N. 355 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 1993

                                N. 355
 Ordinanza  emessa  il  30  aprile 1993 dal pretore di Torino, sezione
 distaccata di Moncalieri, nel procedimento penale a carico di Pozzolo
 Giuseppe ed altro
 Processo penale - Procedimento pretorile - Potere del giudice di
    annullare  il  decreto  di  citazione  a  giudizio  per   ritenuta
    insufficiente enunciazione del fatto - Mancata previsione, secondo
    la  interpretazione della Corte di cassazione, vincolante nel caso
    di specie - Irragionevole disparita'  di  trattamento  rispetto  a
    situazioni  omologhe  -  Compressione  del  diritto  di  difesa  -
    Sottrazione alla funzione giurisdizionale del controllo  dell'atto
    sopracitato.
 (C.P.P. 1988, artt. 555, primo comma, lett. c), e secondo comma, 178,
    lettere b) e c), 179 e 180).
 (Cost., artt. 3, secondo comma, 24, secondo comma, 101, secondo
    comma, e 102, primo comma).
(GU n.28 del 7-7-1993 )
                              IL PRETORE
    Esaminati  gli  atti  del  procedimento n. 27465/1992 r.g. pretura
 (riaperto dal proc. n. 27196/1991 r.g. pretura) a carico  di  Pozzolo
 Giuseppe,  nato ad Aglie' il 15 dicembre 1944; Folino Francesco, nato
 a Montalto Uffugo, il 6 novembre 1958,  entrambi  domiciliati  presso
 ditta La.Re. sita in Nichelino, via Vernea 18.
                         PREMESSO QUANTO SEGUE
    Alla  pubblica  udienza  dibattimentale del 25 novembre 1991 prima
 dell'apertura  del  dibattimento  questo   pretore,   nell'ambito   e
 nell'esercizio  del  potere-dovere di controllo anche d'ufficio sulla
 validita' degli atti attribuitogli in generale dagli artt. 179 e  180
 del  c.p.p.,  dichiarava  la  nullita'  del  decreto  di  citazione a
 giudizio emesso dal sostituto procuratore della Repubblica presso  la
 pretura  di Torino il 27 febbraio 1991 a carico di Pozzolo Giuseppe e
 Folino Francesco, ritenendo violato l'art. 555, primo comma, lett. C)
 c.p.p. sotto il profilo della insufficienza  nella  enunciazione  del
 fatto  (si  vedano:  decreto  di  citazione  alle pagg. 7, 8 e retro,
 verbale di udienza 25 novembre  1991  alle  pagg.  29,  30  e  retro,
 ordinanza  dichiarativa  di nullita' alla pag. 31 e retro, secondo la
 numerazione degli atti contenuti nel fascicolo  per  il  dibattimento
 prima dell'invio alla Corte di cassazione).
    Il  28  novembre  1991  il  sostituto procuratore della Repubblica
 presso la pretura di Torino ricorreva (si veda l'atto di impugnazione
 contenuto  nel  fascicolo  della  Corte  di  cassazione)  contro   il
 provvedimento  dichiarativo di nullita', affermandone preliminarmente
 l'abnormita' (cosa necessaria ai fini  dell'impugnazione,  posto  che
 altrimenti  l'ordinanza,  emessa nel corso degli atti introduttivi al
 dibattimento e prima della dichiarazione di  apertura  del  medesimo,
 sarebbe  stata impugnabile solo unitamente alla sentenza ex art. 586,
 primo comma, del c.p.p. e, quindi,  inimpugnabile  allo  stato  degli
 atti).
    La  Corte  di  cassazione,  su  conclusioni conformi del sostituto
 procuratore generale presso la Corte stessa, emetteva  il  21  maggio
 1992  una sentenza (si veda la sentenza contenuta nel fascicolo della
 Corte di cassazione) con la quale, ritenutane l'abnormita', annullava
 l'ordinanza  dichiarativa  di nullita' della richiesta di citazione a
 giudizio emessa dal g.i.p.  della  pretura  circondariale  di  Torino
 (sez.  dist.  di  Moncalieri)  durante  l'udienza  preliminare del 25
 novembre 1991 e disponeva la  restituzione  degli  atti  allo  stesso
 g.i.p. per la prosecuzione del procedimento.
