N. 358 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 1992- 12 giugno 1993
N. 358 Ordinanza emessa il 15 luglio 1993 e 18 novembre 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 giugno 1993) dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Summaria Katia ed altri contro Ministero di grazia e giustizia ed altro. Magistratura - Uditore giudiziario, gia' referendario parlamentare del Senato della Repubblica - Attribuzione di trattamento economico ad personam superiore a quello spettantegli come magistrato, per diritto al computo del maturato economico della precedente carriera - Richiesta di allineamento stipendiale di magistrati di pari o maggiore anzianita' - Ius superveniens e norma di interpretazione autentica - Divieto di adozione di provvedimenti di allineamento stipendiale "ancorche' aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992" - Violazione del diritto alla tutela giurisdizionale contro atti della pubblica amministrazione - Inibizione ex lege del potere-dovere di tener conto della legislazione vigente al momento della domanda, nonche' al momento in cui si sono verificati i presupposti su cui si fonda la stessa - Discriminazione tra situazioni identiche imposta con forza retroattiva - Irragionevole eccesso di potere legislativo - Violazione del principio di unicita' della giurisdizione e di uniformita' di trattamento fra magistrati. (D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, sesto comma, convertito in legge 18 novembre 1992, n. 272, art. 2, quarto comma; d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359). (Cost., artt. 3, 36, 73, 97, 101, 108 e 113).(GU n.28 del 7-7-1993 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente decisione sui ricorsi: n. 1324/1992 proposta da: Katia Summaria, Salvatore Vitello, Michele Di Mauro, Massimo Moriconi, Piero De Crescenzo, Laura Longo, Daniela Canepa, Marcello Pacini, Bruno Capponi, Vincenzo Barbieri, Anna Passannanti, Renato Preziosi, Giuseppe Di Salvo, Sergio Pannunzio, Anna Battisti, Salvatore Cirignotta, Francesco Nitto Palma, Luisanna Figliolia, Emilio Pocci, Massimo D'Ambrosio, Daniela Blasutto, Eleonora Lombardi, Carlo Maria Zampi, Francesco Scavo, Roberto Ghiron, Angelo Matteo Socci, Teresa Franca Stella Giardino, Anna Mantovani, Barbara Mazzullo, Mario Pinelli, Camillo Romandini, Claudio Cicchella, Maria Vulpio, Rosanna Scire' Risichella, Mario Fresa, Pietro Ferrante, Giulio Romano, Silvio Magrini Alunno, Mario Rosario Ciancio, Giovanni Berti Marini, Maurizio Maselli, Fabio Massimo Gallo, Enrica D'Antonio, Giovanni Cannella, Rosalia Floris, Amelia Torrice, Elisabetta Mariani, Luigi Pecora, Maria Luisa Rossi, Paolo Cocchia, Rosa Scotto Di Carlo, Domenico Introcaso, Anna Maria Franchini, Maria Rosaria Minutolo, Lucio Bochicchio, Giovanni Buonomo, Mariagiulia De Marco, Silvana Maria Arbia, Carla Menichetti, Rossana Brancaccio, Roberto Centaro, Aldo Giubilaro, Antonio Oricchio, Giovanni Mammone, Ernesto Stajano, Diego Mattelini, Carlo Maria Pellicano, Antonio D'Amato, Claudio Marassi, Giuseppe Pagliani, Ettore Pedicini, Roberto Urgese, Enzo Vincenti, Stefano Cardinali, Bruno Scicchitano, Vincenzo Gaetano Capozza, Alfredo Matteo Sacco, Antonella Capri, Antonino La Malfa, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Di Gioia ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, piazza Mazzini n. 27; n. 1492/1992 proposto da: Piera Vipiana, Rosa Alba Recupido, Emilio Gatti, Maria Margherita Zuccolini, Alberto Landolfi, Massimo Cusatti, Giovanni Zerilli, Marina Aicardi, Paola D'Ovidio, Massimo Caiazzo e Cristina Dagnino; n. 1493/1992 proposto da: Isabella Silva, Donatella Aschero, Patrizia Petruzziello, Vittorio Miniati Ranjeri, Enrico Zucca, Giampiero Cavatorta, Anna Lucia Mussa Ivaldi Vercelli, Maria Califano, Giuseppe Dagnino, Alessandra Scarzella, Marco Panicucci, Sergio Merlo, Maria Gavina Meloni, Maria Teresa Rubini, Daniela Faraggi, Cinzia Casanova, Angela Latella, Mery De Luca, Alvaro Vigotti, Glauco Gandolfo, Marcello Castiglione, Alessandro Barenghi, Maria Franca Borzone, Silvia Carpanini, Federico Augusto Mazza, Roberto Settembre, Rosa Maria Di Virgilio, Marina Maistrello, Franca Maganza, Massimo Todella, Annaleila Dello Preite, Franca Oliva, Francesco Mazza Galanti, Giuseppe Orio, Cesare Proto, Renato Delucchi; n. 1494/1992 proposto da: Maurizio De Matteis, Pietro Lamberti, Silvana Oronzo, Francesca