N. 368 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 marzo 1993

                                N. 368
  Ordinanza emessa il 18 marzo 1993 dal pretore di Torino
  nel procedimento penale a carico di Molino Tommaso
 Regione Piemonte - Inquinamento - Scarichi da insediamenti civili -
    Previsione con legge regionale, di limiti di accettabilita' (degli
    scarichi)  diversi  e  piu'  permissivi  di quelli stabiliti dalla
    normativa  statale  -  Conseguente  esclusione  dall'ambito  delle
    fattispecie  penalmente  rilevanti  per  la  normativa  statale  -
    Mancato adeguamento della normativa di attuazione  regionale  alle
    prescrizioni legislative statali - Travalicamento della competenza
    regionale  -  Violazione della riserva di legge statale in materia
    penale.
 (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, artt. 14, secondo
    comma, lett. b), e 17, lett. b)).
 (Cost., artt. 3, 25 e 117).
(GU n.29 del 14-7-1993 )
                              IL PRETORE
    Viste le istanze del pubblico ministero e della difesa;
    Considerato che  e'  stata  sollevata  questione  di  legittimita'
 costituzionale  del disposto degli artt. 14, secondo comma, lett. b),
 e 17, lett. b), della legge della regione Piemonte 26 marzo  1990  n.
 13  per violazione degli artt. 117 e 25 della costituzione, in quanto
 sottraggono alla sanzione penale ex art. 21, terzo comma, della legge
 319/1976 uno scarico da insediamento civile e assimilabile ai civili,
 in pozzo perdente e nel suolo, eccedente i limiti  di  accettabilita'
 di cui alla tabella A annessa alla citata legge n. 319/76;
    Rilevato  che  il  risultato  delle  analisi  effettuate  nei  due
 campioni di  acque  reflue  prelevate  presso  lo  scarico  terminale
 dell'insediamento  O.TO.CAR  S.r.l.,  sito  in Grugliasco, via Unita'
 d'Italia (di cui e' responsabile l'odierno imputato  Molino  Tommaso,
 scarico  relativo ai soli servizi igienici dell'insediamento e dunque
 assimilabile agli scarichi civili in  base  all'art.  1-quater  della
 legge  690/76  (come ribadito con sentenza della Corte di cassazione,
 sezione  unite,  n.  10/1987)  ha   evidenziato,   come   emerso   in
 dibattimento,  un  effettivo  superamento dei limiti massimi previsti
 dalla tabella A della legge 10 maggio 1976 n.  319  relativamente  ai
 parametri di azoto ammoniacale, azoto nitroso e fosforo totale;
    Osservato  che, nel capo imputazione, viene contestato altresi' il
 superamento dei diversi e  piu'  permissivi  limiti  stabiliti  dalla
 regione  Piemonte con la legge 26 marzo 1990 n. 13 all'all. 3, ma che
 tale violazione, a prescindere dalla considerazione per cui essa  non
 puo' rientrare nella sanzione penale dell'art. 21, terzo comma, della
 legge  319/1976  per  la  evidente e chiara formulazione letterale di
 quest'ultima   norma,    non    e'    ravvisabile    nei    confronti
 dell'insediamento in oggetto in quanto detto insediamento, per le sue
 caratteristiche,  coincide  con  la  definizione  data dalla suddetta
 legge regionale Piemonte 13/1990 proprio alla lett.  b)  del  secondo
 comma   dell'art.   14   e  conseguentemente  trova  regolamentazione
 unicamente nel disposto della lettera b) dell'art. 17 della medesima,
 non trovando  pertanto  nei  suoi  confronti  applicazione  i  limiti
 portati dall'all. 3 (erroneamente contestato);
    Considerato  poi  che  l'insediamento  O.TO.CAR e' da considerarsi
 "esistente" ai sensi del disposto dell'art.  15  legge  319/1976,  in
 quanto  sicuramente  in  essere anteriormente alla data di entrata in
 vigore della legge medesima come provato dalle date delle domande  di
 autorizzazione    allo    scarico    presentate    dai   responsabili
 dell'insediamento  (e'  stata  prodotta  in  dibattimento  copia   di
 autorizzazione  datata  12  ottobre  1970  che, seppur rilasciata per
 altri fini, dimostra la preesistenza della S.r.l. O.TO.CAR alla legge
 n. 319/1976;
    Considerato, infine, che lo scarico in esame, come  provato  dalle
 risultanze  dibattimentali (teste Marchio) ha una portata giornaliera
 non  superiore   ai   25   metri   cubi,   rientrando   cosi'   nella
 regolamentazione  dettata  dall'art.  17 lett. b) della legge regione
 Piemonte n. 13/1990.
