N. 150 SENTENZA 1 - 8 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Giurisdizione  civile e penale - Regione Valle d'Aosta - Soppressione
 del giudice  conciliatore  ed  istituzione  del  giudice  di  pace  -
 Ausiliari  del  giudice  -  Compressione  e caducazione di specifiche
 competenze regionali - Necessita' di  una  uniforme  normativa  degli
 organi   giurisdizionali   su   tutto   il   territorio  nazionale  -
 Inammissibilita' e non fondatezza.
 
 (Legge 21 novembre 1991, n. 374; legge 21 novembre 1991, n. 374,
 artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40, 41, terzo comma, 45 e 47).
 
 (Cost., art. 116; statuto speciale regione Valle d'Aosta, art. 41).
(GU n.16 del 14-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI, prof.
 Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,   prof.
 Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale della legge 21 novembre
 1991, n. 374  ("Istituzione  del  giudice  di  pace"),  promosso  con
 ricorso  della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  notificato  il  20
 dicembre 1991, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto
 al n. 53 del registro ricorsi 1991.
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi l'avv. Gustavo  Romanelli  per  la  Regione  autonoma  Valle
 d'Aosta  e  l'avv.  dello Stato Giorgio d'Amato per il Presidente del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso depositato in data 24 dicembre  1991  la  regione
 Valle  d'Aosta  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 della legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice di pace)
 e comunque dei suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40 e 41 (terzo  comma),
 45 e 47 per violazione dell'art. 116 della Costituzione e delle norme
 e  principi  dello  Statuto speciale della Valle d'Aosta (l. cost. 26
 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare del suo art. 41.
    Premette la difesa della  regione  che  l'art.  41  dello  Statuto
 contempla  la  potesta' del Presidente della giunta, su deliberazione
 della stessa, di istituire gli uffici di conciliazione.  Inoltre,  in
 base  al  secondo  comma  del  medesimo  art. 41, il Presidente della
 giunta ha il  potere,  su  delega  necessaria  del  Presidente  della
 Repubblica,  di  provvedere  a tutti gli atti concernenti il rapporto
 giuridico dei giudici conciliatori e dei  vice  conciliatori.  Infine
 dalla  medesima  norma  statutaria  e' attribuito al Presidente della
 giunta il potere  di  autorizzare  all'esercizio  delle  funzioni  di
 cancelliere e di usciere i soggetti che ne posseggono i requisiti. La
 legge  impugnata  -  osserva  la  regione - sopprime (formalmente) il
 giudice conciliatore.  Cosi'  facendo  comprime  illegittimamente  le
 competenze  regionali  mediante  eliminazione del suo presupposto. In
 realta' pero' - prosegue  la  ricorrente  -  la  legge  impugnata  ha
 modificato  la  disciplina  del giudice conciliatore, come risulta in
 particolare dall'art. 39, che espressamente prevede che in  tutte  le
 disposizioni   di   legge   in   cui  vengono  usate  le  espressioni
 "conciliatore",  "giudice  conciliatore  e  viceconciliatore"  ovvero
 "ufficio  di  conciliazione",  queste  devono  essere  sostituite  da
 "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace".
    Peraltro, anche in questa prospettiva di continuita'  tra  giudice
 conciliatore e giudice di pace, si' che la disciplina di quest'ultimo
 si  qualifica  come  modifica  della disciplina del primo, risulta la
 compressione delle competenze regionali previste dallo Statuto ed  in
 particolare  dal  suo art. 41. Infatti l'art. 2 della legge n. 374/91
 prevede la istituzione ex lege degli uffici del giudice  di  pace  in
 ogni  capoluogo degli ex-mandamenti giudiziari e non piu' con decreto
 del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di questa;
 inoltre  sono  istituite  sedi  distaccate   mediante   decreto   del
 Presidente  della  Repubblica,  su  parere  del  Ministro di grazia e
 giustizia, sentiti il consiglio giudiziario ed i comuni interessati e
 non piu' con decreto del Presidente della  giunta,  su  deliberazione
 della  stessa.  Altresi' un'illegittima compressione delle competenze
 regionali vi e' quanto alla nomina dei magistrati onorari  addetti  a
 funzioni  di  giudice  di  pace;  e' infatti previsto che tale nomina
 avvenga con decreto del Presidente della Repubblica su mera  proposta
 del  Presidente  della  giunta  e non piu' con decreto del Presidente
 della giunta su delega necessaria del Presidente della Repubblica.
    2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo il rigetto del
 ricorso.
