N. 213 SENTENZA 22 aprile - 3 maggio 1993

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzioni tra Stato e regione.
 "
 Elezioni - Regione - Regione Veneto - Consiglio regionale - Convalida
 e  decadenza  dalla  carica dei componenti il consiglio - Commissione
 statale di controllo sull'amministrazione  regionale  -  Decisione  -
 Annullamento  della  deliberazione del consiglio regionale del Veneto
 n. 45 del 1› ottobre 1992 - Tassativita' delle categorie  degli  atti
 soggette  a  controllo  -  Lesione  delle  competenze attribuite alla
 regione  per  l'esercizio  del  controllo  al  di  fuori  dei  limiti
 dell'art.  125  della  Costituzione  -  Non  spettanza  allo  Stato -
 Annullamento  della  decisione   della   commissione   di   controllo
 sull'amministrazione  della  regione Veneto n. 12419 dell'11 novembre
 1992
 "
 (Decisione della commissione di controllo sull'amministrazione
 della regione Veneto n. 12419 dell'11 novembre 1992)
 "
 (Cost., artt. 12 e 125).
(GU n.20 del 12-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione Veneto notificato  il
 31  dicembre  1992, depositato in Cancelleria il 14 gennaio 1993, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito della  deliberazione  della
 Commissione  statale  di  controllo sull'amministrazione regionale n.
 12419 dell'11 novembre 1992, con  la  quale  e'  stata  annullata  la
 deliberazione  del  Consiglio  regionale  del  Veneto  n.  453 del 1›
 ottobre 1992, riguardante  la  posizione  del  consigliere  regionale
 Giulio Veronese, ed iscritto al n. 2 del registro conflitti 1993;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 30 marzo 1993 il Giudice  relatore
 Mauro Ferri;
    Uditi  gli  avvocati  Francesco  Amato  e  Mario Bertolissi per la
 Regione  Veneto  e  l'Avvocato  dello  Stato  Gaetano  Zotta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato il 31 dicembre 1992, la Regione Veneto
 ha  sollevato  conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in
 ordine   alla    decisione    della    Commissione    di    controllo
 sull'amministrazione regionale n. 12419 dell'11 novembre 1992, con la
 quale e' stata annullata la deliberazione del Consiglio regionale del
 Veneto n. 453 del 1› ottobre 1992.
    La  ricorrente  premette  che  con  l'anzidetta  deliberazione  il
 Consiglio  regionale  aveva  "ritenuto  che  ..   non   deve   essere
 pronunciata   la  decadenza  nei  confronti  del  consigliere  Giulio
 Veronese, ai sensi della legge 18 gennaio 1992, n. 16".
    Tale  deliberazione  era  stata  inviata,   secondo   una   prassi
 consolidata, alla Commissione di controllo di legittimita' sugli atti
 regionali  per  una  verifica della regolarita' formale della stessa.
 Senonche', la Commissione di  controllo,  anziche'  limitarsi  a  una
 verifica  cosi'  circoscritta,  ha ritenuto di dover sindacare l'atto
 nel merito, sovrapponendo alla decisione  sostanziale  del  Consiglio
 regionale   una   propria   decisione   fondata   su  una  differente
 interpretazione della legge 18 gennaio 1992, n. 16.
    Cio' posto, la ricorrente deduce che la suddetta  decisione  della
 Commissione   statale   di   controllo  sia  invasiva  delle  proprie
 attribuzioni in materia di convalida delle elezioni e decadenza dalla
 carica dei componenti il Consiglio regionale.
    Rileva al riguardo che,  a  norma  dell'art.  17  della  legge  17
 febbraio  1968,  n.  108,  "al  Consiglio  regionale  e' riservata la
 convalida delle elezioni dei propri componenti, secondo le norme  del
 suo  regolamento  interno".  Questa  disposizione  e' da considerarsi
 attuativa, per un verso, dell'art. 121 e, per altro verso,  dell'art.
 125,  primo  comma,  della  Costituzione.  Infatti, da essa si evince
 chiaramente che l'ordinamento giuridico attribuisce in via  esclusiva
 al  Consiglio  regionale  il  potere  di  controllare  e accertare la
 sussistenza dei requisiti necessari  per  assumere  e  conservare  la
 carica di consigliere regionale.
