N. 333 SENTENZA 11 giugno - 23 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Regione  Friuli-Venezia  Giulia  - Personale della regione - Concorsi
 interni per titoli - Commissione giudicatrice  -  Previsione  che  le
 funzioni   della   commissione  siano  esercitate  dal  consiglio  di
 amministrazione  della  regione  -  Violazione   del   principio   di
 imparzialita'   della   pubblica   amministrazione  -  Illegittimita'
 costituzionale.
 "
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 14 giugno 1983, n. 54, art.  24,
 quinto comma).
 "
 (Cost., artt. 3, 97 e 98).
(GU n.31 del 28-7-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  24,  quinto
 comma,  della  legge  regionale  del  Friuli-Venezia Giulia 14 giugno
 1983,  n.  54  (Modificazioni  ed  integrazioni   alle   disposizioni
 concernenti  lo  stato  giuridico  e  il  trattamento  economico  del
 personale regionale), promosso con ordinanza emessa  il  10  dicembre
 1991  dal  Consiglio  di  Stato  sui  ricorsi  riuniti proposti dalla
 Regione Friuli-Venezia Giulia e altri contro Zanin  Quinto  (rectius:
 Anita)  ed  altri,  iscritta  al n. 740 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  50,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti  gli  atti di costituzione di Zanin Anita ed altri, di Fusco
 Renato ed altri e della Regione Friuli-Venezia Giulia;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1993 il  Giudice  relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  Arcangelo  Giuffrida  per Zanin Anita ed altri,
 l'Avvocato Paolo Picasso per Fusco Renato ed  altri  e  gli  Avvocati
 Gaspare Pacia e Sergio Panunzio per la Regione Friuli-Venezia Giulia;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  regolarmente  notificata  e  depositata, il
 Consiglio  di  Stato,  quarta  sezione,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 24, quinto comma, della legge
 regionale  del  Friuli  Venezia  Giulia  14  giugno   1983,   n.   54
 (Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni concernenti lo stato
 giuridico  e  il  trattamento  economico del personale regionale), in
 riferimento agli artt. 3, 97 e 98 della Costituzione.
    La questione e' posta sotto tre diversi profili.
   Sotto il primo profilo, il giudice a quo, premesso che il  concorso
 interno  per titoli previsto dalla legge regionale impugnata non puo'
 essere ricondotto allo  scrutinio  per  merito  comparativo  previsto
 dalla    legislazione   statale,   perche',   essendo   le   funzioni
 amministrative governate dal principio di tipicita', non e' possibile
 assimilare due fattispecie diverse, quali quelle del concorso interno
 per titoli e quello dello scrutinio per merito comparativo,  sospetta
 di  incostituzionalita'  la  disposizione impugnata per contrasto con
 gli artt. 3  e  39  (rectius:  97)  della  Costituzione,  perche'  la
 composizione  della  commissione  giudicatrice sarebbe esclusivamente
 improntata a logiche di rappresentanza  politica,  burocratica  e  di
 interessi    (rappresentanti    dei    lavoratori),    senza   alcuna
 considerazione dell'esigenza di assicurare un  minimo  di  competenze
 tecniche.  L'ordinanza  di  rimessione  nega,  in  sostanza,  che  il
 Consiglio di amministrazione abbia la competenza  tecnica  necessaria
 per effettuare una valutazione oggettiva dei titoli dei candidati.
    Sotto  il secondo profilo, il giudice a quo sospetta che sia stato
 leso il principio di imparzialita' amministrativa, di cui all'art. 97
 della Costituzione e, di conseguenza,  anche  il  principio  di  buon
 andamento,  nonche'  la soggezione dei pubblici impiegati al servizio
 esclusivo della Nazione (art. 98, primo  comma  della  Costituzione).