    L'Avvocatura premette che le disposizioni statutarie della Regione
 Valle d'Aosta relative al giudice conciliatore non  prevedono  poteri
 di   istituzione   o   soppressione  di  magistrature  onorarie,  ne'
 costituzionalizzano in parte  qua  l'ordinamento  giudiziario  quanto
 alla  figura  magistratuale  del giudice conciliatore nella anzidetta
 regione, ma contemplano poteri (di nomina, vigilanza,  decentramento)
 esercitabili  nei  confronti  di tale figura se ed in quanto prevista
 dall'ordinamento giudiziario. Una volta quindi venuta meno la  figura
 del giudice conciliatore le norme statutarie non trovano piu' il loro
 presupposto  applicativo senza che per cio' solo vi sia lesione delle
 prerogative regionali.
    Ne' tali prerogative sono esercitabili in relazione al giudice  di
 pace  atteso  che  quest'ultimo  e'  figura del tutto nuova e diversa
 rispetto al giudice conciliatore, come puo' desumersi da una serie di
 elementi:  la  mancata  modifica   della   competenza   del   giudice
 conciliatore in sede di riforma del processo civile (legge n. 353/90)
 come  espressione della volonta' del legislatore di non rivitalizzare
 l'istituto; la competenza a carattere generale del giudice  di  pace;
 il riferimento istituzionale del decentramento e della sede (non piu'
 al  Comune,  ma al mandamento giudiziario e la Pretura); l'assunzione
 degli oneri inerenti al funzionamento  di  tale  nuova  magistratura;
 l'esercizio  delle funzioni di cancelleria e di notificazione; la non
 gratuita' dell'ufficio; il procedimento ed i requisiti per la  nomina
 dei  giudici  di  pace;  l'attribuzione  di una competenza penale; il
 parametro di giudizio costituito dalle regole di diritto,  salvo  che
 per  cause  di  minor valore; la previsione di un regime impugnatorio
 delle sentenze analogo a quelle delle sentenze del Pretore, al  quale
 il  giudice  di  pace e' equiordinato come giudice di primo grado; la
 necessita' del ministero e dell'assistenza del difensore.
    Quindi sotto l'aspetto sia qualitativo che quantitativo il giudice
 di pace  non  corrisponde  al  giudice  conciliatore;  come  peraltro
 risulta anche dalla coesistenza, in via temporanea e transitoria, del
 giudice conciliatore e del giudice di pace sino all'esaurimento delle
 cause pendenti innanzi al primo.
    Ne'   in  senso  contrario  rileva  la  disposizione  di  chiusura
 dell'art. 39 legge n. 374/1991, per cui, nelle disposizioni di  legge
 in   cui  vengono  usate,  le  espressioni  "conciliatore",  "giudice
 conciliatore",  "vice  conciliatore",  "ufficio  di   conciliazione",
 queste  sono  sostituite  con  le  espressioni  "giudice  di pace" ed
 "ufficio del giudice di pace".
    Osserva ancora l'Avvocatura che dalle disposizioni statutarie  non
 e' desumibile un principio di carattere generale riferibile ad ogni e
 qualsiasi  figura  di  giudice onorario; la salvaguardia di superiori
 principi costituzionali impone la stretta interpretazione delle norme
 statutarie, apparendo queste derogative di regole  generali  poste  a
 presidio dell'indipendenza dei giudici; infatti la scelta dei giudici
 conciliatori   era   sostanzialmente   operata   in   via   esclusiva
 dall'autorita' regionale. L'ampliamento di tale potere di scelta, ove
 riferito al giudice di pace, unitamente al potere  di  vigilanza,  si
 collocherebbe  fuori dai principi costituzionali generali applicabili
 in tema di garanzia dell'indipendenza del giudice.
    L'Avvocatura pertanto ha  concluso  per  il  rigetto  di  tutti  i
 ricorsi.
    3.  -  La difesa della Regione Valle d'Aosta ha poi depositato una
 memoria in cui, nel contestare le deduzioni dell'Avvocatura  generale
 dello   Stato,   ribadisce   la   tesi   secondo  cui  le  competenze
 amministrative regionali contemplate dallo Statuto di autonomia  sono
 perfettamente  compatibili con la riserva di legge statale in materia
 di ordinamento giudiziario ed insiste nel negare che  il  legislatore
 ordinario  statale  possa eliminare il presupposto per l'esercizio di
 competenze regionali, costituzionalmente garantite in quanto recepite
 nello Statuto d'autonomia.
                        Considerato in diritto
    1. - La regione ricorrente ha sollevato una duplice  questione  di
 costituzionalita'.
    In   via   principale   ed   in  riferimento  all'art.  116  della
 Costituzione, nonche' alle norme dello Statuto speciale  della  Valle
 d'Aosta  (l. cost. 26 febbraio 1948 n. 4) e segnatamente del suo art.
