N. 366 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 1993

                                N. 366
   Ordinanza emessa il 30 gennaio 1993 dal pretore di Asti nel
  procedimento penale a carico di Borello Armando
 Regione Piemonte - Inquinamento - Spandimento su terreno di liquami
    provenienti  da  imprese  agricole  (nella   specie:   allevamento
    suinicolo)   -   Qualificazione,  con  legge  regionale,  di  tale
    "spandimento"  come  "smaltimento  di   rifiuti"   -   Conseguente
    estensione  di  sanzioni  penali ad una fattispecie non penalmente
    sanzionata dalla normativa statale - Indebita  interferenza  della
    regione  in materia penale di esclusiva competenza del legislatore
    statale.
 (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, art. 1, punto 5).
 (Cost., artt. 25 e 117).
(GU n.29 del 14-7-1993 )
                              IL PRETORE
    Nel procedimento penale n.  673/92  p.d.  contro  Borello  Armando
 imputato  del  reato  di cui all'art. 21, primo comma, della legge n.
 319/1976;
    Ritenuto che il pubblico ministero ha sollevato  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1, punto 5, della legge regione
 Piemonte 26 marzo 1990, n. 13;
                             O S S E R V A
    Come  si  era  anticipato, la legge regione Piemonte n. 13/1990 si
 occupa dello spandimento dei liquami anche nell'art. 1, punto 5,  che
 cosi' recita: "Lo spandimento su terreno: l'operazione di smaltimento
 ai  fini  agricoli  dei  reflui  provenienti da insediamenti civili o
 produttivi. Tale smaltimento inteso  come  fase  di  trattamento  dei
 reflui  rientra  nell'ambito  di applicazione del d.P.R. 10 settembre
 1982, n. 915".
    A questa stregua,  si  deve  contestare  -  come  e'  stato  fatto
 all'odierno  dibattimento  -  al  Borello  l'ipotesi criminosa di cui
 all'art. 25 del d.P.R. n. 915/1982 perche' effettuava lo  smaltimento
 su  terreno,  sotto forma di trattamento, dei liquami provenienti dal
 proprio allevamento suinicolo.
    Senonche' questo p.m. reputa illegittima la disposizione regionale
 ora indicata e propone la relativa eccezione di incostituzionalita'.
    Va infatti osservato che e' del tutto  errata  la  qualificazione,
 sub  specie di smaltimento dei rifiuti, dello spandimento sul terreno
 a fini agricoli del liquami animali: in primo luogo perche' in questa
 ipotesi,  nonostante  cio'  che  si  legge  nella   norma   regionale
 impugnata, non si ha nessuna forma di trattamento dei rifiuti secondo
 quella  che  e'  la  nozione di esso datane dall'art. 1 del d.P.R. n.
 915/1982. In secondo luogo, esclusa la ricorrenza della fase del  cd.
 trattamento,  non  si  ravvisa  nel  fatto concreto alcuna altra fase
 dello   smaltimento   dei   rifiuti   che   richieda   il    rilascio
 dell'autorizzazione:  basti  vedere  al  riguardo che tanto l'art. 6,
 lett.  d), quanto l'art. 25, primo comma, stabiliscono questo obbligo
 quando lo smaltimento riguardi i rifiuti di qualsiasi  tipo  prodotti
 da  terzi;  l'obbligo  dell'autorizzazione  e'  stabilito anche per i
 rifiuti  propri,  ma  di  tipo  speciale  e  solo  quando  si  tratta
 dell'installazione  di  un  impianto  di  innocuizzazione  o  di  una
 discarica.
    E' agevole concludere che nessuna di queste  ipotesi  si  attaglia
 alla fattispecie perche' il Borello smaltisce i propri rifiuti (e non
 quelli  di  terzi) e non ha ne' installato ne' gestito un impianto di
 innocuizzazione o una discarica.
    Alla luce di quanto osservato si puo' concludere  che  la  regione
 Piemonte,  dettando  la  disposizione  di cui all'art. 1, punto 5, ha
 invaso  la  competenza  statale  in  tema  di  potesta'  punitiva  in
 contrasto  con gli artt. 25 e 117 della Costituzione. E' insegnamento
 ribadito piu' volte dalla Corte costituzionale (v. ad es. sentenza n.
