N. 180 SENTENZA 2 - 21 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 "
 Processo penale - Reato perseguibile a querela della persona offesa -
 Assoluzione dell' imputato per non aver commesso il fatto - Pagamento
 delle  spese  del  procedimento  anticipate  dallo Stato Condanna del
 querelante  anche  nell'ipotesi  in  cui  l'attribuzione  del   reato
 all'imputato  non  sia  ascrivibile a colpa del querelante - Richiamo
 alla giurisprudenza della Corte (cfr. sentenze nn. 156/1974,  52/1975
 e  29/1992) - Esclusione di ogni ipotesi di responsabilita' oggettiva
 del querelante - Nuovo codice -    Mantenimento  di  un  criterio  di
 automaticita'    per    temerarieta'   o   avventatezza   dell'accusa
 riconducibili al querelante - Trattamento ingiustamente differenziato
 rispetto a coloro per i quali non e' prevista una responsabilita'  in
 ordine alle spese - Illegittimita' costituzionale.
 "
 (C.P.P., art. 427, primo comma)
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.18 del 28-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 542, primo
 comma, e 427, primo comma, del codice di procedura  penale,  promosso
 con ordinanza emessa il 15 aprile 1992 dal Pretore di Nuoro - sezione
 distaccata  di Siniscola - nel procedimento penale a carico di Zanasi
 Simonetta,  iscritta  al  n.  730  del  registro  ordinanze  1992   e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Udito nella camera di consiglio  del  10  marzo  1993  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di  Nuoro, sezione distaccata di Siniscola, ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale degli  artt.  542,
 primo  comma,  e  427,  primo  comma, del codice di procedura penale,
 nella parte in cui prevedono che il giudice, in caso  di  assoluzione
 dell'imputato  per  non  aver  commesso il fatto, quando si tratti di
 reato perseguibile a querela, condanni  il  querelante  al  pagamento
 delle   spese   del   procedimento   anticipate  dallo  Stato,  anche
 nell'ipotesi in cui l'attribuzione del  reato  all'imputato  non  sia
 ascrivibile a colpa del querelante.
    2.  -  Il  giudice  remittente,  dopo  aver  premesso che nel caso
 sottoposto al suo esame si prospetta il proscioglimento dell'imputato
 per  non  aver  commesso  il  fatto,  osserva   che   cio'   comporta
 l'automatica  condanna  del  querelante  al pagamento delle spese del
 procedimento,  senza  pero'  che  l'esercizio  dell'azione penale nei
 confronti dell'imputato  medesimo  dipenda  da  sua  colpa.  Infatti,
 prosegue il Pretore, il querelante aveva dapprima chiesto ed ottenuto
 un  provvedimento  ex  art.  700  del  codice di procedura civile nei
 confronti di due societa' (con il quale si inibiva a queste ultime il
 transito  con  mezzi  meccanici  su  di  una  strada  realizzata  dal
 ricorrente)  e,  successivamente,  constatato  che detto transito era
 proseguito, aveva sporto querela indicando  che,  verosimilmente,  il
 fatto   era  da  attribuire  alle  medesime  societa'  convenute  nel
 procedimento civile, costruttrici di un villaggio turistico.
    Sulla scorta delle prove acquisite il giudice  a  quo  ritiene  di
 dover  prosciogliere  l'imputato  (legale rappresentante di una delle
 due ditte sopracitate) sulla base di due motivi, il primo  dei  quali
 consistente  nel fatto che la responsabilita' del transito successivo
 all'inibitoria  pretorile  risulta  ascrivibile  alla  sola  societa'
 appaltatrice  dei  lavori (appartenente ad un coimputato per il quale
 si e' proceduto separatamente) e non anche  alla  committente,  e  il
 secondo,  rappresentato dal ruolo svolto dal rappresentante legale di
 detta ultima societa', che risiede in Emilia-Romagna e  non  risulta,
 al  di  la'  della  carica  ricoperta, aver fornito alcun effettivo e
 personale apporto causale alla verificazione dell'evento.