    Cio'  non esclude che questi atti di verifica dell'organo elettivo
 possano  essere   soggetti   a   un   controllo   amministrativo   di
 legittimita', ma e' chiaro che questo controllo non puo' andare oltre
 la   verifica   della   regolarita'   meramente   formale   dell'atto
 controllato. In caso contrario, vi sarebbe  un  insanabile  contrasto
 tra l'attribuzione in via esclusiva all'organo elettivo del potere di
 verifica delle condizioni suddette e l'attribuzione della potesta' di
 annullamento,  in  sede  di  controllo esterno, per insussistenza dei
 requisiti di legge.
    Ne' - prosegue la ricorrente -  puo'  trarsi  alcun  argomento  in
 contrario  dal  fatto che la legge prevede, per la sola convalida dei
 consiglieri   comunali   e   provinciali,   un   potere   sostitutivo
 dell'autorita'  tutoria  nel caso di omessa delibera di convalida dei
 rispettivi  consigli  nella  seduta  immediatamente  successiva  alle
 elezioni.
    Infatti,  il  potere sostitutivo dell'autorita' tutoria, in quanto
 limitativo dell'autonomia dell'ente  territoriale,  non  puo'  essere
 ammesso  che  nei ristrettissimi limiti della previsione legislativa,
 e, d'altro canto, la legge, prevedendo questo potere sostitutivo  per
 la  sola  omissione della deliberazione di convalida degli eletti - e
 non anche, ad esempio, per l'omessa dichiarazione  di  decadenza  (v.
 art.  9-  bis  del  D.P.R.  n.  570  del  1960) -, lascia chiaramente
 intendere che tale potere non sussiste la'  dove  non  si  tratti  di
 impedire  la paralisi dei consigli stessi o l'invalidita' di tutta la
 loro  attivita'.  Infine,  non  va  dimenticato   che   una   analoga
 disposizione non esiste per i consigli regionali, il che dimostra non
 solo  la  maggiore  latitudine  dell'autonomia  regionale  rispetto a
 quella comunale e provinciale,  ma  dimostra  anche  che  l'ingerenza
 dell'autorita'  tutoria  in  materia  di  controllo  della  validita'
 dell'elezione dei componenti degli organi elettivi e del loro diritto
 a permanere in carica non puo' essere in alcun modo elevata a  regola
 del sistema.
    Inoltre,  osserva ancora la Regione, la legge, dopo aver demandato
 all'organo elettivo di appartenenza il controllo sulla  presenza  dei
 requisiti   per  assumere  e  conservare  la  carica  di  consigliere
 regionale, riconosce  alla  sola  autorita'  giudiziaria,  adita  dai
 legittimati,  il  potere  di  accertare  la  sussistenza  o  meno dei
 requisiti di legge in ordine alla stessa carica. E la circostanza che
 tra i legittimati vi e' - ai sensi dell'art. 19, secondo comma, della
 legge 17 febbraio 1968, n, 108 - anche  il  Commissario  del  Governo
 dimostra,  inequivocabilmente, che il controllo demandato agli organi
 governativi e', a  tutto  concedere,  limitato  alla  verifica  della
 regolarita' formale degli adempimenti posti in essere dal Consiglio e
 preordinati all'eventuale esercizio dell'azione davanti all'autorita'
 giudiziaria: e' del tutto evidente, infatti, che l'attribuzione della
 legittimazione  all'esercizio  di  tale  azione  al  Commissario  del
 Governo (che presiede la Commissione statale  di  controllo)  sarebbe
 del  tutto priva di razionalita' se l'organo governativo di controllo
 potesse egli stesso sostituire la decisione del  Consiglio  regionale
 con  una  propria di accertamento dei requisiti per l'assunzione e la
 conservazione della carica.
    Il fatto, poi, prosegue la ricorrente, che  in  dottrina  e  nella
 giurisprudenza  di  questa  Corte si riconosca la non assimilabilita'
 della posizione costituzionale del Consiglio regionale al Parlamento,
 in  quanto  quest'ultima  e'  espressione  di  sovranita',  mentre  i
 Consigli  godono  soltanto di una autonomia politica, non contraddice
 la tesi sostenuta, in quanto autonomia politica significa  esclusione
 di  ingerenze  di organi esterni nella relativa sfera (di autonomia),
 tanto piu' quando il dettato legislativo prefigura, a chiare lettere,
 tempi e modi di esercizio di un riscontro che non deve essere  lesivo
 di simili prerogative.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, deducendo la inammissibilita' e l'infondatezza del conflitto e
 riservando ad una successiva memoria l'illustrazione delle ragioni di
 tali conclusioni.
