N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 1992- 5 aprile 1993

                                N. 174
 Ordinanza emessa l'8 aprile 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale
 il   5   aprile   1993)   dalla   Corte   dei  conti,  sezione  terza
 giurisdizionale, sul ricorso proposto da Capogrosso  Vincenzo  contro
 il Ministero della difesa
 Impiego pubblico - Previdenza - Disciplina dell'equo indennizzo -
    Attribuzione   delle  controversie  in  materia,  in  mancanza  di
    espresse disposizioni  in  proposito,  secondo  la  giurisprudenza
    della  Cassazione  (ss.uu.  28  maggio  1986)  alla  giurisdizione
    esclusiva dei t.a.r. e  del  Consiglio  di  Stato,  anziche'  alla
    giurisdizione   della   Corte   dei   conti   -   Irragionevolezza
    dell'impugnata normativa con conseguente incidenza sul diritto  di
    difesa  in  giudizio  nonche' sui principi di imparzialita' e buon
    andamento della p.a., in considerazione della limitata  cognizione
    del  giudice  amministrativo a fronte della cognizione piena della
    Corte  dei  conti,  della  specializzazione  della  stessa   nelle
    controversie  medico-legali  in  subiecta  materia,  nonche' della
    minore onerosita' dei giudizi innanzi alla Corte dei conti, per  i
    quali non e' richiesta l'assistenza dell'avvocato.
 (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13; r.d. 27 giugno 1933, n. 703,
    art. 14; r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 72; d.P.R.
    10 gennaio 1957, n. 3, art. 68).
 (Cost., artt. 3, 24, 97 e 113).
(GU n.18 del 28-4-1993 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Uditi, nella pubblica udienza dell'8 aprile 1992, con l'assistenza
 del segretario dott. Laura Camilleri; il consigliere relatore; l'avv.
 Domenico   Bonaiuti;   il   pubblico  ministero  in  persona  del  v.
 procuratore generale dott. Laura Di Caro.
    Visto il ricorso iscritto al n. 125779 e gli atti relativi.
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso (n.  125779)  proposto
 dal  gia'  coadiutore  principale  Capogrosso Vincenzo, elettivamente
 domiciliato in Roma, piazza Grazioli Lante, 16, cap. 00195, presso il
 suo procuratore speciale avv. Domenico Bonaiuti, avverso  il  decreto
 del Ministro della difesa n. 150 del 3 marzo 1982.
    1. - Con decisione emessa in pari data questa Corte ha respinto un
 primo  ricorso  del  gia'  coadiutore  capo  (Capogrosso  Vincenzo n.
 108026) attinente alla determinazione dell'ammontare  della  pensione
 spettante (percentuale applicata alla base pensionabile e alla misura
 di questa) dichiarando inammissibili altre collaterali doglianze.
    Sul  presente  ricorso  (n. 125779) attinente all'equo indennizzo,
 ritiene  invece   di   dover   sollevare   d'ufficio   questioni   di
 costituzionalita'  in  punto  di  giurisdizione.  Infatti, nel quadro
 dell'attuale legislazione (v. l'art. 13 del r.d. 12 luglio  1934,  n.
 1214;  art.  14 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703; legge 21 marzo 1953,
 n. 161; legge 25 aprile 1957, n. 283;  legge  20  dicembre  1961,  n.
 1345; art. 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) nessuna norma prevede
 espressamente  che  la  Corte  dei conti decida ricorsi in materia di
 equo indennizzo.
    Inoltre,  secondo  l'orientamento  della  Corte  di cassazione, si
 tratta di contenzioso appartenente alla giurisdizione del giudice del
 rapporto (t.a.r.; C.d.S.).
    Da cio' dovrebbe derivare necessariamente una pronunzia di difetto
 di giurisdizione da parte di questo  giudice,  il  che  evidenzia  la
 rilevanza della questione ai fini del decidere.
    Le  questioni  che  il Collegio intende sottoporre al vaglio della
 Corte verificatrice appaiono peraltro  non  manifestamente  infondate
 alla luce delle considerazioni che seguono.
    La  norma che istituisce l'equo indennizzo e' in effetti contenuta
 nello "statuto degli impiegati  civili  dello  Stato".  Pur  tuttavia
 questa  collocazione non giustifica che il relativo contenzioso debba
 essere affidato ai t.a.r. e al C.d.S. dovendo essere  valutati  altri
 aspetti come si vedra' piu' avanti.