 41, censura la legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice
 di pace) e comunque i suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17,  39,  40  41  (terzo
 comma),   45  e  47  nella  parte  in  cui,  sopprimendo  il  giudice
 conciliatore  ed  istituendo  in  suo  luogo  il  giudice  di   pace,
 comportano   la   caducazione   di  specifiche  competenze  regionali
 costituite dal potere del Presidente della giunta,  su  deliberazione
 della  stessa,  di  istituire gli uffici di conciliazione; dal potere
 del Presidente della giunta di provvedere, su delega  necessaria  del
 Presidente della Repubblica, a tutti gli atti concernenti il rapporto
 giuridico  dei  giudici  conciliatori  e  dei  vice conciliatori; dal
 potere del Presidente della giunta di autorizzare all'esercizio delle
 funzioni di cancelliere e di usciere i soggetti che ne  posseggano  i
 requisiti.
    La  medesima  legge  e,  comunque,  le  suddette norme citate sono
 censurate  di  incostituzionalita',  in   riferimento   ai   medesimi
 parametri,  ma  sul  diverso  presupposto  che  la figura del giudice
 conciliatore sia stata non gia' soppressa, ma soltanto modificata  in
 quella del giudice di pace, in quanto illegittimamente risulterebbero
 compresse   le   stesse  competenze  regionali  essendo  previste  la
 istituzione ex  lege  degli  uffici  del  giudice  di  pace  in  ogni
 capoluogo  degli  ex-mandamenti  giudiziari  (e  non piu' in forza di
 decreto del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di
 questa),  la  istituzione  di  sedi  distaccate  mediante decreto del
 Presidente della Repubblica, su  parere  del  Ministro  di  grazia  e
 giustizia,  sentiti  il consiglio giudiziario ed i comuni interessati
 (e non piu' con decreto del Presidente della giunta, su deliberazione
 della stessa), ed, infine, la nomina dei magistrati onorari addetti a
 funzioni  di  giudice  di  pace  con  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  su  mera proposta del Presidente della giunta (e non piu'
 con decreto del Presidente della  giunta  su  delega  necessaria  del
 Presidente della Repubblica).
    2.   -  Va  preliminarmente  dichiarata  l'inammissibilita'  della
 questione  sollevata  dalla  regione  Valle  d'Aosta  nei   confronti
 dell'intera  legge n. 374 del 1991 non essendo consentita, secondo la
 giurisprudenza piu' volte ribadita  da  questa  Corte  (sentenze  nn.
 483/91,  360/91,  49/91,  85/90,  459/89,  1111/88),  una  indistinta
 censura nei confronti di una legge nel suo complesso.
    3.  -  Quanto  poi  alle  censure  nei  confronti  delle   singole
 disposizioni  -  premesso  che  con la citata legge n. 374/91 (la cui
 efficacia e' stata differita in  massima  parte  al  3  gennaio  1994
 dall'art. 1 legge 4 dicembre 1992 n. 477) il legislatore ha istituito
 il  giudice di pace, come magistrato onorario appartenente all'ordine
 giudiziario e con poteri giurisdizionali in materia  sia  civile  che
 penale,   dettando   nel   contempo   una   complessa  normativa  sia
 organizzativa (inerente alla nomina, allo status  e  all'ufficio  del
 giudice di pace) che processuale (riguardante il procedimento innanzi
 al   medesimo)   -   deve  preliminarmente  esaminarsi  la  questione
 interpretativa posta dalla difesa della regione a  presupposto  della
 sua   duplice   censura   essendo   il   conseguente   scrutinio   di
 costituzionalita' condizionato dalla soluzione  data  alla  questione
 stessa;  occorre  cioe',  in  particolare, stabilire se il giudice di
 pace sia un "nuovo" giudice onorario ovvero  sia  null'altro  che  la
 riedizione, con modifiche, del giudice conciliatore.
    Vari  elementi  esegetici  inducono  a  ritenere corretta la prima
 soluzione, che e' quella prospettata in via principale  dalla  stessa
 difesa  della  regione,  ed alla quale aderisce anche l'Avvocatura di
 Stato.
    4. - Innanzi tutto dal combinato disposto  degli  artt.  43  e  44
 risulta che in via di prima attuazione della legge il giudice di pace
 ed  il giudice conciliatore coesistono, rimanendo quest'ultimo ancora
 in vita per tutto il tempo necessario per esaurire le cause pendenti,
 anche se attribuite dalla legge medesima alla competenza del  giudice
 di  pace.  La  coesistenza  di  tali due figure di magistrati onorari
 rappresenta gia' di per se'  sola  sicuro  indizio  della  diversita'
 delle stesse.