 L'imparzialita',  secondo  il  giudice  a  quo, richiede che i membri
 delle commissioni giudicatrici provengano, almeno in maggioranza,  da
 apparati estranei all'amministrazione procedente, cosi' da realizzare
 una  posizione  di  terzieta'  nei  confronti degli aspiranti e della
 stessa amministrazione  che  ha  bandito  il  concorso,  al  fine  di
 garantire una congrua e oggettiva valutazione del concorrente.
    I  dubbi di costituzionalita' sollevati dalla previsione normativa
 troverebbero una palese conferma nella  prassi  applicativa,  che  ha
 visto  dei  membri  della  commissione  giudicatrice  allontanarsi da
 alcune  sedute   della   commissione   in   quanto   direttamente   o
 indirettamente   interessati  agli  esiti  concorsuali:  conseguenza,
 questa, che viene considerata connaturata  alla  scelta  operata  dal
 legislatore  regionale di far gestire un concorso interno a un organo
 interno della Regione stessa.
    Sotto il terzo ed ultimo profilo, il giudice a quo sospetta che la
 disposizione impugnata sia manifestamente irragionevole perche', data
 per  pacifica  la  natura  di  collegio  perfetto  della  commissione
 giudicatrice,   questa   si    troverebbe    comunque    di    fronte
 all'impossibilita' di funzionare. Ed invero, se i membri direttamente
 o  indirettamente  interessati  non  partecipassero  ai  lavori della
 commissione, avremmo la violazione  del  principio  della  perfezione
 dell'organo; in caso contrario, le regole violate sarebbero quelle in
 tema di astensione e incompatibilita'.
    3. - La Regione Friuli-Venezia Giulia si e' costituita in giudizio
 sostenendo la infondatezza delle questioni sollevate, nonche' la loro
 inammissibilita'.
    Replicando alle prime due questioni poste, la Regione sostiene che
 non e' vero che i membri del Consiglio di amministrazione non abbiano
 le competenze tecniche necessarie alla valutazione dei candidati, sia
 perche' l'organo di cui fanno parte (Consiglio di amministrazione del
 personale  della  Regione Friuli-Venezia Giulia) e' un organo tecnico
 proprio in materia di pubblico impiego regionale,  sia  perche'  nove
 membri  su  sedici  sono  preposti  ad  un  ramo dell'amministrazione
 regionale  che  richiede,  comunque,  la  soluzione  di  problemi  di
 gestione  del  personale.  Inoltre,  in base all'art. 168 della legge
 regionale n. 53 del 1981, la componente tecnica  del  Consiglio  puo'
 essere  arricchita  con  la  nomina  di  commissioni  speciali  o  di
 commissioni paritetiche ovvero con la chiamata  di  altri  funzionari
 qualificati,  cosicche'  la  eventuale inadeguatezza della componente
 tecnica, se e in quanto configurabile, dovrebbe  imputarsi  non  alla
 previsione    legislativa,    bensi'    a   carenza   di   iniziativa
 amministrativa.  Da  cio'  conseguirebbe   l'inammissibilita'   della
 questione sollevata.
    Con   riferimento   alla  terza  questione,  la  Regione  nega  la
 irragionevolezza   della   norma   che   affida   al   Consiglio   di
 amministrazione  la funzione di commissione giudicatrice, sia perche'
 i membri in posizione di incompatibilita' potevano  farsi  sostituire
 da  coloro  che  ne  fanno  le  veci  (art. 168, secondo comma, legge
 regionale n. 53 del 1981), sia  perche'  la  commissione  non  doveva
 operare come collegio perfetto, tantomeno in caso di incompatibilita'
 di qualche suo membro, dal momento che la legge regionale non dispone
 in  tal senso. La mancanza della previsione normativa dell'obbligo di
 operare come collegio perfetto renderebbe,  anche  sotto  il  profilo
 considerato,  inammissibile  la  questione, in quanto sostanzialmente
 rivolta contro una scelta amministrativa.
    4. - Nella  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza  la
 Regione  insiste  sulla  inammissibilita'  e sulla infondatezza delle
 questioni proposte.
