N. 313 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 1992- 31 maggio 1993

                                N. 313
 Ordinanza  emessa  il  15  dicembre  1992   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  31  maggio  1993) dalla commissione tributaria di
 primo grado di Reggio Calabria sul ricorso  proposto  da  Foti  Elisa
 contro l'u.t.e. di Reggio Calabria.
 Tributi in genere - Nuove tariffe d'estimo delle unita' immobiliari -
    Revisione - Previsione di diversi criteri, uno per la revisione in
    via  definitiva ed un altro per quella in via provvisoria valevole
    comunque fino al 31 dicembre 1993 - Ingiustificata  disparita'  di
    trattamento con incidenza sul principio di capacita' contributiva.
 (D.L. 24 novembre 1992, n. 455, art. 2).
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.25 del 16-6-1993 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/1396 presentato
 il 27 febbraio 1992 (avverso: tariffe estimo n.  part.  24609  contr.
 catastali) da Foti Elisa residente a Reggio Calabria in via Torrione,
 72, contro l'u.t.e. di Reggio Calabria.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con   il   ricorso  proposto  a  questa  commissione  si  denunzia
 l'illegittimita' e l'eccessivita' della rendita catastale  attribuita
 all'unita'  immobiliare di proprieta' della parte ricorrente, perche'
 stabilita sulla base delle tariffe d'estimo determinate con  il  d.m.
 20  gennaio  1990, delle quali si denuncia pure l'illegittimita' e si
 chiede la disapplicazione.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    L'art.  15  del d.P.R. 1› dicembre 1949, n. 1142, stabilisce, come
 criterio generale (salvo il caso eccezionale al  quale  si  riferisce
 l'art.  27),  che il reddito lordo, sulla base del quale e' calcolata
 la tariffa di estimo, e' rappresentato  dal  canone  annuo  di  fitto
 ordinariamente ritraibile.
    Il  d.m.  20  gennaio 1990, che ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 604, ha autorizzato la revisione delle tariffe  di
 estimo,  stabilisce  che ai fini della detta revisione si tenga conto
 del   valore   unitario   di   mercato   ordinariamente    ritraibile
 dall'immobile.
    Avverso  il  d.m.  20 gennaio 1990, sono stati proposti ricorsi in
 sede  giurisdizionale  davanti  al  t.a.r.  del   Lazio,   ed   altri
 numerosissimi  ricorsi  straordinari  al  Capo dello Stato. Il t.a.r.
 Lazio, sez. II, con sentenza n. 1184, del 29 aprile 1992,  depositata
 il  6 maggio 1992, ha pronunciato l'illegittimita' del citato d.m. 20
 gennaio 1990 e del d.m. 27 settembre 1991, con il quale  il  Ministro
 delle  finanze  ha  determinato  per l'intero territorio nazionale le
 tariffe d'estimo delle unita' immobiliari urbane a decorrere  dal  1›
 gennaio 1992.
    Il  Consiglio  di  Stato,  sezione  III,  in data 31 marzo 1992 ha
 espresso il parere n.  285,  in  sede  di  esame  di  alcuni  ricorsi
 straordinari,  con  il quale ha ritenuto l'illegittimita' del d.m. 20
 gennaio 1990. La motivazione essenziale e' la seguente: "Vero  e  che
 il  Ministero  delle finanze ha il potere di autorizzare la periodica
 revisione delle tariffe; ma il decreto  ministeriale,  salvo  che  la
 stessa  norma  primaria  attributiva  del  potere di revisione non lo
 preveda espressamente, non puo' innovare ai criteri che la  legge  ha
 stabilito   (rectius   nella  fattispecie  il  d.P.R.  n.  1142)  per
 individuare  il  reddito  immobiliare   rilevante   ai   fini   della
 determinazione   della  tariffa  d'estimo.  E'  questa,  in  effetti,
 l'applicazione di  un  principio  generale,  di  recente  riaffermato
 dall'art.  17 della legge n. 400/1988, che i ricorrenti invocano, con
 cui si precisa (terzo comma) che pure i decreti  ministeriali  aventi
 contenuto  regolamentare,  e  adottati  nell'esercizio  di  un potere
 attribuito al Ministro con  legge,  non  possono  contrastare  con  i
 regolamenti emanati dal Governo (e cioe' con la forma del d.P.R.).