    Inoltre   le  differenze  di  disciplina  sono  cosi'  radicali  e
 profonde, da rendere manifesto che l'intenzione del legislatore -  il
 quale,  dopo  aver  abbandonato l'originario disegno di ridefinire ed
 attualizzare il giudice conciliatore, ha  deliberatamente  omesso  di
 elevare la competenza di quest'ultimo in sede di riforma del processo
 civile  (legge  n.  353 del 1990) - sia stata quella di delineare una
 nuova, del tutto autonoma, figura di giudice onorario.
    Ed infatti al giudice di pace e' riconosciuta una  competenza  ben
 piu'  ampia  di quella del giudice conciliatore sia perche' e' estesa
 alla materia penale (per le contravvenzioni ed alcuni tipi di delitti
 dalla delega di cui all'art. 35  legge  n.  374/91)  sia  perche'  la
 stessa   competenza  civile  e'  completamente  ridisegnata,  con  la
 specifica individuazione di attribuzioni funzionali.  Inoltre  l'aver
 limitato il giudizio secondo equita' (che per il giudice conciliatore
 rappresentava  la  regola) alle cause il cui valore non superi quello
 di  due  milioni   di   lire   (art.   21)   implica   una   maggiore
 professionalita'  tecnica del giudice di pace, che poi si e' tradotta
 anche nella prescrizione di piu' specifici e rigorosi  requisiti  per
 la  nomina  (art.  5)  e  nell'estensione dei doveri prescritti per i
 magistrati  ordinari  con  conseguente  responsabilita'  disciplinare
 (art.  10), sicche' e' mutato anche il regime della sorveglianza, che
 sul giudice conciliatore era esercitata dal pretore e dal  presidente
 del  tribunale  (art.  29  dell'ordinamento  giudiziario)  mentre sul
 giudice  di  pace  e'  esercitata  dal  Consiglio   superiore   della
 magistratura  (art.  16 legge n. 374/91). Per altro verso la maggiore
 professionalita' richiesta per il giudice di pace ha  comportato  che
 la  sua attivita' - a differenza di quella del giudice conciliatore -
 non sia gratuita,  essendo  prevista  un'indennita'  per  l'esercizio
 delle  funzioni  (art. 11).  Coerentemente poi alla marginalizzazione
 del giudizio secondo equita' il legislatore (art. 20) ha previsto che
 normalmente le parti non possano stare in  giudizio  se  non  con  il
 ministero  e  l'assistenza  di  un  difensore  (mentre per il giudice
 conciliatore  la  difesa  personale  della  parte  rappresentava   la
 regola).  Lo stesso regime delle impugnazioni testimonia il carattere
 radicale del mutamento: mentre, infatti, le sentenze del conciliatore
 erano da ultimo soltanto ricorribili per cassazione, e quando - prima
 della  legge  30  maggio  1984  n.  399  -  erano  (per  difetto   di
 giurisdizione  o  per  incompetenza)  soggette ad appello, giudice di
 questo era il pretore, invece per le sentenze del giudice di  pace  -
 ad  eccezione  di  quelle pronunziate secondo equita' - e' dettata la
 regola della appellabilita' innanzi al tribunale, cosi' rendendosi il
 giudice di pace equiordinato al pretore.
    Complessivamente puo' dirsi che, mentre  il  giudice  conciliatore
 era  per  piu'  ragioni  un  giudice  minore,  il  giudice di pace si
 affianca  -  limitatamente  al  giudizio  di  primo  grado   -   alla
 magistratura  ordinaria  nell'auspicata  prospettiva  che questo piu'
 elevato  livello,  cosi'  realizzato,  consenta  una  risposta   piu'
 adeguata,  da  parte  dell'ordine giudiziario nel suo complesso, alla
 sempre crescente domanda di giustizia.
    5. - A conclusioni diverse non puo' condurre il richiamo  all'art.
 39  legge  n.  374/91  -  invocato  dalla  difesa  della  regione per
 sostenere le (pressoche' identiche)  censure  di  incostituzionalita'
 sul diverso presupposto esegetico della identificabilita' del giudice
 di  pace  come  riedizione,  modificata  ed  aggiornata,  del giudice
 conciliatore - a norma del quale in tutte le disposizioni di legge in
 cui   vengono   usate   le   espressioni   "conciliatore",   "giudice
 conciliatore"    e    "vice    conciliatore"   ovvero   "ufficio   di
 conciliazione", queste debbano intendersi sostituite  rispettivamente
 con le espressioni "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace".
