N. 23 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 3 luglio 1993
N. 23 Ricorso per conflitto di attribuzioni depositato in cancelleria il 3 luglio 1993 (del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano) Deliberazione della Camera del 18 marzo 1993 con la quale e' stata negata l'autorizzazione a procedere nei confronti del sen. Severino Citaristi per i capi relativi ad episodi di corruzione per un atto contrario ai doveri del proprio ufficio e concessa solo limitatamente ai capi relativi alla violazione della normativa sul finanziamento dei partiti. Asserita spettanza al p.m. della ricostruzione dei fatti e delle qualificazioni giuridiche degli stessi con conseguente formulazione della richiesta di autorizzazione a procedere per i reati in relazione ai quali ritiene di dover procedere e, viceversa, non spettanza alla Camera del potere di concedere o negare l'autorizzazione modificando la ricostruzione dei fatti e le qualificazioni giuridiche prospettate dal p.m. Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 1150/1988. (Conflitto gia' dichiarato ammissibile con ordinanza n. 264/1993). (Deliberazione della Camera del 18 marzo 1993). (Cost., artt. 68, 101, 102, 104 e 112).(GU n.31 del 28-7-1993 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione della Repubblica e dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, fra il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Milano e il Senato della Repubblica, in relazione alle autorizzazioni a procedere nei confronti del sen. Severino Citaristi, in parte concesse ed in parte negate nella seduta 18 marzo 1993 del Senato della Repubblica, in ritenuta violazione delle disposizioni di cui agli artt. 68, 101, 102, 104 e 112 della Costituzione della Repubblica; Letti gli atti del procedimento penale n. 8655/92 r.g.n.r. mod 21; Viste in particolare le richieste di autorizzazione a procedere formulate in data 6 novembre 1992 e 16 dicembre 1992 nei confronti del sen. Severino Citaristi; Vista altresi' la nota in data 18 marzo 1993 con la quale il Presidente del Senato della Repubblica comunicava le decisioni dell'assemblea sulle mezionate richieste; Propone conflitto di attribuzione con il Senato della Repubblica in relazione alla deliberazione stessa, per i seguenti M O T I V I 1. - Premessa. Questa autorita' giudiziaria procede per svariati episodi qualificati come delitti contro la pubblica amministrazione o in danno della stessa, violazioni della normativa sul finanziamento dei partiti, ricettazione ed altro nei confronti di numerose persone. Nell'ambito di tale procedimento sono state inoltrate al Senato della Repubblica, in data 6 novembre 1992 e 16 dicembre 1992, due richieste di autorizzazione a procedere (allegati 1 e 2) nei confronti del sen. Severino Citaristi, gia' segretario amministrativo della democrazia Cristiana, per vari episodi di ricezione di denaro versato da imprenditori in relazione ai rapporti da costoro intrattenuti con la pubblica amministrazione, ciascuno dei quali iscritto nel registro generale delle notizie di reato come ipotesi di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio e violazione della normativa sul finanziamento dei partiti. Con note n. 1992.7.46 e 1992.7.59 in data 13 aprile 1993 il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano restituiva gli atti inviati al Senato e trasmetteva copia della nota in data 18 marzo 1993 del Presidente del Senato della Repubblica (allegati 3 e 4), informando che nella seduta del 18 marzo 1993 il Senato della Repubblica aveva cosi' deliberato: I) quanto alla richiesta in data 6 novembre 1992: di concedere autorizzazione a procedere limitatamente ai capi: b), d), f), h), di negarla per i capi: a), c), e), g); II) quanto alla richiesta in data 16 dicembre 1992: di concedere autorizzazione a procedere limitatamente ai capi: b), d), g), di negarla per i capi: a), c), e), f). I capi per i quali e' stata concessa autorizzazione riguardano ipotesi di violazione della legge sul finanziamento dei partiti, mentre i capi per i quali e' stata negata attengono a delitti di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio. 2. - Profili relativi alla legittimazione ad elevare conflitto. Ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87/1953, il conflitto tra poteri dello Stato e' risoluto dalla Corte costituzionale, se insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartengono. Nel caso di specie, ci si duole della decisione del Senato della Repubblica sulla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata nei confronti del sen. Citaristi, in conseguenza della quale, ad avviso dell'organo ricorrente, viene illegittimamente condizionato l'esercizio dell'azione penale, obbligatoria ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, e come tale soggetta solo alla legge, salvo il controllo del giudice. Nel vigente ordinamento titolare del potere-dovere di esercitare l'azione penale e' il pubblico ministero, con l'unica eccezione, posta con legge costituzionale, del collegio inquirente per i reati ministeriali. Ne consegue che organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' dello Stato in ordine all'esercizio dell'azione penale e' l'ufficio del pubblico ministero procedente, che, pertanto, deve ritenersi legittimato a proporre conflitto di attribuzione. Non ignora questo ufficio che, in piu' occasioni, codesta Corte ha escluso la legittimazione del pubblico ministero a sollevare conflitto di attribuzioni (ordinanza n. 16/1979; sentenza n. 52/1976). Va tuttavia osservato che, nel caso in esame, il pubblico ministero agisce a difesa di attribuzioni che gli sono riconosciute in via diretta ed esclusiva dalla norma costituzionale (art. 112) e non dalla legge ordinaria. Quando dovesse eslcudersi la legittimazione del pubblico ministero, nessun altro organo dell'ordine giudiziario, ancorche' titolare di funzioni giurisdizionali, sarebbe competente a sollevare conflitto di attribuzione in relazione all'esercizio dell'azione penale. Non il g.i.p., il quale, ove non condivida le determinazioni del pubblico ministero in ordine all'esercizio dell'azione penale (rectius: al mancato esercizio), puo' disporre la redazione coatta del capo d'imputazione, che e' comunque atto proprio del pubblico ministero. Non il giudice del dibattimento, la cui funzione giurisdizionale presuppone l'esercizio dell'azione penale, atto genetico del processo. Del resto la legittimazione del pubblico ministero a sollevare conflitto in ordine al diniego di autorizzazione a procedere, lesivo delle attribuzioni riservategli dall'art. 112 della Costituzione, si coglie a contrario ove si consideri l'ipotesi in cui l'organo d'accusa, malgrado il diniego dell'assemblea legislativa, proceda ad indagini ed, eventualmente, eserciti l'azione penale. Non e' dubitabile che, in siffatta ipotesi, l'assemblea sarebbe legittimata a tutelare le proprie prerogative costituzionalmente rilevanti, attraverso il procedimento previsto dagli artt. 37 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87, gia' nei confronti dello stesso pubblico ministero procedente, e senza dover attendere l'intervento del giudice (si pensi ai casi di perquisizioni personali o domiciliari disposte dal pubblico ministero). Cio' dimostra la legittimazione del pubblico ministero a sollevare conflitto in questa materia. 3. - Profili relativi alla ammissibilita' del conflitto. Ai sensi dell'art. 68, secondo comma, della Costituzione, senza autorizzazione della camera di appartenenza nessun membro del Parlamento puo' essere sottoposto a procedimento penale. Attraverso la deliberazione richiamata in premessa, il Senato della Repubblica ha, dunque, esercitato una potesta' costituzionalmente prevista. Ritiene tuttavia questo ufficio che l'esercizio di siffatto potere possa essere sindacato dalla Corte costituzionale, ai sensi degli artt. 37 e segg. della legge n. 87/1953, allorquando, mediante il suo uso non conforme ai principi della Costituzione, siano state lese le attribuzioni di altri poteri dello Stato. Ed invero, la ragion d'essere dell'art. 68 della Costituzione non e' quella di garantire una insindacabile area d'impunita' ai membri