Nanni e Paola Calleri; n. 1495/1992 proposto da: Giovanni Sgambati, Alberto Cardino, Maria Cristina Failla, Maurizio Caporuscio, Bruno Giardina, Francesco Sorrentino, Pasqualina Fortunato, Marina Orsini, Michele Fornaciari, Paola Ghinoy e Laura Rotolo; n. 1496/1992 proposto da: Elisabetta Vidali, Adriano Patti, Marcello Bruno e Filippo Gebbia, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovanni Di Gioia e Maria Grazia Lanero ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, piazza Mazzini n. 27; contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro in carica; il Ministero del tesoro, in persona del Ministro in carica; per ottenere la declaratoria del loro diritto all'attribuzione dello stesso trattamento economico corrisposto al collega dott. Francesco Esposito, nominato uditore giudiziario con decreto ministeriale in data 25 febbraio 1989. Con condanna delle amministrazioni al pagamento, in favore dei ricorrenti, di tutte le differenze retributive verificatesi a decorrere dal 25 febbraio 1989, maggiorate della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme rivalutate, interessi riferiti agli importi dovuti al lordo sia delle ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'avvocatura generale dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 15 luglio 1992 la relazione del consigliere Goffredo Zaccardi e udito, altresi', l'avv. Marzano per i ricorrenti e l'avv. dello Stato Cingolo per l'amministrazione resistente. Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O I ricorrenti, appartenenti alla magistratura ordinaria con la qualifica di magistrato di tribunale, sono stati assunti in data anteriore al 25 febbraio 1989. Il loro trattamento economico e' stato determinato in base ai criteri stabiliti dalla legge n. 425 del 6 agosto 1984. Con provvedimento del Ministero di grazia e giustizia in data 24 aprile 1989 (pubblicato sul Bollettino ufficiale n. 16 del 31 agosto 1990) al dr. Antonio Francesco Esposito - uditore giudiziario in tirocinio presso il tribunale di Roma (nominato con d.m. del 25 febbraio 1989) gia' referendario parlamentare del Senato della Repubblica con la retribuzione annua lorda di L. 54.530.000 - e' stato attribuito lo stipendio annuo lordo di L. 54.951.403 nonche', al compimento di sei mesi, lo stipendio annuo lordo di L. 55.425.000. L'attribuzione di tale trattamento economico e' stata determinata dal riconoscimento, in favore del dott. Esposito, del diritto al computo del maturato economico nella precedente carriera sin dall'inizio del periodo di tirocinio da uditore giudiziario. Va evidenziato che, in virtu' dei successivi aumenti stipendiali derivanti dalle previsioni della citata legge n. 425 del 1984, a decorrere dal 1 gennaio 1991 al dott. Esposito e' stato attribuito lo stipendio annuo lordo di L. 77.820.832. Il trattamento economico attribuito al dott. Antonio Francesco Esposito dal 25 febbraio 1989 notevolmente superiore a quello corrisposto, nel medesimo periodo, ai ricorrenti nonostante che il dott. Esposito abbia minore anzianita' di servizio e di qualifica rispetto ad essi. Onde evitare tale ingiustificata disparita' di trattamento i ricorrenti hanno richiesto al Ministero di grazia e giustizia di attribuire loro a decorrere dal 25 febbraio 1989, mediante il cosiddetto allineamento stipendiale, il medesimo trattamento economico riconosciuto al dott. Antonio Francesco Esposito. Le loro richieste sono rimaste, pero', senza esito alcuno e, quindi, in tale situazione i Magistrati ordinari indicati in epigrafe hanno presentato ricorso a questo tribunale amministrativo regionale per la tutela dei loro diritti patrimoniali, fondata sul seguente articolato motivo che si riporta testualmente: "violazione della legge n. 27 del 1981, della legge n. 869 del 20 novembre 1982, della legge n. 425 del 1984 e dei principi generali vigenti in materia, in relazione agli artt. 3, 36, 101 e segg. della Costituzione. Eccesso di potere per illogicita', omessa valutazione di presupposti, disparita' di trattamento, contraddittorieta', ingiustizia manifesta". L'unitarieta' dell'esercizio della funzione giurisdizionale e' stabilita, in modo inequivoco, dagli artt. 101 e segg. della Costituzione. In applicazione di tale principio costituzionale il legislatore ha sempre stabilito un'assoluta equiparazione del trattamento economico dei Magistrati a parita' di funzioni. La circostanza