N. 409 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1993

                                N. 409
 Ordinanza emessa il 22 aprile 1993 dalla corte  d'appello  di  Genova
 sul reclamo proposto da Zarrillo Vincenzo
 Adozione  -  Adozione di persona maggiorenne - Esclusione in presenza
 di  figli  minorenni  dell'adottante  -  Disparita'  di   trattamento
 rispetto  alle  persone  che  abbiano  figli maggiorenni per le quali
 l'adozione e' consentita, se consenzienti.
 (C.C., artt. 291 e 297).
 (Cost., art. 3).
(GU n.35 del 25-8-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento in camera di
 consiglio  promossa  da  Zarrillo  rag.  Vincenzo,  rappresentato   e
 assistito   dagli   avvocati   procuratori  Enrico  Siboldi,  via  S.
 Sebastiano, 15, Genova, e Vincenzo Maglione di Alassio  e  presso  il
 primo  elettivamente domiciliato, giusta mandato in calce al ricorso,
 reclamante,  con  l'intervento   del   procuratore   generale   della
 Repubblica.
    Con ricorso 21 luglio 1992 Zarrillo Vincenzo chiedeva al tribunale
 di  Savona di pronunciare l'adozione, da parte di esso ricorrente, di
 Caprarola Stefania, maggiorenne, in quanto nata il 18  gennaio  1974,
 figlia  di  prime  nozze  dell'attuale moglie di esso Zarrillo, Sanna
 Paola.
    All'esito della procedura in camera di  consiglio,  il  tribunale,
 con  decreto 5 settembre 1992, dichiarava, ai sensi dell'art. 313 del
 c.c., di non far luogo all'adozione perche' preclusa, ex art. 291 del
 c.c., dal fatto di avere lo  Zarrillo  un  figlio  legittimo,  Paolo,
 ancora minorenne, essendo nato il 9 aprile 1982, oltre ad una figlia,
 legittima,  Alessandra,  maggiorenne, la quale aveva prestato assenso
 in proprio e in qualita' di  curatore  speciale  del  fratello,  tale
 nominata dal giudice tutelare.
    Osservava,   il   tribunale,   che  nella  specie  la  preclusione
 sussisteva nonostante la sentenza della  Corte  costituzionale  11-19
 maggio    1988,    n.   557,   giacche'   questa   aveva   dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art.  291  cit.  soltanto  nella
 parte  in  cui non consentiva l'adozione a persone aventi discendenti
 legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.
    Ha proposto tempestivo reclamo lo Zarrillo con ricorso  presentato
 il  6  ottobre  1992, insistendo nella domanda ed instando a che, ove
 ritenuto, venga previamente sottoposta alla Corte  costituzionale  la
 questione  della  legittimita' costituzionale dell'art. in parola, in
 rapporto all'art. 3 della Costituzione, anche per il residuo  dettato
 preclusivo anzidetto.
    Il  reclamante  dichiara di ritenere limitativa la "lettura" della
 sentenza della Corte costituzionale da parte del  tribunale,  la  cui
 decisione,  a  suo  avviso, si pone in contrasto con lo spirito delle
 norme sull'adozione e collide con l'art. 3 della Costituzione, per la
 diversita' di trattamento concepita in relazione a  chi  -  aspirante
 adottante  -  abbia  discendenti  legittimi  o  legittimati minorenni
 rispetto a chi li abbia maggiorenni.
    Il procuratore generale, intervenuto, ha disposto il  rigetto  del
 reclamo.
                             O S S E R V A
    La  sentenza della Corte costituzionale n. 557/1988 si e' limitata
 a  dichiarare,  in  aderenza   alla   questione   allora   sollevata,
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 291 del c.c. nella parte,
 appunto,  in  cui  non  consentiva  l'adozione   a   persone   aventi
 discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.