    Infatti  il  t.u. n. 3/1957 disciplina la posizione del dipendente
 civile in tutti i suoi aspetti e ne costruisce lo status  complessivo
 arrivando  anche  a  prevederne e a disciplinarne partim il diritto a
 pensione dal che non  si  puo'  certo  desumere  che  il  contenzioso
 relativo appartenga alla giurisdizione del giudice del rapporto.
    In  sostanza  la  sedes  materiae  non  puo'  essere  decisiva per
 stabilire la giurisdizione tanto piu' che l'equo  indennizzo  non  ha
 carattere   retributivo   perche'   risarcisce   un   danno  mediante
 indennizzo; non possiede cioe' gli stessi elementi dello stipendio  e
 delgi  altri assegni corrisposti in attivita' di servizio poiche' per
 la sua  determinazione  si  tiene  conto  esclusivamente  di  criteri
 riferiti quoad valetudimen.
    Esso  ha  in  comune  con  la  pensione  privilegiata  criteri  di
 accertamento del diritto, i metri valutativi del  danno  nonche'  gli
 organi chiamati a pronunciarsi.
    2. - Occorre premettere che questa sezione, con decisione n. 42221
 del  12 febbraio 1979, in fattispecie Alvino, ed altre successive (n.
 42660/19 marzo 1979; n. 43412/28  maggio  1979;  n.  47716/15  maggio
 1981;  n. 49327/19 febbraio 1982; n. 49688/2 aprile 1982; n. 51431/22
 settembre 1982) affermo' la propria giurisdizione sulle  controversie
 attinenti  all'equo  indennizzo  senonche' - come gia' accennato - la
 Corte di cassazione in ss.uu. (regione Abruzzo c. Di  Pietro  avverso
 la  decisione  n. 51431/22 settembre 1982) dichiaro' la giurisdizione
 esclusiva del giudice amministrativo su tale contenzioso (sentenza n.
 3601/28 maggio 1986).
    Osservo' la Corte suprema che la competenza giurisdizionale  della
 Corte  dei conti era delimitata dall'art. 14 del r.d. 27 giugno 1933,
 n. 703 per il che al giudice  delle  pensioni  era  precluso  l'esame
 delle  controversie relative all'equo indennizzo, istituto "che trova
 il proprio titolo immediato nella disciplina del rapporto d'impiego";
 in tale sede la circostanza che i due trattamenti (equo indennizzo  e
 pensione    privilegiata)    avessero    come    comune   presupposto
 l'accertamento  della  causa  di  servizio  fu  ritenuta  del   tutto
 accidentale e ininfluente.
    3.   -   La  sezione,  preso  atto  della  pronuncia  della  Corte
 regolatrice,  ritenne  di  dover  tornare   al   proprio   precedente
 indirizzo, che declinava la giurisdizione.
    Eppero'  ricorrenti  e  mai  sopite  perplessita'  inducono questo
 giudice a riconsiderare l'intera questione e a sottoporre alla  Corte
 verificatrice evidenti e meditati profili di incostituzionalita'.
    L'equo  indennizzo,  istituto  del  tutto  ignoto  all'ordinamento
 anteriore, e' stato introdotto dal d.P.R. 10 gennaio 1957, n.  3,  il
 cui  art.  68,  ottavo comma, afferma testualmente: "Per l'infermita'
 riconosciuta dipendente da causa di servizio sono altresi', a  carico
 dell'amministrazione,  le spese di cura .. nonche' un equo indennizzo
 per   la   perdita   dell'indennita'   fisica   eventualmete   subita
 dall'impiegato".
    A  questo  punto la giurisdizione della Corte dei conti - anche in
 mancanza  di  una   norma   espressa   -   sarebbe   sufficientemente
 giustificata  da  premesse sistematiche senonche' la Corte suprema ha
 ritenuto esaustivo e preminente il rilievo della  sedes  materiae  in
 cui  e'  disciplinato l'equo indennizzo evidenziando cosi' la carenza
 di una specifica disposizione attributiva della giurisdizione. Ed  e'
 quest'ultimo punto che questo giudice non puo' esimersi dal segnalare
 alla Corte verificatrice.