    Gli  atti giungevano quindi al pretore del dibattimento di Torino,
 sezione distaccata di Moncalieri.
    Osserva questo giudice che:
       a) il provvedimento oggetto  della  declaratoria  pretorile  di
 nullita'  25  novembre 1991 non e' una richiesta di rinvio a giudizio
 (atto non previsto per il processo penale pretorile) ma un decreto di
 citazione a giudizio;
       b) l'ordinanza emessa in data 25 novembre 1991 e impugnata  dal
 sostituto  procuratore  della  Repubblica presso la pretura di Torino
 non e' stata pronunciata durante una  udienza  preliminare  (istituto
 inesistente  nel  processo  peale  pretorile)  ma in pubblica udienza
 dibattimentale,   prima   della   dichiarazione   di   apertura   del
 dibattimento;
       c)  l'ordinanza sub B non e' stata pronunciata dal g.i.p. della
 pretura circondariale di Torino, sez. dist. di Moncalieri (in  quanto
 la  figura  del  g.i.p.  non  esiste nelle sezioni distaccate ma solo
 nella sede centrale della pretura circondariale), ma dal pretore  del
 dibattimento di Torino, sezione distaccata di Moncalieri;
       d)  per  quanto  osservato  sub  C e' normativamente e di fatto
 inesistente il giudice al quale la Corte di cassazione ha disposto la
 restituzione degli atti per la prosecuzione del procedimento  (g.i.p.
 presso la pretura circondariale di Torino, sez. dist. di Moncalieri).
    E'  di  tutta  evidenza la singolarita' della situazione in cui e'
 venuto a trovarsi questo giudice, singolarita' che impone la  ricerca
 di una soluzione adeguata.
    Tale soluzione non puo' che essere ricercata all'interno di questo
 dilemma:
      o  si  ritiene che la sentenza della Corte di cassazione, avendo
 annullato un provvedimento sostanzialmente e formalmente diverso (per
 provenienza, oggetto e sede della pronuncia), non vincoli il  giudice
 di  rinvio  ai sensi dell'art. 623 lett. a) del c.p.p. (e in tal caso
 e' evidentemente irrilevante ogni questione di costituzionalita');
      oppure si ritiene di dover dare alla  sentenza  della  Corte  di
 cassazione  una qualche operativita', nel senso di affermare che, pur
 avendo  definito,  il  provvedimento  impugnato  come  ordinanza   di
 annullamento  di  una  richiesta  di  rinvio  a  giudizio, pur avendo
 attribuito detta ordinanza al g.i.p.  presso  la  sezione  distaccata
 della  pretura  di  Torino,  pur  avendo  collocato  l'emissione  del
 provvedimento impugnato nella sede dell'udienza preliminare, la Corte
 di cassazione abbia in realta' voluto annullare (ritenendola abnorme)
 proprio l'ordinanza dichiarativa di nullita' del decreto di citazione
 a giudizio per insufficiente enunciazione del fatto emessa  dal  pre-
 tore  di  Torino  (sez.  dist.  di  Moncalieri)  in  pubblica udienza
 dibattimentale  il  25  novembre   1991   prima   dell'apertura   del
 dibattimento   e   conseguentemente   disporre   il   rinvio  per  la
 prosecuzione a detto giudice (un appiglio in tal  senso  puo'  essere
 rinvenuto  nel  riferimento  all'art.  555 del c.p.p. contenuto nella
 motivazione della sentenza, trattandosi di norma che non  attiene  in
 alcun modo al g.i.p. e all'udienza preliminare).
