N. 181 SENTENZA 2 - 21 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Lavoratrici autonome,  artigiane  esercenti
 attivita'  commerciali  -  Indennita'  giornaliera  pari  all'80% del
 salario  minimo  giornaliero  -  Periodo  compreso   tra   due   mesi
 antecedenti  la  data  presunta  del parto e tre mesi successivi alla
 data  successiva  del  parto  -   Periodi   diversi   di   astensione
 obbligatoria   disposta   dall'ispettorato   del   lavoro  -  Mancata
 previsione - Disparita' di trattamento rispetto alle lavoratrici sub-
 ordinate  -  Richiamo  alla  sentenza  n.  31/1986  della   Corte   -
 Giustificazione  delle diversita' delle prestazioni previdenziali tra
 diverse categorie di lavoratori  in  relazione  alla  maggiore  massa
 contributiva   riflettente   la   maggiore  massa  retributiva  e  ai
 particolari accertamenti cui possono essere sottoposte le lavoratrici
 dipendenti  -  Richiesta  di  sentenza  additiva  -  Discrezionalita'
 legislativa - Inammissibilita'.
 
 (Legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 4).
 
 (Cost., artt. 3, 32 e 37).
(GU n.18 del 28-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  legge
 29  dicembre 1987,n. 547 (recte n. 546) (Indennita' di maternita' per
 le lavoratrici autonome), promosso con ordinanza emessa il 27  luglio
 1992 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Poli
 Franca e l'I.N.P.S., iscritta al n. 709 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti l'atto  di  costituzione  dell'I.N.P.S.  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1993  il Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Uditi l'avv. Vito Lipari per l'INPS e l'Avvocato dello Stato  Pier
 Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio promosso da Poli Franca nei confronti
 dell'INPS  per  ottenere il pagamento dell'indennita' di maternita' a
 decorrere dall'ottava settimana di gravidanza, prestazione questa non
 prevista per le lavoratrici autonome,  il  Pretore  di  Bologna,  con
 ordinanza del 31 luglio 1992, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
 18   novembre   1992,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'
 costituzionale -  in  relazione  agli  articoli  3,  32  e  37  della
 Costituzione  -  dell'art.  4  della  legge 29 dicembre 1987, n. 546,
 nella parte in cui riconosce alle lavoratrici autonome, artigiane  ed
 esercenti   attivita'   commerciali  un'indennita'  giornaliera  pari
 all'80% del salario  minimo  giornaliero,  limitatamente  al  periodo
 compreso  tra  due  mesi antecedenti la data presunta del parto e tre
 mesi successivi alla data effettiva del parto, ma non anche a periodi
 diversi di  astensione  obbligatoria  disposta  dall'Ispettorato  del
 lavoro, come per le lavoratrici subordinate.
    E'  vero  -  osserva  il Pretore - che il lavoro autonomo non puo'
 essere pienamente equiparato a quello subordinato per quanto riguarda
 il trattamento previdenziale, ma l'omogeneita'  delle  situazioni  va
 valutata    alla    luce   dell'evento   protetto   dalla   normativa
 previdenziale, costituito appunto dalla maternita',  da  considerarsi
 preminente  rispetto  alle  condizioni  economiche  e  sociali  delle
 singole categorie di lavoratrici. La speciale e  adeguata  protezione
 prescritta  dalla  norma  costituzionale  in favore della madre e del
 bambino dev'essere parimenti garantita alle lavoratrici autonome ed a
 quelle subordinate.
    2.  -  Si  e'  costituito  nel  presente  giudizio  l'INPS, che ha
 invocato  il  rigetto  della  questione  per  infondatezza.   Analoga
 declaratoria  ha  chiesto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 intervenendo con la difesa dell'Avvocatura generale dello Stato. Tali
 conclusioni   sono   state   sviluppate   nella   discussione   orale
 dell'udienza pubblica.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Il   Pretore   di   Bologna   dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 4 della  legge  29  dicembre  1987,  n.  546
 (Indennita'  di  maternita' per le lavoratrici autonome), nella parte
 in cui non prevede a favore delle lavoratrici autonome  in  stato  di
 gravidanza  il  diritto  all'indennita' per astensione anticipata dal
 lavoro, quando quest'ultima sia stata disposta  dall'Ispettorato  del
 lavoro,  ai  sensi  dell'art. 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204
 (Tutela  delle  lavoratrici  madri),  a  causa  della  gravosita'   o
 pericolosita' dell'attivita' lavorativa.