    4.0.  -  L'irrazionalita' della omessa previsione e il conseguente
 vulnus di norme costituzionali emergono da tre distinti  profili:  a)
 il  primo  si  fonda  sugli  svariati elementi di raccordo tra l'equo
 indennizzo e la  pensione  privilegiata,  cosi'  come  normativamente
 disciplinati;   b)   il   secondo  evidenzia  le  incongruenze  e  le
 disfunzioni che l'attuale sistema produce nell'applicazione  pratica;
 c)  l'ultimo,  ma  non  ultimo,  attiene  alla piu' ampia tutela che,
 rispetto al giudice del rapporto, puo'  essere  offerta  dal  giudice
 delle  pensioni  in materia medico-legale (accertamento dei "fatti di
 servizio" e sussistenza del nesso etiopatogenitico o causale; analisi
 di questioni di "classifica" e di "aggravamento" etc.).
   4.1. - L'art. 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e l'art.  48  del
 d.P.R.  3  maggio  1957,  n.  686, prevedono che l'equo indennizzo e'
 concesso all'impiegato che, per infermita'  contratta  per  causa  di
 servizio,   ha   subito   una   menomazione   dell'integrita'  fisica
 ascrivibile ad una delle categorie di cui alle tabelle A e B  annesse
 alla legge 10 agosto 1958 (si tratta di tabelle pensionistiche).
    L'art.  64  del  t.u.  delle  pensioni  29 dicembre 1973, n. 1092,
 prevede a sua volta che "il dipendente statale che per  infermita'  o
 lesioni  dipendenti  da  fatti  di  servizio abbia subito menomazioni
 dell'integrita' personale ascrivibili a  una  delle  categorie  della
 tabella  A  annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313, ha diritto alla
 pensione privilegiata  qualora  dette  menomazioni  lo  abbiano  reso
 inabile al servizio ..".
    4.2.  -  In sostanza il requisito della causa di servizio e quello
 della ascrivibilita' dell'affezione sono comuni  ai  due  istituti  e
 vanno accertati secondo norme pensionistiche; non e' invece in comune
 il requisito della "inabilita' al servizio".
    Qualora  pero'  l'affezione  che  ha dato luogo ad equo indennizzo
 divenga inabilitante,  il  procedimento  prosegue  d'ufficio  per  la
 dispensa e il riconoscimento del diritto a pensione privilegiata.
    4.3. - Per l'uno e l'altro beneficio sono previsti l'audizione del
 comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (art. 166 del t.u. n.
 1092)  nonche'  la  procedura  di aggravamento (art. 56 del d.P.R. n.
 686/1957 per l'e.i. e art. 70 del t.u. n. 1092/1973 per la p.p.o.).
    4.4.  -  Se  l'impiegato,  al  quale  e'  stato  liquidato  l'equo
 indennizzo,  ottiene  successivamente,  e  per  lo  stesso titolo, la
 pensione privilegiata, la meta' dell'equo indennizzo gia' corrisposto
 deve essere recuperata (artt. 50 e 60 del d.P.R. 3  maggio  1957,  n.
 686; art. 144 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092).
    4.5.  -  In  sostanza  la domanda per l'e.i., il procedimento e il
 riconoscimento   dei   suoi   presupposti   sono   in   funzione   di
 propedeuticita'  e  di  collegamento con l'eventuale, futura pensione
 privilegiata che richiede gli stessi presupposti, oltre,  ovviamente,
 all'inabilita' alle specifiche mansioni.
    E  identici  sono  gli organi di accertamento, l'organo consultivo
 (il comitato per le p.p.o.) e lo  stesso  organo  che  formalizza  il
 diniego o il riconoscimento.
    In  un  quadro  siffatto  appare  del tutto illogico che i ricorsi
 avverso i provvedimenti di e.i. e di p.p.o. debbano essere proposti a
 giudici diversi. Tali  istituti  hanno  in  comune  lo  stesso  fatto
 genetico  -  e  cioe'  la  noxa  patogena causata dal servizio - e le
 stesse premesse e  le  stesse  vicende  procedimentali,  elementi  di
 connessione   che   di  per  se'  soli  renderebbero  auspicabile  la
 concentrazione di tali questioni presso un umus judex.
    4.6. - Ma v'ha di  piu':  mentre  l'equo  indennizzo  puo'  essere
 cumulato  con  lo stipendio, esso e' solo parzialmente cumulabile con
 la pensione privilegiata (art. 50 del d.P.R. n.  685/1957,  art.  144
 del  d.P.R.  29  dicembre  1973, n. 1092) il che dimostra che, mentre
 esso e' un aliud rispetto al trattamento  di  attivita',  non  lo  e'
 completamente  rispetto alla pensione al punto che in esso sono stati
 da  taluno  ritenuti  sussistenti   aspetti   non   dissimili   dalle
 "indennita'"  di cui all'art. 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, il
 cui contenzioso appartiene alla Corte dei conti.
