N. 350 SENTENZA 20 - 28 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Fallimento e procedure concorsuali - Crediti assistiti da  privilegio
 (nella   specie:   crediti  tributari)  -  Mancata  previsione  della
 estensione del privilegio agli interessi cosi' come stabilito  per  i
 crediti  di  lavoro  -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento -
 Esclusione - Non fondatezza della questione.
 
 (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 54, terzo comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.32 del 4-8-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 3,
 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento del  concordato
 preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
 coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa  il  14  aprile
 1992  dalla  Corte d'Appello di Roma nel procedimento civile vertente
 tra  il  Monte  dei  Paschi  di  Siena  e  la   liquidazione   coatta
 amministrativa della S.p.a. La Secura Assipopolare ed altro, iscritta
 al  n.  111  del  registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 12,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1993;
    Visti  gli  atti  di  costituzione del Monte dei Paschi di Siena e
 della liquidazione coatta amministrativa della S.p.a.
 La Secura Assipopolare;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 1993 il Giudice  relatore
 Renato Granata;
    Uditi  l'avv.  Saverio  Casulli per il Monte dei Paschi di Siena e
 l'Avv. Adriano Rossi per la liquidazione coatta amministrativa  della
 S.p.a. La Secura Assipopolare.
                           Ritenuto in fatto
    A  seguito  di  opposizione  allo  stato passivo della societa' La
 Secura Assipopolare S.p.A.  in  liquidazione  coatta  amministrativa,
 opposizione  proposta  dal  Monte dei Paschi di Siena, in qualita' di
 esattore del Comune di Roma, che aveva chiesto di essere  ammesso  al
 passivo  per  imposte  non  pagate,  oltre  soprattasse, interessi ed
 indennita' di mora, il Tribunale di Roma con sentenza del 13 febbraio
 1988 ammetteva, tra l'altro, in via chirografaria, anziche'  in  sede
 privilegiata,  il credito per interessi relativi ai crediti tributari
 assistiti da privilegio, interessi maturati prima  del  provvedimento
 che  aveva  ordinato  la  liquidazione  coatta  amministrativa  della
 societa'.
    In  relazione  (tra l'altro) a tale punto della decisione il Monte
 dei Paschi di Siena proponeva appello, insistendo per l'ammissione in
 sede privilegiata degli interessi sui crediti suddetti; nel corso del
 giudizio di gravame  la  adita  Corte  d'appello  ha  sollevato  (con
 ordinanza  del  14 aprile 1992) questione incidentale di legittimita'
 costituzionale - in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  -
 dell'art. 54, comma 3, r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare)
 nella parte in cui non prevede l'estensione del diritto di prelazione
 agli interessi garantiti da privilegio nei limiti stabiliti dall'art.
 2749 c.c.
    Osserva  la Corte rimettente che l'art. 54, comma 3, - richiamando
 solo gli artt. 2788 e  2855  cod.  civ.,  che  riguardano  i  crediti
 assistiti  da  pegno  e da ipoteca, e non anche l'art. 2749 cod. civ.
 relativo ai  crediti  assistiti  da  privilegio  -  ha  l'effetto  di
 precludere   l'estensione   della  causa  di  prelazione  anche  agli
 interessi dei crediti privilegiati; interpretazione questa che, a suo
 avviso, sarebbe stata accolta dalla  giurisprudenza  della  Corte  di
 cassazione  (Cass.  19 marzo 1982 n. 1786) e che troverebbe riscontro
 nella stessa giurisprudenza di questa Corte (sent. nn. 204 e 408  del
 1989 che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt.
 54, comma 3, e 55, comma 1, legge fallimentare nella parte in cui non
 estendono la prelazione agli interessi dovuti sui crediti di lavoro e
 su quelli delle societa' o enti cooperativi di produzione e lavoro).
    Cio'  premesso,  la  Corte sospetta la violazione del principio di
 eguaglianza  (art.  3  della   Costituzione)   per   l'ingiustificato
 trattamento  deteriore  riservato ai crediti privilegiati rispetto ai
 crediti garantiti da pegno od  ipoteca  giacche'  per  questi  ultimi
 l'estensione  della  causa  di  prelazione agli interessi sui crediti
 garantiti e' generalizzata, mentre per i primi e'  limitata  soltanto
 ad  alcuni  crediti (quelli di lavoro ed equiparati); tale diversita'
 di disciplina si appalesa ingiustificata anche perche' per i  crediti
 privilegiati  la  causa di prelazione e' accordata direttamente dalla
 legge in considerazione della causa del credito, mentre per i crediti
 ipotecari e pignoratizi e', di norma, stabilita dalla volonta'  delle
 parti;   inoltre   talora  e'  lo  stesso  legislatore  ad  accordare
 preferenza ai crediti privilegiati  rispetto  a  quelli  ipotecari  e
 pignoratizi (artt. 2748, 2781, 2779 c.c.).
