N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 1993
N. 212 Ordinanza emessa il 12 gennaio 1993 della Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Gasparini Marco Processo penale - Reato perseguibile a querela - Sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto - Conseguente condanna del querelante alle spese processuali anche nell'ipotesi in cui l'assoluzione del querelato con formula piena sia conseguente a insufficienza o contraddittorieta' della prova - Disparita' di trattamento - Compressione del diritto di difesa - Richiamo alla giurisprudenza della Corte in relazione alla disciplina del codice abrogato. (C.P.P. 1988, art. 427, primo comma, in relazione all'art. 530, secondo comma, stesso codice). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.19 del 5-5-1993 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal procuratore generale della Repubblica di Trento nel procedimento a carico di Gasparini Marco, n. a Bressanone il 20 ottobre 1962, avverso la sentenza del pretore circondariale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, in data 21 febbraio 1992; Visti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere Francesco Ferri; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Ormanni che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; RILEVATO IN FATTO A seguito di querela proposta da Giuseppe Marano, Marco Gasparini veniva tratto a giudizio davanti al pretore circondariale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, per rispondere del reato di lesioni volontarie lievissime. Con sentenza resa in udienza pubblica il 21 febbraio 1992, il pre- tore assolveva l'imputato per non aver commesso il fatto, ritenendo che non fosse stata raggiunta una prova sufficiente della commissione del reato. Poiche' l'assoluzione veniva sostanzialmente pronunciata per insufficienza di prove, aggiungeva il pretore, sussistevano giusti motivi per non addossare alla persona offesa le spese processuali, che dichiarava compensate nel dispositivo. Il procuratore generale della repubblica di Trento proponeva ricorso per cassazione, denunciando la erronea applicazione dell'art. 427 del c.p.p., richiamato dall'art. 542 stesso codice, perche' tali norme prevedevano la possibilita' di compensazione solo relativamente alle spese sostenute dalle parti private, mentre per il primo comma dell'art. 427 il querelante era tenuto al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, quando veniva pronunciato proscioglimento con le formule perche' il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso. In via principale, quindi, il p.g. chiedeva che la sentenza venisse annullata nella parte in cui venivano compensate le spese del procedimento, con rinvio al primo giudice per la condanna del querelante al pagamento delle spese an- ticipate dallo Stato. In via subordinata, il ricorrente deduceva che il pretore, ove avesse ritenuto che porre l'onere delle spese a carico del querelante presentasse aspetti di iniquita' quando l'assoluzione del querelato fosse stata determinata, nella sostanza, da un'insufficienza di prove, avrebbe dovuto sollevare questione di legittimita' costituzionale per eventuale contrasto dell'art. 427, primo comma, c.p.p., con gli artt. 3 e 24 Costituzione, questione da non ritenersi manifestamente infondata alla luce delle sentenze della Corte costituzionale nn. 165/1974, 52/1975 e 29 del 1992, relative agli artt. 382 e 482 del c.p.p. abrogato. Percio' il ricorrente in via subordinata chiedeva che detta questione di legittimita' costituzionale venisse sollevata da questa Corte. RITENUTO IN DIRITTO In applicazione delle norme della cui legittimita' costituzionale anche il p.m. ricorrente dubita, la sentenza dovrebbe essere annullata con rinvio, relativamente alla omessa condanna del querelante alle spese del giudizio benche' il querelato sia stato assolto con la formula per non aver commesso il fatto. Tale formula, infatti, come quella perche' il fatto non sussiste, piu' propriamente da adottarsi nel caso in esame, non avrebbe impedito al giudice di ritenere la sussistenza di giusti motivi di compensazione tra le parti private, secondo la previsione del secondo comma dell'art. 427 del c.p.p., ma lo avrebbe ugualmente obbligato, secondo la previsione del primo comma della medesima norma, a condannare il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato. Da qui la rilevanza della questione di costituzionalita' in questa sede, posto che l'annullamento