N. 253 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 1993

                                N. 253
   Ordinanza emessa il 16 marzo 1993 dal giudice dell'esecuzione del
 Tribunale di Ivrea nella procedura esecutiva immobiliare
 promossa dal Credito Fondiario S.p.a., con sede in Roma, ed altra
 contro fallimento "Societa' immobiliari riunite S.r.l."
 Credito fondiario - Espropriazione immobiliare a carico di immobili
    ipotecati - Onere per i successori del debitore di  notificare  il
    titolo   di   acquisto   all'istituto   di  credito  procedente  -
    Inadempimento del suddetto onere -  Conseguenze:  svolgimento  del
    processo  di esecuzione nei soli confronti del debitore iscritto -
    Mancata   previsione:   1)    dell'obbligo    di    dare    avviso
    dell'espropriazione  agli  aventi causa del mutuatario originario;
    2) della possibilita'  per  gli  aventi  causa  intervenuti  nella
    procedura di chiedere la liberazione degli immobili dalla ipoteca;
    3)  della  possibilita'  per  il  giudice di ordinare all'istituto
    procedente il deposito di uno schema di frazionamento del mutuo  -
    Lamentato contrasto con il diritto di difesa.
 (R.D. 16 luglio 1905, n. 646, art. 20, quarto e quinto comma).
 (Cost., art. 24, secondo comma).
(GU n.23 del 2-6-1993 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  nella  procedura  esecutiva
 immobiliare iscritta al n.  23/1991  r.g.  esecuzioni,  promossa  dal
 Credito  Fondiario  S.p.a.,  corrente  in Roma, in persona del legale
 rappresentante pro-tempore, nei confronti  del  fallimento  "Societa'
 immobiliari riunite S.r.l.", in persona del curatore.
                           PREMESSO IN FATTO
    0.  -  Con  atto  notificato il 23 febbraio 1991 nei confronti del
 fallimento della "Societa' immobiliari riunite S.r.l.", trascritto il
 25 marzo 1991, il Credito Fondiario  S.p.a.,  corrente  in  Roma,  ha
 sottoposto   a   pignoramento   un   complesso  immobiliare  sito  in
 Castellamonte (Torino), composto da numerosi appartamenti e  relative
 pertinenze.  Va  detto sin d'ora che parecchi appartamenti componenti
 il complesso pignorato erano stati venduti dalla societa' immobiliare
 prima del fallimento. Con istanza depositata in data 6 maggio 1991 il
 Credito Fondiario chiedeva a  questo  giudice  la  vendita  dei  beni
 pignorati.  Veniva  disposta ed espletata consulenza tecnica di stima
 del compendio immobiliare. All'udienza ex  art.  569  del  c.p.c.  il
 Credito  Fondiario instava per l'immediata vendita in lotto unico del
 compendio.  Si  opponevano  alcuni  aventi   causa   della   Societa'
 immobiliari riunite.
    Trattasi  della  particolare  procedura esecutiva disciplinata dal
 r.d. 16 luglio 1905, n. 646 (t.u. delle leggi sul credito fondiario).
 Invero gli artt. da  38  a  59  e  l'art.  20  del  t.u.  -  che  qui
 interessano  -  non  sono  stati  abrogati o modificati dalla recente
 legge 6 giugno 1991, n. 175 che ha, a sua volta, abrogato  il  d.P.R.
 21  gennaio  1976,  n.  7. Permangono dunque: da un lato, la facolta'
 dell'Istituto di Credito Fondiario di (1) agire  contro  l'originario
 debitore pur se questi abbia trasmesso ad altri la proprieta', quando
 gli  aventi  causa  non  abbiano  provveduto a notificargli il titolo
 d'acquisto, e di (2) agire esecutivamente in pendenza  di  fallimento
 del  mutuatario  moroso,  in  virtu' della espressa riserva contenuta
 nell'art. 51 della legge fallimentare; dall'altro lato,  la  facolta'
 degli  aventi  causa del mutuatario, che non provvidero alla notifica
 del titolo di acquisto, di intervenire nella procedura.