    La  Corte  rimettente  - che e' consapevole della dichiarazione di
 manifesta infondatezza di analoga questione di costituzionalita' gia'
 pronunciata da questa Corte (ord. n. 227 del 1989) - ritiene  che  la
 questione  debba  essere  riconsiderata  proprio  per  la  successiva
 estensione del privilegio agli interessi dovuti sui crediti delle co-
 operative di produzione e  lavoro  (sent.  n.  408  del  1989  cit.),
 crediti che, se per alcuni aspetti possono essere assimilati a quelli
 del  lavoratore  subordinato,  non  possono  tuttavia essere con essi
 totalmente identificati.
    In questa linea di progressiva estensione della  prelazione  sugli
 interessi  nelle procedure concorsuali la Corte rimettente chiede una
 pronuncia additiva che  completi  tale  estensione  generalizzando  a
 tutti  i crediti privilegiati (compresi, quindi, quelli tributari) la
 prelazione stessa.
    2. - La difesa del Monte dei Paschi  di  Siena,  nel  costituirsi,
 invoca la giurisprudenza di merito che ha ritenuto l'estensione della
 prelazione anche agli interessi maturati prima della dichiarazione di
 fallimento  (o, come nella specie, del provvedimento che ne ordina la
 liquidazione   coatta   amministrativa)   sui  crediti  assistiti  da
 privilegio generale, sostenendo in particolare  che  il  primo  comma
 dell'art. 54 consente ai creditori garantiti da privilegio (oltre che
 da  pegno  e  da ipoteca) di far valere il loro diritto di prelazione
 sul prezzo dei beni vincolati per il capitale,  gli  interessi  e  le
 spese.  Quindi  non e' esatto il presupposto interpretativo dal quale
 muove il giudice rimettente sicche' la questione e' inammissibile.
    3. - La difesa della  societa'  Secura  Assipopolare  S.p.A.,  nel
 costituirsi   in   persona   del  commissario  liquidatore,  sostiene
 anch'essa  (ma  con  diverse  argomentazioni)  l'inammissibilita'   o
 comunque l'infondatezza della questione di costituzionalita'.
    In particolare ritiene che non sia condivisibile la prospettazione
 dell'ordinanza  di  rimessione  nella  parte  in cui sostiene che non
 sarebbe giustificabile un trattamento deteriore per gli interessi sui
 crediti assistiti da privilegio  rispetto  a  quello  riservato  agli
 interessi  sui crediti pignoratizi od ipotecari: si tratta infatti di
 una facolta' discrezionale  del  legislatore,  non  irragionevolmente
 esercitata perche' la maggior tutela accordata ai crediti pignoratizi
 od ipotecari si giustifica con l'esigenza di tutela del credito.
    In  una  successiva  memoria  la  societa'  sostiene il difetto di
 rilevanza  (e   quindi   l'inammissibilita')   della   questione   di
 costituzionalita'  sotto  il profilo che, controvertendosi unicamente
 di crediti per soprattasse per tardivo versamento delle ritenute alla
 fonte IRPEF, non vi sarebbe alcun diritto di prelazione mancando  una
 specifica   previsione  legislativa  della  natura  privilegiata  dei
 crediti medesimi.
                        Motivi della decisione
    1. - E' sollevata questione di legittimita'  costituzionale  -  in
 riferimento  all'art.  3  della Costituzione - dell'art. 54, comma 3,
 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (Disciplina del fallimento  del  concordato
 preventivo,  della  amministrazione  controllata e della liquidazione
 coatta amministrativa) nella parte in cui  non  prevede  l'estensione
 del  diritto di prelazione agli interessi garantiti da privilegio nei
 limiti stabiliti dall'art. 2749 c.c. per l'ingiustificato trattamento
 deteriore riservato  ai  crediti  privilegiati  rispetto  ai  crediti
 garantiti   da   pegno   od  ipoteca  in  quanto  per  questi  ultimi
 l'estensione della causa di prelazione  agli  interessi  sui  crediti
 garantiti  e'  generalizzata, mentre per i primi e' limitata (in caso
 di fallimento od altra  procedura  concorsuale)  soltanto  ad  alcuni
 crediti  privilegiati  (crediti  di  lavoro  ovvero di cooperative di
 produzione e lavoro).
