N. 335 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 1993
N. 335 Ordinanza emessa il 15 marzo 1993 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Espinoza Gustavo Processo penale - Imputato non imputabile per infermita' mentale - Preclusione ad emettere sentenza di non luogo a procedere a seguito della sentenza n.41/1993 - Lamentata omessa previsione di tale possibilita' in caso di evidenza della responsabilita' dell'imputato - disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe - Ingiustificata limitazione della funzione giurisdizionale. (C.P.P. 1988, art. 129). (Cost., artt. 3 e 101).(GU n.27 del 30-6-1993 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del proc. pen. n. 1/93 a carico di Espinoza Gustavo; O S S E R V A 1. - Alle ore 16,30 circa del 31 dicembre 1992 in Lucca, Gustavo Espinoza, cittadino spagnolo senza fissa dimora in Italia, attingeva Lucchesi Annetta con plurimi colpi di coltello al collo e al volto, provocandone la morte. Il predetto subito inseguito da un passante, testimone oculare del fatto, veniva bloccato con l'ausilio di una pattuglia della polizia postale e tratto in arresto nella fragranza del reato di omocidio. Convalidato l'arresto e disposto il mantenimento di Espinoza in stato di custodia cautelare in carcere, si procedeva ad esame necroscopico, che conferma essere stata cagionata la morte di Lucchesi Annetta da "asfissia acuta da inondazione delle vie aeree polmonari da parte di sangue proveniente da grossi vasi del collo, per recisione contemporanea di questi e della trachea per ferita da scannamento". Si procedeva infine a indagine psichiatrica sulla persona di Spinoza in dipendenza della quale si apprendeva che il predetto, al momento del fatto, si era trovato in stato di infermita' mentale (psicosi schizofrenica con intuizione delirante di minaccia e reazione impulsiva) tale da abolire totalmente la sua capacita' di intendere e di volere. All'esito di una articolata relazione, lo specialista concludeva evidenziando l'attualita' della patologia e la pericolosita' sociale, in senso propriamente psichiatrico, dell'indagato. 2. - Le risultanze esposte portavano il p.m. a concludere le indagini preliminari con richiesta di archiviazione degli atti per difetto di imputabilita' contestuale applicazione di misura di sicurezza (6 febbraio 1993). Questo ufficio dissentiva, per le ragioni e piu' riprese esplicitate in atti, da una soluzione siffatta, ritenendo necessaria l'attivazione dell'iter procedimento destinazione a culminare nella declaratoria ex art. 425 del c.p.p. E pertanto, applicata provvisoriamente a Espinoza la misura di sicurezza del ricovero in o.p.g. (anche in esito alle pressanti segnalazioni della direzione sanitaria della casa circondariale di Lucca), disponeva affiche' fosse formulata l'imputazione. 3. - Nelle more, e' intervenuta la Corte costituzionale, che con sentenza n. 41 del 10 febbraio 1993 ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 425, comma primo, del c.p.p. nella parte in cui stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando risulta evidente che l'imputato e' persona non imputabile. Per effetto della citata pronuncia, posto che si appalesa improponibile qualsivoglia tentativo volto a supervalorizzare il provvedimento di archiviazione mediante attribuzione a questo di un contenuto di accertamento diverso da quello tipicamente previsto dalla legge (cfr. Cass. sez. sesta, 23 marzo 1991, Monti), si imporebbe, nel caso concreto, l'espletamento di una udienza preliminare destinata a concludersi con il rinvio di Espinoza al giudizio della corte d'assise. E cio' nonostante che, come detto, sia rimasta assodata, da un lato, l'attribuibilita' del fatto al suo autore sotto un profilo materiale e volitivo (e' sufficiente in proposito la lettura del verbale d'arresto e della relazione medico- psichiatrica), dall'altro, e risolutivamente, il difetto totale di imputabilita' dello stesso. Impossibilitato quindi a concludere il procedimento con declaratoria di n.l.p. ai sensi dell'art. 425 del c.p.p. non puo' questo ufficio neppure ricorrente alla regula juris ex art. 129 del c.p.p., che non contempla tra le iptesi di immedianto proscioglimento il difetto di imputabilita' del reo. 4. - Orbene, atteso l'"annullamento", in parte qua, del disposto ex art. 425, comma primo, del c.p.p., diviene dubbia la legittimita' costituzionale dell'art. 129 del c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 101 della Costituzione, nella parte in cui dopo l'esercizio dell'azione penale, non consente al giudice, che riconosca