    3. - Cio' posto il Pretore di Nuoro ritiene che le norme impugnate
 si pongano in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione  in  quanto,
 nel  caso  in  esame, non puo' farsi carico al querelante di non aver
 considerato le circostanze che potevano condurre  al  proscioglimento
 dell'imputato,  sia  perche'  le  stesse  sono  emerse  compiutamente
 soltanto in  seguito  al  dibattimento,  e  poi  perche'  sono  state
 oggetto,  da parte del giudice, di una valutazione che non compete al
 privato, il quale ha il solo onere di riferire i fatti con verita'  e
 completezza,   essendo   riservata   all'Autorita'  giudiziaria  ogni
 determinazione in ordine alle responsabilita' penali.
    Ad avviso del remittente, la Corte costituzionale, con le sentenze
 n. 165 del 1974, n. 52 del 1975, e n. 29  del  1992,  pronunciate  in
 merito agli artt. 382, primo comma, e 482, primo comma, del codice di
 procedura   penale  previgente,  avrebbe  ripetutamente  espresso  un
 principio generale secondo cui le  norme  denunciate,  dettate  dalla
 finalita'  di  evitare liti temerarie, devono comunque esentare dalla
 responsabilita' per le spese anticipate dallo Stato chi ha esercitato
 il diritto di querela allorquando l'assoluzione dell'imputato  derivi
 da  circostanze  non  riconducibili  al  querelante stesso, al quale,
 quindi, nessuna colpa puo' essere addebitata.
    Ove cio' non avviene, conclude il Pretore, sussiste violazione del
 principio di eguaglianza,  sottoponendosi  alla  medesima  disciplina
 situazioni  del  tutto diverse, quali quelle del querelante temerario
 da una lato e del querelante incolpevole dall'altro.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Nuoro ritiene che il principio di  eguaglianza,
 sancito   dall'art.   3   della   Costituzione,   sia  violato  dalle
 disposizioni previste dagli artt. 542,  primo  comma,  e  427,  primo
 comma,  del  codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono
 che il giudice, quando si tratti  di  reato  perseguibile  a  querela
 della  persona offesa, e in caso di assoluzione dell'imputato per non
 aver commesso il fatto, condanni il  querelante  al  pagamento  delle
 spese  del  procedimento anticipate dallo Stato anche nell'ipotesi in
 cui l'attribuzione del reato all'imputato non sia ascrivibile a colpa
 del querelante.
    Il giudice a quo, premesso che a seguito della  querela  e'  stata
 esercitata  l'azione penale procedendo separatamente nei confronti di
 due coimputati, uno  solo  dei  quali  risultato  poi  effettivamente
 responsabile  dei  fatti  lamentati,  rileva  che,  pur  se  nel caso
 sottoposto al suo esame si prospetta il  conseguente  proscioglimento
 dell'altro  imputato per non aver commesso il fatto, non si puo', per
 due ordini di motivi, addebitare al querelante la responsabilita'  di
 non  aver  considerato  le  circostanze  che potevano condurre a tale
 esito. In primo luogo perche' queste ultime sono emerse  soltanto  in
 seguito  al  dibattimento, e poi perche' la loro valutazione non com-
 pete al privato cittadino, il quale ha il solo onere di riferire  con
 verita'  e  completezza  i  fatti,  essendo  riservata  all'Autorita'
 giudiziaria  ogni  determinazione  in  ordine  alle   responsabilita'
 penali.
    In  conclusione,  poiche'  le  norme  impugnate impongono anche in
 questi casi la condanna  del  querelante  al  pagamento  delle  spese
 processuali, il Pretore di Nuoro ravvisa una violazione del principio
 di  eguaglianza a causa della sottoposizione alla medesima disciplina
 di situazioni del tutto diverse: quella del querelante temerario,  da
 un lato, e del querelante incolpevole dall'altro.
    2. - La questione e' fondata.
