N. 313 ORDINANZA 23 giugno - 9 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -  Prova  del  reato  -  Analisi  -  Modalita'  -
 Documentazione - Incertezza del  thema decidendum e del    petitum  -
 Difetto di comprensione della rilevanza - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.p.p. artt. 234, 468 secondo comma, 495 secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 76 e 97).
(GU n.33 del 11-8-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof. Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli artt. 234, 468, secondo comma, e 495, secondo comma, del codice
 di  procedura  penale,  promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1992
 dal  Pretore  di  Bergamo,  sezione   distaccata   di   Clusone   nel
 procedimento penale a carico di Pedrini Luigi, iscritta al n. 728 del
 registro  ordinanze  1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  10 marzo 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Clusone,
 ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.
 234,  468, secondo comma, 495, secondo comma, del codice di procedura
 penale  "nella  parte  in  cui  tali  norme,  nel  diritto   vivente,
 comportano che ai fini della prova del reato, sia necessario dapprima
 documentare  analiticamente  per iscritto tutte le attivita' connesse
 all'accesso, all'insediamento, al campionamento, al prelievo ed  alle
 analisi;  ed  in  seguito  ridocumentare  nel  verbale  di udienza la
 deposizione del teste su quelle medesime circostanze di fatto";
      che ad avviso del remittente il combinato disposto  delle  norme
 impugnate contrasterebbe:
      con  l'art.  76 della Costituzione: per violazione del principio
 di massima semplificazione del processo, indicato nelle direttive nn.
 1 e 103 dell'art. 2 della legge di delega n. 81 del 1987;
      con l'art. 3 della Costituzione: per  ingiustificata  disparita'
 di trattamento tra la posizione del pubblico ministero e la posizione
 della  difesa  "che  puo'  produrre  documenti senza neppure indicare
 (come testi) coloro che quei documenti ebbero a redigere";
      con l'art. 24 della Costituzione: per violazione del "diritto di
 difesa dello Stato-ordinamento rispetto alla commissione di reato";
      con l'art. 97 della  Costituzione:  in  quanto  detta  attivita'
 "destinata  semplicemente  a  far  aumentare  il  materiale  cartaceo
 processuale" non sarebbe coerente con l'esigenza  di  buon  andamento
 della pubblica amministrazione;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo  per l'inammissibilita' - sotto il profilo del difetto di
 rilevanza - o comunque per la manifesta infondatezza della questione;
    Considerato che il provvedimento di rimessione, certamente di  non
 agevole   comprensione,   accenna,   sul   punto   della   rilevanza,
 all'eventualita'  di  una  revoca  dell'ammissione   di   una   prova
 testimoniale asseritamente sovrabbondante;
      che,  d'altro  lato,  non  risulta comprensibile quale pronuncia
 auspichi il remittente, essendo assolutamente non chiaro ne' il  tipo
 di   intervento   che  questa  Corte  dovrebbe  operare  sulle  norme
 impugnate, ne' quale disciplina in concreto debba risultarne;
      che  tale incertezza del thema decidendum e del petitum comporta
 anche l'impossibilita' di comprendere esattamente quale rilevanza  la
 questione abbia sul provvedimento di revoca adottando;
      che,  inoltre, con evidente contraddizione il remittente lamenta
 un   obbligo   di   "ridocumentazione"   che   le   norme   impugnate
 comporterebbero  ai  fini  della  prova  del reato, in quanto l'unica
 fonte di conoscenza della  regiudicanda  da  parte  del  giudice  del
 dibattimento  puo'  essere  solo  quanto  contenuto nel fascicolo del
 dibattimento, nel quale, secondo la stessa prospettazione del giudice
 a quo, non v'e' alcuna documentazione di accertamenti precedentemente
 compiuti;
      che pertanto la questione deve essere dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita' costituzionale degli artt. 234, 468, secondo comma, 495,
 secondo   comma,   del  codice  di  procedura  penale,  sollevata  in
 riferimento agli artt. 76, 3, 24, e 97 della Costituzione dal Pretore
 di  Bergamo,  sezione  distaccata  di  Clusone,  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 9 luglio 1993.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 93C0782