    In primo luogo  la  Regione  sostiene  che  il  previsto  concorso
 interno   per  titoli  e'  assimilabile  allo  scrutinio  per  merito
 comparativo. Di qui  deriverebbe  l'inconferenza  del  riferimento  a
 principi dottrinali e giurisprudenziali sui concorsi, ivi compresa la
 necessita'  della prevalenza nella commissione giudicatrice di membri
 tecnici o esperti, affermata da questa Corte nella  sentenza  n.  453
 del 1990 con riguardo ai concorsi pubblici.
   In   ogni   caso,  sempre  secondo  la  Regione,  il  Consiglio  di
 amministrazione e' in grado di fare le valutazioni tecniche richieste
 dallo  svolgimento  delle  procedure  concorsuali,  ivi  compresa  la
 valutazione  delle pubblicazioni scientifiche dei candidati, dato che
 si  tratta di pubblicazioni che devono essere attinenti all'attivita'
 e ai  servizi  propri  dell'Amministrazione  (all.  B,  lett.  i  del
 d.p.G.R.  29  settembre  1983, n. 0566). A questo riguardo la Regione
 prospetta anche l'inammissibilita' della questione,  sul  presupposto
 che  soltanto  il  regolamento,  e non la legge, prevede fra i titoli
 valutabili le pubblicazioni scientifiche.
    Circa  la  dedotta  violazione  del  principio  di   imparzialita'
 conseguente  alla  designazione  di esperti interni come membri della
 commissione, la Regione nega  che  dall'art.  97  della  Costituzione
 derivi  un  tale  divieto,  sottolineando come questo non sia neppure
 previsto dall'art. 2 della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421,  che,
 nell'imporre la presenza di esperti nelle commissioni di concorso per
 l'accesso  e la progressione del personale, prevede espressamente che
 gli esperti possano anche  essere  funzionari  delle  amministrazioni
 procedenti, oltre che estranei alla medesima.
    Nessuna  rilevanza,  inoltre,  potrebbe avere in un giudizio sulla
 costituzionalita' della disposizione impugnata il  fatto  che  alcuni
 membri della commissione giudicatrice, che si trovavano in situazione
 di  incompatibilita', abbiano partecipato ai lavori della commissione
 medesima, assentandosi solo nelle sedute che li riguardavano, perche'
 la disposizione impugnata cio' non prevede, cosicche' avrebbe  potuto
 operare la regola generale secondo la quale l'incompatibilita' impone
 di non partecipare a tutti i lavori.
    La  Regione  resistente,  infine, considera inammissibile l'ultima
 censura   sulla   manifesta   irragionevolezza   della   disposizione
 impugnata,  in  quanto  la questione proposta sarebbe indeterminata e
 ipotetica,  avendo  il  giudice  a  quo  prospettato  due   possibili
 interpretazioni  (commissione  esaminatrice  come collegio perfetto o
 meno), senza peraltro optare per una di  esse.  La  stessa  questione
 sarebbe  comunque  infondata,  dal momento che la commissione avrebbe
 potuto operare come collegio perfetto sostituendo, per tutti  i  suoi
 lavori, i membri incompatibili. Se invece, secondo la interpretazione
 preferibile,  la  disposizione  impugnata  non prevede la commissione
 come  collegio  perfetto,  tale  previsione  non  si  potrebbe  certo
 considerare in contrasto con l'art. 97 della Costituzione.
    5.  - Si sono costituiti in giudizio vari candidati, vincitori dei
 concorsi e  appellanti  davanti  al  Consiglio  di  Stato  contro  le
 decisioni  di  primo  grado,  sostenendo l'infondatezza delle censure
 sollevate.  Le  stesse  parti,  se  pure  brevemente,  accennano,  in
 chiusura  della  memoria,  ad  una  presunta  inammissibilita'  della
 questione,  perche'  l'asserita  disfunzionalita'  della  commissione
 giudicatrice non deriverebbe dalla previsione normativa impugnata, ma
 solo da una sua opinabile applicazione.