    Se  si aderisce alla seconda delle ipotesi prospettate la sentenza
 produce gli effetti vincolanti di cui all'art. 623,
   lett. A), del c.p.p., ed allora, quanto all'asserita abnormita' del
 provvedimento impugnato, va osservato che:
      1)  per  atto  abnorme  deve  intendersi  "quello  che,  per  la
 singolarita'  e  stranezza  del  suo contenuto, sta al di fuori delle
 norme legislative e dell'intero ordinamento processuale, per cui  non
 rientra  nei poteri dell'organo decidente perche' incompatibile con i
 principi generali del sistema" (Cass. sez. I, 12 luglio 1991, imp. De
 Bono);
      2) l'interpretazione sul  punto  accolta  nella  sentenza  della
 Corte  di  cassazione  e  nella  requisitoria  del  sost. procuratore
 generale presso detta Corte non e' pacifica, tanto  e'  vero  che  in
 riferimento  a  casi  analoghi  la  medesima  Corte,  su  conclusioni
 conformi del sost. procuratore generale, ha dichiarato  inammissibile
 il  ricorso  sul  presupposto  che  il provvedimento impugnato non e'
 abnorme (si vedano  le  allegate  copie  di  requisitorie  del  sost.
 procuratore  generale  presso  la Corte di cassazione relative a casi
 analoghi,  accompagnate  da  copia  di  estratto   delle   successive
 ordinanze  di  inammissibilita'  emesse dalla Corte di cassazione; si
 veda altresi' il provvedimento emesso in camera di  consiglio  il  26
 aprile  1991  da Cassazione sezione V, imp. Percoco, di cui si allega
 massima).
    La affermata abnormita' nel  caso  di  specie)  del  provvedimento
 impugnato   (con   conseguente  declaratoria  di  nullita')  ha  come
 presupposto una certa interpretazione, vincolante per questo  pretore
 nel  procedimento considerato, degli artt. 555, primo comma lett. C),
 e secondo comma, 178, lettere B) e C), 179, 180 del c.p.p., nel senso
 che dette disposizioni non prevederebbero il potere-dovere  del  pre-
 tore del dibattimento di controllare anche d'ufficio la validita' del
 decreto   di   citazione   a   giudizio   quanto   alla   sufficienza
 dell'enunciazione del fatto e di  emettere  i  conseguenti  eventuali
 provvedimenti dichiarativi di nullita' assoluta e/o intermedia.
    Date  tali  premesse questo pretore solleva d'ufficio questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 555, primo comma, lett. C), e
 secondo comma, 178, lettere B) e C), 179, 180 del c.p.p. nella  parte
 in  cui  (secondo l'interpretazione operata dalla Corte di cassazione
 con la sentenza 21 maggio 1992, vincolante  per  questo  giudice  nel
 caso specifico) non prevedono che il pretore del dibattimento possa e
 debba   controllare  ache  d'ufficio  la  validita'  del  decreto  di
 citazione a giudizio quanto alla sufficienza della  enunciazione  del
 fatto  ed emettere i conseguenti eventuali provvedimenti dichiarativi
 di nullita' assoluta c/o intermedia, per contrasto con gli artt. 101,
 secondo comma,  102,  primo  comma,  24  secondo  comma,  e  3  della
 Costituzione.
    La  questione  e'  rilevante  in  quanto,  essendo il procedimento
 nuovamente  pervenuto  nella  fase   degli   atti   introduttivi   al
 dibattimento,  questo  giudice si vede preclusi non solo l'emanazione
 di un provvedimento identico a quello annullato ma piu'  in  generale
 il  controllo  sulla  sufficienza  dell'enunciazione  del  fatto  nel
 decreto  di  citazione  a  giudizio,  controllo  che  potrebbe  voler
 effettuare  sotto profili diversi da quelli oggetto del provvedimento
 annullato.
    La questione poi pare non manifestamente infondata.
    Va  osservato  in primo luogo che gli artt. 555 primo comma, lett.
