N. 282 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 1993

                                N. 282
 Ordinanza  emessa  il  24  gennaio  1993  dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di Matera  nel  procedimento  penale  a
 carico di Rubino Antonio
 Reato in genere - Atti interruttivi del corso della prescrizione -
    Mancata  inclusione  fra  di essi della richiesta di emissione del
    decreto  penale  di  condanna  -  Ingiustificata   disparita'   di
    trattamento rispetto a quanto stabilito per la richiesta di rinvio
    a giudizio inclusa fra i detti atti.
 (C.P., art. 160).
 (Cost., artt. 3 e 112).
(GU n.25 del 16-6-1993 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letti gli atti dell'emarginato procedimento;
                             O S S E R V A
    Il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di
 Matera  ha,  con  missiva  datata 4 gennaio 1993, pervenuta in questo
 Ufficio  il  18  successivo,  chiesto  emettersi  decreto  penale  di
 condanna,  alla  pena  ritenuta di giustizia, nei confronti di Rubino
 Antonio, imputato della contravvenzione di cui agli artt.  54  e  195
 del d.P.R.  30 giugno 1965, n. 1124.
    Senonche', trattandosi di fatto commesso il 20 gennaio 1991, e non
 essendo  stati  posti  in essere atti interruttivi o sospensivi dalla
 detta data, o, meglio, da quella del 22 gennaio 1991, giorno  in  cui
 la  denunzia  all'autorita'  di P.S. e', nella specie, avvenuta, e la
 permanenza della condotta antigiuridica cessata (ove  si  ritenga,  a
 stregua  di  Cass.  21 luglio 1970, n. 933, che il reato abbia natura
 permanente), la richiesta, oggi materialmente portata  all'esame  del
 decidente,  dovrebbe  esser  disattesa  e  la contravvenzione, che e'
 punita con la sola ammenda, dichiarata estinta (art. 129 c.p.p.)  per
 prescrizione,  a  seguito  del'avvenuto decorso, nel breve frattempo,
 del biennio previsto dall'art. 157.1, sub 6), del c.p.p.
    Tanto perche' l'art. 160, cpv. del c.p., come modificato dall'art.
 239 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271,  non  contempla  la  richiesta
 d'emissione   del  decreto  penale  tra  gli  atti  aventi  efficacia
 interruttiva della prescrizione, ulteriori rispetto alla sentenza  di
 condanna  ed  al (recte all'emissione - cfr. Cass. 14 luglio 1876, n.
 7832 - recte del) decreto di condanna (come sancisce l'immutato primo
 comma medesimo articolo).
    In sostanza, dall'esame complessivo del cennato  disposto,  appare
 che,  quanto  allo  specifico punto, il legislatore abbia ignorato le
 innovazioni rivenienti dall'entrata in vigore  del  nuovo  codice  di
 rito  penale,  e  che  una simile esclusione, se aveva una sua logica
 collocazione nel vecchio sistema, quando il pretore oltre che  essere
 l'unico  organo  giudiziario  abilitato  al  procedimento  monitorio,
 sussumeva in se' anche la duplice funzione requirente  e  giudicante,
 non l'ha piu' nell'attuale.
    La  stessa  norma dell'art. 160, del c.p. riconosce pero' il detto
 effetto interruttivo alla richiesta di rinvio a  giudizio  (art.  416
 del c.p.p.).
    Orbene,   e'   di  palmare  evidenza  che  entrambe  le  richieste
 concretizzino una modalita' d'esercizio dell'azione penale (artt. 405
 e 554 del c.p.p.).
    Percio', stante l'evidenziata omologia, non  sembra  che  sussista
 una  ragione  plausibile per giustificare l'illogica differenziazione
 d'effetti sopra tratteggiata.
    Ne deriva il sospetto,  non  manifestamente  infondato,  che  tale
 diversita'  di  disciplina contrasti con l'art. 3 della Costituzione,
 ove consente che soggetti, i quali si trovano nella stessa  posizione
 di indagati, riescano, senza apparente giustificazione, a sottrarsi o
 meno  alla  pretesa  punitiva statuale, a seconda che operi o no, nei
 loro confronti,  l'istituto  della  prescrizione,  correlatamente  al
 fatto  che  il  p.m.  abbia,  con  richiesta  di emissione di decreto
 penale,  anziche'  con  l'altra  di  rinvio  a   giudizio,   comunque
 chiaramente  espresso la volonta' di non rinunciare all'esercizio del
 potere punitivo nei loro confronti.