    Come si e accennato sopra, e' stato depositato in data 11 novembre
 1992 ricorso per intervento ex art. 20, quinto comma, del r.d. n. 646
 del 1905 da parte della Sirem S.r.l. All'udienza in data 18  novembre
 1992 hanno spiegato intervento anche i signori Aldo De Vito, Fernando
 Marino,  Fiorentina La Notte, Adriana Barinotto Nigra, Giovanni Fetta
 e Domenica Sartorio. Tutti gli intervenuti, diretti aventi causa  del
 mutuatario,  premesso di aver acquistato unita' immobiliari in base a
 titolo regolarmente trascritto nei  registri  immobiliari  e  che  il
 dante  causa  si  era impegnato ad estinguere il mutuo per la quota a
 carico della singola unita' compravenduta, hanno avanzato le seguenti
 richieste: " A) in via istruttoria, ordinare al Credito Fondiario  il
 deposito  di schema di frazionamento del mutuo; B) in via principale,
 ai sensi dell'art. 30 del d.l. n. 646/1905, disporre la liberazione,
 totale  o  parziale,  degli  immobili  colpiti  dall'ipoteca   e   di
 proprieta'  di  essi  ricorrenti,  rappresentando  i  rimanenti  beni
 vincolati la garanzia di cui ha diritto il Credito Fondiario;  C)  in
 via  subordinata,  ai  sensi  dell'art.  2889  del c.c., concedere ai
 ricorrenti,  rispettivamente  proprietari  dei  detti  beni,  e   non
 personalmente obbligati a pagare il creditore ipotecario, la facolta'
 di  liberare  i  beni  stessi  dall'ipoteca;  D)  in  via  di estremo
 subordine, ai sensi dell'art. 525 del c.p.c., ammettere  l'intervento
 dei ricorrenti a partecipare alla distribuzione della somma ricavata,
 per i titoli e gli importi di loro spettanza".
    0.1. - Gli interventi sono certo ammissibili poiche' in tale senso
 depone il chiaro disposto dell'art. 20, quinto comma, del t.u.
    Compete  ora  a  questo  giudice  valutare  le ragioni sostanziali
 dell'intervento  ed  in   qual   misura   esse   meritino   giuridica
 considerazione.
    Abbiamo   da  un  lato  l'interesse  del  creditore  procedente  a
 pervenire alla vendita dei beni pignorati nella maniera piu' celere e
 priva di impacci; dall'altro lato abbiamo l'intenzione  degli  aventi
 causa  dell'originario mutuatario di dispiegare pienamente il diritto
 di difesa nella  procedura  esecutiva.  Il  diritto  di  difesa  puo'
 manifestarsi  nei  modi  piu'  svariati:  in  questo caso, piu' che a
 partecipare al riparto della  somma  ricavata  dalla  futura  vendita
 (partecipazione  impossibile  dato  che  l'originario  mutuatario  e'
 fallito e questo g.e. non potra' che assegnare il  residuo  prezzo  -
 rispetto   a   quanto   l'eventuale   aggiudicatario   dovra'  pagare
 direttamente all'Istituto Fondiario - al curatore del fallimento  del
 mutuatario),  gli aventi causa - almeno quelli intervenuti - chiedono
 che si eviti la vendita del compendio pignorato.
    0.2.  -  Si  pongono  altresi,  in radice, problemi attinenti alla
 effettivita'  dei  poteri  del  giudice  dell'esecuzione   circa   il
 controllo,  sin  dal momento iniziale, della ritualita' degli atti di
 procedura compiuti dal Credito fondiario.
    0.3. - Nella situazione in cui e' pervenuta la presente esecuzione
 paiono manifestarsi, in tutta la loro  evidenza,  le  incongruenze  e
 discrasie     caratterizzanti,     allo    stato,    la    disciplina
 dell'espropriazione  forzata  ad  opera  degli  Istituti  di  Credito
 Fondiario.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  -  La  Corte costituzionale ha gia' avuto modo di occuparsi ex
 professo delle norme di cui all'art. 20, quarto e quinto  comma,  del
 r.d. n. 646/1905, ritenendole costituzionalmente legittime. Si impone
 tuttavia  una  riconsiderazione della materia alla luce di profili di
 costituzionalita' ulteriori rispetto a quelli considerati dai giudici
 che  in  passato  hanno   sollevato   eccezioni   di   illegittimita'
 costituzionale.
