N. 266 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 1993

                                N. 266
 Ordinanza   emessa  il  31  marzo  1993  dal  pretore  di  Lecce  nel
 procedimento civile vertente tra Conversano Cosimo e l'I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Controversie in materia
    previdenziale - Sostituzione al  termine  di  dieci  anni  per  la
    proposizione dell'azione giudiziaria del piu' breve termine di tre
    anni  dalla  data  di  comunicazione della decisione del ricorso o
    dalla data di scadenza del  termine  stabilito  per  la  pronuncia
    della  decisione in sede amministrativa - Mancata previsione della
    possibilita' di proposizione dell'azione giudiziaria  nel  termine
    di  tre  anni dall'entrata in vigore della norma impugnata o in un
    diverso termine da  fissarsi  legislativamente,  qualora  l'azione
    giudiziaria  dovesse  ritenersi proponibile, ai sensi dell'art. 47
    del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, per essere decorso  il  termine
    triennale,  ma  non  anche  quello  decennale  -  Ingiustificata e
    irragionevole discriminazione tra soggetti che prima  dell'entrata
    in   vigore   della  norma  impugnata  abbiano  iniziato  l'azione
    giudiziaria  e  soggetti  che  alla  stessa  data  non   l'abbiano
    iniziata,  sebbene  per  gli  uni  e  per  gli  altri la normativa
    precedente avesse riconosciuto la facolta' di adire il giudice nel
    termine di dieci anni dalla decisione amministrativa  -  Incidenza
    sulla  garanzia  previdenziale  nonche' sul principio della tutela
    giurisdizionale.
 (D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, primo e terzo comma,
    convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438).
 (Cost., artt. 3, 38 e 113).
(GU n.24 del 9-6-1993 )
                              IL PRETORE
    Sciogliendo la riserva che precede;
                             O S S E R V A
    L'art. 47 secondo  comma  del  d.P.R.  30  aprile  1970,  n.  639,
 prevedeva   che   per  le  controversie  in  materia  di  trattamenti
 pensionistici l'azione giudiziaria potesse essere proposta, a pena di
 decadenza, entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione
 della decisione definitiva del ricorso o dalla data di  scadenza  del
 termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima.
    L'art.  4  del  d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con la
 legge 14 novembre 1992, n. 438,  ha  sostituito  la  predetta  norma,
 disponendo   che  per  le  controversie  in  materia  di  trattamenti
 pensionistici l'azione giudiziaria  possa  essere  proposta,  a  pena
 decadenza,  nel  piu'  ristretto  termine  di  tre anni dalla data di
 comunicazione della decisione del ricorso o dalla  data  di  scadenza
 del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione.
    E'  verosimile  che,  in  molti  casi, dalla data di comunicazione
 della decisione amministrativa  possa  essere  gia'  decorso  termine
 superiore  a  tre anni, ma inferiore a dieci anni, prima dell'entrata
 in vigore del d.l. n. 384/1992.
    E' incontestabile che, in questi casi, ai sensi dell'art. 4, primo
 comma del d.l.  n.  384/1992,  la  successiva  ed  eventuale  azione
 giudiziaria  dovrebbe ritenersi improponibile per decorso del termine
 triennale di decadenza.
    Deve,  tuttavia,  rilevarsi  che, a norma dell'art. 4, terzo comma
 del d.l. n. 384/1992, "le disposizioni di cui  al  primo  e  secondo
 comma, non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla
 data  di  entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla
 medesima data".
    Per  comprendere  appieno  la  suindicata  norma   e   per   poter
 correttamente   stabilire   se   con  il  termine  "procedimenti"  il
 legislatore abbia inteso riferirsi ai procedimenti  amministrativi  o
 ai  procedimenti  giudiziari  o  agli  uni  e  agli  altri,  e'  bene
 sottolineare, innanzi tutto, che il secondo  comma  dell'art.  4  del
 d.l.  n.  384/1992  ha  abrogato  l'art.  152 delle disposizioni per
 l'attuazione del codice di procedura civile ovvero  una  disposizione
 relativa   al   procedimento   giudiziario   e  non  anche  a  quello
 amministrativo.
    Il   riferimento   ai   "procedimenti   instaurati   anteriormente
 all'entrata  in  vigore  del  decreto  legge", senza che vi sia stata
 distinzione tra le disposizioni di cui al primo e  al  secondo  comma
 dell'art.  4,  porta  a  ritenere  che  il  legislatore  abbia voluto
 riferirsi ai soli procedimenti giudiziari, visto che le  disposizioni
 di   cui   al   secondo  comma  attengono  soltanto  al  procedimento
 giudiziario.