    Cio'  dimostra, a maggior ragione, che il decreto ministeriale non
 avente contenuto di regolamento - come e' nel caso in  esame  -  puo'
 derogare  a  norme  regolamentari emanate con d.P.R. (come quelle del
 d.P.R. n. 1142/1949) soltanto ove la legge,  con  espressa  specifica
 statuizione, cio' consenta caso per caso".
    La  commissione  e'  investita  della  controversia  relativa alla
 applicazione in concreto della tariffa di estimo calcolata secondo  i
 criteri e la normativa del citato d.m. 20 gennaio 1990.
    La  commissione  ritiene opportuno, preliminarmente procedere alla
 verifica della propria competenza, pur non  essendo  stata  sollevata
 specifica  eccezione  di  incompetenza. La commissione e' dell'avviso
 che la controversia rientra nella propria competenza,  in  quanto  ha
 come  oggetto  l'attribuzione in concreto della rendita catastale per
 l'immobile di proprieta' del ricorrente, fissata  con  l'applicazione
 delle  tariffe  di estimo determinate secondo le norme emanate con il
 citato d.m. 20 gennaio 1990.
    Detta attribuzione  in  concreto  della  rendita  catastale,  allo
 stato,  e' illegittima, essendo illegittimo l'atto generale, cioe' il
 d.m. 20 gennaio 1990, che ne e' il  presupposto,  in  esecuzione  del
 quale e' attribuita la rendita stessa.
    Il  d.m.  20  gennaio  1990  ha  perduto  efficacia  erga omnes in
 conseguenza  della  sentenza  esecutiva  del  t.a.r.  Lazio,  sezione
 seconda, n. 1184/1992, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'atto e
 ne  ha  pronunciato  l'annullamento.  D'altra  parte, la commissione,
 mentre non puo' pronunciare l'annullamento del  decreto  ministeriale
 (perche'   la  giurisdizione  in  materia  di  annullamento  di  atti
 amministrativi appartiene  al  giudice  amministrativo),  puo'  pero'
 disapplicare  l'atto  stesso,  allorche'  incidentalmente  ne accerti
 l'illegittimita',  che  per  il  d.m.  esaminato  sussiste   per   le
 motivazioni  (che  vengono  interamente recepite) espresse nel parere
 del Consiglio di Stato soprariportato e  nella  citata  sentenza  del
 t.a.r.
    L'esame della controversia, tuttavia, non si puo' fermare a questo
 punto,  senza tenere conto del successivo intervento del legislatore.
 Il consiglio di Stato, esprimendo il parere  sull'illegittimita'  del
 decreto  ministeriale, aveva evidenziato che "resta salva l'eventuale
 adozione di norme, aventi rango legislativo, idonee a  modificare  il
 criterio  di  cui  alle  citate disposizioni del d.P.R. n. 1142 e del
 t.u. n. 917 del 1986".
    Risultano successivamente adottati tre decreti legge: il d.l.  24
 luglio 1992, n. 348; il d.l. 24 settembre 1992, n. 388, ed infine il
 d.-.l.  24  novembre  1992,  n.  455.  I primi due decreti legge sono
 decaduti perche' non convertiti in legge entro i termini.
    Tutt'e tre i decreti legge contengono un'identica norma reiterata,
 cioe' e' disposto: "Con decreto del Ministro delle finanze da emanare
 entro 30 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
 conversione del presente decreto ai sensi dell'art. 17 della legge 23
 agosto  1988, n. 400, e' disposta la revisione delle tariffe d'estimo
 e delle rendite delle unita' immobiliari urbane.