    Le norme costituzionali con le quali vi sarebbe contrasto sono in-
 dicate dal giudice rimettente nell'articolo 3 della Costituzione (per
 la  disparita' di trattamento rispetto a quello riservato dalla legge
 alle lavoratrici subordinate in stato di gravidanza), dell'art.    32
 (in  quanto  la  minore  tutela  delle  gestanti lavoratrici autonome
 potrebbe compromettere  la  salute  della  madre  e  del  bambino)  e
 dell'art.  37,  primo  comma,  perche'  la  mancanza  di una adeguata
 indennita' a queste lavoratrici  gestanti  realizzerebbe  in  via  di
 fatto  una  discriminazione rispetto sia ai lavoratori sia alle altre
 lavoratrici.
    2. - La questione non e' ammissibile.
    E' il caso di sgombrare subito il campo dal denunziato profilo  di
 contrasto  della  norma  relativa  alle  lavoratrici  autonome con le
 disposizioni contenute nell'art. 37 della Costituzione,  dal  momento
 che queste riguardano soltanto il lavoro subordinato.
    Ed  invero le quattro disposizioni ivi contenute, - attinenti alla
 stessa  retribuzione  della  donna  a  parita'  di  prestazione   del
 lavoratore,  alle "condizioni di lavoro" per assicurare l'adempimento
 delle funzioni familiari e specialmente di madre, al limite minimo di
 eta' "per il lavoro salariato" ed ai diritti dei minori che  lavorano
 - riguardano evidentemente la tutela dei dipendenti nei confronti del
 datore  di  lavoro,  e  non anche del modo come i lavoratori autonomi
 autogestiscono lo svolgimento della loro libera attivita'.
    3. - Non si puo' tuttavia sottacere lo  spirito  che  anima  dette
 disposizioni  e  che e' di grande momento per i parziali riflessi che
 esse hanno su qualsiasi attivita' lavorativa. Di  particolare  spicco
 si rivela la sensibilita' che il Costituente ha mostrato di avere per
 l'adempimento  da  parte  della  donna della sua "essenziale funzione
 familiare" e per la "speciale adeguata protezione"  che  deve  essere
 assicurata   alla   madre   ed   al   bambino.   Il  che  costituisce
 un'applicazione nel campo del lavoro  della  piu'  generale  volonta'
 della  Carta fondamentale di far carico alla Repubblica di tutelare e
 agevolare "la formazione della famiglia e l'adempimento  dei  compiti
 relativi,  con  particolare  riguardo  alle  famiglie  numerose",  di
 proteggere "la maternita', l'infanzia e la gioventu'" (art. 31).
    Questi  rilievi  sono  pertinenti a quanto piu' avanti si dira' in
 ordine ai compiti del legislatore sulla questione che  forma  oggetto
 di  esame.  Va  pero' subito rilevato che il nostro Paese si trova in
 questa materia gia' ad un livello di legislazione  avanzata  rispetto
 alla  normativa  comunitaria  che  si limita a prevedere - per quanto
 riguarda le lavoratrici subordinate - un  congedo  di  maternita'  di
 almeno  quattordici  settimane (art. 8 Direttiva CEE del Consiglio 19
 ottobre 1992 n. 85) e - per le lavoratrici autonome - l'impegno degli
 Stati "ad esaminare se  e  a  quali  condizioni  le  lavoratrici  che
 svolgono  un'attivita' autonoma e le mogli di lavoratori che svolgono
 un'attivita'  autonoma,  possano,  nel  corso  di   interruzioni   di
 attivita' per gravidanza o per maternita':
      avere  accesso  a  servizi  di  sostituzione o a servizi sociali
 esistenti nel loro territorio, o
      ricevere prestazioni in  denaro  nell'ambito  di  un  regime  di
 previdenza  sociale  oppure  di  ogni altro sistema di tutela sociale
 pubblica (art. 8 Direttiva CEE del Consiglio  11  dicembre  1986,  n.