    La   censura   sulla   carenza   della  componente  tecnica  della
 commissione giudicatrice sarebbe infondata poiche' nove componenti su
 sedici avrebbero una particolare  qualificazione  tecnica  in  quanto
 dirigenti  regionali  da  almeno sei anni, con responsabilita' di una
 direzione regionale. Mentre i sei membri nominati  in  rappresentanza
 del   personale   sarebbero   da   ricomprendere,  come  riconosciuto
 recentemente dal TAR  Veneto,  fra  i  membri  che  hanno  specifiche
 attribuzioni   professionali,   e   non   fra  quelli  con  esclusiva
 qualificazione politica. Si nega, infine, che i principi affermati da
 questa Corte nella sentenza n. 453 del 1990  con  riferimento  ad  un
 concorso  pubblico  possano essere estesi ad un concorso interno e si
 conclude sul punto rilevando come, anche nel caso in esame, i  membri
 dotati  di  titoli  di  studio  o professionali rispetto alle materie
 delle prove concorsuali sarebbero comunque  in  prevalenza  (nove  su
 sedici).
    In  relazione  al  terzo  profilo  di  legittimita' costituzionale
 sollevato dal giudice a quo (manifesta irragionevolezza), la  memoria
 osserva  che la disposizione impugnata, nell'affidare al Consiglio di
 amministrazione la nuova funzione  di  commissione  giudicatrice  del
 concorso,  ha  inteso far riferimento ad un organo gia' esistente, le
 cui regole di funzionamento non sono quelle di un collegio  perfetto.
 Ne'  la  norma  regionale  che esclude la natura di collegio perfetto
 della commissione giudicatrice sarebbe per cio' stesso  in  contrasto
 con   l'art.  97  della  Costituzione  o  con  un  qualche  principio
 (dell'ordinamento  o  di  riforma  economico-sociale)  in  grado   di
 prevalere sulla legge regionale.
    A   conferma   dell'interpretazione  data,  secondo  la  quale  la
 disposizione impugnata  non  ha  inteso  configurare  la  commissione
 giudicatrice  come  collegio  perfetto,  la  memoria  osserva  che il
 legislatore regionale non poteva escludere, ed anzi  risultava  molto
 probabile,  che,  in  un  sistema di avanzamento concernente quasi la
 meta' dei dipendenti regionali, i rappresentanti del  personale  e  i
 loro  sostituti  potessero  risultare  direttamente  interessati alla
 promozione che avrebbe comportato l'obbligo integrale di  astensione,
 cosicche'  il  mancato  funzionamento  della  commissione come organo
 perfetto sarebbe stata evenienza prevedibile e, anzi, necessitata.
    6. - Si sono costituiti in giudizio anche  diversi  candidati  che
 avevano   ottenuto   dal   giudice   amministrativo  di  primo  grado
 l'annullamento degli esiti concorsuali, ma fuori termine, come deciso
 con ordinanza letta in udienza il giorno 9 marzo 1993.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Consiglio di Stato, quarta sezione, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale  dell'art.  24,  quinto  comma,  della
 legge  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  14  giugno 1983, n. 54
 (Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni concernenti lo stato
 giuridico e il trattamento economico  del  personale  regionale),  in
 riferimento agli artt. 3, 97 e 98 della Costituzione.
