N. 388 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 luglio 1992- 22 giugno 1993
N. 388 Ordinanza emessa il 10 luglio 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 giugno 1993) dalla Corte di cassazione, sezione terza civile, sul ricorso proposto da Savone Ornella in Ferri contro il comune di Desenzano del Garda Esecuzione forzata - Riscossione di entrate patrimoniali dello Stato - Pignoramento su beni mobili - Disciplina speciale - Rimessione di copia di tale atto al sindaco del luogo in cui e' stato compiuto, quando detta copia non possa essere consegnata al debitore o a un suo rappresentante e lo stesso non abbia domicilio in quel comune - Lamentata omessa previsione della notifica dell'atto di pignoramento - Irrazionalita' - Lesione del diritto di difesa. (R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 6, quarto comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.29 del 14-7-1993 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Savone Ornella in Ferri residente in Riva del Garda, via Montanara 2, elettivamente domiciliata in Roma, via Cassiodoro, 19, c/o lo studio dell'avv. Arturo Alfieri che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Pietro Bonardi e Giuseppe Porqueddu per mandato a margine del ricorso, ricorrente, contro il comune di Desenzano del Garda, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Collina, 36, c/o lo studio dell'avv. Gaetano Jacono che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Angelo Rampinelli per mandato a margine del controricorso, controricorrente; Visto il ricorso avverso la sentenza n. L121/90 del pretore di Brescia, sezione distaccata di Lonato, del 29 novembre 1990 (r.g. L134/89); Udito il consigliere relatore dott. Paolo Vittoria nella pubblica udienza del 10 luglio 1992; E' comparso l'avv. A. Alfieri difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; E' comparso l'avv. G. Jacono difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso; Sentito il p.m., in persona del sost. proc. gen. dott. Aloisi che ha concluso per il rigetto del ricorso; RITENUTO DI FATTO 1. - Ornella Savone proponeva opposizione agli atti esecutivi in relazione alla espropriazione forzata mobiliare per la riscossione di entrate patrimoniali, intrapresa in suo confronto dal comune di Desenzano del Garda. Con ricorso alla sezione distaccata di Lonato della pretura circondariale di Brescia, Ornella Savone esponeva che il 31 marzo 1989 il comune aveva chiesto la notifica in suo confronto dell'atto di precetto, indirizzandolo a Riva del Garda, via Montenova, 2, luogo dove lei notoriamente dimorava ed operava. Il comune aveva poi iniziato l'esecuzione, non nelle forme previste dal codice di procedura civile, ma in quelle stabilite, per la riscossione delle entrate patrimoniali, dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639, senza peraltro rispettarle puntualmente. La ricorrente deduceva, tra l'altro, che nell'eseguire il pignoramento non erano state rispettate le forme prevedute dagli artt. 6 e 7 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639. 2. - Il comune di Desenzano del Garda si costituiva in giudizio e chiedeva che l'opposizione fosse rigettata. Il comune osservava che la debitrice non aveva domicilio nel comune in cui era stato eseguito il pignoramento e che percio', a norma dell'art. 6, ultimo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 936, l'atto di pignoramento - di cui la ricorrente assumeva di non aver avuto notizia - era stato rimesso per suo conto al sindaco. 3. - Il pretore riteneva, tra l'altro, che: l'atto di pignoramento non era nullo per il fatto di non essere stato redatto in presenza di due testimoni e di non contenere l'intimazione al debitore di pagare nei dieci giorni successivi pena la vendita (secondo quanto, invece, stabilito nell'art. 6, primo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639). Cio' perche' ambedue le prescrizioni non erano espressamente sanzionate da nullita': l'inosservanza della prima non poteva dirsi dar luogo a mancanza di un requisito indispensabile, quella della seconda era da ritenere supplita dal precetto e dalla intimazione in esso contenuta; la ricorrente non aveva depositato la copia dell'atto di pignoramento e dunque non era provato che non fossero state osservate le prescrizioni circa la nomina dello stimatore (cui il sindaco provvede, a norma dell'art. 7, primo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, scrivendo la nomina in calce ad una copia dell'atto di pignoramento, che l'ufficiale giudiziario gli trasmeette. 