                             O S S E R V A
    La questione appare rilevante e non manifestamente infondata.
    La legge 10 maggio 1976, n. 319 (con le  successive  modifiche  ed
 integrazioni)  ha  introdotto  nel  nostro ordinamento una disciplina
 unitaria e generale  degli  scarichi,  disciplina  evidenziata  dagli
 artt. 1, 2, 9 primo e ultimo comma e 21 della legge medesima, secondo
 un  disegno  organico  ed unitario, dettagliatamente tratteggiato, da
 ultimo, nella recente sentenza della Corte di cassazione,  a  sezioni
 unite,  del  12 febbraio 1993, (imp. Tognetti) e, prima ancora, nella
 nota sentenza della suprema Corte, sempre a  sezioni  unite,  del  31
 maggio 1991 (imp. Valiante).
    Detta disciplina appare cosi' sintetizzabile:
      tutti  gli  scarichi devono essere autorizzati (sia derivanti da
 insediamento produttivo che civile) ad eccezione di quelli "civili (o
 assimilabili)" che recapitano in  pubblica  fognatura  e  di  quelli,
 civili  (ed  assimilabili),  gia'  esistenti  alla data di entrata in
 vigore della legge n. 319/1976  non  recapitanti  in  fognatura  (per
 questi  ultimi  era  imposto  il  solo  obbligo di denunciare la loro
 posizione);
      tutti  gli  scarichi, sia da insediamento civile che produttivo,
 che  non  recapitano  in  pubblica  fognatura  (per   questi   ultimi
 provvedeva  diversamente  l'art.  14 primo comma) debbono osservare i
 limiti di cui alle tabelle annesse alla citata legge n. 319,  quindi,
 nel caso di specie, i limiti di cui alla tabella A);
    Per  gli  scarichi  "civili"  (visti  evidentemente con favore dal
 legislatore  del  1976)  era  solamente   previsto   un   adeguamento
 differenziato  e  graduale  alla  disciplina  di  fondo, in base alle
 esigenze locali, dei limiti tabellari, lasciando cosi'  alle  regioni
 il  potere-dovere  di  individuare  i  tempi  e  le modalita' di tale
 adeguamento;
    Infatti, in base al disposto dell'art.  14,  la  disciplina  degli
 scarichi  delle  pubbliche  fognature e degli insediamenti civili che
 non recapitano in pubblica fognatura  deveva  essere  definita  dalle
 regioni,  appunto,  con i rispettivi piani di risanamento delle acque
 di cui all'art. 4, tenendo conto (nel definire tale disciplina) delle
 direttive del comitato interministeriale  di  cui  all'art.  3  della
 legge  (ora  attribuite alla competenza del Ministero per l'ambiente)
 nonche' dei limiti di accettabilita' fissati dalle  tabelle  allegate
 alla  legge  medesima  e  delle  situazioni  locali in funzione degli
 obiettivi degli stessi piani di risanamento.
    Dunque, una volta che le regioni abbiano assolto al  loro  compito
 di  definire  la  disciplina relativa agli scarichi civili ed abbiano
 cosi' realizzato la condizione prevista dal legislatore per la  piena
 operativita'  di  tutte  le  prescrizioni  statali,  anche per questi
 scarichi si e' positivamente verificata l'applicabilita' del  sistema
 punitivo generale di cui all'art. 21 legge n. 319/1976 (pacificamente
 essendo  ormai  ritenuto  dalla  giurisprudenza  che  il reato di cui
 all'art. 21, sia ai primi due commi che al terzo, non  sia  un  reato
 proprio  dei soli titolari di scarichi da insediamento produttivo, in
 quanto si tratta di norma generale destinata a  "chiunque"  ponga  in
 essere uno scarico.