    Piu'  precisamente,  il  giudice  a  quo dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art. 24,  quinto  comma,  della  legge  regionale
 impugnata  -  il  quale  prevede  che la commissione giudicatrice dei
 concorsi interni previsti dal precedente art. 20 sia  costituita  dal
 Consiglio  di  amministrazione  della  regione  -  sotto tre distinti
 profili:
       a) per violazione degli  artt.  3  e  39  (rectius:  97)  della
 Costituzione,  dal  momento  che  la  composizione  della commissione
 giudicatrice  sarebbe  esclusivamente   improntata   a   logiche   di
 rappresentanza  politica,  burocratica  e  di interesse, senza alcuna
 considerazione dell'esigenza di assicurare uno  standard  accettabile
 di competenze tecniche;
       b)  per  violazione degli artt. 97 e 98 della Costituzione, per
 il  fatto  che  la  composizione  della   stessa   commissione,   non
 assicurando  una  posizione  di  terzieta'  dei  suoi  componenti nei
 confronti dei candidati e della amministrazione regionale procedente,
 contrasterebbe con il principio di imparzialita' e di buon  andamento
 degli   uffici  amministrativi,  nonche'  con  quello  relativo  alla
 destinazione dei  pubblici  impiegati  al  servizio  esclusivo  della
 Nazione;
       c)  per  violazione  del  principio  di ragionevolezza, essendo
 comunque la commissione nell'impossibilita' di  ben  funzionare,  nel
 senso che essa e' "costretta" a violare il principio della perfezione
 del  collegio  o,  alternativamente,  a  disattendere le regole sulla
 astensione dei membri della commissione che incorrano  in  situazioni
 di incompatibilita'.
    2.  -  La questione va accolta, poiche' la disposizione contestata
 viola il principio di imparzialita'  della  pubblica  amministrazione
 stabilito dall'art. 97 della Costituzione.
    L'art. 24, quinto comma, della legge regionale impugnata, il quale
 prevede  che  la commissione giudicatrice e' costituita dal Consiglio
 di amministrazione  della  regione,  si  colloca  entro  un  contesto
 normativo  ove  l'art.  20,  dopo aver fissato l'organico di ciascuna
 qualifica (ad eccezione della prima) e aver previsto che siano  messi
 a  concorso  per  titoli  vari  posti  di  funzionario,  consigliere,
 segretario e coadiutore (per un totale di 700 posti), dispone che  ai
 concorsi possono partecipare i dipendenti regionali appartenenti alla
 qualifica  funzionale  immediatamente inferiore a quella per la quale
 si bandisce il concorso, purche' abbiano un'anzianita' di servizio di
 almeno cinque anni.
    In relazione a tali  concorsi  interni,  l'art.  24  della  stessa
 legge,  mentre  rinvia  a  un successivo regolamento di esecuzione la
 disciplina dei titoli valutabili per la partecipazione  al  concorso,
 nonche'  dei  criteri  per  la  valutazione dei titoli stessi e delle
 modalita' per la formazione della graduatoria, contiene  esso  stesso
 alcune disposizioni direttamente applicabili ai predetti concorsi. In
 particolare,   tale   articolo   prescrive  che  fra  i  vari  titoli
 valutabili, alcuni dei  quali  sono  espressamente  richiamati,  deve
 essere  compresa  anche una relazione analitica redatta dal superiore
 del candidato considerato, riferentesi alla durata, alla quantita'  e
 alla qualita' del servizio prestato dallo stesso candidato, relazione
 che deve essere sottoposta alla commissione giudicatrice, costituita,
 ai   sensi   della   disposizione   impugnata,   dal   Consiglio   di
 amministrazione della regione.
    Quest'ultimo, a norma dell'art.  168  della  legge  della  Regione
 Friuli-Venezia  Giulia  31  agosto  1981,  n.  53  (Stato giuridico e
 trattamento economico del personale della  Regione  autonoma  Friuli-
 Venezia Giulia) e' composto da:
       a)  il  Presidente  della  Giunta,  o da un assessore da questi
 delegato, che lo presiede;
       b)  il  segretario  generale  della  Presidenza  della   Giunta
 regionale;
       c) il segretario generale del Consiglio regionale;
       d) il ragioniere generale;
       e) sei direttori regionali scelti, per la durata di un biennio,
 dalla Giunta, in modo da garantirne la rotazione;
       f)  sei  rappresentanti  del personale, di cui almeno uno degli
 uffici periferici, designati, per la  durata  di  un  biennio,  dalle
 rappresentanze sindacali.