    2.  -  La  sentenza  della Corte costituzionale n. 61 del 6 giugno
 1968 aveva risposto ad  una  questione  sollevata  in  maniera  pero'
 tecnicamente  scorretta  -  dal  tribunale di Benevento (ordinanza 1›
 giugno 1966). La questione di legittimita'  dell'art.  20,  quarto  e
 quinto  comma,  del t.u. del Credito fondiario era stata sollevata in
 relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Il  giudice
 a  quo sospettava che il diritto di difesa - nella procedura in esame
 -  non   fosse   sufficientemente   garantito   poiche'   le   "dette
 disposizioni,  pur  prevedendo  come  unico legittimato passivo della
 speciale  procedura  esecutiva  immobiliare   l'originario   debitore
 iscritto,  ancorche'  deceduto,  non  dicono,  qualora gli atti siano
 diretti a costui, come lo stesso possa essere  chiamato  a  comparire
 nel  procedimento  esecutivo  o essere citato a costituirsi in quello
 incidentale di opposizione di terzo o comunque difendersi  contro  le
 pretese   avanzate   dall'avversario   o  da  terzi".  Nonostante  la
 scorrettezza tecnica dell'ordinanza (consistente nel  riferimento  ad
 un  assurdo:  il  diritto  di difesa del debitore defunto|), la Corte
 costituzionale prese ugualmente in esame  la  questione,  riferendola
 agli eredi del debitore, e concluse dichiarandone la infondatezza.
    3.   -   Rilievo   centrale   assume   la   sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 249 del 14 novembre 1984. Le questioni erano  state
 sollevate  dal  g.e. presso il tribunale di Lecce (ordinanza 8 aprile
 1976) e da quello presso il tribunale di Lecco (ordinanze  7  ottobre
 1982  e  3  febbraio 1984), in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo
 comma, della Costituzione. I giudici a quibus sottolineavano,  da  un
 lato,  "l'ingiustificato  privilegio di cui godono gli enti esercenti
 il  credito  fondiario  rispetto  alla  generalita'   dei   creditori
 ipotecari"   e,  dall  altro  lato,  la  "situazione  di  particolare
 soggezione in cui si trovano gli aventi  causa  da  un  debitore  dei
 richiamati  enti  rispetto  agli  aventi  causa da un qualunque altro
 debitore ipotecario".
    3.1. - Ha ritenuto anzitutto la Corte che  l'esame  del  quarto  e
 quinto  comma  dell'art.  20  del  t.u. non debba essere avulso dalla
 considerazione dei primi tre commi: "le sorti di  questo  o  di  quel
 comma  non  possono  non riverberarsi sulle sorti di tutti gli altri"
 dato lo stretto collegamento fra  i  medesimi.  Quanto  alla  pretesa
 violazione  dell'art.  24  della Costituzione, il nucleo centrale del
 pensiero  della  Corte  e'  il  seguente: e' imposto all'avente causa
 l'onere di notifica all'Istituto fondiario del  titolo  di  acquisto;
 l'adempimento  dell'onere  non  e'  particolarmente  pesante  e  pone
 l'autore al riparo da  ogni  sgradevole  sorpresa.  D'altra  parte  -
 ritiene la Corte - non puo' dirsi che l'avente causa che non provveda
 alla  notifica  non  sia in grado di sapere della procedura intentata
 dall'Istituto fondiario contro il mutuatario originario:  infatti  il
 pignoramento  va trascritto, dell'istanza di vendita deve essere data
 pubblica notizia a  norma  dell'art.  490  del  c.p.c.,  alla  stessa
 pubblicita'  e' soggetta pure l'ordinanza di vendita. Infine, sarebbe
 comunque assicurata la partecipazione al processo degli aventi  causa
 non  notificanti  qualora venga proposta opposizione di terzo, attesa
 l'esistenza di  un  litisconsorzio  necessario  tra  l'opponente,  il
 creditore  procedente  ed  il  debitore esecutato (e, a seguito della
 morte di questo, i suoi successori ed aventi causa). In  merito  alla
 pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione, la Corte ha negato
 che    il    privilegio   concesso   agli   Istituti   fondiari   sia
 "ingiustificato": la legge  vuole  "assicurare,  attraverso  la  piu'
 rapida ed agevole realizzazione, il buon funzionamento del meccanismo
 del  credito,  nell'interesse non soltanto degli istituti ma anche di
 coloro che del  credito  fondiario  e  agrario  hanno  necessita'  di
 servirsi".