e' stata espressamente riconosciuta dalla decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 27 del 1983, la quale ha esaminato in modo ampio ed approfondito la disciplina del trattamento economico dei magistrati ordinari, amministativi e contabili: "Tale identita' di trattamento economico a parita' di qualifica-funzione sembra dunque trovare solido fondamento negli stessi principi costituzionali relativi all'unitarieta' funzionale della giurisdizione nonche', di riflesso, nel principio di eguaglianza e di collegamento tra retribuzione e qualita' (oltre che quantita') dell'opera prestata. Se egualmente delicata e importante e' la funzione e la sua rilevanza sociale, se pari e' - almeno mediamente - il livello di preparazione professionale che si deve possedere all'inizio e successivamente ampliare ed affinare, pari ha da essere anche il trattamento economico". Proprio per questo l'ordine giudiziario e' stato articolato in qualifiche funzionali con progressione economica automatica per anzianita' senza demerito, al fine di evitare il formarsi di una qualsiasi differenziazione economica non strettamente collegata all'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Va evidenziato che sia le precedenti leggi, sia la legge n. 125 del 1984 non giustificano per i magistrati ordinari differenze retributive collegate a periodi di servizio antecedenti la nomina. Infatti per la partecipazione al concorso per la nomina ad uditore giudiziario (che costituisce la qualifica temporanea e preliminare per la definitiva immissione nell'ordine giudiziario, attuata con la promozione a magistrato di tribunale secondo le forme previste dagli artt. 1 e segg. della legge n. 97 del 1979) e' richiesto semplicemente, oltre ad una certa eta', il possesso della laurea in giurisprudenza. La natura di concorso di primo grado, nel quale i servizi pregressi non costituiscono requisiti di ammissione, preclude di introdurre differenziazioni retributive legate a precedenti esperienze. L'attribuzione al dott. Antonio Francesco Esposito di un trattamento economico superiore a quello dei magistrati ordinari che, come i ricorrenti, hanno una maggiore anzianita' di carriera e di qualifica, viola pertanto i suddetti principi e le citate norme. Una volta riconosciuto al dott. Esposito un trattamento economico superiore derivante dalla conservazione del maturato economico nella precedente carriera, l'amministrazione era obbligata ad adeguare il trattamento economico dei ricorrenti mediante lo strumento del cosiddetto allineamento stipendiale. Esso infatti - desunto dall'art. 4, terzo comma, seconda parte, del d.l. 27 settembre 1982, n. 681, come modificato dalla legge di conversione 20 novembre 1982, n. 869, del seguente tenore: "Al personale con stipendio inferiore a quello spettante al collega con pari o minore anzianita' di servizio, ma promosso successivamente, e' attribuito lo stipendio di quest'ultimo" - costituisce rimedio di carattere generale volto a far rispettare l'imprescindibile canone del pari trattamento a parita' di funzione, nella specie piu' volte evidenziato dalla giurisprudenza e, in particolare, dalla decisione n. 27 del 1983. Le regole (immutabili per la loro obiettivita' ed imparzialita') dell'eguaglianza, equita' e proporzionalita' - desumibili anche dagli artt. 3 e 36 della Costituzione - precludono di attribuire trattamento economico diversificato a posizioni soggettive parificate sia dalla carta costituzionale che da tutte le leggi intervenute in materia. Nessuna rilevanza preclusiva ha, rispetto alla domanda avanzata con il presente ricorso, l'art. 1 della legge n. 265 dell'8 agosto 1991 (con la quale sono state emanate nuove disposizioni in materia di trattamento economico e di quiescenza del personale di magistratura ed equiparato). Anzitutto perche' la norma ribadisce e salvaguarda "la parita' di trattamento retributivo riconosciuta dalle vigenti disposizioni nell'ambito dell'ordine di appartenenza". Orbene non vi e' dubbio che per i magistrati ordinari le vigenti disposizioni prescrivono la parita' di trattamento economico per coloro che rivestono la qualifica di magistrato di tribunale con pari anzianita'. In secondo luogo perche' la norma prevede espressamente l'applicabilita' nei confronti del personale di magistratura dell'allineamento stipendiale di cui all'art. 4 della legge n. 869 del 1982. Inoltre la norma fa