N. 341 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 1993
N. 341 Ordinanza emessa il 15 aprile 1993 dal tribunale di Ravenna nel procedimento civile vertente tra il Concordato preventivo Morini Giuseppe e Bernardi Fabrizio ed altri Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Infortuni derivanti da reato del datore di lavoro - Diritto del lavoratore infortunato o dei suoi aventi causa, nei confronti delle persone civilmente responsabili, al risarcimento del danno morale solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare della indennita' corrisposta dall'I.N.A.I.L. e sempre che quest'ultimo possa esercitare l'azione di regresso contro le persone civilmente responsabili anche per le somme da questo dovute a titolo di risarcimento del danno morale - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 356 e 485 del 1991. (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma). (Cost., artt. 2, 32 e 38).(GU n.27 del 30-6-1993 )
IL TRIBUNALE Rilevato che con ricorso depositato il 16 settembre 1991 il Concordato preventivo Morini Giuseppe ha proposto appello avverso le sentenze (parziale e definitiva) in data 30 gennaio 1991-19 giugno 1991, con le quali il pretore-giudice del lavoro di Ravenna, sezione distaccata di Lugo, lo aveva condannato a risarcire al dipendente Fabrizio Bernardi nella misura del 70% (avendo ritenuto un concorso di colpa del lavoratore quantificato nel 30%) i danni (biologico, mo- rale e patrimoniale) conseguenti ad infortunio sul lavoro (perdita dell'occhio sinistro) dallo stesso patito e a rimborsare all'I.N.A.I.L. (nei limiti della ritenuta responsabilita') le somme erogate al lavoratore; Rilevato che l'appellante ha chiesto in principalita' l'esclusione della propria responsabilita' e, in subordine, l'attribuzione di una maggiore responsabilita' (quanto meno nella misura del 50%) a carico dell'infortunio nonche' l'esclusione o la riduzione di alcune voci di danno; che l'appellato Bernardi si e' costituito chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza, mentre l'I.N.A.I.L. ha proposto appello incidentale, assumendo che la responsabilita' dell'incidente va attribuita per intero o, quanto meno, in percentuale non inferiore all'80% al datore di lavoro; Ritenuto che da quanto sopra discende che una variazione in diminuzione o della percentuale di responsabilita' del datore di lavoro o degli importi liquidati per le varie voci di danno potrebbe incidere negativamente o sulle spettanze del lavoratore infortunato o sull'ammontare del rimborso spettante all'I.N.A.I.L. ai sensi dell'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; Ritenuto che l'indicata questione, dopo la decisione della Corte costituzionale 27 dicembre 1991, n. 485, dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale del predetto art. 11, primo e secondo comma "nella parte in cui consente all'I.N.A.I.L. di avvalersi, nell'esercizio del diritto di regresso contro le persone civilmente responsabili, anche delle somme dovute al lavoratore infortunato a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacita' lavorativa generica", si riflette in concreto sull'esistenza o non del diritto dell'I.N.A.I.L. di avvalersi ai fini del regresso anche delle somme dovute al lavoratore a titolo di risarcimento del danno morale (e, difatti, le opposte tesi sono sostenute in causa dalla difesa del lavoratore infortunato e da quella dell'I.N.A.I.L.); Ritenuto che la Corte costituzionale con la sentenza 18 luglio 1991, n. 356, nel dichiarare l'illegittimita', per contrasto con l'art. 32 della Costituzione, dell'art. 1916 del c.c. "nella parte in cui, in tema di assicurazione contro i danni, consente all'assicuratore di avvalersi, nell'esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile anche delle somme da questi dovute all'assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico", ha invece indicato, nella parte motiva, che "la dichiarazione di incostituzionalita' non puo' estendersi a quanto attiene al risarcimento del danno morale di cui all'art. 2059 del c.c. o ad altre ragioni risarcitorie parimenti non assistite dalla garanzia di cui all'art. 32 della Costituzione); Ritenuto che la predetta argomentazione della Corte risulta applicabile anche all'azione di regresso spettante all'I.N.AI.L. nei confronti delle persone civilmente responsabili (e, difatti, la gia' ricordata sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965 solo con riferimento al danno biologico) e che tuttavia l'affermazione della Corte costituzionale (peraltro contenuta solo nella parte motiva) sembra non tenere adeguato conto della natura e del modus operandi del danno morale, che non ha, ovviamente, natura economica e costituisce pur sempre una lesione della salute psico-fisica (in particolare della salute psichica) incidendo, appunto, sulla psiche dell'interessato e spesso in maniera estremamente rilevante in particolare quando, come nella specie, il danno morale direttamente consegua ad una malattia subita dallo stesso soggetto interessato (del resto sembra illogico considerare danno alla salute il danno alla vita di relazione e non il danno morale che pure vi e' quasi sempre inestricabilmente connesso); Ritenuto che al risultato di esclusione del danno morale dall'azione di regresso dell'I.N.A.I.L. si potrebbe pervenire anche in sede di interpretazione del disposto degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 alla luce dei criteri interpretativi ricavabili dalle gia' citate sentenze della Corte costituzionale n. 356/1991 e n. 485/1991, che hanno ritenuto la copertura assicurativa I.N.A.I.L. collegata "esclusivamente ai riflessi che la menomazione psico-fisica ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti e agli altri modi in cui il soggetto svolge la sua personalita' nella propria vita", sicche' risulta illogico, una volta escluso che l'indennizzo I.N.A.I.L. riguardi "l'intero danno alla persona" (Corte costituzionale n. 485/1991), consentire l'esercizio dell'azione di regresso su indennita' dovute all'infortunato per voci di danno non coperte dall'assicurazione, ma che una tale interpretazione della norma da parte del giudice ordinario si porrebbe in radicale contrasto con la costante giurisprudenza di merito e di legittimita' (cosiddetto "diritto vivente"), che ritiene pacificamente la ripetibilita' del danno morale con l'esercizio dell'azione di regresso esercitata dall'I.N.A.I.L., e va, quindi riservata al giudice delle leggi, anche sotto l'aspetto dell'illogicita' di una disposizione che consente, nell'interpretazione corrente, l'"esproprio" a favore dell'assicuratore e a danno del lavoratore di un risarcimento riguardante un danno non coperto dall'assicurazione; Ritenuto che, pur se la questione che qui interessa riguarda specificamente e direttamente la disposizione di cui all'art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, essa logicamente investe anche, in particolare alla luce delle considerazioni sopra svolte in ordine alla necessaria corrispondenza fra copertura assicurativa e azione di regresso dell'assicuratore, la disposizione (che ne costituisce il logico presupposto) di cui all'art. 10, sesto e settimo comma, dello stesso d.P.R., nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l'infortunio e' derivato, al risarcimento del danno morale solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare delle indennita' corrisposte dall'I.N.A.I.L.; Ritenuta la rilevanza della prospettata questione di legittimita' costituzionale ai fini della decisione della controversia di cui trattasi;
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comma, e dell'art. 11, primo e secondo comma, del t.u. delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni del lavoro e le malattie professionali approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per contrasto con gli artt. 2, 32 e 38 della Costituzione nella parte in cui, rispettivamente, prevedono che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l'infortunio e' derivato, al risarcimento del danno morale solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare delle indennita' corrisposte dall'I.N.A.I.L. e nella parte in cui consentono all'I.N.A.I.L. di avvalersi nell'esercizio del diritto di regresso contro le persone civilmente responsabili anche delle somme da queste dovute a titolo di risarcimento del danno morale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ed ordina che, a cura della cancelleria, copia della presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e altresi' comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento; Dispone che il presente procedimento rimanga sospeso all'esito del giudizio della Corte costituzionale. Cosi' deciso in Ravenna, il 15 aprile 1993. Il presidente: AGNOLI 93C0689