    Tale revisione avverra' sulla base di  criteri  che,  al  fine  di
 determinare la redditivita' media ordinariamente ritraibile, facciano
 riferimento  ai  valori del mercato degli immobili e delle locazioni.
 Fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe e delle nuove
 rendite  e comunque non oltre il 31 dicembre 1993 restano in vigore e
 continuano ad applicarsi con la decorrenza di cui all'art. 4,  quarto
 comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, le tariffe d'estimo e le
 rendite gia' determinate in esecuzione del decreto del Ministro delle
 finanze  20  gennaio  1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31
 del 7 febbraio 1990 .." (art. 2 d.l. 24 novembre 1992, n.  455).
    Il d.l. 24 novembre 1992, n. 455,  e'  vigente  alla  data  della
 decisione  di  questa  commissione,  che, pertanto, e' tenuta a farne
 applicazione. Va evidenziato che detto decreto, in via provvisoria  e
 comunque  non  oltre  il  31  dicembre  1993,  non apporta variazioni
 rispetto  alle  tariffe  d'estimo  ed  alle  rendite  determinate  in
 esecuzione  del  d.-m.  finanze  del  20 gennaio 1990, sicche' non e'
 possibile ritenere che il ricorso possa  essere  accolto  o  che  sia
 cessata  la  materia  del  contendere  facendo  riferimento  soltanto
 all'annullamento  dell'atto  amministrativo  pronunciato  dal  t.a.r.
 Lazio,  o facendone disapplicazione, perche' le tariffe d'estimo e la
 determinazione della rendita rimangono in vita nella stessa misura in
 forza della norma sopravvenuta. E' opportuno rilevare  che  l'art.  2
 del del d.l. n. 455/1992, richiamando testualmente il d.-l.  finanze
 20  gennaio 1990, fa perdere al medesimo la natura di puro e semplice
 atto amministrativo, perche' lo recepisce integralmente come norma di
 legge, con l'eliminazione dei vizi  di  legittimita'  attinenti  alla
 fonte  ed  al  rango  gia'  rilevati dal giudice amministrativo e dal
 parere del Consiglio di Stato. La commissione,  dunque,  dopo  essere
 giunta  alla conclusione dell'illegittimita' delle tariffe d'estimo e
 della  conseguenziale  determinazione  della  rendita  catastale  per
 effetto   dell'annullamento   o   della   disapplicazione   dell'atto
 amministrativo, (d.m. finanze 20  gennaio  1990),  dovrebbe  tuttavia
 confermare   l'atto   di   determinazione   della  rendita  catastale
 effettuata sulla base delle medesime tariffe d'estimo ora vigenti per
 effetto della norma di  legge  sopravvenuta  (art.  2  del  d.l.  24
 novembre 1992, n. 455).
    E'  manifesta, quindi, ai fini della decisione, la rilevanza della
 verifica   della   legittimita'   costituzionale   della   norma   in
 discussione.  La  questione,  nei  termini  che  vengono  chiariti  e
 precisati qui di seguito, non si presenta manifestamente infondata.
    L'art. 2 del citato d.l.  n.  455/1992  per  la  revisione  delle
 tariffe  d'estimo  e  delle  rendite  delle unita' immobiliari urbane
 fissa criteri difformi  da  adottare  con  il  decreto  ministeriale;
 cioe',  mentre  per la revisione in via definitiva stabilisce che, al
 fine di determinare la redditivita' media ordinariamente  ritraibile,
 i  criteri  dovranno  fare  riferimento  ai  valori  di mercato degli
 immobili e delle locazioni; in via provvisoria, e comunque fino al 31
 dicembre 1993 (con la decorrenza stabilita dall'art. 4, quarto comma,
 della legge 29 dicembre 1990, n.  405),  stabilisce  che  le  tariffe
 d'estimo  vanno  fissate  come  e' indicato dal d.m. 20 gennaio 1990,
 recepito dalla norma di legge, cioe' che si tenga  conto  del  valore
 unitario  di  mercato  ordinariamente ritraibile dall'immobile, senza
 alcun riferimento ai valori delle locazioni.