 C), e secondo comma, 178, lettere B) e C), 179, 180 del c.p.p.  (come
 interpretati  dalla  Cassazione in modo vincolante per questo giudice
 nel caso specifico) contrastano con gli artt. 101,  secondo  comma  e
 102,  primo comma, della Costituzione, giacche' al pretore sarebbe di
 fatto sottratta la funzione giurisdizionale in  ordine  al  controllo
 anche  d'ufficio  sulla validita' del decreto di citazione a giudizio
 quanto  alla  sufficienza   della   enunciazione   del   fatto,   con
 assoggettamento  del pretore stesso ad una scelta vincolante del p.m.
 relativamente alla  formulazione  di  una  imputazione  eventualmente
 priva  della  caratteristica  di  sufficienza  nella enunciazione del
 fatto richiesta dalla legge.
   Per quanto attiene al secondo profilo  (cioe'  al  contrasto  degli
 artt.  555, primo comma, lett. C), e secondo comma, 178, lettere B) e
 C), 179, 180 del c.p.p., come interpretati dalla cassazione  in  modo
 vincolante  per  questo  giudice  nel  caso specifico, con l'art. 24,
 secondo comma, della Costituzione) va messo in luce che,  negando  il
 potere-dovere anche d'ufficio del pretore di controllare il contenuto
 dell'imputazione  quanto  alla  sufficienza  della  enunciazione  del
 fatto, viene limitato il diritto di difesa, perche'  l'imputato  puo'
 talora  venire a trovarsi nella condizione di doversi difendere da un
 fatto in ipotesi  non  sufficientemente  determinato,  il  che  rende
 difficoltoso,  quando  non  addirittura  impossibile, l'esercizio del
 diritto di difesa.
    Per quanto attiene infine al terzo profilo (contrasto degli  artt.
 555, primo comma lett. C) e secondo comma, 178, lettere B) e C), 179,
 180 del c.p.p., come interpretati dalla cassazione in modo vincolante
 per   questo   pretore   nel  caso  specifico,  con  l'art.  3  della
 Costituzione), vanno messe  in  luce  le  palesi  irragionevolezza  e
 ingiustificata  disparita'  di trattamento per casi affini introdotte
 nel sistema in conseguenza dell'interpretazione esaminata.
    Poiche'   infatti   la   Corte   di    cassazione    ha    fornito
 l'interpretazione considerata solo relativamente alla declaratoria di
 nullita'  del  decreto  di  citazione  a  giudizio  per insufficiente
 enunciazione del fatto (essendo questo il caso specifico  di  cui  ha
 dovuto occuparsi) senza minimamente incidere sul certamente esistente
 potere-dovere  del  pretore  di  dichiarare  anche d'ufficio le altre
 nullita' assolute e/o intermedie del decreto di citazione a  giudizio
 attinenti all'imputazione e previste dal combinato disposto dei commi
 primo   lett.   C)   e  secondo  dell'art.  555  del  c.p.p.  (omessa
 enunciazione del fatto, mancata o  insufficiente  enunciazione  delle
 circostanze   aggravanti   e   di   quelle   che  possono  comportate
 l'applicazione  di  misure  di  sicurezza,  mancata  o  insufficiente
 indicazione degli artt. di legge), si e' di fronte all'assurdo logico
 e  giuridico  per  cui  il pretore puo' dichiarare anche d'ufficio la
 nullita' assoluta e/o intermedia del decreto di citazione  per  tutte
 le  cause  appena elencate, mentre non puo' dichiarare quando ritenga
 insufficiente l'enunciazione del fatto, ipotesi certamente piu' grave
 e piu' lesiva dei diritti difensivi dell'imputato di  quella  in  cui
 siano  insufficienti  l'enunciazione delle aggravanti o l'indicazione
 degli artt. di legge.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;
    Sollevata    la    sopra   esposta   questione   di   legittimita'
 costituzionale;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Manda inoltre alla cancelleria per le notifiche e le comunicazioni
 di legge.
      Moncalieri, addi' 30 aprile 1993
                         Il pretore: PIETRINI

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