    E' utile ricordare che, a norma dell'art. 24 della legge regionale
 n.  53  del  1981  i  segretari  generali, il ragioniere generale e i
 direttori sono nominati per quattro anni dalla Giunta regionale,  che
 puo'  revocarli  e  rinnovarli. Inoltre, le regole di sostituzione in
 caso di assenza, impedimento o vacanza  di  posti  nel  Consiglio  di
 amministrazione  (art. 168, secondo comma, della legge appena citata)
 prevedono che i membri di cui alle lettere b),  c),  d)  ed  e)  sono
 sostituiti  da  coloro  che ne fanno le veci, mentre i rappresentanti
 sindacali sono suppliti da altri designati allo stesso modo.
    3. - Questa Corte ha costantemente sottolineato che  il  principio
 di  imparzialita'  stabilito  dall'art. 97 della Costituzione - unito
 quasi in endiadi con quelli della  legalita'  e  del  buon  andamento
 dell'azione  amministrativa  -  costituisce  un valore essenziale cui
 deve   informarsi,   in   tutte   le   sue   diverse   articolazioni,
 l'organizzazione  dei  pubblici  uffici. La stessa Corte, riprendendo
 peraltro  la  chiara  volonta'  espressa  nel  medesimo   senso   dai
 Costituenti,   ha  affermato  come  il  principio  di  imparzialita',
 enunciato  solennemente  nel   ricordato   art.   97,   si   riflette
 immediatamente  in altre norme costituzionali, quali l'art. 51 (tutti
 i cittadini possono accedere agli uffici pubblici  in  condizioni  di
 eguaglianza,  secondo  i  requisiti  stabiliti  dalla  legge) e 98 (i
 pubblici impiegati sono al servizio esclusivo  della  Nazione)  della
 Costituzione,  attraverso  cui  si mira a garantire l'amministrazione
 pubblica e i suoi dipendenti da influenze politiche o,  comunque,  di
 parte,  in  relazione  al  complesso delle fasi concernenti l'impiego
 pubblico (accesso all'ufficio e svolgimento della carriera).
    Piu' precisamente, nella sentenza n. 453 del 1990, che rappresenta
 il precedente piu' specifico rispetto al caso in esame, questa  Corte
 ha  affermato  che  nell'insieme  delle predette norme costituzionali
 "viene ad esprimersi la distinzione  piu'  profonda  tra  politica  e
 amministrazione,  tra  l'azione del "governo" - che, nelle democrazie
 parlamentari, e' normalmente  legata  agli  interessi  di  una  parte
 politica,  espressione  delle forze di maggioranza - e l'azione della
 "amministrazione"  -  che,  nell'attuazione  dell'indirizzo  politico
 della  maggioranza, e' vincolata invece ad agire senza distinzione di
 parti politiche, al fine del perseguimento delle finalita'  pubbliche
 obiettivate  dall'ordinamento.  Si  spiega,  dunque,  come  in questa
 prospettiva, collegata allo stesso impianto costituzionale del potere
 amministrativo nel quadro di una democrazia pluralista,  il  concorso
 pubblico,  quale  meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei piu'
 capaci, resti il metodo migliore per la provvista di organi  chiamati
 a esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialita' ed al
 servizio  esclusivo  della  Nazione",  sempreche'  questo  metodo sia
 ispirato "al rispetto rigoroso del principio di imparzialita'".
    In altri termini, riferito  al  concorso  pubblico,  il  principio
 stabilito  dall'art. 97 della Costituzione ha un duplice significato:
 uno "negativo"  e  uno  "positivo".  Sotto  il  primo  profilo,  esso
 garantisce   che   l'esame   del  merito  sia  indipendente  da  ogni
 considerazione connessa  a  orientamenti  politici  o  a  particolari
 condizioni  personali e sociali; sotto il profilo "positivo", invece,
 esso comporta l'adozione  di  un  metodo,  di  cautele  e  di  regole
 attinenti  alla  formazione  delle  commissioni  giudicatrici tali da
 assicurare il perseguimento del solo interesse connesso  alla  scelta
 delle  persone  piu'  meritevoli  e  piu'  idonee all'esercizio della
 funzione pubblica considerata. Ebbene, sotto l'uno e l'altro profilo,
 la  disposizione,  che  per  i concorsi sopra menzionati determina la
 formazione della commissione giudicatrice identificando  quest'ultima
 con   il   Consiglio   di  amministrazione  della  regione,  presenta
 incongruenze tali che non puo' non essere  riconosciuta  contrastante
 con   il   principio   costituzionale  di  imparzialita'  dell'azione
 amministrativa.