    Premesso  che  il legislatore, in via di principio, nell'esercizio
 del suo potere discrezionale, puo' contenere l'istituto dell'adozione
 entro l'ambito ritenuto piu' opportuno per  salvaguardare  i  diritti
 dei  membri della famiglia legittima e che e' tuttavia necessario che
 la  normativa  non  comporti  limitazioni  eccessive,  e  come   tali
 irrazionali,  rispetto allo scopo perseguito, si' da violare l'art. 3
 della Costituzione, la sentenza ha rilevato che,  mentre  l'esistenza
 del  coniuge  non  osta all'adozione, sempre che questi presti il suo
 assenso, ex art. 297, primo comma, del c.c., la  circostanza  che  vi
 siano   figli   legittimi   o   legittimati,  benche'  maggiorenni  e
 consenzienti, impedisce l'adozione.
    "Tale differente valutazione legislativa dell'assenso  di  persone
 (rispettivamente coniuge e figli), tutte facenti parte della famiglia
 legittima   dell'adottante   ed  egualmente  interessate,  sia  sotto
 l'aspetto morale che sotto quello patrimoniale, anche in relazione al
 favor sempre dimostrato dal legislatore verso l'istituto, appare,  ha
 affermato   la   Corte  costituzionale,  chiaramente  incongrua.  Non
 sussiste, infatti, un motivo razionale per ritenere  sufficientemente
 tutelata  la  posizione  del coniuge attraverso la previsione del suo
 assenso,  e  per  non  disporre  analogamente,  in   una   situazione
 sostanzialmente   identica   rispetto   ai  discendenti  legittimi  o
 legittimati maggiorenni e consenzienti. Deve concludersi che la norma
 impugnata viola, per la parte  a  cui  si  riferisce  l'ordinanza  di
 rimessione, il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) e
 deve quindi esserne dichiarata l'illegittimita' costituzionale".
    Questi  sono  gli  esatti  limiti  entro  cui  ha  perso vigore la
 preclusione contenuta nell'art. 291, la quale, pertanto, non puo' che
 essere considerata tuttora operante  nel  caso,  qual  e'  quello  in
 esame, dell'esistenza di un figlio legittimo minorenne dell'aspirante
 adottante.
    La  corte di appello di Napoli, con ordinanza 13 novembre 1991, ha
 sollevato   d'ufficio    ulteriore    questione    di    legittimita'
 costituzionale  in relazione al caso di esistenza di figlio legittimo
 o legittimato, dell'aspirante adottante, maggiorenne, ma incapace  di
 esprimere  l'assenso  perche'  interdetto per infermita' di mente. La
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  7  luglio  1992,  ha  peraltro
 dichiarato la questione infondata, nel ricostruito sistema normativo,
 osservando  che  la  prospettazione della Corte remittente non teneva
 adeguatamente  conto  dell'art. 297, secondo comma, ultima parte, del
 c.c.,  in  rapporto  all'impossibilita'  di  ottenere  l'assenso  per
 incapacita'  delle  persone chiamate ad esprimerlo. "In tal caso", ha
 affermato la sentenza,  "il  tribunale  puo'  egualmente  pronunziare
 l'adozione   con  le  modalita'  previste  dall'art.  297  del  c.c.,
 apprezzando gli interessi indicati nella stessa disposizione.  Questa
 specifica  disciplina", ha considerato la Corte, "pur se inserita nel
 contesto delle disposizioni relative all'assenso del  coniuge  e  dei
 genitori,  assume,  nel  rispetto  del  tenore  letterale  del  testo
 normativo che si riferisce a tutte le persone chiamate  ad  esprimere
 il  proprio  assenso  all'adozione,  un  significato  ed un contenuto
 generale e, quindi, a seguito  della  sentenza  di  questa  Corte  n.
 557/1988,  deve  essere  applicata  anche  ai discendenti legittimi o
 legittimati dell'adottante, quando e' impossibile  ottenere  il  loro
 assenso per incapacita'".
    Ma  l'ancor  diverso caso in esame non sembra poter essere risolto
 tout court con  il  ritenerlo  attratto,  a  sua  volta,  nell'ambito
 dell'art. 297 come effetto automatico ulteriore della pronuncia della
 Corte costituzionale del 1988.
    Allo   stato   attuale,   l'art.   291   pare,  ripetesi,  tuttora
 assolutamente preclusivo di fronte  all'esistenza  di  discendenti  -
 nella  specie  figlio  -  minorenni  (sempre,  s'intende, legittimi o
 legittimati) dell'aspirante adottante. Per cui si affaccia  la  nuova
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  dalla  cui  risoluzione
 dipende  la  definizione  del  presente  procedimento,  dato  che  si
 prospettano sussistenti gli altri requisiti di legge; nuova questione
 che,  atteggiantesi  nei  termini  essenziali che seguono, non appare
 manifestamente infondata.