    La   Corte,   in   conclusione  della  sentenza,  ha  mostrato  di
 considerare la facolta' di intervento degli  aventi  causa,  prevista
 dal  quinto comma dell'art. 20 del t.u. n. 646/1905, come la conferma
 che il sistema non sarebbe affatto "squilibrato"  a  vantaggio  degli
 Istituti fondiari.
    4.  -  Le  opinioni  espresse  dalla Corte costituzionale paiono a
 questo giudice  non  interamente  condivisibili.  Occorre  chiedersi,
 anzitutto,   se   la   partecipazione   al  processo,  attraverso  la
 possibilita' di intervenire, sia veramente  assicurata  a  tutti  gli
 aventi causa del mutuatario.
    4.1.  -  Va premesso che la disciplina di cui all'art. 20 del r.d.
 n.  646/1905  sovverte  i  principi  generali   sulla   trascrizione,
 anticipando  gli  effetti  del  pignoramento  immobiliare  al momento
 dell'iscrizione ipotecaria in favore  dell'Istituto  fondiario.  Ogni
 vicenda   circolatoria   successiva   alla   trascrizione   di  detto
 pignoramento, in mancanza della notifica imposta dall'art. 20,  primo
 comma, r.d. n. 646, e' inopponibile all'Istituto medesimo.
    4.2.  - La sentenza della Corte costituzionale n. 249/1984, che ha
 ritenuto del tutto legittima la procedura espropriativa  del  Credito
 fondiario, sembra prestare il fianco a legittime critiche nella parte
 in cui confuta l'invocata illegittimita' dell'art. 20 del t.u. n. 646
 in relazione all'art. 24 della Costituzione.
    La  dottrina,  come e' noto, ritiene che nel processo esecutivo il
 contraddittorio  (e  cioe'  il  diritto  di  difesa)  sia   garantito
 attraverso il sistema delle opposizioni, intese come rimedi "esterni"
 al  processo  esecutivo  stesso.  Il  problema,  allora,  si pone nei
 seguenti termini: e' imprescindibile che colui il quale  subisce  gli
 effetti  della esecuzione sia informato effettivamente dell'esistenza
 del processo esecutivo a suo carico onde  parteciparvi,  influenzarne
 il  corso  e/o  opporvisi?  Il  caso piu' discusso (proprio quello in
 esame in questa sede) e'  quello  in  cui  il  soggetto  che  risulta
 debitore dal titolo esecutivo e quello che subisce l'esecuzione siano
 diversi.  Vengono  in  rilievo, in qualita' di principio generale, le
 norme  di  cui  gli  artt.  602   e   604   del   c.p.c.,   regolanti
 l'espropriazione contro il terzo proprietario.
    L'art.  20  del t.u. n. 646/1905 espressamente deroga all'art. 602
 del c.p.c. Nulla quaestio circa la  pretesa  violazione  dell'art.  3
 della  Costituzione.  Questo giudice e' perfettamente consapevole che
 il legislatore ben puo' dettare regole particolari a tutela di  certe
 categorie  di  soggetti  (in  questo  caso:  creditori),  per ragioni
 reputate di interesse generale. E d'altronde con la  legge  6  giugno
 1991,  n.  175,  il  legislatore,  se  da un lato ha perso una ottima
 occasione per una compiuta ridefinizione della materia, ha certamente
 operato una scelta - implicita ma chiarissima - per  il  mantenimento
 del duplice tradizionale privilegio in favore del credito fondiario.
    4.2.1.  - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20
 del t.u. n. 646/1905 va dunque riproposta in  relazione  all'art.  24
 della  Costituzione.  Le  considerazioni  della  Corte costituzionale
 circa la facilita' con cui l'avente causa dal  mutuatario  originario
 puo' avere conoscenza della espropriazione intentata dall'Istituto di
 credito  fondiario  non  paiono  convincenti.  Non  sembra  possibile
 affermare con tranquillizzante sicurezza che  il  terzo  proprietario
 (in  questo caso: l'avente causa del mutuatario), solo perche' non ha
 adempiuto all'onere di notificare il titolo di  acquisto,  non  debba
 essere destinatario di un qualche avviso della procedura in corso nei
 confronti del dante causa.