 Si  tratta,  invero,  di  una  norma  di chiusura che vale soltanto a
 recuperare  residualmente  -  ossia  al  di  la'   della   disciplina
 completamente   ridisegnata   del   giudice   onorario   -  ulteriori
 disposizioni che facciano riferimento al giudice conciliatore, la cui
 mancata previsione  avrebbe  richiesto  la  verifica,  ad  opera  del
 legislatore, di ogni singola disposizione ulteriore per sostituire al
 giudice  conciliatore  il  giudice  di  pace.  Essa, quindi, non puo'
 essere valorizzata ed enfatizzata per  significare  l'identificazione
 di tali due figure di giudice onorario. Sicche' - puo' subito dirsi -
 l'accoglimento  della  ricostruzione appena fatta del giudice di pace
 come  nuovo  giudice  onorario,  distinto  e  diverso   dal   giudice
 conciliatore,  rende evidentemente infondate le censure della regione
 ricorrente basate sull'opposto presupposto della continuita' dei  due
 istituti  e  della sostanziale assimilabilita' del giudice di pace al
 giudice conciliatore.
    6.1. - La questione di costituzionalita', all'esame  della  Corte,
 si  focalizza quindi nel quesito se il legislatore, nel porre mano ad
 istituire una nuova  figura  di  giudice  onorario,  fosse,  o  meno,
 vincolato  a far salve le attribuzioni regionali gia' previste per il
 giudice conciliatore nell'art. 41 Statuto Valle D'Aosta, tenendosi al
 riguardo presente la diversa collocazione nella gerarchia delle fonti
 delle due normative (l'art. 41 Statuto Valle d'Aosta, da  una  parte;
 la  legge  n. 374/91, e segnatamente il suo art. 40, dall'altra) che,
 nella prospettazione della difesa della regione, sarebbero  fra  loro
 in  conflitto.  La  forza  di  legge  costituzionale  della  prima le
 attribuisce la resistenza tipica di tale categoria di fonti normative
 sicche' la seconda, che invece  ha  forza  di  legge  ordinaria,  non
 potrebbe che cedere, risultando viziata dal contrasto con l'altra.
    La  questione  di  costituzionalita'  viene  quindi ad incentrarsi
 sull'interpretazione dell'art. 41 Statuto Valle d'Aosta e sull'esatta
 determinazione del suo ambito e della sua portata.
    6.2. - Il titolo  VII  dello  Statuto  di  autonomia  della  Valle
 d'Aosta,  rubricato come "Ordinamento degli uffici di conciliazione",
 prevede nella sua unica norma (l'art. 41)  determinate  attribuzioni,
 di  natura  amministrativa,  in  favore  del Presidente della Giunta,
 nonche'   della   Giunta   stessa,   attribuzioni   concernenti   sia
 l'istituzione  degli  uffici  di  conciliazione  (che e' disposta con
 decreto del Presidente della Giunta previa deliberazione di  questa);
 sia la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa dall'ufficio dei
 giudici   conciliatori   e  viceconciliatori  (che  e'  disposta  dal
 Presidente della Giunta in virtu' di delegazione del Presidente della
 Repubblica); sia, infine, l'esercizio delle funzioni di cancelliere e
 di  usciere  (che  e'  autorizzato  anch'essa  dal  Presidente  della
 Giunta).
    Orbene,  il  significato  limitativo  espresso dal tenore testuale
 della previsione statutaria riferentesi esclusivamente  -  sia  nella
 rubrica del titolo, sia nella formulazione della sua unica norma - al
 giudice  conciliatore  ed al suo ufficio, e non al "giudice onorario"
 in generale, trova conforto non solo nella considerazione che la piu'
 ampia figura, appunto, del "giudice onorario" - ricomprendente in se'
 quella  del   "giudice   conciliatore"   gia'   all'epoca   esistente
 nell'ordinamento  giudiziario  -  non  poteva  non essere presente al
 legislatore costituente, essendo la Carta  costituzionale  (che  tale
 figura  "generale"  conosce  ed  ammette:  art.  106,  secondo comma)
 antecedente, sia pure di poco, allo Statuto di  autonomia,  ma  trova
 conferma anche in altre varie e concorrenti ragioni.
   6.3. - La norma statutaria, per il suo contenuto precettivo, incide
 sull'ordinamento giudiziario e sullo status di un giudice dell'ordine
 giudiziario.