    Occorre, in primo luogo, circoscriverne l'ambito al solo art. 427,
 primo  comma,  del  codice  di  procedura penale, in quanto la regula
 iuris sostanzialmente censurata dal giudice a quo e'  ivi  contenuta,
 mentre  il  successivo art. 542 si limita soltanto a rinviare ad essa
 per relationem .
    Cio' posto, questa  Corte  ha  avuto  piu'  volte  l'occasione  di
 esaminare  (pur  se in riferimento al codice processuale del 1930) le
 norme sulla responsabilita' del querelante  in  ordine  al  pagamento
 delle  spese  del  procedimento anticipate dallo Stato, dichiarandone
 l'illegittimita' in tutti i  casi  in  cui  siffatta  responsabilita'
 veniva  affermata  anche in assenza di colpa del querelante stesso, e
 cioe' allorquando l'assoluzione dell'imputato derivava da circostanze
 non a lui riconducibili. E cosi' sono state  espunte  le  ipotesi  di
 condanna  del  querelante anche nei casi di querela contro ignoti per
 un  reato  realmente  verificatosi  (sent.  n.  165  del  1974),   di
 proscioglimento dell'imputato per incapacita' d'intendere e di volere
 (sent.  n.  52  de  1975),  o di proscioglimento perche' il fatto non
 costituisce reato (sent. n. 29 del 1992).
    Con tali pronunce la Corte (pur nell'ambito di questioni sollevate
 sempre in riferimento al  principio  costituzionale  di  eguaglianza)
 aveva  chiaramente  inteso  escludere ogni ipotesi di responsabilita'
 oggettiva del querelante; di ogni responsabilita', cioe',  che  fosse
 fondata  sul  mero  dato  della causalita' (per cui le spese ricadono
 sulla parte che ad esse ha  dato  causa)  anche  in  assenza  di  una
 qualsiasi colpa, leggerezza o temerarieta' rimproverabile a colui che
 ha esercitato il diritto di querela.
    3.  -  Il  legislatore  del  nuovo  codice  di procedura penale ha
 mostrato  di  voler  seguire  le  indicazioni  della  Corte  ma,  pur
 circoscrivendo  il  regime  della responsabilita' del querelante alle
 sole ipotesi di proscioglimento  perche'  il  fatto  non  sussiste  o
 perche'  l'imputato  non  l'ha  commesso,  ha, tuttavia, mantenuto un
 criterio di automaticita'; evidentemente presupponendo, secondo  l'id
 quod  plerumque  accidit,  che  nelle  ipotesi considerate sia sempre
 ravvisabile,  a  fronte  del   proscioglimento   dell'imputato,   una
 temerarieta'   o   un'avventatezza   dell'accusa   riconducibili   al
 querelante stesso.
    In realta', esaminando la questione entro i  limiti  proposti  dal
 giudice  remittente,  occorre  osservare  che  anche  nell'ipotesi di
 proscioglimento dell'imputato per non aver  commesso  il  fatto  puo'
 emergere  una  situazione  nella  quale  l'infondatezza della notitia
 criminis nei suoi confronti derivi, come nel caso, da circostanze non
 addebitabili al querelante, il quale si trova quindi  nella  medesima
 posizione  di  coloro per i quali non e' prevista una responsabilita'
 in ordine alle spese ma,  cio'  nonostante,  subisce  un  trattamento
 ingiustamente   differenziato,   in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione.
    Anche in tali ipotesi, pertanto,  devono  trovare  applicazione  i
 principi  gia' espressi da questa Corte nelle ricordate pronunce, con
 conseguente esclusione della condanna  del  querelante  al  pagamento
 delle  spese  processuali  allorche'  risulti  che l'attribuzione del
 reato all'imputato non sia in alcun  modo  ascrivibile  a  colpa  del
 querelante stesso.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  427,  primo
 comma, del codice di procedura penale, nella parte  in  cui  prevede,
 nel  caso  di  proscioglimento dell'imputato per non aver commesso il
 fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle spese
 anticipate dallo Stato anche quando risulti  che  l'attribuzione  del
 reato all'imputato non sia ascrivibile a colpa del querelante.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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