    In   sostanza,  il  legislatore  statale  ha  voluto  dettare  una
 disciplina generale degli  scarichi  estesa  a  tutto  il  territorio
 nazionale  ed  a  qualsiasi tipo di scarico, disciplina fondata da un
 lato sull'obbligo di  autorizzazione  per  ogni  scarico  (eccettuati
 quelli  da  insediamento  civile  in  pubblica  fognatura  e quelli -
 preesistenti al maggio 1976 - da insediamento civile non recapitabili
 in pubblica fognatura,  dall'altro  sull'osservanza,  per  tutti  gli
 scarichi  (fatta  eccezzione per i soli scarichi civili in fognatura)
 dei limiti di accettabilita' di cui alle tabelle A e C  annesse  alla
 legge n. 319/1976.
    Ha   poi  previsto,  con  l'art.  14,  un  intervento  legislativo
 regionale per dettare  la  disciplina  di  dettaglio  degli  scarichi
 civili  e delle pubbliche fognature, ma questa potesta' lasciata alle
 regioni  e'  una  postesta'  legislativa  di   mera   attuazione   ed
 integrazione della legislazione statale, non rientrando la tutela dei
 corpi  ricettori  e  delle acque superficiali tra le materie elencate
 nell'art. 117, primo comma, della Costituzione e oggetto di  potesta'
 legislativa "concorrente" o "ripartita" delle regioni.
    La   legislazione   regionale   in   questa  materia  deve  dunque
 informarsi, e non puo' da essi derogare, ai principi generali dettati
 dalla   legislazione   statale,   in   particolare   all'obbligo   di
 autorizzazione  per gli scarichi ed all'obbligo del rispetto da parte
 dei  medesimi  (con  le  eccezioni  dinanzi  elencate)  dai parametri
 tabellari di cui alle tabelle A e C annesse alla legge n. 319/1976.
    Che questa sia  l'unica  e  corretta  interpretazione  dell'intera
 normativa  statale  e'  stato  da  ultimo,  ribadito  con  precisione
 motivazionale proprio dalla citata sentenza della Corte di cassazione
 a sezioni unite del 12 febbraio 1993 (imp. Tognetti), interpretazione
 "corrente con l'intero dettato legislativo sistematico (artt. 1, 9  e
 21  della  legge) sia con il principio di riserva di legge statale in
 materia penale, con riguardo  al  postulato  enunciato  dall'art.  25
 secondo  comma della Carta costituzionale, il quale esige, anche, che
 sia di fatto realizzata l'uguaglianza di tutti i cittadini in tema di
 trattamento  sanzionatorio  (comprensivo  della  formulazione   della
 fattispecie)  dovendosi  escludere  che  un  dato comportamento possa
 essere reato in un luogo del territorio della Repubblica e non in  un
 altro,  ovvero  possa essere punito in modo diverso da posto a posto,
 che, in caso  contrario,  osserva  questo  Giudice,  sarebbe  violato
 altresi il generale principio di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Ma  se  e'  cosi',  le regioni, al momento di emanare la normativa
 integrativa per gli  scarichi  civili  (e  quindi  di  realizzare  la
 condizione  voluta  dal  legislatore per la definitiva applicabilita'
 anche a questi scarichi della disciplina  generale  statale,  essendo
 questa,  come detto, l'unica deroga dal legislatore stesso consentita
 e l'unica differenziazione tra scarichi civili e scarichi produttivi,
 dettata proprio dalla necessita' di permettere interventi  settoriali
 piu'  aderenti  alle  singole realta' territoriali) non potranno, ne'
 direttamente ne' indirettamente (con l'emanazione di norme in  aperto
 contrasto con la suddetta legislazione statale) derogare a quella che
 e'  la  disciplina  penale prevista dalla legge statale anche per gli
 scarichi civili che non recapitano in fognatura.
    Orbene, la regione Piemonte non si e' uniformata a  tali  principi
 ed  ha emanato norme, con la legge n. 13/1990 citata, che contrastano
 con quelle di cui  alla  legge  n.  319/1976  e  che  escludono,  per
 determinati soggetti, l'applicabilita' delle sanzioni di cui all'art.
 21 della legge n. 319 medesima.