    Il   contenuto   minimo  del  contraddittorio  nell'esecuzione  e'
 consentire la conoscenza del  processo  da  parte  di  colui  che  ne
 subisce  gli  effetti,  al  fine  di  consentirgli di intervenire e/o
 opporsi. L'art. 24, secondo comma della Costituzione garantisce  come
 inviolabile  il  diritto  di  difesa. Sotto tale profilo e' perlomeno
 dubbio che si possa condizionare l'esercizio del  diritto  di  difesa
 agganciandolo  ad  un comportamento positivo del soggetto passivo (la
 notifica ex art. 20, primo comma, del t.u. n. 646). Vi sono  soggetti
 -  e  sono la stragrande maggioranza dei cittadini - che ignorano del
 tutto la vecchissima  normativa  speciale  sul  credito  fondiario  e
 pertanto  non chiedono periodicamente visure dei registri immobiliari
 e non consultano sistematicamente il F.A.L. Non  pare  legittimo  che
 questi  subiscano l'ordine di rilascio immediato dell'immobile di cui
 sono proprietari in  base  ad  un  titolo  di  acquisto  regolarmente
 trascritto  (immobile  nel  frattempo  subastato), senza essere posti
 effettivamente e tempestivamente in grado di contraddire.  La  scelta
 legislativa  ha  inteso  favorire  gli  Istituti di credito fondiario
 (soggetti  economici  "forti"  e  dotati  di  tutte   le   conoscenze
 giuridiche  del caso, i quali possono compiere facilmente verifiche e
 visure), a  scapito  dei  soggetti  "deboli",  la  cui  capacita'  di
 accertare  e  comprendere  una  intricatissima  normativa  nonche' le
 risultanze della documentazione ipo-catastale e', almeno nella  media
 dei casi, assai ridotta.
    4.2.1.1.  -  Va  inoltre  considerato  che, se non informato della
 procedura in corso, neppure il terzo che  abbia  adempiuto  all'onere
 della  notifica  e'  posto in grado di far valere le proprie ragioni.
 Non vale obiettare  come  il  terzo  che  subisca  ingiustamente  gli
 effetti  dell'espropriazione (per essere questa stata arbitrariamente
 diretta contro il proprio dante causa) possa  proporre  l'opposizione
 ex  art.  619  del  c.p.c.  ovvero  convenire in giudizio per i danni
 l'Istituto    di    credito   fondiario.   Il   diritto   di   difesa
 costituzionalmente tutelato impone che  la  tutela  sia,  per  quanto
 possibile,   immediata  ed  effettiva.  Risulta  allora  evidente  la
 necessita' che tutti gli aventi causa siano in  ogni  caso  notiziati
 tempestivamente  della  pendenza  della  procedura esecutiva: cio' al
 duplice fine di assicurare il contraddittorio e di porre  il  giudice
 dell'esecuzione  in grado di verificare che la procedura esecutiva e'
 stata incardinata correttamente.  Quest'ultimo  profilo,  a  dire  il
 vero,  non  e'  direttamente  rilevante  in  questa  procedura.  Pare
 tuttavia a questo giudice che la Corte non possa  non  tenerne  conto
 onde  valutare la congruita' complessiva del "sistema" posto dal r.d.
 n. 646.
    4.2.1.2. - Dovrebbe infine essere considerato il caso degli aventi
 causa successivi rispetto al primo. Se puo' apparire "normale" che  i
 non  notificanti  subiscano  le conseguenze della loro inerzia, certo
 normale non e' che gli effetti  del  mancato  adempimento  dell'onere
 ricadano  anche  sui  successivi aventi causa (profilo, anche questo,
 non direttamente rilevante in questa sede).