    3.  - Con memoria depositata nei termini, l'Avvocatura dello Stato
 chiede che  il  ricorso  della  Regione  Veneto  sia  dichiarato  non
 fondato.
    Osserva  al riguardo che sarebbe vano ricercare nella Costituzione
 disposizioni o principi  attributivi  alle  Regioni  della  esclusiva
 competenza  in  materia  di  verifica della sussistenza dei requisiti
 necessari per assumere - e meno che meno per conservare - le  cariche
 elettive.
    Delle  competenze attribuite al consiglio regionale dall'art. 121,
 le potesta' amministrative, ivi compresa  quella  regolamentare,  non
 sfuggono   al   controllo   di   legittimita'   dell'art.  125  della
 Costituzione: non esiste per i  consigli  regionali  quella  potesta'
 esclusiva  in  tema  di  "verifica  dei  poteri"  che la Costituzione
 attribuisce al Parlamento (art. 66).
    Vero e' che storicamente la dottrina  prima  e  questa  Corte  poi
 hanno   riconosciuto   una   competenza   esclusiva   in  materia  di
 autorganizzazione interna dei consigli regionali - e cioe'  autonomia
 contabile,  organizzativa  e  funzionale  -, ma nell'ambito di questa
 competenza esclusiva nessuno mai ha ritenuto  potesse  ricomprendersi
 la  convalida  degli  eletti  o  la  verifica  del mantenimento della
 capacita' a rivestire la carica elettiva. Il sistema  della  verifica
 dei  poteri  dei  consigli  regionali,  anzi,  lungi  dal  consentire
 l'assimilazione al Parlamento, avvicina  le  assemblee  regionali  ai
 consigli   comunali  e  provinciali,  in  quanto  la  verifica  fatta
 dall'assemblea non esclude il ricorso al giudice e  non  riguarda  la
 regolarita' del procedimento elettorale.
    Le  esposte  considerazioni,  prosegue  l'Avvocatura, trovano, del
 resto, piena conferma dall'esame della legge n. 16 del 1992.  Secondo
 l'art. 1, invero, per i consiglieri regionali (provinciali, comunali,
 etc.),  il  verificarsi  dopo  la  elezione delle ipotesi elencate al
 primo comma, da' luogo alla "immediata" sospensione  dalla  carica  -
 comma  4-  bis  -  (la  sospensione, cioe', e' automatica: cfr. Corte
 cost. sent. n. 407 del 1992).  La  pronuncia  -  ancorche'  meramente
 dichiarativa  -  di  tale  effetto  pero',  che  ove  dovesse  essere
 riservata alla competenza esclusiva dell'assemblea regionale, in sede
 di verifica di  poteri,  dovrebbe  essere  deliberata  dall'assemblea
 medesima,  e'  riservata  dalla  legge,  invece,  al  Presidente  del
 Consiglio dei ministri (comma 4- ter). E cio' non e' una anomalia del
 sistema, anzi e' una ulteriore conferma della completa  equiparazione
 in  questa  materia  dei consigli regionali a quelli degli altri enti
 locali rispetto ai quali non e' nemmeno immaginabile  una  competenza
 esclusiva  a  livello costituzionale. Evidentemente il legislatore ha
 ritenuto di  riservare  allo  Stato  ogni  iniziativa  relativa  alla
 formalizzazione  della  sospensione, verificatasi automaticamente, ad
 evitare che alla situazione di  diritto  non  venisse  immediatamente
 adeguata  la  situazione  di  fatto  per comportamenti dilatori delle
 assemblee locali di appartenenza.
    Quanto   alla   pronuncia   della   decadenza,   osserva    infine
 l'Avvocatura,  pur  potendosi  addirittura  ipotizzare che appartenga
 anch'essa alla competenza del Presidente del Consiglio dei ministri e
 non al Consiglio regionale (perche'  se  la  sospensione  e'  di  sua
 competenza, a maggior ragione dovrebbe esserlo la decadenza), in ogni
 caso  appare  evidente,  sulla scorta di quanto si e' detto, che essa
 non appartiene alla competenza  esclusiva  dell'assemblea  regionale,
 per  cui  le relative delibere non possono non essere sottoposte alla
 verifica di legittimita' della Commissione statale  di  controllo  ai
 sensi  dell'art.  125  della Costituzione, cosi' come le delibere dei
 consigli provinciali e comunali in materia (che in nulla differiscono
 dalle prime, come espressione dell'esercizio di un potere di  analoga
 estensione   e   natura)   vengono  sottoposte  ad  un  controllo  di
 legittimita'  esterno  all'organo  collegiale, cioe' al controllo del
 CO.RE.CO.