del parlamento, che non possono ritenersi legibus soluti, ma quella di garantire la liberta' e l'autonomia delle Camere. Ne consegue che il potere delle Camere, pure amplissimo, non e' arbitrario, ma e' obbiettivamente limitato dalla funzione per cui e' previsto e dalle attribuzioni costituzionalmente riservate agli altri poteri dello Stato. In tal senso, e' significativo il precedente costituito dalla sentenza n. 1150/1988 della Corte costituzionale, con la quale si e' riconosciuta l'ammissibilita' del "conflitto da lesione o menomazione" sollevato dalla corte d'appello di Roma in ordine ad una deliberazione del Senato secondo cui i fatti per i quali pendeva giudizio civile presso gli uffici giudiziari di Roma erano ricompresi nella prerogativa della insindacabilita', prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. In tale circostanza la Corte, ammettendo il conflitto di attribuzioni sollevato dalla corte d'appello di Roma, ha emunciato il seguente principio: " .. In quanto e' attribuito nei limiti della fattispecie indicata nell'art. 68, primo comma, e solo entro questi limiti legittimamente esercitato, il potere valutativo delle camere non e' arbitrario o soggetto soltanto ad una regola interna di self- restraint. Nella nostra Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo (tra cui il diritto all'onore ed alla reputazione) come valori fondamentali dell'ordinamento giuridico e prevede un organo giurisdizionale di garanzia costituzionale, il detto potere e' soggetto ad un controllo di legittimita', operante con lo strumento del conflitto di attribuzione a norma degli artt. 134 della Costituzione e 37 e segg. della legge n. 87/1953, e percio' circoscritto ai vizi che incidono, comprimendola, sulla sfera di attribuzioni della autorita' giudiziaria ..". In ordine agli altri requisiti di ammissibilita' del conflitto va rilevato che: il Senato della Repubblica, nel momento del voto assembleare, e' certamento organo idoneo ad affermare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta; il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Milano e', secondo le vigenti disposizioni, organo competente ad affermare definitivamente, in questa fase, la volonta' del pubblico ministero, nell'ambio del procedimento di cui si e' detto. 4. - Profili di diritto. Ai sensi degli artt. 101, 102, 104 della Costituzione della Repubblica, l'ordine giudiziario e' indipendente da ogni altro potere e la funzione giurisdizionale - regolata legislativamente - e' esercitata da magistrati ordinari. Ai sensi dell'art. 112 della Costituzione della Repubblica, il pubblico ministero, che dell'ordine giudiziario fa parte, ha l'obbligo di esercitare l'azione penale - nelle forme legislativamente previste - al fine di sottoporre alla decisione di un giudice soggetto soltanto alla legge le sue determinazioni sulla fondatezza delle notizie di reato che gli pervengono e sui risultati di eventuali indagini da lui compiute. Nel vigente modello processuale, l'atto di esercizio dell'azione penale si colloca alla fine delle indagini preliminari ed e' costituito dalla attribuzione specifica a taluno, nelle forme indicate dall'art. 405 del c.p.p., di un fatto storicamente determinato e giuridicamente qualificato. L'art. 68 della Costituzione della Repubblica, nel prevedere la necessita' di autorizzazione per dar corso a procedimento penale nei confronti di parlamentari, non individua esso stesso che cosa debba intendersi per "procedimento penale", sicche', sul piano tecnico, il contenuto di tale disposizione va desunto dalla legislazione vigente, secondo la quale il procedimento penale ha come atto genetico la notizia di reato, seguita, di regola, dalle indagini preliminari. Queste, dunque, si svolgono in relazione ad un fatto che appare essere penalemente rilevante, cui sara' data una compiuta qualificazione giuridica nel momento di esercizio dell'azione penale, attraverso la formulazione della imputazione, atto proprio del pubblico ministero. Ne consegue che, nella fase delle indagini preliminari, autorizzare l'autorita' giudiziaria a sottoporre