   4.3. - Stara' alla Corte valutare se il legislatore  abbia  o  meno
 contemperato  in  maniera  equilibrata  i  due  interessi  in  gioco:
 celerita' di esecuzione dei crediti fondiari e diritto di difesa  dei
 cittadini  (per  lo  piu' piccoli proprietari). Un accorgimento molto
 semplice sarebbe  idoneo  a  conferire  razionalita'  al  complessivo
 "sistema"  e  a garantire l'effettivita' del diritto di difesa. Cosi'
 come, nella  generalita'  dei  casi,  il  creditore  procedente  deve
 notificare  avviso  ai  sensi  dell'art.  498 del c.p.c. ai creditori
 iscritti onde consentirne l'intervento, allo stesso modo, nel caso di
 espropriazione  condotta  dall'Istituto  di  credito  fondiario,   il
 creditore procedente dovrebbe notificare avviso agli aventi causa del
 mutuatario  originario. Merita di essere ricordato come l'art. 20 del
 t.u. in esame sia stato tradizionalmente accostato all'art. 2812  del
 c.c.,  secondo  il quale il creditore ipotecario puo' prescindere dai
 diritti di servitu', usufrutto, uso  ed  abitazione  trascritti  dopo
 l'iscrizione di ipoteca, potendo far subastare la cosa come libera. I
 titolari  di  usufrutto,  uso  o  abitazione, a norma dell'art. 2812,
 secondo comma, del c.c., sono ammessi "a far valere le  loro  ragioni
 sul   ricavato,   con  preferenza  rispetto  alle  ipoteche  iscritte
 posteriormente alla trascrizione dei diritti medesimi":  la  dottrina
 e'  concorde  nel  ritenere  come,  a  tal  fine, essi debbano essere
 avvisati della espropriazione, al pari  dei  creditori  iscritti,  ex
 art.  498  del  c.p.c.  L'interpretazione estensiva dell'art. 498 del
 c.p.c., volta ad imporre che i  terzi  aventi  causa  del  mutuatario
 originario  siano  avvisati,  non  costituisce affatto, pertanto, una
 "forzatura".
    L'avviso serve anche a garantire - questo  e'  un  profilo  finora
 ignorato  -  la  celerita'  dell'esercizio del diritto di intervento.
 L'importanza  che   l'intervento   avvenga   celermente   costituisce
 ulteriore  ragione  di  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
 dell'art. 20, quarto comma, del r.d. n.  646.  Su  cio'  si  tornera'
 ampiamente piu' avanti: cfr. punto 5.1.3.
    4.4.  - In conclusione, e' rilevante, oltreche' non manifestamente
 infondata,  in  relazione   all'art.   24,   secondo   comma,   della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 20, quarto comma, del t.u. n. 646/1905 nella parte in cui non prevede
 che  l'Istituto  procedente  debba  notificare  agli aventi causa del
 mutuatario originario l'avviso di cui all'art. 498 del c.p.c.
    Per  dare  razionalita'  al  sistema  l'avviso   dovrebbe   essere
 indirizzato:  a)  ai  diretti  aventi  causa; b) ai successivi aventi
 causa; c) ai  creditori  degli  aventi  causa  che  abbiano  iscritto
 ipoteca  sul  bene (o comunque vantino cause di prelazione risultanti
 in pubblici registri). Anche il diritto di  questi  ultimi  non  puo'
 essere  subordinato  all'adempimento  di  un  onere  del debitore. La
 questione di legittimita' costituzionale della norma non puo'  essere
 sollevata  con  riguardo ai soggetti sub b) e c), siccome irrilevante
 in questa sede. Ma, cosi' come a suo tempo la  Corte  costituzionale,
 sollecitata  al giudizio sui soli quarto e quinto comma dell'art. 20,
 del r.d. n.  646,  ha  finito  con  il  prendere  in  esame  l'intero
 "sistema"  dell'espropriazione  per credito fondiario poiche' esso e'
 compatto ed inscindibile, allo stesso  modo  oggi  -  secondo  questo
 giudice - non si puo' non tener conto, ai fini del presente giudizio,
 anche  dei  profili  qui  non  direttamente  rilevanti e percio' solo
 fugacemente tratteggiati (cfr. punti 4.2.1.1. e 4.2.1.2.). Dipendera'
 dalle  valutazioni  della  Corte,  che  ritenesse  di  accogliere  la
 questione   sollevata,  l'estensione  eventuale  della  pronuncia  di
 incostituzionalita' ex art. 27 della legge costituzionale 9  febbraio
 1948, n. 1.
    5.  - Problemi di legittimita' costituzionale si pongono altresi',
 come si accennava, anche in relazione al "contenuto"  dell'intervento
 dei  terzi  aventi  causa  nella  procedura esecutiva speciale qui in
 esame, cioe' alla costituzionalita' dell'art. 20, quinto  comma,  del
 t.u. n. 646/1905.
    5.1.  -  L'art. 20, quinto comma, del t.u. stabilisce che nel caso
 previsto  dal  quarto  comma,  (mancata  notificazione   all'Istituto
 mutuatario  ex primo comma da parte dell'avente causa) "i successori,
 gli aventi causa o i terzi potranno intervenire nel  giudizio,  senza
 obbligo  dell'istituto di citare in causa gli altri interessati e non
 intervenuti per integrare il giudizio".