salva, proprio ai fini dell'allineamento stipendiale, la valutazione degli elementi retributivi derivanti dal servizio pregresso prestato nelle carriere dirigenziali dell'Amministrazione dello Stato o equiparate. E non vi e' dubbio che il servizio di referendario parlamentare del Senato della Repubblica svolto dal dott. Esposito sia equiparato a quello prestato nelle carriere dirigenziali dello Stato. Del pari irrilevante e' la disposizione dell'art. 1, terzo comma della legge n. 265 dell'8 agosto 1991, secondo cui gli eventuali trattamenti di maggior favore in godimento non sono applicabili per l'accesso a carriere di magistratura mediante concorso di primo grado. Infatti tale disposizione, di carattere innovativo, non incide sulla posizione acquisita dal dott. Esposito e, quindi, sul diritto dei ricorrenti ad ottenere l'allineamento del loro trattamento stipendiale. L'unica disposizione dell'art. 1 della legge n. 265 del 1991 di carattere interpretativo e, quindi, con efficacia retroattiva e' quella di cui al quarto comma: "Per importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza, di cui all'art. 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, deve intendersi l'incremento acquisito per classi ed aumenti periodici derivanti dall progressione economica relativa alla sola anzianita' di servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza". Proprio per questo solo in relazione ad essa il successivo sesto comma prevede il riassorbimento degli eventuali maggiori trattamenti attribuiti, conseguenti ad intepretazioni difformi: "Gli eventuali maggiori trattamenti spettanti o in godimento, conseguenti ad interpretazione difformi da quelle stabilite dal quarto comma, sono conservati ad personam e sono riassorbiti con la norma progressione economica e di carriera o con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza". L'avvocatura generale dello Stato si e' costituita per resistere al ricorso osservando: a) in primo luogo che il trattamento economico del dott. Esposito conservato ad personam al momento dell'accesso nei ruoli della magistratura per evitare una non consentita reformatio in pejus non e' suscettibile di alcuna generalizzazione essendo pacificamente ancorato ad una situazione di carriera pregressa del tutto peculiare; b) in secondo luogo che la legge 8 agosto 1991, n. 265, ha carattere interpretativo e, quindi, essendo retroattiva si applica al caso di specie. L'art. 1, primo e terzo comma, della legge n. 265/1991 esclude che il trattamento spettante ai funzionari del Senato e ad essi conservato al momento di accesso alla magistratura possa essere fonte di allineamento stipendiale: si tratta di un beneficio strettamente personale ne' il funzionario del Senato e' equiparabile al dirigene dello Stato (primo comma); in ogni caso il "c.d. allineamento esterno" e' escluso per l'accesso a carriere di magistratura con concorso di primo grado (terzo comma) ed anche, pertanto, per la magistratura ordinaria; c) in terzo luogo che, anche a non voler considerare la legge n. 265/1991, secondo l'ordinamento previgente l'allineamento stipendiale e' stato riconosciuto solo per riparare alle situazioni di scavalcamento retributivo dovuto al trascinamento della anzianita' pregressa nell'ambito degli appartenenti ad un unico ruolo organico ovvero per le carriere cui si accede con concorso di secondo grado con esclusione invece, i casi in cui la differenza stipendiale sia dovuta a voci del tutto particolari prive dei requisiti di generalita' ed univocita'. La causa discussa all'udienza del 15 luglio 1992 e' stata oggetto di decisione riservata e nuovamente portata in camera di consiglio per lo scioglimento della riserva in data 18 novembre 1992. D I R I T T O 1. - E' utile premettere, preliminarmente, che l'intervento del decreto-legge n. 333 dell'11 luglio 1992, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 162 dell'undici luglio 1992, aveva indotto il collegio a riservare la decisione per valutare gli effetti della abrogazione disposta con l'art. 2, quarto comma di detto decreto-legge, di alcune disposizioni del sistema previdente che riconoscevano il c.d. allineamento stipendiale. Segnatamente della disposizione di base su cui si era articolata una copiosa giurisprudenza - l'art. 4, terzo comma, del d.l. 27 settembre 1982, n. 681, convertito dalla legge 20 novembre 1982, n. 869 - e delle norme che avevano