4. - Ornella Savone ha proposto ricorso per cassazione deducendo un motivo articolato in tre censure. La ricorrente ha sostenuto che l'atto di pignoramento era nullo perche' non redatto alla presenza di due testimoni; che non le era stata rivolta la intimazione a pagare entro il termine di dieci giorni dal pignoramento pena la vendita; che il prezzo d'asta era stato stabilito senza che si fosse previamente proceduto alla nomina di uno stimatore. Il comune di Desenzano del Garda ha resistito con controricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - Il giudizio davanti a questa Corte non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale della norma contenuta nell'ultimo comma dell'art. 6 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, la' dove esso dispone che se la copia dell'atto di pignoramento non puo' essere consegnata al debitore o a persona che lo rappresenta, mentre, ove il debitore abbia domicilio nel comune in cui il pignoramento e' stato eseguito, la copia gli e' rimessa, quando egli ha domicilio altrove "la copia si rimette, per conto del debitore, al sindaco". La norma appare in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. 2. - Le ragioni per cui il giudizio non puo' essere definito se non applicando la norma richiamata sono le seguenti. La ricorrente ha proposto opposizione agli atti esecutivi sollevando tre questioni attinenti al rispetto di norme che disciplinano la esecuzione sui mobili per la riscossione coattiva di entrate patrimoniali (artt. 5 e 15 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639). Tale opposizione e' ammissibile, come la Corte ha ritenuto con sentenza, in conformita' della sua costante giurisprudenza (Cass. 29 maggio 1992, n. 6489; 15 gennaio 1973, n. 144; 7 dicembre 1972, n. 3542; 28 luglio 1972, n. 2592; 13 giugno 1972, n. 1849): cio' in base alla considerazione che la riscossione coattiva delle entrate patrimoniali, strutturata dagli artt. 5 e seguenti del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, deve essere considerata un'esecuzione forzata. Donde la conseguenza - scaturente dal dettato dell'art. 2910, primo comma, del cod. civ. - che le norme espressamente dettate per la sua disciplina debbono essere coordinate con quelle stabilite dal codice di procedura civile per la disciplina generale dell'espropriazione forzata. D'altro canto, a differenza di quanto avviene nel campo della riscossione delle imposte dirette, in alternativa alla opposizione agli atti esecutivi non risulterebbe preveduta alcuna altra forma di controllo, della legittimita' degli atti della fase espropriativa, suscettibile a sua volta di innescare un sindacato giurisdizionale. Si e' detto che le questioni sollevate con il ricorso davanti a questa Corte sono state tre. La prima, attinente all'essere stato il pignoramento eseguito non in presenza di due testimoni - secondo quanto richiesto dalla prima parte del primo comma dell'art. 6 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 - e' stata giudicata non fondata, con la sentenza appena richiamata: cio' in base alla considerazione che, mentre l'art. 594 del cod. civ. 1865 richiedeva l'indicato requisito formale a pena di nullita', esso non e' richiesto ora ne' dall'art. 519 del cod. civ. ne' dalle norme che, dopo l'entrata in vigore di questo, hanno disciplinato l'esecuzione per la riscossione delle imposte dirette (testo unico 29 gennaio 1958, n. 645; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602). Donde la conseguenza - scaturente dall'art. 156, primo e secondo comma del cod. proc. civ. - che non puo', essere pronunziata nullita' dell'atto di pignoramento compiuto a norma dell'art. 6 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, ma non redatto in presenza di due testimoni, per non essere tale forma prescritta a pena di nullita' e per non poter essere la stessa forma giudicata essenziale. La seconda questione attiene all'applicaizone della norma dettata dall'art. 6, ultimo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639. Nel caso - secondo quanto e' pacifico - il pignoramento e' stato eseguito su beni della debitrice che erano in possesso di un terzo e che il terzo ha consentito di esibire all'ufficiale giudiziario per il pignoramento. Il terzo non era rappresentante della debitrice, che d'altro canto aveva domicilio in altro comune. Nel rispetto del citato art. 6, ultimo comma, copia dell'atto e' stata rimessa per la debitrice al sindaco. Se la norma risultasse dichiarata costituzionalmente illegittima, per il fatto di prevedere che debba essere procurata al debitore la conoscenza del pignoramento e pero' di contemplare anche una forma inidonea a realizzarla, emergerebbe il problema della mancata conoscenza del pignoramento e della intimazione che esso deve contenere a norma dell'art. 6, primo comma. La Corte osserva - nell'ambito del giudizio di rilevanza - che non puo' escludersi una soluzione che porti a ritenere viziato il pignoramento e non solo gli atti successivi e che il problema della rilevanza dell'indicata mancata conoscenza non si presta ad essere risolto affermando - con la sentenza impugnata - che la conoscenza e' stata procurata dalla anteriore notifica del precetto. La terza questione sollevata con il ricorso attiene alla mancata nomina dello stimatore, prescritta dall'art. 7, primo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639. La nomina dello stimatore e' cronologicamente successiva al pignoramento ed e' certo che essa non si inserisce nel suo procedimento di formazione. Risolta - in ipotesi - la questione della mancanza nel senso della invalidita', questa verrebbe ad incidere non sul pignoramento, ma sulla vendita, lasciando impregiudicato il punto della validita' di quello. Per converso, la ritenuta invalidita' del pignoramento, per la ragione prima indicata, renderebbe ultraneo l'esame della terza questione, cui la Corte ha percio' ritenuto di soprassedere. 