    4. - Una prima importante ingerenza di  carattere  politico  nello
 svolgimento   del  concorso  e'  resa  possibile  dalla  disposizione
 impugnata  in   relazione   alla   necessaria   presenza   del   capo
 dell'esecutivo regionale o, in sua vece, di altro membro della Giunta
 come  Presidente  del  Consiglio  di  amministrazione e, quindi, come
 presidente  della  commissione  giudicatrice.  La  riserva  di   tale
 posizione, cui si collegano delicati poteri di direzione, a favore di
 un'autorita'  politica  non  ha  alcuna  giustificazione  al  fine di
 assicurare l'esclusivo perseguimento dell'interesse  pubblico  vo'lto
 alla  selezione dei candidati piu' meritevoli e piu' capaci. A questo
 principio - che, come s'e' visto, costituisce il contenuto essenziale
 delle  norme  costituzionali  sull'accesso  ai  pubblici   uffici   -
 l'ordinamento  legislativo  statale  si  e' gradualmente adeguato con
 norme di principio, sino al raggiungimento della sua piena attuazione
 con la legge 8 giugno 1990, n.  142  (art.  51,  terzo  comma)  e  il
 decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (art. 8).
    Per  analoghi motivi, ingiustificata e' la presenza come membri di
 commissione di ben sei rappresentanti del personale  designati  dalle
 rappresentanze sindacali, i quali sono per definizione espressione di
 interessi   non  riconducibili  a  valori  di  carattere  neutrale  e
 distaccato. Questa componente, la cui  esclusione  dalle  commissioni
 giudicatrici  dei  concorsi  pubblici  e'  stata gradualmente attuata
 nell'ordinamento  legislativo  statale  fino  ad  essere   totalmente
 applicata con il decreto legislativo ricordato poco sopra, si pone in
 stridente   contrasto  con  il  principio  di  imparzialita'  ove  si
 consideri  che  la  designazione  dei  singoli  rappresentanti   puo'
 riguardare  dipendenti  appartenenti  a  qualsiasi livello, cosi' che
 puo' accadere  che  facciano  parte  della  commissione  giudicatrice
 persone  appartenenti  a  livelli  inferiori  rispetto  a  quelli dei
 candidati  o,  addirittura,  soggetti  direttamente  interessati   al
 passaggio  di  livello  di  cui  si  tratta.  La vicenda del concorso
 esaminato nel giudizio a quo, dove un numero cospicuo  di  commissari
 hanno  dovuto  abbandonare la seduta per ragioni di incompatibilita',
 e' esemplare della carente garanzia dell'imparzialita' assicurata  da
 una norma come quella impugnata.
    Infine, la presenza di nove direttori generali, fra i quali devono
 essere  inclusi  anche  i  due segretari generali (della Giunta e del
 Consiglio) e il ragioniere generale,  e'  fonte  di  incongruenze  in
 riferimento     al    valore    dell'imparzialita'    amministrativa.