    Non a caso il legislatore attribui' alla Corte dei conti (art.  11
 della  legge  10  gennaio 1929, n. 59) la giurisdizione in materia di
 "indennizzo  privilegiato  aeronautico",  beneficio  che,  alla  pari
 dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata, compensa il danno
 derivante da rischio specifico.
    Dagli  esposti  elementi  deriva, ad avviso di questo giudice, che
 l'art. 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, l'art.  13  del  r.d.  12
 luglio  1934,  n. 1214 - attinenti alle materie attribuite alla Corte
 dei conti - e l'art. 68 del t.u.  approvato  con  d.P.R.  10  gennaio
 1957,  n.  3,  per  il fatto di non prevedere, in deducta materia, la
 giurisdizione della Corte dei conti, si pongono in  contrasto,  anche
 sotto   il   profilo   della   razionalita',   con  l'art.  97  della
 Costituzione.
    Infatti  i  criteri  di  riparto  della   giurisdizione,   nonche'
 l'attivita'  e  il  funzionamento  degli  organi  giurisdizionali non
 possono sfuggire a quelli stessi principi  di  "buon  andamento"  cui
 deve   ispirarsi  l'organizzazione  degli  uffici  lato  sensu  della
 pubblica amministrazione.
    5.0. - L'attuale sistema normativo si pone in contrasto con l'art.
 97  della  Costituzione  perche'  consente   altre   incongruenze   e
 disfunzioni.
    Infatti  ben  puo'  verificarsi che i procedimenti relativi ai due
 benefici   abbiano    sbocchi    temporali    contestuali    e    che
 l'amministrazione adotti un unico provvedimento, positivo o negativo.
 Sembra  quindi  irrazionale  che  l'atto  amministrativo debba essere
 impugnato partim dinanzi al giudice del  rapporto  e  partim  dinanzi
 alla Corte dei conti.
    Cio'  puo'  dar  luogo a procuncie giurisdizionali contrastanti ad
 es. in punto di causa  di  servizio  o  di  classifica,  oppure  puo'
 verificarsi  che  la  pronunzia  dell'un  giudice ostacoli l'esame di
 merito del punto specifico da parte dell'altro giudice.
    5.1. - E' ovvio che  l'inconveniente  puo'  verificarsi  anche  se
 l'amministrazione  emette  due  decreti disgiunti. Per prevenire tali
 aberranti conseguenze  il  giudice  del  rapporto  d'impiego  ha,  in
 qualche   caso,   emesso  pronunzia  anche  in  materia  di  pensione
 privilegiata  ritenendo  imprescindibile  un'unica  decisione,  anche
 violando in parte le norme della giurisdizione.
    Tali inconvenienti possono essere eliminati attribuendo alla Corte
 dei  conti  - che ora si pronunzia solo dopo il collocamento a riposo
 del richiedente - anche il contenzioso in materia di equo indennizzo.
 Cioe' la Corte verificatrice  dovrebbe  dichiarare  incostituzionali,
 per violazione dell'art. 97 della Costituzione, l'art. 72 del r.d. 13
 agosto  1933,  n.  1038,  l'art. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214,
 nonche' l'art. 68, ottavo comma, del t.u.  approvato  con  d.P.R.  10
 gennaio   1957,   n.   3,   perche'  dette  norme  non  prevedono  la
 giurisdizione della Corte dei conti in materia di equo indennizzo.
    Ad una pronunzia siffatta non puo' essere di  ostacolo  l'assunto,
 per  vero  troppo  enfatizzato  (v.  il  prec.  punto  3)  che l'equo
 indennizzo "attiene alla disciplina del rapporto d'impiego".
    Infatti,  si  ripete,  acquista  carattere  preminente   l'aspetto
 risarcitorio  che  pone  detto istituto, anche alla stregua di quanto
 finora detto, piu' nel campo previdenziale che in quello del rapporto
 d'impiego, nonostante la sua disciplina sia contenuta nel t.u. n. 3 e
 nel d.P.R. n. 686/1957.