    Dubbi di legittimita' costituzionale della norma sorgono  perche',
 enunciando  i  criteri  relativi alla determinazione definitiva delle
 tabelle d'estimo e dei redditi, la norma di legge, non fornisce alcun
 indice di riferimento, ne' alcun criterio  guida  da  adottare  e  da
 seguire  nella  mescolanza  e  nella  fissazione  della media dei due
 valori, quello di mercato degli immobili e  quello  delle  locazioni.
 Dubbi  ancor  piu'  gravi  sorgono  sulla legittimita' costituzionale
 della norma per la determinazione in via  provvisoria  delle  tariffe
 d'estimo  e  delle rendite (questione che e' immediatamente rilevante
 nel caso controverso), giacche' il legislatore adotta due criteri non
 uniformi senza alcuna giustificazione; in via definitiva si riferisce
 al criterio di entrambi i valori, quello di mercato  e  quello  delle
 locazioni;  mentre  in  via  provvisoria  si  riferisce  soltanto  al
 criterio del valore di mercato, omettendo il riferimento a  qualsiasi
 parametro deducibile dal mercato delle locazioni.
    Il  riferimento  al parametro soltanto del valore di mercato degli
 immobili realizza una disarmonia del sistema tributario ed intacca il
 principio generale della  proporzionalita'  rispetto  alla  capacita'
 contributiva. Il parere del consiglio di Stato, sezione terza, dal 31
 marzo  1992,  n.  285,  facendo riferimento all'art. 15 del d.P.R. n.
 1142/1949, confermato dall'art. 35, primo comma, del t.u. 22 dicembre
 1986, n. 917, ha  gia'  evidenziato  "l'intento  del  legislatore  di
 evitare  che  per  gli  immobili  effettivamente dati in locazione il
 proprietario sia costretto  addirittura  a  versare  al  fisco  somme
 uguali  o  maggiori  di  quelle  percepite  dal  conduttore;  poiche'
 altrimenti, il sistema sarebbe suscettibile .. di  censura  sotto  il
 profilo  della violazione degli artt. 42 e 53 della Costituzione". La
 norma esaminata, a giudizio di questa commissione, incorre  in  detta
 censura.
    La   rilevante   differenza   dei   criteri   da  seguire  per  la
 determinazione delle tariffe d'estimo in via  definitiva  ed  in  via
 temporanea fino al 31 dicembre 1993, con le conseguenziali differenti
 imposizioni,  aggrava i sospetti di illegittimita' costituzionale con
 riferimento  ai  principi  fissati  negli  artt.   3   e   53   della
 Costituzione.
    Nei   termini   sopraprecisati   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2 del d.l. 24 novembre 1992, n. 455 non  e'
 manifestamente  infondata,  e si rende necessaria la remissione della
 decisione alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    La commissione tributaria  di  primo  grado  di  Reggio  Calabria,
 seconda  sezione,  dichiara rilevante e non manifestamente infondata,
 in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione,  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 2 del d.l. 24 novembre 1992,
 n. 455 nella parte in cui dispone che fino alla data  di  entrata  in
 vigore delle nuove tariffe e delle nuove rendite e comunque non oltre
 il  31  dicembre 1993 restano in vigore e continuano ad applicarsi le
 tariffe d'estimo e le rendite gia' determinate in esecuzione del d.m.
 finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  del  7
 febbraio 1990;
    Dispone la sospensione del presente giudizio;
    Ordina che a cura della segreteria gli atti e copia della presente
 ordinanza siano trasmessi alla Corte costituzionale;
    Ordina  altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza
 sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata
 ai  Presidenti  della  Camera e del Senato e sia espletato ogni altro
 incombente di legge.
    Cosi'   deciso   nella   camera  di  consiglio  della  commissione
 tributaria in Reggio Calabria addi' 15 dicembre 1992.
                     Il presidente relatore: NERI
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