3. - Le ragioni che inducono a ritenere non manifestamente infondato il dubbio che la norma richiamata al punto 1 possa essere in contrasto sugli artt. 3 e 24 della Costituzione sono le seguenti. L'art. 10, primo comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, dispone che "scorsi dieci giorni dal pignoramento di cui all'art. 6, senza che sia soddisfatto il debito, l'ente creditore procede alla vendita degli oggetti oppignorati al publbico incanto, che si apre sul prezzo di stima". Norma di identico tenore era contenuta nell'art. 624, primo comma, del cod. proc. civ. 1805 ("La vendita non puo' farsi prima che siano trascorsi giorni dieci dal pignoramento") e nell'art. 38 del testo unico delle leggi sulla riscossione delle imposte dirette approvato con r.d. 17 ottobre 1922, n. 1461; analogamente dispone oggi l'art. 501 del cod. proc. civ., a norma del quale "l'istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non puo' essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento ..". La norma tutela l'interesse del debitore a non subire l'espropriazione dei beni, impedendo che l'esecuzione forzata prosegua prima che sia trascorso un ulteriore termine, decorrente dal pignoramento, assegnato al debitore per adempiere. Correlate alla norma ora considerata sono quelle dettate nei commi primo ed ultimo dell'art. 6 del r.d. 14 aprile 1910, n. 63: correlate nel senso di essere volte a rendere edotto il debitore della tutela apprestata al suo interesse dall'art. 10. L'atto di pignoramento deve contenere l'intimazione al debitore che, trascorso il termine stabilito dall'art. 10, si procedera' alla vendita degli oggetti oppignorati al pubblico incanto; e' disciplianto il modo della comunicazione dell'atto di pignoramento al debitore. Questa essendo la disciplina del pignoramento mobiliare nel r.d. 14 aprile 1910, n. 639, la norma dettata nell'ultima parte del quarto comma dell'art. 6 appare contenere una previsione irrazionale e lesiva del diritto che quella stessa disciplina configura, dando adito al dubbio che essa contrasti con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. La previsione per cui - non verificandosi alcuna delle tre situazioni gradatamente contemplate - la copia dell'atto veda rimessa, per conto del debitore, al sindaco del comune in cui e' stato eseguito il pignoramento, configura in alternativa una forma di partecipazione inidonea a realizzare la conoscenza dell'atto, che si vorrebbe rendere conoscibile, e tale da non consentire al debitore di avvalersi della tutela accordatagli. Si e' osservato, piu' avanti, che l'art. 10, primo comma, r.d. 14 aprile 1910, n. 639, detta norma di contenuto identico a quello della norma una volta dettata dall'art. 38 del r.d. 17 ottobre 1922, n. 1461. Va aggiunto che norma di contenuto identico a quello del primo e quarto comma dell'art. 6 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, era dettata dall'art. 34 del r.d. 17 ottobre 1922, n. 1461. Orbene, la disciplina sul termine dilatorio e' rimasta (artt. 223, secondo comma, del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645; 69, secondo comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) nella regolamentazione della esecuzione esattoriale. Non cosi' la forma di comunicazione di cui si discute, che e' stata sostituita dalla notifica del verbale di pignoramento (artt. 222 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645; 68 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) da effettuarsi nelle forme prevedute dal codice di procedura civile (artt. 200 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645; 45 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602).
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva di ufficio questione di legittimita' cosituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 6, quarto comma, del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, nella parte in cui dispone che l'atto di pignoramento per la riscossione di entrate patrimoniali, eseguito su beni mobili, anziche' essere notificato al debitore, e' in copia rimesso, per conto del debitore, al sindaco del comune in cui e' stato compiuto, quante volte la copia non possa esser considerata al debitore o a un suo rappresentante e il debitore non abbia domicilio in quel comune; Sospende il giudizio in corso; Dispone la trassmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma il giorno 10 luglio 1992, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione. Il presidente: SCALA 93C0762