    Sotto  il  primo profilo (incidenza sull'ordinamento giudiziario),
 va innanzi tutto ribadito che in tale materia c'e' riserva  di  legge
 (art.  108  della  Costituzione)  e  questa  Corte ha gia' piu' volte
 puntualizzato trattarsi di riserva di legge statale, con  conseguente
 esclusione  di  qualsivoglia  interferenza  della normativa regionale
 (sent. n. 767 del 1988, n. 43 del 1982, n. 81  del  1976,  n.  4  del
 1956).  Deve  quindi ripetersi che alla legge statale "compete in via
 esclusiva disciplinare  in  modo  uniforme  per  l'intero  territorio
 nazionale  e  nei  confronti  di  tutti (art. 3 della Costituzione) i
 mezzi e le forme  di  tutela  giurisdizionale  dei  diritti  e  degli
 interessi   legittimi   (artt.   24,   primo   comma,   e  113  della
 Costituzione)" (sent n. 81 del 1976, cit.).  Tale  riserva  abbraccia
 sia  la  disciplina  degli  organi  giurisdizionali, sia la normativa
 processuale, anch'essa riservata esclusivamente  alla  legge  statale
 (sent. n. 505 del 1991, n. 489 del 1991).
    Come  la  legge processuale (secondo il disegno costituzionale del
 nostro  ordinamento),  cosi'  anche   la   normativa   degli   organi
 giurisdizionali  non  puo' che essere uniforme su tutto il territorio
 nazionale,  dovendo  a  tutti  essere  garantiti  pari  condizioni  e
 strumenti  nel  momento  di  accesso  alla  fruizione  della funzione
 giurisdizionale, il  cui  esercizio  e'  imprescindibilmente  neutro,
 perche'  insensibile  alla localizzazione in questa o quella regione,
 oltre che neutrale, perche' svolto in posizione di terzieta' rispetto
 ai poteri dello Stato, non escluso il potere esecutivo delle regioni.
    Pertanto  le  attribuzioni  regionali  in   materia   di   giudice
 conciliatore,  in  quanto  incidenti in materia soggetta a riserva di
 legge statale, hanno carattere di specialita' sicche' l'art. 41 dello
 Statuto si pone come deroga a tali principi, consentita soltanto  dal
 rango   costituzionale   della   norma   stessa;  deroga  doppiamente
 eccezionale perche' contempla un'interferenza regionale in materia di
 esclusiva   competenza   statale   e   perche'   tale    interferenza
 nell'ordinamento  giudiziario si realizza a livello non gia' di legge
 regionale,  bensi'  esclusivamente  di  atti   dell'esecutivo.   Tale
 connotazione  di  eccezionalita'  non  puo'  che  confinare  la norma
 statutaria nel ristretto ambito del suo tenore letterale  sicche'  in
 Valle  d'Aosta  e'  solo  il  "giudice  conciliatore", e non anche il
 "giudice onorario" ex art. 106, 2› co., della Costituzione, ad essere
 in qualche misura  diverso  dal  giudice  conciliatore  sul  restante
 territorio del paese.
    6.4.  -  Il  rilevato carattere derogatorio si appalesa poi ancora
 piu' marcato se si considera il contenuto della norma statutaria, che
 - seppur su delegazione del Presidente della Repubblica - prevede una
 serie di provvedimenti di competenza dell'esecutivo della regione che
 incidono  in   radice   sullo   status   di   giudice   conciliatore,
 condizionandone  la  nomina,  la  decadenza, la revoca e la dispensa.
 Anche sotto questo secondo profilo giova richiamare la giurisprudenza
 di questa Corte che ha  evidenziato  come  la  riserva  di  legge  in
 materia   di   ordinamento   giudiziario   e'   posta   "a   garanzia
 dell'indipendenza  della  magistratura"  (sent.  n.  72  del   1991);
 indipendenza  che  costituisce  valore  centrale  per  uno  Stato  di
 diritto, sicche' l'eventuale difetto di presidi  a  sua  difesa  puo'
 ridondare  in  vizio  di  incostituzionalita'  (sent. n. 6 del 1970);
 indipendenza che e' assicurata in generale, ma  anche  con  specifico
 riferimento  al  giudice  onorario,  dalle  competenze  del Consiglio
 superiore della magistratura, sicche' anche per la nomina dei giudici
 di  pace e' in generale prevista la previa deliberazione dello stesso
 (art. 4 legge n. 374/91).