    E poi non va sottaciuto che  il  contenzioso  attualmente  evoluto
 alla  Corte  dei  conti  puo'  essere attivato anche da dipendenti in
 attivita' di servizio. Tralasciando i giudizi  di  responsabilita'  -
 che  sono iniziati ad istanza del procuratore generale e nei quali e'
 indifferente che i convenuti siano in servizio o a riposo  -  possono
 essere  proposti  ricorsi  in  materia  di  riscatto, ricongiunzione,
 riconoscimento di servizi, anche da dipendenti non ancora pensionati.
 Il legame che intercorre tra tali benefici e la futura pensione e' un
 nesso di propedeuticita' alla stessa  guisa  del  rapporto  che  puo'
 intercorrere  tra  equo  indennizzo  e  futura pensione privilegiata.
 Infatti l'equo indennizzo contiene il riconoscimento della dipendenza
 da causa di servizio e quindi di un "bene" da  conservare  a  "futura
 memoria"   per   il   futuro   riconoscimento   anche  alla  pensione
 privilegiata.
    6. - Ma  e'  il  terzo  profilo  che  si  pone  con  caratteri  di
 preminenza.  L'equo  indennizzo e' un diritto soggettivo e, alla pari
 della pensione privilegiata e' qualificato da carattere  patrimoniale
 e da rapporti peritetici tra dipendenti e p.a.
    Ma l'attuale tutela dinanzi al giudice e' del tutto inadeguata. E'
 ben   noto   infatti   che   le   garanzie  giurisdizionali  previste
 dall'attuale assetto normativo - giurisprudenziale in materia di equo
 indennizzo consistono nel ricorso  al  t.a.r.  e,  eventualmente,  al
 C.d.s., in grado di appello, cioe' ai giudici del rapporto d'impiego.
 Senonche' i poteri di tali giudici si esauriscono nelle cognizioni di
 eventuali  vizi  del  procedimento  o  nel riscontro di macroscopiche
 illogicita' o inesattezze  che  portino  all'annullamento  dell'atto,
 giacche'  non  e'  dato  al  t.a.r. o al C.d.s. - senza travalicare i
 limiti della giurisdizione di legittimita'  -  esporre  apprezzamenti
 sostitutivi  rispetto  ai  pareri espressi dagli organi tecnici della
 Pubblica  amministrazione  (commissioni  mediche,  ufficio  M.L.  del
 Ministero della sanita').
    In  altri  termini le uniche garanzie di cui il dipendente dispone
 sugli  aspetti  strettamente  medico-legali  da  valutarsi  ai   fini
 dell'equo   indennizzo   non   sono   connaturate   al   procedimento
 giurisdizionale in quanto si esauriscono all'interno del procedimento
 amministrativo e sono ivi limitate alla facolta' di richiedere, prima
 del provvedimento, una nuova visita  o  il  parere  di  altro  organo
 medico-legale  (art.  68,  nono comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n.
 3).
    Il giudice del rapporto d'impiego, infatti, non puo'  sindacare  i
 giudizi  medico-legali  in  materia di causa di servizio o dissentire
 dagli  organi  tecnici  circa  gli  aspetti   inabilitanti   di   una
 determinata  affezione  ovvero  in punto di classifica. Le vicende di
 servizio, la loro gravosita', l'accertamento del nesso causale e ogni
 altro elemento conoscitivo  che  confluisca  in  detta  analisi  sono
 infatti,  in  quella  sede,  argomenti  d'indagine  preclusi e quindi
 necessariamente ininfluenti.  Tanto  meno  il  giudice  del  rapporto
 potra' confrontare eventuali, contrapposte perizie.
    Si  tratta quindi di una cognizione di mera legittimita' che attua
 una tutela del tutto imperfetta di un diritto soggettivo, ben lontana
 dalla  vera  tutela  giurisdizionale  di  cui   all'art.   24   della
 Costituzione  che,  ovviamente, deve intendersi nel senso pregnante e
 completo  di  "vera  tutela"  cioe'  come  diritto   qualificato   da
 pertinenti garanzie.
    L'art.  24  e'  collocato  nella  parte  prima  della Costituzione
 (Diritti e doveri dei cittadini) e, del  resto,  il  principio  della
 tutela giurisdizionale e' riaffermato dal successivo art. 113.