    Ne'  varrebbe,  in  contrario,  argomentare  che,   nel   giudizio
 pretorile,  ossia  quello riguardante il caso all'esame, onde evitare
 il paventato decorso della  prescrizione  nel  pur  ristretto  ambito
 esistente  fra  la  richiesta  di  decreto  penale  e l'emissione del
 provvedimento del g.i.p., al p.m. e' comunque  lasciato  il  commodus
 discessus  di  provvedere  direttamente  all'emissione del decreto di
 citazione a giudizio  (atto  contemplato  dall'art.  160,  cpv.,  del
 c.p.).
    Invero, senza che occorra in questa sede approfondire il problema,
 anche  in  questo caso l'esigenza di prontezza, e la stessa autonomia
 riconosciuta al  p.m.  nell'emissione  del  decreto  di  citazione  a
 giudizio,   trovano   un   diverso   limite  nell'espletamento  delle
 formalita' di cui all'art. 160.1 delle disp. att. del c.p.p.
    Ma non e' tutto.
    Un'ulteriore, duplice sospetto d'illegittimita' costituzionale, in
 relazione al  diverso  profilo  della  violazione  del  principio  di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale  (art.  112 della Costituzione),
 attinge la norma all'esame nel momento in  cui  disconosce  efficacia
 interruttiva della prescrizione alla richiesta di decreto penale.
    Da   una   parte,   invero,   la   stessa   -   attesa   l'esposta
 diversificazione delle funzioni che riguarda ormai anche il  giudizio
 pretorile - manifesta quanto sia improvvida, nei riguardi del cennato
 principio,  ove  trascura  di considerare la possibilita' che il p.m.
 richieda  decreto  penale  di  condanna  per  il  reato  prossimo   a
 prescriversi  ed  il giudice la rigetti e restituisca gli atti (artt.
 459.3 del c.p.p.) quando ormai si e' verificata la cuasa d'estinzione
 del reato.
    Dall'altra, non e' revocabile in dubbio che tale  norma  privi  il
 p.m.  di  parte  del  tempo  che  gli e' formalmente riconosciuto per
 espletare le indagini preliminari  e  decidere  se  esercitare  o  no
 l'azione penale nelle forme del procedimento speciale per decreto (v.
 art.  554.3  del  c.p.p.)  nell'ipotesi in cui detto ambito temporale
 coincida con quello in cui matura la prescrizione di un dato reato, o
 sia da questo, addirittura, reso piu' breve: basti pensare al caso in
 cui la notitia criminis pervenga al requirente soltanto dopo un certo
 periodo dalla commissione del reato.
    In tali casi  il  p.m.,  invero,  non  dovra'  badare  soltanto  a
 formulare la richiesta di provvedimento monitorio entro quell'ambito:
 dovra'  anche  provvedere  ad  esprimerla con un sufficiente anticipo
 onde consentirle di  giungere  al  decidente  -  tramite  la  propria
 segreteria  e  la  cancelleria  del g.i.p. - in tempo da permettere a
 questi d'avere un sufficiente spatium deliberandi  per  valutarla  ed
 emettere,  eventualmente,  decreto  di  condanna: il tutto, prima che
 operi la prescrizione.
    La  questione,  che  viene  sollevata  d'ufficio,  oltre  che  non
 manifestamente infondata, appare anche rilevante.
    Solo  ove  fosse  accolta  la  tesi  sopra  esposta,  dovrebbe nel
 giudizio all'esame escludersi l'operativita'  della  causa  estintiva
 del  reato,  atteso che, nella fattispecie, la richiesta di emissione
 di decreto penale non solo e' stata formulata, ma e' anche  pervenuta
 a  quest'ufficio  in tempo utile per interrompere il relativo termine
 biennale.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara, d'ufficio, per le ragioni su esposte,  rilevante  e  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
 in relazione agli artt. 3 e 112 della Costituzione, dell'art. 160 del
 c.p.,  nella  parte in cui non prevede, tra gli atti che interrompono
 il  corso  della  prescrizione  del  reato,  anche  la  richiesta  di
 emissione di decreto penale di condanna;
    Dichiara sospeso il presente giudizio;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di sua  competenza  nei
 riguardi  delle  parti e perche' copia della presente ordinanza venga
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Matera, addi' 24 gennaio 1993
            Il giudice per le indagini preliminari: VETRONE

 93C0615