    E' chiaro che il legislatore del 1905 ha avuto  di  mira  solo  la
 tutela   del   diritto   degli   aventi   causa  a  partecipare  alla
 distribuzione del ricavato dalla vendita. Ma tale partecipazione puo'
 non  esaurire  gli  interessi  che  determinano  l'avente  causa   ad
 intervenire.
    In  effetti,  coloro che sono intervenuti nella presente procedura
 hanno espresso tale interesse solo in via di estremo  subordine.  Gli
 interventi   hanno   qui  di  mira  principalmente  -  ed  e'  facile
 comprendere  come  nella  pratica  cio'  accada  quasi  sempre  -  la
 liberazione della loro unita' immobiliare dall'ipoteca.
   Il  fatto  che  il mutuo fondiario, come nel caso presente, non sia
 frazionato  e  che  l'Istituto  non  abbia   alcuna   intenzione   di
 frazionarlo   comporta,   dal  punto  di  vista  degli  aventi  causa
 intervenuti, l'impossibilita' di attivare la procedura di liberazione
 dell'immobile dall'ipoteca (non e' applicabile la procedura  ex  art.
 30  del  t.u.,  prevista  d'altronde  in  favore  del solo originario
 mutuatario; non e' applicabile la procedura ex art. 2889 del c.c.).
    Allo stato attuale nessuno - ne' una intimazione dell'avente causa
 ne' un ordine del g.e. -  puo'  costringere  l'Istituto  mutuante  al
 frazionamento   del   mutuo.   Secondo   l'opinione   prevalente,  il
 "frazionamento" costituisce  una  rinuncia  da  parte  del  creditore
 ipotecario  al  diritto  all'indivisibilita'  dell'ipoteca.  Il terzo
 acquirente di immobile ipotecato a garanzia di  mutuo  fondiario  non
 avrebbe   pertanto   alcun   diritto  ne'  a  favore  ne'  contro  la
 suddivisione del mutuo e correlato frazionamento dell'ipoteca  (cfr.,
 ad  esempio,  Cass.  14  dicembre  1990, in Vita not., 1991, pag. 429
 sgg.).  D'altronde,  l'Istituto  fondiario  si  riserva  sempre,  nel
 contratto  di  concessione  di  mutuo, la piu' ampia ed insindacabile
 discrezionalita' nel frazionamento del mutuo e dell'ipoteca sull  im-
 mobile.  Cosi'  stando  le  cose,  il diritto di intervento garantito
 dalla legge consente solo di  soddisfare  l'interesse  (di  difficile
 realizzazione  pratica) a partecipare al riparto della somma ricavata
 dalla vendita dei beni subastati. Nel caso, poi,  di  fallimento  del
 mutuatario  originario  (proprio  il  caso  della presente procedura)
 viene meno anche l'unica ragione possibile  dell'intervento:  poiche'
 l'aggiudicatario   paghera'   direttamente   all'Istituto  fondiario,
 versando nella cancelleria delle esecuzioni solo il prezzo residuo, e
 poiche' il g.e. non  potra'  far  altro  che  attribuire  il  residuo
 ricavato  al  curatore del fallimento del mutuatario, l'intervento ex
 art. 20, quinto comma, del t.u. n. 646/1905 appare inutile e privo di
 senso.
    5.1.1.  -  Spettera'   alla   Corte   valutare   la   legittimita'
 costituzionale  di  tale  assetto  normativo,  con siderato anch'esso
 sotto il profilo della tutela del diritto di difesa, sia nel caso  di
 fallimento del mutuatario sia nel caso di procedura diretta contro il
 mutuatario ancora in bonis.
    Il diritto di difesa viene azionato, per lo piu', per difendere le
 ragioni sostanziali di piccolo proprietario. Sono in gioco, peraltro,
 non   solo  le  ragioni  della  piccola  proprieta'  (art.  44  della
 Costituzione) ma,  piu'  specificamente,  le  ragioni  abitative  dei
 proprietari.  Nella  quasi  totalita'  dei  casi, infatti, il piccolo
 proprietario abita l'immobile posseduto  ed  il  diritto  alla  casa,
 seppur indirettamente, e' tutelato dalla Costituzione.