    Essa,  infatti,  con il disposto degli artt. 14, lett. b), secondo
 comma, e 17,  lett.  b),  ha  escluso,  per  gli  scarichi  civili  e
 assimilati  recapitanti  sul suolo o nel sottosuolo e che abbiano una
 portata   volumetrica   non   superiore   ai   25   mc   giornalieri,
 l'assoggettamento  a  qualunque  limite di accettabilita' di cui alla
 tabella A della legge "Merli", prevedendo, a  contrariis,  unicamente
 per  detti scarichi la necessita' di essere sottoposti, entro un anno
 dall'entrata  in  vigore  della  legge  medesima,   ai   sistemi   di
 trattamento  realizzati  secondo  le  prescrizioni  previste, per gli
 insediamenti civili di analoga consistenza, dall'allegato n. 5  della
 delibera del Comitato dei Ministri del 4 febbraio 1977.
    Nessuna   altra  interpretazione,  infatti,  puo'  attribuirsi  al
 dettato legislativo del citato art. 17 della legge  regione  Piemonte
 n.  13/1990 che intende disciplinare, sul territorio regionale, tutti
 gli scarichi di cui alla classe A (art. 14: appartengono alla  classe
 A,  tra  gli  altri, gli scarichi da "insediamenti in cui si svolgono
 con carattere di stabilita' e permanenza  di  produzione  di  beni  e
 prestazione   di   servizi   i   cui  scarichi  terminali  provengano
 eslusivamente da servizi igienici, cucine e mense o che diano origine
 esclusivamente a scarichi terminali assimilabili a quelli provenienti
 da  insediamenti  abitativi")  e  che  prevede,  nel caso "di scarico
 puntuale su suolo o nel sottosuolo, limitatamente  agli  insediamenti
 caratterizzati  da uno scarico inferiore o uguale a venticinque metri
 cubi al giorno o aventi una consistenza inferiore a 50 vani  e  5.000
 metri  cubi o una capienza inferiore a 100 posti letto o addetti", la
 sottoposizione dei medesimi "entro un  anno  dall'entrata  in  vigore
 della  presente legge ai sistemi di trattamento realizzati secondo le
 prescrizioni  previste,  per  gli  insediamenti  civili  di   analoga
 consistenza, dall'allegato 5 della delibera del comitato dei Ministri
 del   4  febbraio  1977,  nonche'  secondo  le  prescrizioni  emanate
 dall'autorita' competente al controllo" nessun altro obbligo  essendo
 dunque  imposto  ai  predetti  scarichi  (in  violazione dunque anche
 dell'art. 14 della legge n. 319/1976 che impone alla regione di tener
 conto, nel disciplinare gli scarichi, dei limiti tabellari).
    La regione Piemonte, dunque, con  i  suddetti  artt.  14,  secondo
 comma, lett. b), e 17, lett. b), si pone in contrasto con l'art. 117,
 secondo comma, e con l'art. 25, nonche' conseguentemente con l'art. 3
 della   Carta   costituzionale,   in   quanto  esprime  una  potesta'
 legislativa che non le compete, proprio perche' modifica  i  principi
 fondamentali   della  legislazione  statale,  con  rilevanza  penale,
 incidendo cosi' nella sfera sanzionatoria penale riservata allo Stato
 e violando, oltre ai limiti ad essa regione imposti dal  citato  art.
 117,  secondo comma, anche il principio di uguaglianza, poiche' dalla
 suddetta  normativa  consegue  di   fatto   una   disciplina   penale
 differenziata  per  gli  scarichi  civili  recapitanti  nel  suolo  o
 sottosuolo situati nel territorio della regione Piemonte  rispetto  a
 quelli situati nel restante territorio dello Stato.
    Sotto quest'ultimo profilo si osserva che l'art. 22 della legge n.
 13/1990 della regione Piemonte richiama, in punto sanzione, gli artt.
 21, 22, 23, 24 e 25 della legge n. 319/1976.