 Innanzitutto, poiche', come questa  Corte  ha  precisato  nella  gia'
 ricordata  sentenza  n.  453  del 1990, e' necessario che gli esperti
 chiamati a far parte della commissione giudicatrice siano  competenti
 rispetto  alle  materie  oggetto delle prove concorsuali, ne consegue
 che con il tipo di nomina contestato  non  e'  garantita  un'adeguata
 valutazione  dei  piu'  svariati  profili  professionali, profili che
 possono concernere  settori  nei  quali  i  piu'  elevati  dipendenti
 dell'amministrazione  regionale  di  quel dato momento potrebbero non
 avere  sufficienti  conoscenze  per  poter  essere  qualificati  come
 esperti. In secondo luogo, a norma dell'art. 25 della legge regionale
 n. 53 del 1981, i direttori  regionali  sono  nominati  dalla  Giunta
 regionale  per  quattro  anni  e  sono  revocabili  e rinnovabili. E'
 evidente  che  siffatta  posizione  non  puo'  essere  ritenuta   una
 sufficiente   garanzia   rispetto   al  principio  dell'imparzialita'
 amministrativa, considerato come assenza di possibilita' di ingerenza
 politica nello svolgimento dei concorsi.   Infine,  la  presenza,  in
 posizione  maggioritaria,  dei  direttori  generali  non  rappresenta
 un'adeguata garanzia della terzieta' che deve caratterizzare i membri
 delle commissioni di concorso, tanto che e' effettivo il rischio  che
 gli  stessi soggetti siano gli autori della relazione analitica sulla
 quantita' e qualita' del servizio prestato dal candidato -  relazione
 che,   a  norma  dell'impugnato  art.    24,  costituisce  un  titolo
 valutabile, necessariamente portato a conoscenza della commissione  -
 e,  nello  stesso  tempo,  siano i commissari incaricati di procedere
 alla  valutazione,  ai  fini  della  selezione   concorsuale,   delle
 relazioni medesime.
    5.  -  In  definitiva,  una  norma,  come quella impugnata, rivela
 palesi incongruenze in  riferimento  al  principio  di  imparzialita'
 dell'amministrazione  pubblica,  quale richiesto in sede di selezione
 concorsuale. La permanenza di norme del tipo di quella considerata si
 collega indubbiamente  al  farraginoso  adeguamento  dell'ordinamento
 legislativo  regionale  a  un modello di amministrazione pubblica che
 non si conforma piu' al  sistema  delle  carriere  e  al  conseguente
 collegamento  di  aumenti  di  stipendio  con  la promozione e con la
 connessa valutazione comparativa dei meriti dell'impiegato.
    La  abnorme  diffusione  del  concorso  interno  per  titoli   nel
 passaggio da un livello all'altro, produce un effetto distorcente sul
 nuovo modello di pubblica amministrazione regionale, basata, riguardo
 al  rapporto  di  pubblico  impiego, sulla qualifica funzionale e sui
 profili  professionali.  Questa  distorsione,  oltre  a  reintrodurre
 surrettiziamente  il  modello  delle carriere in una nuova disciplina
 che ne presuppone invece il superamento,  si  riflette  negativamente
 anche   sul   principio   costituzionale  del  buon  andamento  della
 amministrazione regionale (art. 97  della  Costituzione),  in  quanto
 facilita   l'ingolfamento  delle  qualifiche  piu'  elevate  e  rende
 problematico il rapporto tra attitudini professionali  e  svolgimento
 effettivo delle mansioni.
    Ma,  poiche'  la  piena  attuazione dei principi costituzionali di
 imparzialita' e di buon andamento  dell'amministrazione  pubblica  e'
 riservata,  in  conformita' con le rispettive competenze, alle scelte
 discrezionali del legislatore statale e di quello  regionale,  questa
 Corte, nel dichiarare costituzionalmente illegittima una disposizione
 palesemente  incongruente  con  i  suddetti  principi, auspica che il
 legislatore provveda a riesaminare e  a  ridisciplinare  gli  aspetti
 precedentemente  segnalati, ai fini della piena e positiva attuazione
 dei valori costituzionali dell'imparzialita'  e  del  buon  andamento
 dell'amministrazione pubblica.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  24,  quinto
 comma, della legge della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  14  giugno
 1983,   n.   54   (Modificazioni  e  integrazioni  alle  disposizioni
 concernenti  lo  stato  giuridico  e  il  trattamento  economico  del
 personale regionale).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1993.
                        Il presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0846