    5.1.2.  -  Un  intervento  del  giudice  delle leggi appare dunque
 necessario. Razionalita' e congruenza con i  principi  costituzionali
 sembrano  imporre che l'intervento ex art. 20, quinto comma, del t.u.
 debba essere  consentito  affinche'  -  come  richiesto  dalle  parti
 intervenienti  nella  presente  procedura  -  il  g.e. possa ordinare
 all'Istituto procedente di depositare  schema  di  frazionamento  del
 mutuo  e  di  consentire,  previo  accordo  con  la  controparte,  il
 frazionamento (frazionamento le cui condizioni, comunque, non possono
 essere lasciate al mero arbitrio dell'Istituto, dovendo rispondere al
 fondamentale principio di proporzionalita' e dovendo attuarsi secondo
 buona  fede  oggettiva).  Il  che  non  implica  affatto  sconfessare
 l'orientamento   prevalente   in  tema  di  frazionamento  dei  mutui
 fondiari: l'interpretazione invalsa resterebbe ferma,  individuandosi
 pero'  un limite al principio di indivisibilita' dell'ipoteca sancito
 dal codice civile all'art. 2809, secondo comma, del c.c. Tale  limite
 opererebbe, per ragioni di rilevanza costituzionale, solo nel caso di
 intervento  di  aventi causa dal mutuatario ex art. 20, quinto comma,
 del r.d. n. 646/1905.
    5.1.3.  -  A  questo  punto  appare  chiara  l'ulteriore   ragione
 (oltreche'  rilevanza) della questione sopra sollevata in rapporto al
 quarto comma dell'art. 20. Se le  ragioni  dell'intervento  segnalate
 meritano   riconoscimento,   allora  risulta  ancor  piu'  necessaria
 l'esigenza  di  un  meccanismo (avviso ex art. 498 del c.p.c. a tutti
 gli aventi causa) che provochi rapidamente l'intervento degli  aventi
 causa:  cio'  allo  scopo  di  non  procrastinare  indefinitamente la
 vendita delle unita' immobiliari componenti  il  compendio  pignorato
 rispetto  alle  quali  non siano intervenuti i soggetti interessati a
 promuovere il frazionamento del mutuo.
    5.2.  -  In  ultima  analisi,  appare  rilevante,  oltreche'   non
 manifestamente    infondata,    la    questione    di    legittimita'
 costituzionale,  in  relazione  all'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  dell'art. 20, quinto comma, del t.u. n. 646/1905 nella
 parte in cui non prevede  che  gli  aventi  causa  intervenuti  nella
 procedura   espropriativa   possano  chiedere  la  liberazione  degli
 immobili di loro proprieta' dall'ipoteca nonche' nella parte  in  cui
 non  prevede  che il giudice dell'esecuzione a cio' sollecitato dagli
 intervenuti, ordini all'Istituto procedente di depositare  schema  di
 frazionamento del mutuo consentendo al frazionamento medesimo.
                               P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   135   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale n. 1/1948, 23 della legge n. 87/1953 e 295 del c.p.c.;
    Ritenuto il proprio potere di sollevare questione di  legittimita'
 costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge;
    Ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto
 con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione -  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 20, quarto comma, del r.d. 16
 luglio 1905, n. 646, nella parte in cui non  prevede  che  l'Istituto
 procedente debba notificare agli aventi causa del mutuatario l'avviso
 di cui all'art. 498 del c.p.c.;
    Ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto
 con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione -  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 20, quinto comma, del r.d. 16
 luglio 1905, n. 646, nella parte in  cui  non  prevede  che:  a)  gli
 aventi   causa  intervenuti  nella  procedura  espropriativa  possano
 chiedere  la  liberazione   degli   immobili   di   loro   proprieta'
 dall'ipoteca; b) il giudice dell'esecuzione, a cio' sollecitato dagli
 intervenuti,  al  fine  di  cui  al  punto  a),  ordini  all'Istituto
 procedente  di  depositare  schema   di   frazionamento   del   mutuo
 consentendo al frazionamento medesimo;
    Rimette   gli  atti  alla  Corte  costituzionale,  sospendendo  il
 presente giudizio;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 comunicata  alle  parti  e notificata al Presidente del Consiglio dei
 Ministri nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Ivrea,  addi'  18  marzo   1993   Il   giudice   dell'esecuzione:
 LAMBERTUCCI
 93C0559