un membro del Parlamento a procedimento penale significa autorizzare il pubblico ministero a svolgere le indagini necessarie in relazione ad un fatto per le conseguenti determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale e con la qualificazione giuridica necessaria ai soli fini dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato. In tale fase non vi e' spazio per un'imputazione in senso tecnico (si noti, al riguardo, che il termine "imputazione" compare solo nell'art. 405 del c.p.p., mentre prima si parla di fatto e di norme di legge che si assumono violate, cfr. artt. 375, 343 e 111 delle disp. att. e 292 del c.p.p.). La Camera alla quale appartiene la persona sottoposta ad indagini, investita della richiesta di autorizzazione a procedere in relazione ad un determinato fatto che appare essere penalmente rilevante (avuto riguardo alla qualificazione giuridica attribuita dal pubblico ministero richiedente), puo' deliberare di concedere o di negare l'autorizzazione. Per contro non puo' ad avviso di questo ufficio, ingerirsi nei profili della ricostruzione del fatto o della sua qualificazione giuridica, attribuzioni riservate dalla Costituzione e dalla legislazione vigente alla autorita' giuridiziaria e, nella fase di esercizio dell'azione penale, al pubblico ministero. 5. - Profili di fatto. Nel caso di specie, ogni singolo episodio di versamento di denaro al sen. Citaristi, descritto in ciascuna notizia di reato pervenuta a suo carico, e' idoneo, ad avviso di questo ufficio, a legittimare indagini (ne' altro puo' pretendersi atteso il termine strettissimo che deve intercorrere tra l'iscrizione del nome dell'indagato e l'inoltro della richiesta di autorizzazione) in relazione sia ad ipotesi di violazioni della normativa sul finanziamento dei partiti politici, sia ad ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione, sicche' e' stata iscritta sotto il titolo degli artt. 7 della legge n. 195/1974 e 4 della legge n. 659/1981 e sotto il titolo del reato di cui all'articolo 319 del c.p. Si e' in presenza di un'ipotesi tipica di concorso formale eterogeneo, ossia di una condotta - la ricezione di denaro come corrispettivo di una pluralita' di atti amministrativi - che integra violazioni di diverse norme incriminatrici. Pertanto, non si e' in presenza di diversi fatti, ma di un unico fatto, per ogni episodio storico, riconducibile a diverse figure delittuose. La inscindibilita' in concreto fra le due figure di reato (almeno nella fase delle indagini preliminari) peraltro si coglie agevolmente ove si consideri che la illiceita' del finanziamento si e' fatta derivare non solo dal mancato rispetto delle forme di pubblicita' e di trasparenza previste dalla legge, ma anche dalla circostanza che trattavasi di finanziamenti comunque vietati dalla legge, per l'ovvia ragione che integravano gli estremi del reato di corruzione propria. Ne' tale assunto puo' essere revocato in dubbio obbiettando che, in relazione alle due diverse norme incriminatrici, sono state redatte distinte ipotesi d'imputazione, giacche' l'identita' storica dei fatti contestati e' evidente (la ricezione del denaro e' elemento costitutivo del reato di corruzione e, nello stesso tempo, fatto di consumazione del reato di illecito finanziamento) e la distinzione per capi e' frutto di una scelta di comodita' espositiva, dettata anche dalla circostanza che per alcuni episodi di ricezione di denaro puo' procedersi in ordine soltanto al reato di corruzione, poiche' il reato di finanziamento illecito e' coperto da amnistia. Del resto, la sussistenza, in relazione alle condotte contestate, del concorso formale eterogeneo era nota al Senato, giacche', nella relazione della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, si legge testualmente: " .. Piu' complesso problema giuridico si e' posto alla giunta, sia pure all'interno del proprium dell'autorizzazione a procedere, per cio' che concerne i capi A), C), E) ed F) della richiesta. Tali imputazioni, infatti, nei medesimi fatti gia' contestati come violazione delle norme sul finanziamento dei