    Tale valore non e' vulnerato dalla nomina di un giudice  da  parte
 dell'esecutivo (sent. n. 177 del 1973, n. 1 del 1967), ma occorre che
 il  suo  status  non  ne  sia condizionato e che non si determini una
 situazione di soggezione formale  o  sostanziale  ad  altri  soggetti
 (sent. n. 135 del 1982), non dovendo il giudice avere timore di alcun
 pregiudizio  o  aspettativa  di  alcun vantaggio per la sua attivita'
 (sent. n. 60  del  1969).  In  particolare  -  ravvisando  un  vulnus
 all'indipendenza   della   magistratura  -  la  Corte  ha  dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale della norma che prevedeva  il  potere
 di   proposta   del   Ministro  dell'agricoltura  e  foreste  per  la
 designazione del Commissario agli usi civici (sent. n. 398 del 1989);
 della disposizione che contemplava,  la  possibilita'  di  riconferma
 nell'incarico  dei  componenti  delle  Commissioni  comunali di prima
 istanza per i tributi locali nominati dal Consiglio  comunale  (sent.
 n.  281  del  1989); della norma che prevedeva la riconferma ad opera
 della  giunta  regionale  dei  membri  del  consiglio  di   giustizia
 amministrativa  della  regione  siciliana  (sent.  n.  25  del 1976);
 analoghe dichiarazioni di  incostituzionalita'  hanno  riguardato  il
 comandante  di porto (sent. n. 121 del 1970), l'intendente di finanza
 (sent. n. 60 del 1969), i tribunali amministrativi per il contenzioso
 elettorale (sent.  n.  49  del  1968);  l'integrazione  del  collegio
 giudicante  con giornalisti nominati dal Consiglio dell'ordine (sent.
 n. 11 del 1968).
    Quindi, anche  sotto  questo  profilo  dell'esigenza  di  garanzia
 dell'indipendenza  del giudice, la previsione, contenuta nell'art. 41
 Statuto Valle d'Aosta, del potere (seppur  delegato)  del  Presidente
 della  giunta  di  dichiarare  la decadenza e la dispensa del giudice
 conciliatore,  e  soprattutto  il  potere  di  revocarne  la  nomina,
 denuncia  il  suo  carattere singolare e del tutto eccezionale, nella
 specie consentito dal rango costituzionale della norma stessa.
   6.5.- Lo scostamento della norma  statutaria  dal  principio  della
 riserva  di legge statale in materia di ordinamento giudiziario ed il
 carattere eccezionale del potere di incidere, anche con provvedimento
 di revoca, sullo status del giudice conciliatore inducono  quindi  ad
 una   lettura   restrittiva   della  stessa  da  intendersi  riferita
 esclusivamente al "giudice conciliatore",  quale  figura  di  giudice
 onorario  in  concreto esistente all'epoca dello Statuto stesso e non
 gia' al "giudice onorario" in tutti i suoi possibili modelli.
    Questa lettura  in  chiave  riduttiva,  in  quanto  riferita  alla
 specifica   figura   di   giudice   onorario  in  concreto  esistente
 nell'ordinamento  giudiziario  all'indomani  della  Costituzione,  si
 spiega   con  l'esigenza,  ritenuta  dal  legislatore  costituzionale
 meritevole di tutela, di  conservare  l'esistente,  a  quel  momento,
 ossia  il  giudice  conciliatore in Valle d'Aosta quale risultante da
 una risalente tradizione di giustizia locale diffusa sul  territorio.
 Ed infatti il legislatore costituente si e' limitato in buona parte a
 riprodurre  disposizioni  gia'  contenute  nella normativa precedente
 (art. 12, n. 3, d.l.vo lgt. 7 settembre 1945 n. 545 e d. l.vo  c.p.s.
 15  novembre  1946),  che,  elevate al rango di norme costituzionali,
 sono state poste al riparo da una possibile  non  omogeneita'  con  i
 principi  che  il  Costituente  aveva  appena  posto  in  materia  di
 ordinamento giudiziario e di indipendenza della magistratura.
    Del  resto, nel corso dei lavori preparatori proprio degli Statuti
 di  autonomia,  contenenti  norme  sul   giudice   conciliatore,   il
 riferimento fu sempre ed esclusivamente al giudice conciliatore e non
 gia' al giudice onorario; inoltre la preoccupazione di chi temeva che
 potesse   risultare   vulnerato   il   principio   di   unita'  della
 giurisdizione fu contrastata dalla precisazione, fatta dal Presidente
 della sottocommissione per gli statuti regionali, che si trattava  di
 "materia limitatissima".
    7.   -  Devono,  pertanto,  le  prerogative  dell'art.  41  essere
 interpretate secondo lo stretto tenore letterale della norma e quindi
 essere riferite unicamente al "giudice conciliatore", quale figura di
 giudice onorario concretamente esistente nell'ordinamento giudiziario
 all'epoca dello Statuto, e non gia' al "giudice onorario" in genere.