    2. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di  inammissibilita'
 della  questione  di costituzionalita', eccezione che la difesa della
 Secura Assipopolare  S.p.a.  in  liquidazione  coatta  amministrativa
 solleva sotto un duplice profilo.
    Il  primo  (prospettato  nella memoria di costituzione) attiene al
 merito, con esso sostenendosi la non comparabilita' delle  situazioni
 messe  a  raffronto.  Ed  il  secondo  (prospettato nella memoria per
 l'udienza)  e'  infondato  nella  premessa   in   fatto,   risultando
 chiaramente  dalla  ordinanza  di  rimessione  che  la  questione  e'
 sollevata con riferimento al capo  di  domanda  per  l'ammissione  al
 passivo  in  via  privilegiata  degli  "interessi relativi a ratei di
 imposta" e non gia' degli interessi su crediti per soprattasse.
    3.  -  A  sua  volta  la  difesa  del  Monte  dei Paschi di Siena,
 concessionario  del  servizio  riscossione  tributi,  deduce  che  la
 questione  sarebbe  "inammissibile per manifesta infondatezza" attesa
 la (assunta) erroneita' del presupposto interpretativo da  cui  muove
 il  giudice  a  quo.  Invero l'ordinanza di rimessione postula che de
 iure condito il privilegio dei crediti tributari non  si  estende  ai
 relativi  interessi fino alla dichiarazione di fallimento (disciplina
 questa che trova applicazione anche in caso  di  liquidazione  coatta
 amministrativa). Oppone, invece, il Monte dei Paschi di Siena che per
 giurisprudenza   consolidata,   di   merito  e  di  legittimita',  il
 privilegio - che ex art. 20 e 21 d.P. R. n. 602 del 1973 assiste  gli
 interessi  relativi  alle imposte sui redditi - opererebbe "fino alla
 dichiarazione di fallimento".
    La Corte osserva che in realta' - mentre per il periodo successivo
 alla  dichiarazione  di  fallimento  e'  oggi  ius   receptum   nella
 giurisprudenza  della  Corte di cassazione che gli interessi relativi
 ai crediti (anche) privilegiati (oltre che ipotecari  e  pignoratizi)
 continuano  a  decorrere,  ma con collocazione chirografaria - quanto
 agli interessi maturati su tali crediti nel  periodo  prefallimentare
 manca una opzione interpretativa che possa dirsi sicuramente univoca.
    Sulla  specifica  questione  non risulta alcuna esplicita puntuale
 pronunzia della Corte  di  cassazione,  e  se  da  talune  delle  sue
 decisioni   puo'   forse   trarsi   la  illazione  di  una  implicita
 contrapposizione tra la disciplina relativa all'uno e quella relativa
 all'altro  periodo  (Cass.  17  luglio  1978  n.  3570),   va   pero'
 sottolineato  che  la maggior parte delle pronunzie - ormai da tempo,
 come  si   e'   detto,   orientate   nell'escludere   la   prelazione
 relativamente   agli   interessi  successivi  alla  dichiarazione  di
 fallimento sulla base del combinato disposto dell'art. 55,  comma  1,
 ultima  parte,  e  del  precedente art. 54, comma 3, - argomentano in
 modo da  lasciare  chiaramente  intendere  una  lettura  unitaria  di
 quest'ultima  disposizione,  ossia  valevole  per  gli  interessi sia
 precedenti che successivi alla dichiarazione di fallimento.
    Ne' alcuna distinzione emerge dalla motivazione delle sentenze  di
 questa  Corte  dichiarative della illegittimita' costituzionale degli
 artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo,  nella  parte  in  cui  non
 estendono  la  prelazione  agli interessi sui crediti privilegiati di
 lavoro nelle diverse  procedure  concorsuali  (sent.  n.  300/86;  n.
 408/89; n. 567/89).
    Non  uniformi  sono poi la dottrina e la giurisprudenza di merito;
 in particolare in quest'ultima si rinvengono  pronunzie  diversamente
 orientate  nei  due  sensi (pur in costanza di una prassi applicativa
 dei  giudici  fallimentari  pressoche'  generalmente  favorevole   al
 riconoscimento della prelazione fino alla data del fallimento).
    E  - puo' ulteriormente considerarsi - se da un lato l'esclusione,
 in generale,  della  prelazione  per  gli  interessi  prefallimentari
 relativi   ai   crediti   meramente   privilegiati   puo'  incontrare
 difficolta' nel coordinamento tra il primo e il terzo comma dell'art.