partiti politici, individuano la concorrenza formale di reati di corruzione per atti contrari a doveri d'ufficio .." (rel. della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, doc. IV, n. 74.A, pag. 3). Va altresi' rilevato, sul piano procedurale, che il Senato della Repubblica non ha votato distintamente su ogni capo d'imputazione, ma per blocchi di contestazioni, individuati in relazione alla qualificazione giuridica del fatto. Tale modalita' di voto e' indice sintomatico dello sconfinamento di attribuzioni posto in essere dal Senato. Attraverso tale procedura infatti l'assemblea non ha potuto, ne' poteva, apprezzare la corrispondenza tra singoli fatti e la qualificazione giuridica attribuita nelle richieste, ma solo esprimere interpretazioni di ordine generale in tema di diritto penale sulla applicazione della legge. Tale attivita' puo' essere svolta mediante interpretazione autentica, attribuzione del legislatore nel suo complesso, e solo con le forme di un atto avente forza di legge, e non da parte di una sola delle assemblee legislative con un atto quale la deliberazione su richiesta di autorizzazione a procedere. Del resto, che la deliberazione del Senato abbia sconfinato dalle attribuzioni costituzionalmente riservate ex art. 68, secondo comma, della Costituzione si evince da alcuni passi della relazione della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, laddove si fonda la proposta di voto, integralmente accolta dall'assemblea, sulle seguenti argomentazioni: " .. Ne' e' sfuggito alla riflessione della maggioranza della giunta un dato emergente alla propria complessiva esperienza e che dimostra come comportamenti sostanzialmente identici vengono, nel difficile momento in cui il paese vive, contestati a carico di parlamentari e sul presupposto pacifico che essi, al di fuori dell'esercizio della funzione legislativa non rivestono la qualita' di pubblici ufficiali, a volte come violativi della legge sul finanziamento dei partiti politici, a volte come ipotesi di corruzione ovvero di concussione, a volte come ipotesi di estorsione o di ricettazione. E cio' come mero effetto della diversita' dei luoghi dove i fatti stessi vengono accertati e quindi dei diversi ambiti territoriali di attribuzione della funzione inquirente alle diverse autorita' giudiziarie procedenti. Sicche' in discussione appare non soltanto il valore della tipicita' dell'incriminazione penale, ma anche quello della uniforme applicazione della legge sull'intero territorio nazionale .." (relazione della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, pag. 5). Ed ancora: " .. Su tali basi la maggioranza della giunta ha ritenuto corretta e fondata la tesi secondo cui non e' possibile una individuazione degli estremi del reato di corruzione, sino a quando non si e' individuato (se non con estrema precisione il pubblico ufficiale o l'incaricato del pubblico servizio colpevole del concorso nella contestata corruzione) almeno l'ufficio del quale lo stesso faccia parte o almeno l'ambito funzionale nel quale sarebbe intervenuto un qualche atto rispetto al quale operare la valutazione della conformita' o contrarieta' ai doveri d'ufficio e cio' ai fini della distinzione, pur dovuta, tra le ipotesi di corruzione propria ed impropria, che distintamente il nostro codice penale prevede e punisce. La valutazione che nella giunta ha avuto la prevalenza e' quindi conforme all'avviso espresso dal g.i.p. nella vicenda in esame o in altre ad essa collegate, che appare, tra l'altro, fondato su un orientamento giurisprudenziale del tutto consolidato al quale nella memoria depositata dal sen. Citaristi si e' fatto ampio e documentato riferimento .." (idem). Dunque il Senato si e' assunto non solo un compito d'interpretazione della legge penale (valore della tipicita' dell'imputazione, selezione degli orientamenti giurisprudenziali, distinzione tra corruzione propria ed impropria), ma anche una funzione di nomofilachia. Incidentalmente va rilevato che le diverse valutazioni intervenute tra questo ufficio ed il giudice per le indagini preliminari, cui si fa