    La necessita' che i procedimenti siano "ancora in corso" alla data
 di entrata in vigore del decreto legge n. 384/1992,  perche'  possano
 ritenersi  inapplicabili  le  disposizioni  di cui al primo e secondo
 comma dell'art. 4, rafforza il convincimento che si  sia  inteso  far
 riferimento  ai  soli  procedimenti  giudiziari,  in  quanto  la  non
 definitivita' di un procedimento amministrativo rileva ai fini  della
 procedibilita',   ma  non  anche  della  proponibilita',  dell'azione
 giudiziaria, mentre la proponibilita' di  un'azione  giudiziaria,  di
 cui  trattasi,  presuppone  e  da'  per  avvenuto  l'esaurimento  del
 procedimento amministrativo.
    La suestesa interpretazione dell'art. 4, terzo comma, del d.l. n.
 384/1992, convertito nella legge n.  438/1992,  comportera',  quindi,
 una  declaratoria  di  improponibilita'  della  domanda, ai sensi del
 primo comma dello stesso art. 4, se il  ricorso  giudiziario  dovesse
 essere  stato  depositato in cancelleria dopo l'entrata in vigore del
 d.l. e dopo il ricorso  del  termine  di  tre  anni  dalla  data  di
 comunicazione della decisione amministrativa in prima istanza o dalla
 formazione del provvedimento amministrativo di silenzio-rifiuto.
    Siffatta  conclusione  porta,  ad avviso di questo pretore, ad una
 irragionevole e ingiustificata discriminazione tra soggetti che prima
 dell'entrata  in  vigore  del  d.l.  n.  384/1992  abbiano  iniziato
 l'azione  giudiziaria  e  soggetti  che  alla stessa data non abbiano
 iniziato l'azione giudiziaria, sebbene per gli uni  e  gli  altri  la
 normativa  precedente  avesse riconosciuto la facolta' di poter adire
 il giudice nel termine di dieci anni dalla decisione amministrativa.
    L'art. 4, terzo comma,  del  d.l.  n.  384/1992  sembra,  quindi,
 confliggere  con  l'art.  3 della Costituzione nella parte in cui non
 prevede la disapplicazione della disposizione di cui al primo  comma,
 dello  stesso  articolo  per  i  procedimenti  (giudiziari) che siano
 instaurati nel termine di tre anni dalla data di  entrata  in  vigore
 del  decreto  medesimo  o in un termine piu' breve da fissarsi a cura
 del legislatore, qualora l'azione  giudiziaria  non  debba  ritenersi
 improponibile ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970.
    L'art. 4, primo comma del d.l. n. 384/1992, in combinato disposto
 con  il terzo comma dello stesso articolo, convertito con la legge n.
 438/1992,  appare,  altresi',  in  contrasto  con  l'art.  113  della
 Costituzione  perche'  la previsione ex abrupto di un diverso termine
 di decadenza per l'esercizio  dell'azione  giudiziaria  impedisce  di
 fatto  la  tutela  giurisdizionale  di  un diritto, non essendo stato
 legislativamente  previsto  transitoriamente  tra  una  disciplina  e
 l'altra  alcun  termine  per la proposizione dell'azione giudiziaria,
 quando dovesse essere gia' decorso quello triennale  dalla  decisione
 amministrativa.
    L'art. 4, primo comma, del d.l. n. 384/1992 in combinato disposto
 con  il terzo comma dello stesso articolo, convertito con la legge n.
 438/1992, risulta confliggere anche con l'art. 38 della Costituzione,
 in quanto l'esercizio di un diritto ad una prestazione  previdenziale
 non   puo'  essere  pregiudicato  da  norme  di  legge  di  immediata
 applicazione,   quando   l'interessato   abbia   prestato   legittimo
 affidamento su disposizioni normative di diverso contenuto.
    Le  suddette questioni di illeggittimita' costituzionale risultano
 rilevanti nel presente giudizio, in quanto il ricorso giudiziario  e'
 stato  depositato  in  cancelleria  in  data  11  novembre  1992 dopo
 l'entrata in vigore del d.l. n.  384/1992  e  dopo  il  decorso  del
 termine  triennale, ma non decennale, dalla decisione amministrativa,
 di cui e' contestata la legittimita'.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 illeggittimita'  costituzionale dell'art. 4, primo e terzo comma, del
 d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con la legge 14  novembre
 1992,  n.  438,  per  violazione  degli  artt.  3,  38  e  113  della
 Costituzione, nella parte in cui non prevede che l'azione giudiziaria
 possa essere proposta nel termine di tre anni dall'entrata in  vigore
 dello  stesso  decreto  legge  o  in  un  diverso termine da fissarsi
 legislativamente,  qualora  l'azione  giudiziaria  dovesse  ritenersi
 proponibile  ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639,
 per  essere  decorso  il  termine  triennale,  ma  non  anche  quello
 decennale,  dalla data di comunicazione della decisione del ricorso o
 dalla data di scadenza del termine stabilito per la  pronunzia  della
 decisione medesima;
    Sospende  il  giudizio  e  dispone la trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata
 ai  Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento  e   alle   parti
 costituite.
    Lecce, 31 marzo 1993.
                         Il pretore: BENFATTO

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