    Ne consegue, da un lato, che il  legislatore,  nel  disegnare  una
 nuova   figura  di  giudice  onorario  in  sostituzione  del  giudice
 conciliatore non era affatto vincolato a rispettare, ne' tanto meno a
 riprodurre pedissequamente, le  prerogative  statutarie.  Conclusione
 questa,  analoga  - pur nella diversita' della fattispecie - a quella
 raggiunta  dalla  Corte  (sent.  n.  1  del  1961)  allorche'  -  con
 riferimento alla parallela disciplina speciale dettata per gli uffici
 del  giudice conciliatore dallo Statuto speciale per il Trentino Alto
 Adige -  ha  affermato  che  lo  Stato  italiano  non  aveva  assunto
 l'impegno  ad  adottare  nella  provincia  autonoma di Bolzano (nella
 quale era prescritto il bilinguismo per  giudici  conciliatori,  vice
 conciliatori,  cancellieri e uscieri) " un'organizzazione giudiziaria
 e amministrativa difforme da quella vigente in  tutto  il  territorio
 nazionale".
    Ne   consegue  ancora,  dall'altro,  che  la  speciale  disciplina
 statutaria  e'  condizionata  alla  permanenza  del  suo   originario
 presupposto, ossia all'esistenza stessa del giudice conciliatore come
 figura di giudice onorario dell'ordinamento giudiziario (ed invero la
 possibilita'  che  una  legge  statale ordinaria faccia venir meno il
 presupposto di una competenza di una regione a  statuto  speciale  e'
 stata  ritenuta  da  questa Corte, nella sentenza n. 13 del 1964, con
 riferimento  alle  concessioni  di   grandi   derivazioni   a   scopo
 idroelettrico  dopo  l'istituzione in perpetuo della riserva a favore
 dell'ENEL).
    Ne' puo' ritenersi che il legislatore, nell'istituire  il  giudice
 di  pace  su  tutto  il  territorio nazionale e quindi anche in Valle
 d'Aosta, avrebbe dovuto non di meno tenere contestualmente in vita il
 giudice conciliatore  in  quella  regione  per  non  far  mancare  il
 necessario  presupposto  alle  competenze  regionali.  E' sufficiente
 infatti da una parte rilevare che  il  giudice  onorario  non  e'  un
 necessario  organo  di giustizia, come risulta dall'art. 106, secondo
 comma, della Costituzione, che prevede che la legge  sull'ordinamento
 "puo'"  -  e  non  gia'  "deve"  -  ammettere la nomina di magistrati
 onorari. D'altra parte l'art. 41 dello Statuto detta norme  attinenti
 soltanto   allo   status   di   giudice  conciliatore  e  all'aspetto
 organizzatorio del suo ufficio non gia' alla sua competenza,  la  cui
 determinazione   (anche   in  Valle  d'Aosta)  costituisce  esclusiva
 prerogativa statale (cosi' come la disciplina del processo innanzi al
 giudice conciliatore). Quindi il legislatore ordinario, come  avrebbe
 potuto  ridurre  od  ampliare le competenze del giudice conciliatore,
 cosi'  poteva  azzerarle del tutto fino a sopprimere questa figura di
 giudice  onorario,  senza  che  il  legislatore   regionale   -   che
 sicuramente non ha alcuna attribuzione legislativa in materia - possa
 dettare   una   disciplina  supplettiva  per  consentire  al  giudice
 conciliatore di operare (esclusivamente) in Valle d'Aosta.
    In conclusione le attribuzioni  riconosciute  dall'art.  41  dello
 Statuto  sono  di  fatto  inoperanti  perche'  il legislatore statale
 (legittimamente) ne ha fatto venir meno il presupposto; inoperanti, e
 non gia' abrogate, non potendo una legge ordinaria abrogare una norma
 di rango costituzionale; sicche' se in ipotesi  il  legislatore,  nel
 quadro  di  un  ripensamento  della  materia, intendesse ritornare al
 giudice  conciliatore,  come   figura   di   giudice   onorario,   le
 attribuzioni   dell'art.   41   riprenderebbero   ad  avere  concreta
 attuazione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
 sollevate, con il ricorso di cui  in  epigrafe  dalla  regione  Valle
 d'Aosta,  nei  confronti  dell'intera  legge  21 novembre 1991 n. 374
 (Istituzione del giudice di pace) con riferimento all'art. 116  della
 Costituzione  nonche'  allo  Statuto  speciale  per  la Valle d'Aosta
 (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo
 art. 41;
    Dichiara non fondate le questioni di  legittimita'  costituzionale
 sollevate,  con  il  ricorso  di  cui in epigrafe dalla regione Valle
 d'Aosta, nei confronti degli articoli 1, 2, 4,  7,  17,  39,  40,  41
 (terzo  comma),  45  e  47  della  legge  21  novembre  1991  n.  374
 (istituzione del giudice di pace), con riferimento all'art. 116 della
 Costituzione nonche' allo  Statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta
 (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo
 art. 41.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria l'8 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0362