espresso richiamo nella relazione, sono state risolte dalla Corte di cassazione (essa si' titolare della funzione di vegliare sulla esatta ed uniforme applicazione del diritto sul territorio nazionale) con l'accoglimento delle tesi dell'organo d'accusa. La giunta (e poi l'assemblea, approvando la relazione) ha omesso altresi' di considerare che la individuazione del pubblico ufficiale potra' essere il frutto delle indagini per le quali e' stata chiesta l'autorizzazione e non la condizione pregiudiziale per lo svolgimento delle indagini stesse. Singolare appare poi la tesi (pure svolta nella relazione di maggioranza) secondo la quale questo ufficio avrebbe potuto comunque, in virtu' dell'autorizzazione parziale concessa, proseguire nelle indagini ed eventualmente, alla luce di nuove acquisizioni, richiedere nuova autorizzazione a procedere. Di fronte alla denegata autorizzazione questo Ufficio non puo' svolgere alcuna indagine (se non sui concorrenti nel reato - ma questa e' altra questione) sul fatto per il quale l'autorizzazione e' stata negata e deve richiedere l'archiviazione. Inoltre un'autorizzazione a procedere parziale, ossia limitata a determinate qualificazioni giuridiche del fatto, si traduce, nella sostanza, in una autorizzazione a procedere "condizionata", nel senso che si subordina, di fatto, l'esercizio dell'azione penale alla possibilita' di ravvisare, in relazione ad un fatto, solo talune ipotesi di reato. E non sembra che l'atto di autorizzazione, irrevocabile, possa essere soggetto a termini od a condizioni. 6. - Conclusioni. Il Senato della Repubblica autorizzando, quanto a ciascuna notizia di reato e fattispecie, il procedimento soltanto per taluno dei titoli di reato ipotizzati ha sconfinato dalle sue attribuzioni, invadendo quelle della autorita' giudiziaria, sola competente a ricostruire i fatti ed a qualificarli secondo diritto. Pertanto, deve essere richiesto alla Corte costituzionale di dichiarare che spetta alla autorita' giudiziaria, ed al pubblico ministero in sede di indagini preliminari e di esercizio dell'azione penale, ricostruire il fatto e deciderne la qualificazione giuridica, mentre alla Assemblea legislativa di appartenenza spetta concedere o negare l'autorizzazione a procedere in relazione a tale ricostruzione ed a tale qualificazione giuridica, senza possibilita' di modificarli ovvero di apporre condizione o termine alla concessa autorizzazione. Conseguentemente dei parziali dinieghi di autorizzazione a procedere, di cui alla seduta in data 18 marzo 1993 del Senato della Repubblica, va richiesto l'annullamento con rinvio allo stesso organo per una nuova deliberazione. Si osserva infine, sotto il profilo processuale, che questo ufficio deve ritenersi legittimato a stare direttamente in giudizio a mezzo dei magistrati che ne hanno la rappresentanza sia ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87/1953, e dell'art. 26 D.C.C. 16 marzo 1956, sia in applicazione dei principi generali dell'ordinamento giudiziario, per i quali il pubblico ministero, quando e' titolare della legittimazione sostanziale, lo e' anche di quella processuale, come della ius postulandi.
P. Q. M. Visti gli artt. 68, 101, 102, 104, 112 della Costituzione della Repubblica, 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 26 D.C.C. 16 marzo 1956; Chiede che la Corte costituzionale, accogliendo il presente ricorso, voglia: dichiarare che spettano al pubblico ministero la ricostruzione dei fatti e le qualificazioni giuridiche degli stessi con conseguente formulazione delle richieste di autorizzazione a procedere per i reati in relazione ai quali ritiene di dover procedere; che spetta a ciascuna delle Assemblee legislative concedere o negare l'autorizzazione senza poter modificare la ricostruzione dei fatti e le qualificazioni giuridiche prospettate dal pubblico ministero; annullare i dinieghi di autorizzazione a procedere di cui alla seduta del Senato della Repubblica del 18 marzo 1993, con conseguente rinvio allo stesso organo per una nuova deliberazione. Il Procuratore della Repubblica: BORRELLI 93C0753