo l'istituzione in perpetuo della riserva a favore dell'ENEL). Ne' puo' ritenersi che il legislatore, nell'istituire il giudice di pace su tutto il territorio nazionale e quindi anche in Valle d'Aosta, avrebbe dovuto non di meno tenere contestualmente in vita il giudice conciliatore in quella regione per non far mancare il necessario presupposto alle competenze regionali. E' sufficiente infatti da una parte rilevare che il giudice onorario non e' un necessario organo di giustizia, come risulta dall'art. 106, secondo comma, della Costituzione, che prevede che la legge sull'ordinamento "puo'" - e non gia' "deve" - ammettere la nomina di magistrati onorari. D'altra parte l'art. 41 dello Statuto detta norme attinenti soltanto allo status di giudice conciliatore e all'aspetto organizzatorio del suo ufficio non gia' alla sua competenza, la cui determinazione (anche in Valle d'Aosta) costituisce esclusiva prerogativa statale (cosi' come la disciplina del processo innanzi al giudice conciliatore). Quindi il legislatore ordinario, come avrebbe potuto ridurre od ampliare le competenze del giudice conciliatore, cosi' poteva azzerarle del tutto fino a sopprimere questa figura di giudice onorario, senza che il legislatore regionale - che sicuramente non ha alcuna attribuzione legislativa in materia - possa dettare una disciplina supplettiva per consentire al giudice conciliatore di operare (esclusivamente) in Valle d'Aosta. In conclusione le attribuzioni riconosciute dall'art. 41 dello Statuto sono di fatto inoperanti perche' il legislatore statale (legittimamente) ne ha fatto venir meno il presupposto; inoperanti, e non gia' abrogate, non potendo una legge ordinaria abrogare una norma di rango costituzionale; sicche' se in ipotesi il legislatore, nel quadro di un ripensamento della materia, intendesse ritornare al giudice conciliatore, come figura di giudice onorario, le attribuzioni dell'art. 41 riprenderebbero ad avere concreta attuazione.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe dalla regione Valle d'Aosta, nei confronti dell'intera legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice di pace) con riferimento all'art. 116 della Costituzione nonche' allo Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo art. 41; Dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe dalla regione Valle d'Aosta, nei confronti degli articoli 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40, 41 (terzo comma), 45 e 47 della legge 21 novembre 1991 n. 374 (istituzione del giudice di pace), con riferimento all'art. 116 della Costituzione nonche' allo Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo art. 41. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 aprile 1993. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: GRANATA Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria l'8 aprile 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 93C0362