   7.  -  A  differenza  del  giudice  del  rapporto, il giudice delle
 pensioni - quale peritus peritorum -  analizza  la  gravosita'  delle
 specifiche   mansioni,   valuta   e  raffronta  verbali,  esamina  la
 documentazione amministrativa e sanitaria, valuta le  anamnesi  e  le
 contrapposte  perizie,  tiene  conto  di  criteri  etiopatogenetici e
 cronopatologici e  non  e'  in  alcuna  guisa  vincolato  dai  pareri
 tecnici,  nemmeno  da  quelli dei propri consulenti (collegio medico-
 legale;  Ministero  della  sanita').  Egli  statuisce  quindi   sulla
 spettanza  del  denegato  diritto  sia  che  la  controversia imponga
 nell'accertamento della sussistenza della causa di servizio, sia  che
 si tratti di questione di classifica o di inabilita'.
    Non   v'e'   chi   non  veda  quanto  piu'  ampia  sia  la  tutela
 giurisdizionale offerta dal giudice delle pensioni, che  l'esperienza
 continua arricchisce di professionalita' interdisciplinare.
    Dagli  esposti  elementi emergono opportunita' e necessita' che il
 contenzioso in materia di equo indennizzo sia affidato alla Corte dei
 conti potendo ivi essere realizzata  la  stessa  ampiezza  di  tutela
 giurisdizionale   della   pensione   privilegiata.   E   cioe'   come
 realizzazione di giustizia, nello spirito degli artt. 24 e 113  della
 Costituzione.
    A  cio'  non  contraddice  l'art.  113,  ultimo comma, della Carta
 costituzionale  che,  pur  demandando  al  legislatore  ordinario  la
 determinazione  degli  organi  che  "possono annullare gli atti della
 p.a."  chiaramente  non  autoriza,  in  siffatta  scelta,   ne'   una
 qualsivoglia  violazione  di  norme  costituzionali  ne'  la  mancata
 osservanza del principio della razionalita' cui deve attenersi la pur
 discrezionale previsione normativa.
    8.  -  Inoltre  va  tenuto  presente  che dinanzi al giudice delle
 pensioni il ricorrente puo' stare in giudizio senza  l'assistenza  di
 avvocato  e, godendo delle garanzie del contraddittorio, ottenere una
 decisione non ristretta  ad  aspetti  formali  o  procedimentali.  Il
 giudizio  e'  gratuito;  rarissimamente  vengono pronunziate condanne
 alle spese. Quest'ultimo aspetto non  e'  privo  di  rilievo  per  un
 lavoratore  dalle  modeste  risorse  che,  nel  sistema attuale, deve
 sobbarcarsi a spese consistenti  per  avere  tutela  giurisdizionale,
 imperfetta,  in  una  controversia  avente  come contenuto la lesione
 della integrita' fisica, e cioe' di un diritto soggettivo primario.
    Anzi, nel  sistema  attuale,  il  dipendente  spesso  rinunzia  ad
 imprendere  la  via  giurisdizionale  perche'  troppo  onerosa sia in
 assoluto sia in rapporto ad un beneficio  quale  l'e.i.  di  limitata
 consistenza finanziaria.
    9.  -  Infine  va  considerato che la normativa attuale, come gia'
 detto, consente che sui  presupposti  dell'equo  indennizzo  e  della
 pensione   privilegiata   -   che   sono  identici  -  si  pronunzino
 rispettivamente il t.a.r. e la Corte dei conti.  E'  evidente  che  i
 differenti  poteri  di indagine su tali presupposti creano situazioni
 di disuguaglianza giuridica  tra  cittadini  invalidi  e  determinano
 quindi vulnus dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio
 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   della   Corte
 costituzionale   perche'   siano   decise   le   -  rilevanti  e  non
 manifestamente infondate - questioni di costituzionalita' degli artt.
 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 14 del r.d. 27 giugno  1933,  n.
 703;  72  del  r.d.  13  agosto  1933,  n.  1038, nonche' 68 del t.u.
 approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in  rapporto  agli  artt.
 97;  24,  primo  e terzo comma; 3, secondo comma; nonche' 113, per la
 parte in cui le citate norme  non  attribuiscono  alla  giurisdizione
 della Corte dei conti il contenzioso in materia di equo indennizzo;
    Sospende ogni decisione sul giudizio in corso;
    Ordine  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alla parte ricorrente, al procuratore generale della Corte
 dei conti nonche' al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e  sia
 comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi'  deliberato in Roma, nella camera di consiglio dell'8 aprile
 1992.
                        Il presidente: SARACENO

 93C0401