della sentenza impugnata dovrebbe esser pronunciato proprio in applicazione della norma della cui legittimita' costituzionale si discute. La questione predetta, oltre che rilevante, e' da ritenersi non manifestamente infondata, proprio alla luce delle sentenze della Corte costituzionale citate dal p.m. ricorrente. Il primo comma dell'art. 382 del c.p.p. abrogato, corrispondente al primo comma dell'art. 427 del codice attuale, prevedeva espressamente tra le ipotesi di esclusione della condanna del querelante alle spese del procedimento anticipate dallo Stato quella del proscioglimento pronunciato per insufficienza di prove. Tale for- mula non e' piu' adottabile nel dispositivo, posto che il secondo comma dell'art. 530 del c.p.p. prevede che il giudice debba pronunciare sentenza di assoluzione perche' il fatto non sussiste o perche' l'imputato non lo ha commesso anche quando la prova sia insufficiente o contraddittoria, sicche', trattandosi di situazione di fatto equivalente nella sostanza a quella che a norma dell'art. 479, terzo comma, codice previgente determinava l'adozione della for- mula di proscioglimento per insufficienza di prove, la formula di assoluzione piena puo' ora ricondursi ad una situazione di dubbio, esprimibile, peraltro, solo nella motivazione. Con il nuovo codice, il querelante viene quindi a esser posto in caso di dubbio in una posizione deteriore, per quanto concerne il rimborso delle spese an- ticipate dallo Stato, come conseguenza automatica della nuova regola sulle formule di proscioglimento e non, a quanto e' dato intendere, sulla base di una scelta razionale e meditata del legislatore. Ora, con le sentenze n. 165/1974, 52/1975 e 29 del 1992, la Corte costituzionale in relazione alla normativa abrogata ha individuato la ratio delle eccezioni alla regola della responsabilita' del querelante per il pagamento delle spese processuali nel principio della esenzione da detta responsabilita' per chi ha esercitato il diritto di querela allorquando l'assoluzione dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili al querelante stesso, al quale, quindi, nessuna colpa puo' essere addebitata. Ed e' stato affermato nell'ultima delle decisioni citate che sussisteva illegittimita' costituzionale della normativa anche quanto alla mancata esenzione nella ipotesi di assoluzione "perche' il fatto non costituisce reato" (prendendo le mosse da un caso in cui essa era stata adottata, in un processo iniziato in base a querela per diffamazione a mezzo stampa, per essere stata riconosciuta l'esimente del legittimo esercizio del diritto di cronaca), in quanto mancava la sussistenza di un sintomo di una avventatezza o temerarieta' della querela. Se questo e' il discrimine e se la possibilita' di esonero del querelante dal pagamento delle spese anticipate dallo Stato e' dato della posizione soggettiva del querelante al momento della presentazione della querela, non sembra possa ritenersi manifestamente infondato il dubbio di illegittimita' costituzionale quando il proscioglimento, pur enunciato nel dispositivo con le formule perche' il fatto non sussite o perche' l'imputato non lo ha commesso, sia in realta' determinato da una insufficienza o da una contraddittorieta' della prova, non addebitabile al querelante sotto il profilo della avventatezza o della temerarieta' della querela. E poiche' in questa sede basta che la questione non risulti manifestamente infondata, della questione stessa deve essere investita la Corte costituzionale, per il possibile contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione degli artt. 427, primo comma, e 530, secondo comma, c.p.p., e di riflesso dell'art. 542 c.p.p., nella parte in cui non prevedono l'esonero del querelante dal pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato nel caso di assoluzione dell'imputato con formula piena, conseguente a insufficienza o contraddittorieta' della prova.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 427, primo comma, in relazione all'art. 530, secondo comma, del c.p.p., nella parte in cui non prevedono l'esonero del querelante dal pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato nel caso di assoluzione del querelato con formula piena conseguente a insufficienza o contraddittorieta' della prova; Sospende il giudizio in corso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza venga notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma, il 12 gennaio 1993 Il presidente: RAMAGLIA 93C0466