    4. - Ha depositato memoria anche la Regione Veneto, insistendo per
 l'accoglimento del ricorso e richiamando, in  particolare,  l'art.  1
 del  decreto  legislativo  13  febbraio  1993, n. 40 (attuativo della
 delega di cui all'art. 2, comma 1, lett. h), della legge  23  ottobre
 1992,  n.  421),  il  quale,  nell'elencare  gli  atti amministrativi
 regionali soggetti al controllo statale, non include il  giudizio  di
 convalida delle elezioni e di decadenza dalla carica di componenti il
 Consiglio regionale.
                         Considerato in diritto
    1. - Mediante il ricorso per conflitto d'attribuzione all'esame di
 questa  Corte,  la Regione Veneto lamenta un'invasione da parte dello
 Stato delle attribuzioni proprie del Consiglio regionale  in  materia
 di  convalida  delle elezioni e decadenza dalla carica dei componenti
 il Consiglio. L'atto impugnato e' costituito  dalla  decisione  della
 Commissione  statale  di  controllo sull'amministrazione regionale n.
 12419 dell'11 novembre 1992, con  la  quale  e'  stata  annullata  la
 deliberazione  del  Consiglio  regionale  del  Veneto  n.  453 del 1›
 ottobre 1992. Con tale deliberazione il Consiglio  aveva  preso  atto
 che  "il  consigliere  regionale  Giulio  Veronese non si trova nelle
 condizioni di ineleggibilita' di cui all'art. 15 della legge 19 marzo
 1990 n. 55, come modificato dall'art. 1 della legge 18  gennaio  1992
 n. 16".
    Secondo la Regione ricorrente la predetta deliberazione consiliare
 non  doveva essere sottoposta al controllo della Commissione statale,
 essendo cio' escluso dall'art. 17 della legge  17  febbraio  1968  n.
 108;  conseguentemente  l'atto  statale impugnato avrebbe violato gli
 artt. 121 e 125 della Costituzione, ponendo in essere una lesione  di
 competenze    riservate   alla   Regione   dai   predetti   parametri
 costituzionali.
    Poiche' l'art. 125 della Costituzione dispone che il controllo  di
 legittimita'  sugli  atti  amministrativi della Regione e' esercitato
 nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica,  il  thema
 decidendum  si  circoscrive  alla  verifica  se  sia  fondato  o meno
 l'assunto della ricorrente in ordine alla esclusione  dal  controllo,
 ai  sensi  dell'invocata  legge  n.  108  del  1968,  della  indicata
 deliberazione del Consiglio regionale.
    2.  -  Non   puo'   essere   presa   in   esame   l'eccezione   di
 inammissibilita'  genericamente sollevata dall'Avvocatura dello Stato
 nell'atto di costituzione: di essa infatti non vi e' piu' alcun cenno
 nella successiva  memoria  e  resta  pertanto  carente  di  qualsiasi
 motivazione.
    3.  -  Nel  merito  le  censure  della  Regione sono fondate ed il
 ricorso  va  accolto.  La  disciplina  dei   controlli   sugli   atti
 amministrativi   della   Regione   prevista   dall'art.   125   della
 Costituzione e' rimasta regolata dalla legge 10 febbraio 1953, n.  62
 fino  all'emanazione del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40,
 che ha ridefinito  le  categorie  degli  atti  soggetti  a  controllo
 attraverso  un elenco tassativo: di conseguenza gli atti non compresi
 in detto elenco vengono ad essere sottratti al controllo stesso.  Fra
 questi  ultimi  si trovano le deliberazioni relative alla convalida e
 alla decadenza di consiglieri regionali; ma l'argomento in tal  senso
 addotto dalla Regione non puo' essere determinante, dato il carattere
 chiaramente  innovativo  del decreto legislativo citato, che, secondo
 la direttiva contenuta nell'art. 2, comma 1, lett. h), della legge di
 delega n. 421 del 1992, doveva operare "la  revisione  dei  controlli
 amministrativi  dello  Stato  sulle regioni concentrandoli sugli atti
 fondamentali della gestione ..". La  disciplina  dell'art.  45  della
 richiamata  legge n. 62 del 1953, vigente al tempo in cui fu adottata
 la deliberazione consiliare e l'atto di annullamento  della  medesima
 che  e' oggetto del conflitto, prevedeva il controllo di legittimita'
 (e, per le deliberazioni enumerate nel successivo art. 46,  anche  di
 merito)   per   tutte   le   deliberazioni  degli  organi  regionali,
 "eccettuate quelle relative alla  mera  esecuzione  di  provvedimenti
 gia' adottati e perfezionati ai sensi di legge".