 86).
    4.  -  Nel  denunziare il contrasto della norma con l'art. 3 della
 Costituzione, il giudice rimettente osserva che, di fronte all'evento
 omogeneo della maternita', ed  in  presenza  della  comune  finalita'
 sociale  di  supplire  al  mancato  reddito  durante  il  periodo  di
 gravidanza cui tende l'indennita' in questione, la legge riserva alle
 lavoratrici autonome un trattamento (prima degli ultimi due  mesi  di
 gravidanza)  deteriore  rispetto a quello riconosciuto dalla legge n.
 1204 del 1971 alle lavoratrici subordinate, alle  quali  puo'  essere
 attribuita  quell'indennita'  per tutto il periodo di gravidanza, ove
 ricorrano le condizioni previste dall'art. 5.
    La  riassunta  deduzione  non  puo'  essere  condivisa.   Va,   in
 proposito, premesso che questa Corte, con sentenza n. 31 del 1986, ha
 ribadito il principio che "le prestazioni previdenziali adeguate alle
 esigenze  dei  lavoratori ben possono essere differenziate tra le di-
 verse  categorie  dei  medesimi",  per  cui   il   legislatore   puo'
 "discrezionalmente  valutare  differentemente  le esigenze di vita da
 tutelare, tenendo eventualmente  anche  conto  della  maggiore  massa
 contributiva riflettente la maggiore massa retributiva".
    Tale  differenziazione  puo'  giustificarsi  anche nel trattamento
 normativo ed economico delle  lavoratrici  subordinate  e  di  quelle
 autonome, ancorche' in relazione al medesimo evento della gravidanza,
 se si considerano le diversita' relative alle due situazioni.
    Ed  invero,  solo per le lavoratrici subordinate gestanti la legge
 ha potuto prevedere, oltre alcuni  effetti  economici,  anzitutto  il
 "divieto  di  adibirle  al  lavoro" (art. 4 legge n. 1204 del 1971) e
 "l'interdizione dal lavoro" per  ordine  dell'Ispettorato  (art.  5);
 cio'  che  evidentemente  non  poteva  disporsi  per  le  lavoratrici
 autonome, alle quali pur viene corrisposta (art. 4 legge n.  546  del
 1987) una indennita' per un eguale periodo (due mesi antecedenti alla
 data presunta del parto e tre mesi successivi al parto) in una misura
 sostanzialmente di pari entita'.
    Inoltre, l'astensione obbligatoria dal lavoro solo per le subordi-
 nate  e'  prescritta  dall'art. 5 della legge 1204 del 1971 anche per
 uno o piu' periodi anteriori agli ultimi due mesi di  gravidanza,  ma
 in concorrenza di tre elementi accertati dall'Ispettorato del lavoro:
 a)  gravi  complicanze  della  gestazione o forme morbose che possano
 essere aggravate dallo stato  di  gravidanza;  b)  le  condizioni  di
 lavoro  o  ambientali  pregiudizievoli  alla salute della donna e del
 bambino; c) che la lavoratrice non possa  essere  spostata  ad  altre
 mansioni.
    Anche  questi  accertamenti,  e  soprattutto il terzo, non possono
 essere compiuti nei riguardi delle lavoratrici  autonome,  nonostante
 un (teoricamente ipotizzabile) intervento anomalo dell'Ispettorato.
    Sussistono,    quindi,   ragionevoli   margini   per   una   certa
 differenziazione del trattamento a motivo delle diverse situazioni in
 cui si trovano ad operare  le  lavoratrici  autonome  e  subordinate,
 nonche' per i differenti rispettivi sistemi contributivi.