 54,  dall'altro  la   opposta   interpretazione,   che   afferma   la
 operativita'  del  privilegio  per  gli  interessi maturati prima del
 fallimento, incontra a  sua  volta  la  difficolta'  di  spiegare  la
 collocazione  della  disposizione  in argomento - una volta che la si
 legga, appunto, come ordinata a disciplinare unicamente gli interessi
 successivi alla dichiarazione di fallimento - nel contesto  dell'art.
 54  relativo,  invece,  agli  interessi  fino  alla  dichiarazione di
 fallimento. Non senza considerare che nel disegno  normativo  offerto
 dalla   seconda  interpretazione  rimarrebbe  senza  una  ragionevole
 spiegazione il fatto che prima della dichiarazione di  fallimento  il
 trattamento  dei  crediti  privilegiati  sarebbe  piu'  favorevole di
 quello dei crediti pignoratizi  e  ipotecari  (perche'  per  i  primi
 l'estensione  della  prelazione  agli  interessi non incontrerebbe il
 limite temporale dell'art. 2749  cod.  civ.,  mentre  per  gli  altri
 opererebbe  il  limite  di  cui  agli artt. 2788 e 2855 cod.   civ.);
 invece  dopo  la  dichiarazione  di  fallimento  e'  viceversa   piu'
 favorevole   il  trattamento  dei  crediti  pignoratizi  e  ipotecari
 (giacche' l'estensione della prelazione agli  interessi  continua  ad
 operare  nei  limiti  degli artt. 2788 e 2855 cit.) rispetto a quello
 dei crediti privilegiati sui cui interessi la prelazione - secondo il
 consolidato indirizzo giurisprudenziale prima ricordato - viene  meno
 del tutto.
    Questo essendo il quadro di riferimento, che evidenzia la mancanza
 di un sicuro orientamento interpretativo del denunziato art. 54 comma
 3,  la  Corte  non puo' che attenersi alla lettura datane con ampia e
 non implausibile motivazione dal giudice a  quo  ed  affrontare  alla
 stregua di essa la questione sollevata.
    4.  - La questione - come proposta dal giudice rimettente - non e'
 fondata.
    Proprio con riferimento agli interessi (peraltro,  in  quel  caso,
 maturati  dopo  l'apertura  della  procedura concorsuale) relativi ai
 crediti tributari, la ordinanza n. 227 del  1989,  richiamando  anche
 altri   precedenti  conformi,  ha  chiarito  che  la  estensione  del
 privilegio agli interessi e' stata operata  dalla  giurisprudenza  di
 questa   Corte,   a   partire   dalla   sentenza  n.  300  del  1986,
 "esclusivamente" con riferimento alla violazione dell'art.  36  della
 Costituzione e cioe' in favore dei crediti di lavoro, sul rilievo che
 e'   "ingiustificatamente   lesivo  dell'art.  36  la  disparita'  di
 trattamento determinata  dalla  denunziata  omessa  previsione  della
 prelazione"  per  gli interessi relativi a tali crediti (sent. n. 204
 del 1989).
    Ne' una deviazione da questa linea  verso  un  allargamento  della
 estensione  della  prelazione  agli  interessi  correlati  a  tutti i
 crediti privilegiati in quanto tali puo' ravvisarsi, contrariamente a
 quanto opinato dal giudice a quo, nella sentenza n. 408 del 1989,  la
 quale  fa  leva  - oltre che sull'art. 45 della Costituzione - ancora
 sull'art. 36 della Costituzione, in ragione delle  profonde  analogie
 ravvisate  tra i crediti delle cooperative di produzione e lavoro (in
 quella occasione considerati) ed i crediti di lavoro.
    Con riferimento per contro al  solo  art.  3  della  Costituzione,
 nella  specie  unicamente  invocato  dal giudice a quo, la denunziata
 disparita'  di  trattamento  degli  interessi  relativi  ai   crediti
 privilegiati  in  genere  -  e tributari in particolare - rispetto al
 trattamento degli interessi relativi ai crediti assistiti da pegno  o
 da  ipoteca  trova  adeguata  giustificazione nella non irragionevole
 valutazione  discrezionale  del  legislatore  circa   la   ontologica
 diversita'  intercorrente  tra le varie cause di prelazione consider-
 ate, differenza che si riflette - al di la' e ben oltre lo  specifico
 profilo  qui  in  discussione  -  nel  differenziato  regime generale
 riservato a ciascuna di esse.
    La questione va quindi dichiarata infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 54, comma 3, r.d. 16 marzo 1942,  n.  267  (Disciplina  del
 fallimento    del    concordato    preventivo,   dell'amministrazione
 controllata e della liquidazione coatta  amministrativa),  sollevata,
 in  riferimento  all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'appello
 di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0873