esteso il principio al personale militare, a quello dei Corpi di Polizia ed a quello dell'amministrazione civile dell'interno. Era rimasta, invece, formalmente indenne la legge 8 agosto 1991 n. 265 che aveva disciplinato l'istituto in parola con riguardo al personale di magistratura. Successivamente il decreto-legge suddetto e' stato convertito in legge con legge 8 agosto 1992, n. 359, ed, inoltre, con il decreto- legge n. 784 del 19 settembre 1992 - pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 settembre 1992, n. 221, e convertito dalla legge n. 272 del 18 novembre 1992 - e' stata dettata una norma - art. 7, sesto comma, del citato decreto-legge - secondo cui l'art. 2, quarto comma, del decreto-legge n. 333/1992 "va interpretato nel senso che dalla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge non possono essere piu' adottati provvedimenti di allineamento stipendiale, ancorche' aventi effetti anteriori all'undici luglio 1992". 2. - Appare necessario ora puntualizzare che il collegio al momento della decisione della causa, fissata per il 18 novembre 1992, non poteva prescindere dalla normativa sopravvenuta ed, in particolare, della disposizione dell'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 384/1992 che, come si e' accennato preclude la possibilita' di pronunciare una statuizione che riconosca l'allineamento stipendiale con effetti anteriori all'undici luglio 1992, come appunto sarebbe necessario con riguardo al caso di specie. Cio' si osserva in punto di rilevanza della questione di illegittimita' costituzionale della disposizione ricordata. 3. - Ritiene, in effetti, il collegio non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 384/1992, che viene posta d'ufficio da questo giudice. A) Un primo profilo attiene al possibile contrasto delle norme in questione con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. L'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 381/1992 inibisce al giudice amministrativo la pronuncia anche su questioni gia' sottoposte al suo giudizio ed in cio' puo' ravvisarsi sia la violazione del diritto di difesa (24 della Costituzione), che del principio sancito dall'art. 113 della Costituzione, secondo cui contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale di posizioni soggettive, sia di diritto perfetto che di interesse legittimo. In particolare emerge il contrasto con il secondo comma dell'art. 113 laddove si precisa che la tutela giurisdizionale non puo' essere limitata "per determinate categorie di atti", con il che si intende evitare che il legislatore possa resecare da rapporti giuridici complessi ed articolati aree nelle quali e' esclusa la tutela giurisdizionale. Nel caso in esame un aspetto specifico del trattamento economico dei ricorrenti sul quale verte il presente giudizio, l'accertamento del diritto all'allineamento stipendiale, nei confronti di un collega che e' entrato in magistratura provenendo dal ruolo dei funzionari del Senato della Repubblica disciplinato fino all'entrata in vigore del d.l. n. 333/1992 dalle disposizioni abrogate con l'art. 7, quarto comma, di detto decreto e dalla legge 8 agosto 1991 n. 265 viene sottratto alla pronuncia del giudice con un meccanismo invero inconsueto, di interpretazione autentica di una disposizione abrogativa di alcune disposizioni, il cui contenuto essenziale e' pero' quello di impedire una pronuncia di accoglimento della domanda dei ricorrenti con possibile violazione delle norme costituzionali suindicate. B) Emerge alla stregua di queste prime considerazioni, ed avendo riguardo non gia' alla posizione dei ricorrenti, ma ai poteri del giudice un secondo profilo di illegittimita' costituzionale in termini di contrasto con gli artt. 3, 101 e 102 della Costituzione. Il giudice viene privato del potere di pronunciare, sia in positivo che in negativo, sulla domanda dei ricorrenti e gli e' inibito di tener conto della legislazione vigente al momento di presentazione del ricorso ed al momento in cui si sono verificati i presupposti sui quali la domanda si fonda (ingresso in magistratura del dott. Esposito e riconoscimento a quest'ultimo ad personam del trattamento goduto quale referendario del Senato della Repubblica). L'indipendenza, l'autonomia e la pienezza della giurisdizione amminitrativa possono essere incise da prescrizioni specifiche del legislatore dirette non gia' a disciplinare ex