    Alla  stregua  di detta disciplina di carattere generale, dovrebbe
 dunque ritenersi -  come  sostiene  l'Avvocatura  dello  Stato  -  la
 competenza  della Commissione di controllo ad annullare, per vizio di
 legittimita', la deliberazione del Consiglio  regionale  anche  nella
 materia in esame.
    In  realta',  fino  dalla  legge  elettorale  emanata per la prima
 costituzione delle regioni a statuto ordinario, e cioe' la  legge  17
 febbraio  1968  n.  108,  la materia anzidetta e' stata regolamentata
 specificamente dagli artt. 17, 18 e 19 della legge  medesima  (Titolo
 IV:  Convalida  degli  eletti e contenzioso). Tali norme riservano al
 Consiglio regionale la convalida della elezione dei propri componenti
 nonche' la dichiarazione di decadenza nei casi di  ineleggibilita'  o
 incompatibilita'  sopravvenute;  esse  prevedono che le deliberazioni
 relative devono essere depositate nella segreteria del  Consiglio  il
 giorno successivo, immediatamente pubblicate nel Bollettino ufficiale
 della  Regione  e  notificate  entro  cinque giorni agli interessati.
 Detti  termini  risultano  poi  confermati  (in  tema  di  decadenza)
 dall'art.  7  della  legge  23  aprile 1981, n. 154, la quale ha, fra
 l'altro, abrogato l'art. 18 sopra citato.
    Siffatte  disposizioni  sono  chiaramente  inconciliabili  con  la
 procedura  contenuta  nell'art.  45  della  legge  n.  62  del  1953;
 procedura che prevede l'esecutivita' delle deliberazioni  dopo  venti
 giorni  dal loro ricevimento da parte della Commissione di controllo,
 salvo annullamento; si deve quindi riconoscere  -  come  sostiene  la
 Regione  ricorrente  -  che  le  deliberazioni  sopra  ricordate sono
 sottratte al controllo di legittimita' della Commissione.
    4.   -   Questa   interpretazione    non    soltanto    scaturisce
 dall'applicazione  dei normali canoni ermeneutici alle due discipline
 messe a confronto, ma e' altresi'  confortata  da  considerazioni  di
 ordine logico e sistematico.
    Infatti,   sebbene  l'autonomia  del  Consiglio  regionale,  quale
 massimo organo della  Regione,  sia  di  tutt'altra  natura  rispetto
 all'autonomia  prevista  dall'art.  66  della Costituzione per le due
 Camere, - ed e' percio' che le controversie in ordine  alle  elezioni
 dei  Consiglieri  regionali  sono  di  competenza della giurisdizione
 ordinaria o amministrativa -, e' pur vero che nella fase  concernente
 la  convalida,  annullamento o decadenza di consiglieri per questioni
 di  eleggibilita',  riservata  dalla  legge  al  Consiglio,  mal   si
 inserirebbe   un   controllo  di  carattere  amministrativo,  essendo
 preminente l'esigenza di garantire, senza  ritardi  o  interventi  di
 altre  autorita',  l'adito alla tutela giurisdizionale, adito cui per
 giunta e' espressamente legittimato il Commissario del Governo  nella
 regione.
    Si  deve  quindi  concludere  che  la  decisione  di  annullamento
 adottata  dalla   Commissione   di   controllo   sull'amministrazione
 regionale  in  ordine  ad  un  atto  del  Consiglio regionale ad essa
 sottratto dalla legge n. 108 del 1968, piu' volte citata, ha posto in
 essere una lesione  delle  competenze  costituzionalmente  attribuite
 alla  Regione,  essendo stato esercitato il controllo al di fuori dei
 limiti previsti dall'art. 125 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che non spetta allo Stato, e per esso alla Commissione  di
 controllo  sull'amministrazione  della  Regione  Veneto, annullare la
 deliberazione n. 453 del 1› ottobre 1992 del Consiglio  regionale  in
 materia di decadenza dalla carica di consigliere regionale;
    Annulla di conseguenza la decisione n. 12419 dell'11 novembre 1992
 della Commissione anzidetta.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 3 maggio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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