    Del resto, intervenendo piu' recentemente (legge 11 dicembre 1990,
 n.  379,  Indennita'  di maternita' per le libere professioniste), il
 legislatore mentre  ha  esteso  a  questa  categoria  di  lavoratrici
 autonome  sia  l'indennita'  per  i due mesi prima del parto ed i tre
 mesi successivi, sia quelle per i casi di adozione, di affidamento  e
 di  aborto,  non  ha esteso il trattamento previsto dal citato art. 5
 per le lavoratrici subordinate.
    5. - Senonche', la prospettiva che le lavoratrici autonome, per la
 mancanza di un'astensione obbligatoria dal lavoro e per  fronteggiare
 il  bisogno di continue esigenze economiche, si inducano a proseguire
 l'impegno lavorativo anche nel periodo anteriore agli ultimi due mesi
 di gravidanza, pur in presenza di complicanze ed altre forme morbose,
 deve  far  riflettere  seriamente  circa  il  terzo   profilo   della
 denunziata  illegittimita' costituzionale, quello del contrasto della
 norma con l'art. 32 della Costituzione.
    In effetti le forme previdenziali previste dalle leggi n. 1204 del
 1971 e n. 546 del 1987 sono dirette, non  a  fornire  solo  un  aiuto
 economico alle gestanti, ma essenzialmente a dare una efficace tutela
 a  quel  valore - la maternita' - che, come si e' sopra accennato, e'
 molto considerato dalla Carta fondamentale della Repubblica,  con  il
 conseguente  dovere  del  legislatore  di  apprestare norme e risorse
 necessarie ad evitare tutto cio' che possa  compromettere  la  salute
 della gestante e lo sviluppo della vita del bambino.
    Pure  sotto  questa  terza  prospettiva  non  mancano  certo delle
 differenze tra le lavoratrici  subordinate  e  quelle  autonome,  non
 trovandosi  queste  ultime  sotto  la  pressione  (con  effetti anche
 psicologici) di direttive,  di  programmi,  di  orari,  di  attivita'
 obbligatorie e fisse, ma potendo distribuire piu' elasticamente tempo
 e  modalita'  di  lavoro,  e  sopperendo cosi' in qualche misura alle
 difficolta' derivanti dalla temporanea incapacita' fisica a  prestare
 la normale attivita' lavorativa.
    Ma  l'esigenza  primaria di tutelare il valore della vita nascente
 dovrebbe  indurre  quanto  meno  a  disincentivare,  anche   mediante
 provvidenze  economiche,  l'interesse  della  lavoratrice  autonoma a
 tenere lo stesso ritmo di lavoro in presenza di complicanze  o  altre
 forme morbose nel periodo di gravidanza.
    Questa  migliore  disciplina  non  puo',  tuttavia, essere data da
 questa Corte costituzionale, mediante una estensione in via  additiva
 di   norme   previste   per   ipotesi   diverse,   dovendosi   invece
 necessariamente modulare  le  normative  alla  differente  situazione
 delle  lavoratrici  autonome rispetto a quelle dipendenti. Il tipo di
 tutela  adeguato  alle  caratteristiche  del   diverso   lavoro,   le
 condizioni   cui  subordinare  la  tutela  stessa,  le  modalita'  di
 controllo, le conseguenze economiche, la gradualita' del processo  di
 parificazione  delle  forme  di  tutela  ed  altri aspetti esigono un
 intervento   articolato   che,   per   sua   natura,    impegna    la
 discrezionalita'  del  legislatore,  con  l'eventuale  coinvolgimento
 degli organismi previdenziali e sindacali.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di costituzionalita'  dell'art.
 4  della legge 29 dicembre 1987, n. 546 (Indennita' di maternita' per
 le lavoratrici autonome), sollevata, in riferimento agli articoli  3,
 32  e  37 della Costituzione, dal Pretore di Bologna, con l'ordinanza
 in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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