novo o anche con effetto retroattivo determinate situazioni o rapporti ma aventi, invece, la funzione di elidere indirizzi giurisprudenziali manifestatisi in ambiti specifici della propria competenza giurisdizionale. C) Altro aspetto che si impone all'attenzione del collegio e' quello della incisione nei confronti dei ricorrenti di posizione di "diritto quesito" con riguardo alle quali (anche se e' ben noto l'indirizzo del giudice delle leggi sulla configurabilita' di leggi retroattive, sicche' per tale aspetto la norma in esame non si presterebbe a censure di illegittimita' costituzionale), che potrebbe rivolgersi, come nel caso in una discriminazione imposta con forma retroattiva. Questo profilo puo' determinare il contrasto con gli artt. 3 e 73 della Costituzione. D) Si osserva ancora che puo' ravvisarsi un eccesso di potere legislativo - nel che si concreterebbe una violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione - nella disposizione qui considerata, se si ha riguardo alla assoluta mancanza di contenuto interpretativo della norma in esame. Con la stessa norma si dispone tout count che provvedimenti di allineamento stipendiale non potranno piu' essere resi, anche se riferiti a periodi anteriori alla norma di abrogazione delle disposizioni su cui erano fondati prima dell'undici luglio 1992, senza che sia possibile evincere in alcun modo quale sia la logica che ha condotto alla diversa interpretazione di norme contestualmente abrogate. Non si puo', infatti, trascurare la circostanza che il carattere interpretativo dell'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 384/1992 ne fa retroagire gli effetti all'undici luglio 1992 non a data ancora anteriore. E) Ritiene il collegio, peraltro, che il contenuto sostanziale della disciplina dettata con l'art. 2, quarto comma, del d.l. n. 333/1992 - unitamente alla ricordata norma di interpretazione autentica non sia indenne da dubbi e perplessita' di legittimita' costituzionale. Possono essere incisi, infatti, il principio della unicita' della giurisdizione - sia pure con salvezza degli aspetti peculiari delle giurisdizioni speciali - e della necessita' di uniformita' di trattamento dei magistrati, a parita' e corrispondenza di funzioni nella singola magistratura o, anche, in diverse magistrature. Tale principio e' stato sostenuto nel tempo sia dai giudici amministrativi che contabili ed ha trovato riconoscimento in piu' di una pronuncia significativa della Corte costituzionale, con l'ulteriore conseguenza che il trattamento economico dei magistrati - che e' una delle condizioni di fatto idonee a garantirne la indipendenza ed autonomia - non puo' essere diversificato, nella sussistenza di eguali o corrispondenti condizioni di esercizio della funzione, senza ragioni valide ed effettive che trovino riscontro e giustificazione essenzialmente nell'esercizio della funzione giurisdizionale stessa. Cio' in linea con gli artt. 3, 36 e 97 e 101 della Costituzione. Il mantenimento di meccanismi di riconoscimento delle anzianita' variegati e suscettibili di determinare - attraverso il "c.d. trascinamento" della anzianita' pregressa - forti o sensibili differenze di retribuzione all'interno della singola magistratura ed, inoltre, il riconoscimento ad personam di trattamenti economici in godimento prima dell'accesso alla magistratura ordinaria (oggi escluso dall'art. 1, terzo comma, della legge n. 265/1991 con disposizione chiaramente innovativa e non applicabile ai ricorrenti), induce il collegio a ritenere che si muti cosi' l'assetto istituzionale dato in precedenza a queste materie con principi affermati dalla Corte costituzionale e richiede una verifica di conformita' ai principi e norme costituzionali soprarichiamati. Questo profilo di illegittimita' costituzionale coinvolge anche l'art. 2 quarto comma, del d.l. n. 333/1992.
P. Q. M. Sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 384 del 19 settembre 1992, convertito dalla legge n. 272 del 18 novembre 1992 e dell'art. 2, quarto comma, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 192, n. 359, per violazione degli artt. 3, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione nei sensi di cui in motivazione; Spese al definitivo; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma il 15 luglio ed il 18 novembre 1992. Il presidente: SCHINAIA Il consigliere: ZACCARDI Il consigliere: RESTAINO 93C0706