che l'autore del reato e' persona non imputabile, di dichiarare d'ufficio con sentenza una simile ipotesi di non punibilita'. Invero la Corte costituzionale, nel motivare la declaratoria di illegittimita' dell'art. 425 del c.p.p., ha fatto riferimento alla ricostanza che alla sentenza di n.l.p. per difetto di imputabilita' farebbe seguito, nella maggiore parte dei casi, l'applicazione di una misura di sicurezza discendente da un "accertamento di responsabilita' che si fonda solo sull'etereo presupposto della non evidente infondatezza dell'addebito"; e dunque ha concluso nel senso suddetto evidenziando che, altrimenti, la persona non imputabile verrebbe ad essere "per cio' solo privata del dibattimento e della conseguente possibilita' di esercitare appieno il diritto alla prova nel merito della regiudicanda". La soluzione - ad avviso di questo giudice - si giustifica sul presupposto della natura solo processuale delle valutazioni demandate al g.u.p. in ordine al fondamento dell'ipotesi accusatoria, in vista dell'esigenza di eliminare in radice solo "imputazioni azzardate". Al cospetto, peraltro, di una situazione dimetralmente opposta, quale e' quella che connota il caso dei specie, in cui e' evidente la prova delle responsabilita' dell'imputato, sembra incontestabile l'inestensibilita' dell'assunto. Imporre il rinvio a giudizio della persona non imputabile e' cosa che, in una simile situazione, travalica i confini della logica piu' elementare, e soprattutto non puo' trovare fondamento nell'esigenza di pieno contraddittorio per la prova della regiudicanda (che per la sentenza n. 41/1993, con apprezzabile sensibilita', ha ritenuto di dover evidenziare), dal momento che la ricostruzione di questa, sotto il profilo storico-fattuale, e' del tutto pacifica. Di piu' inibendosi la possibilita' di un proscioglimento anticipato dell'imputato, ed esaltandosi, per contro, l'esigenza di garantire il contraddittorio pieno del predetto nel merito dell'accusa anche in un caso di evidenza della prova a carico si alimenta una situazione di stasi processuale sostanzialmente paralizzante, venendo in rilievo, per il combinato disposto degli artt. 70, 71 e 72 del c.p.p., la necessita' di sospendere il processo a tempo praticamente indefinito. Invero, in un caso come quello in esame, proprio non si vede quale tipo di prova possa seriamente assumersi in vista del proscioglimento dell'imputato (art. 70, secondo comma e 71, quarto comma del c.p.p.), se appunto si eccettua l'indagine psichiatrica in relazione al pronunciato difetto di imputabilita'. Da tutto cio' discende che l'art. 129 del c.p.p., nel testo attuale, la' dove preclude il giudice di dichiarare con sentenza una simile situazione di evidenza - giudce che pure l'effettivita' di tale condizione sia in grado di apprezzare gia' allo stato degli atti - determina disparita' di trattamento rispetto alle esistenti situazioni contemplate nella disciplina generale dallo stesso dettata (si pensi al caso dell'operativita' di una scriminante); ed altresi' si risolve in una ingiustificata limitazione della funzione giurisdizionale (art. 101 della Costituzione) dal momento che impone l'espletamento di un incombente processuale (l'udienza preliminare) destinato ad esaurirsi in un meccanismo scontato di devoluzione della regiudicanda al dibattimento, privo di ogni contenuto concreto di giurisdizionalita'. Con buona pace delle contrarie definizioni dei conditoris, univoche nell'esaltare la "funzione di decongestione del sistema". Non si tratta allora di riprodurre sotto diversi termini la medesima regola di giudizio dichiarata illegittima giusta sentenza n. 41/1993, bensi' di evidenziare quegli elementi di specificita' che - con riguardo a diverse fattispecie concrete, in relazione alle quali e' proprio l'applicazione del princpio fissato dalla Corte a risolversi in probabili violazioni di precetti costituzionali - impongono di sospendere il giudizio in corso.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e segg. della legge n. 87/1953; Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata, in ralzione agli artt. 3 e 101 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 129 del c.p.p. nella parte in cui, pur nell'evidenza della responsabilita' dell'imputato, non consente di dichiararne immediatamente con sentenza il difetto totale di imputabilita' che gia' risulti dagli atti; Sospende il processo nei confronti di Espinoza Gustavo e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lucca, addi' 15 marzo 1993 Il giudice per le indagini preliminari: TERRUSI 93C0683