    Sul  punto  pare  sufficiente richiamare quanto gia' osservato dal
 pretore di Chieri che, con ordinanza emessa in  procedimento  analogo
 al  presente  affermava  che  "si  tratta  di  richiamo  per un verso
 pleonastico, se riferito  a  fattispecie  identicamente  disciplinate
 delle  leggi statale e regionale, per altro verso integrante comunque
 illegittima  ingerenza  della  legislazione  regionale  nella   sfera
 riservata    alla    potesta'   punitiva   dello   Stato,   ingerenza
 estrinsecabile vuoli con la sottrazione, totale o parziale, di talune
 fattispecie al rigore della sanzione penale in  virtu'  dei  precetti
 piu'  tolleranti  della  legge regionale, vuoi con l'assogettamento a
 sanzione  penale  di  fattispecie  non   sanzionate   (o   sanzionate
 diversamente) dalla legge statale, vuoi infine con la mera previsione
 di sanzioni penali".
   La  questione  appare dunque, oltre che fondata, altresi' rilevante
 in quanto il dibattimento ha dimostrato la violazione dei  limiti  di
 cui  alla  tabella  A  annessa alla legge n. 319/1976 per i valori di
 azoto  ammoniacale,  azoto  nitroso  e  fosforo  totale,  come   tale
 sanzionata  ex  art.  21,  terzo  comma,  della stessa legge, ma alla
 applicazione  di  una  tale  sanzione,  conseguente   ad   una   tale
 qualificazione  del fatto, osta, per l'appunto, il tenore della legge
 regionale della regione Piemonte n. 13/1990 negli artt.  14,  secondo
 comma,  lett. b), e 17, lett. b), che permettono uno scarico del tipo
 di quello posto in essere dal Molino Tommasso  indipendentemente  dal
 rispetto dei suddetti limiti tabellari.
    Evidente  appare,  infatti,  la  impossibilita' di interpretare il
 disposto del citato art. 17, lett. b), della legge n.  13/1990  della
 regione  Piemonte nel senso che restino comunque salve, anche per gli
 scarichi civili, le  norme  generali  della  legge  n.  319/1976  che
 impongono  il  rispetto, comunque, dei limiti di cui alla tabella A e
 cio' proprio per la lettura complessiva della citata legge  regionale
 n.  13/1990  nonche'  per  la lettura, nel suo complesso, dell'intero
 art. 17 che detta la  disciplina  cui  devono  sottostare  tutti  gli
 scarichi  indicati  dal  precedente  art.  14  come appartenenti alla
 classe " A" (tra cui quello gestito dal Molino); infatti  l'art.  17,
 nelle  due  diverse ipotesi elencate nella lett. a) e nella lett. b),
 permette, anche per scarichi aventi maggiori potenzialita' inquinante
 (quali appunto quelli di cui alla lett. a) il superamento dei  limiti
 di  cui  alla  tabella  A  della  legge  "Merli" prevedendo che detti
 scarichi  siano  soggetti  solamente  ai  limiti  di   accettabilita'
 indicati  vuoi  nell'allegato  1  (se di volume inferiore ai 150 mc.)
 vuoi nella tabella  2-IV  dell'allegato  2  della  legge  n.  13/1990
 medesima,  limiti  tutti  assai  piu'  permissivi di quelli contenuti
 nella piu' volte citata tabella A della legge n. 319/1/976.
    Appare allora evidente che le disposizioni contenute  nella  lett.
 b)  del  medesimo  art.  17  rappresentano,  a  loro volta, le uniche
 disposizioni  alle  quali  devono,  secondo  la   regione   Piemonte,
 sottostare  gli  scarichi  civili  sul  suolo  o  nel  sottosuolo che
 rientrino nei limiti volumetrici giornalieri ivi indicati.
    Ne', infine, la legge regionale puo' essere  disapplicata,  stante
 la  specifica  pronuncia  di codesta ecc.ma Corte come da sentenza n.
 285/1990, come, parimenti, alcun valore puo' avere la  considerazione
 della  possibilita'  di  una  pronuncia  che  escluda  la sussistenza
 dell'elemento soggettivo del reato, poiche' detta  pronuncia  postula
 comunque l'astratta configurabilita' dell'illecito in esame.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 14, secondo comma, lett. b),
 e 17, lett. b), della legge della regione Piemonte 26 marzo 1990,  n.
 13, per violazione degli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  venga
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e al presidente
 della giunta regionale del Piemonte e comunicata ai Presidenti  delle
 due  Camere  del  Parlamento ed al presidente del consiglio regionale
 del Piemonte.
      Torino addi', 18 marzo 1993
                    Il pretore: (firma illeggibile)

 93C0740