 309 del 14-22 giugno  1990  relativa  ad  altra  legge  della  stessa
 regione  Piemonte)  quello  secondo  cui  "  ..  La  fonte del potere
 punitivo risiede solo nella legislazione statale  e  le  regioni  non
 hanno  il  potere di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi
 le pene previste in una data materia; non possono  cioe'  interferire
 negativamente  con  il sistema penale statale considerando penalmente
 lecita   un'attivita'   che,   invece,   e'   penalmente   sanzionata
 nell'ordinamento nazionale".
    Nella  specie  la  regione  ha  violato  gli  artt. 25 e 117 della
 Costituzione sia perche' ha esteso le sanzioni penali del decreto  n.
 915  a  una fattispecie non prevista dalla legge statale sia perche',
 cosi' operando, ha anche modificato  il  regime  penale  della  legge
 statale n. 319 che gia' prevedeva il medesimo fatto.
    La  questione  proposta  e'  rilevante  perche' all'imputato si e'
 contestata la violazione prevista dall'art. 25 del d.P.R.    n.  915.
 D'altra  parte, non e' possibile sottrarsi all'obbligo di qualificare
 lo spandimento  di  liquami  come  reato  previsto  dalla  legge  sui
 rifiuti,   in   quanto   anche   il   giudice   penale  e'  vincolato
 all'applicazione della legge regionale,  ancorche'  illegittima.  Sul
 punto, va citato un recente caso giudiziario.
    Cassazione   14   novembre   1989',  Predieri  aveva  direttamente
 disapplicato alcune leggi regionali (Emilia Romagna nn. 7/83, 13/84 e
 42/86) che prevedono una sanzione amministrativa pecuniaria  per  gli
 inquinamenti  prodotti  da imprese agricole, definite arbitrariamente
 insediamenti civili; la regione  interessata  promosse  conflitto  di
 attribuzioni  ritenendo  che la Cassazione non poteva disapplicare la
 legge, come si fosse trattato di un regolamento,  ma  avrebbe  dovuto
 sollevare  la questione di costituzionalita'. La Corte costituzionale
 con sentenza 14 giugno 1990, n. 285, ha dato ragione alla  regione  e
 ha annullato la sentenza della Cassazione.
    Da  cio' deriva che si commetterebbe lo stesso errore se in questa
 sede, anche  solo  in  via  interpretativa,  si  facesse  a  meno  di
 applicare la legge regionale n. 13/1990 pretermettendola direttamente
 alla  legge n. 319/1976 che piu' correttamente dovrebbe sanzionare il
 comportamento tenuto dal prevenuto.
    Per questi  motivi  si  chiede  che  il  pretore  di  Asti  voglia
 sollevare  la  questione  di  costituzionalita' dell'art. 1, punto 5,
 della legge regione Piemonte 26 marzo 1990,  n.  13,  per  violazione
 degli artt. 25 e 117 della Costituzione.
    Ritenuto   che  in  effetti  la  questione  sollevata  non  appare
 manifestamente infondata, per tutte le ragioni esposte dal p.m.,  che
 qui  si richiamano integralmente, e che la questione appare rilevante
 in  giudizio,  dovendosi  stabilire  se   nella   fattispecie   debba
 applicarsi  una norma di legge regionale che fa richiamo ad una legge
 statale in materia di rifiuti (d.P.R. n. 915/1992  -  anche  ai  fini
 sanzionatori penali - in fattispecie, quale quella in esame, che pare
 invece  dover rientrare ad ogni effetto nell'ambito delle previsioni,
 anche sanzionatorie, dell'art. 21 del c.d. legge Merli (n. 319/1976),
 come contestato.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 25 e 117 della Costituzione,  23  della  legge  11
 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara    non   manifestamente   infondata   la   questione   di
 illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  punto  5,  della  legge
 regione  Piemonte  26  marzo  1990, n. 13, per contrasto con i citati
 artt. 25 e 177 della Costituzione;
    Dispone la sospensione del giudizio;
    Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Asti, addi' 30 gennaio 1993
                    Il pretore: (firma illeggibile)

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