    E'  giustificata  la  restante   discriminazione,   agli   effetti
 dell'applicabilita'  dell'istituto,  fra  l'incapacita'  d'agire  del
 minore e quella da infermita' di mente dell'interdetto?
    Importante differenza sostanziale, in  effetti,  e'  quella  della
 istituzionalmente predeterminata transitorieta' della prima, connessa
 alla   normale   crescita   della  persona,  rispetto  alla  seconda,
 dipendente questa, dall'accertando evolversi o risolversi  nel  tempo
 della  genericamente intesa patologia mentale (art. 429 del c.c.); la
 quale peraltro, dovendo essere contrassegnata, perche' si  possa  far
 luogo   all'interdizione,   dal  carattere  dell'abitualita',pur  non
 sinonimo di inguaribilita', in molti  casi  difficilmente  regredisce
 nel breve/medio termine, nonostante le terapie e i trattamenti, ed e'
 quindi spesso legata ad incertezza di prognosi, quando non a prognosi
 di   irreversibilita'   per  progressivo  decadimento  cerebrale  e/o
 dissesto dei delicati equilibri fra le facolta' superiori.
    All'atto  pratico,  ammettere  anche  il  caso   del   discendente
 minorenne    fra    quelli   dell'art.   297   (u.p.),   nei   quali,
 all'impossibilita' di ottenere l'assenso si  sopperisce  con  la  pur
 prudente valutazione del giudice, porterebbe a soluzioni
 irrevocabilmente  privative,  per  il  giovane  soggetto interessato,
 dell'esercizio, a termine magari abbastanza prossimo a  maturare,  di
 quella  facolta'  personalissima  di  non  assenso,  con  il  di  lui
 assoggettamento ai relativi effetti, in particolare, restrittivi  sul
 piano  patrimoniale, immediati e futuri (art. 567 pr. c. in relazione
 al 566 del c.c.).
    Non  si  deve, invero, negligere la considerazione della finalita'
 che, sebbene con i forti contemperamenti e  le  attenuazioni  portati
 dall'evoluzione  dell'istituto,  con il crescente favor nei confronti
 del formarsi della famiglia adottiva e, in particolare, nei confronti
 dell'adottando, l'adozione, ora "ordinaria" -  affiancata  da  quella
 specificamente introdotta in chiave marcatamente sociale, a beneficio
 del  delicato  settore  dei  minorenni in stato di abbandono (dove e'
 possibile l'adozione anche in presenza di figli legittimi  minorenni)
 -  ha  pur sempre conservato, o comunque non ha del tutto perduto, la
 finalita', cioe', della perpetuazione del nome dell'adottante e della
 trasmissione del  relativo  patrimonio.  In  un  contesto  nel  quale
 l'eventuale   gia'   esistente   famiglia   legittima  dell'aspirante
 adottante, nei suoi componenti piu' stretti, non puo' essere relegata
 in secondo  piano  (vedasi,  significativa,  nell'art.  297,  secondo
 comma,  pr.  p.,  la  disciplina  correlata  al  dissenso del coniuge
 dell'adottante, rispetto a quella relativa al dissenso  dei  genitori
 dell'adottando,    il   quale   nel   nuovo   quadro   normativo   e'
 necessariamente maggiorenne e quindi non piu' soggetto alla  potesta'
 genitoriale).
    Questi  differenziali aspetti problematici potrebbero tuttavia, in
 altra ottica, essere ritenuti affrontabili adeguatamente proprio  con
 il   saggio   apprezzamento   del   giudice,   il   quale,  valutando
 comparativamente gli interessi in campo e gli elementi specifici  del
 caso  singolo, potrebbe, ad esempio, pervenire ad una decisione, allo
 stato, di non  opportunita'  di  far  luogo  all'adozione,  la'  dove
 prossimo  sia  il  raggiungimento della maggiore eta' del discendente
 dell'aspirante adottante,  preservandogli  l'esercizio  personale  di
 quella condizionante facolta'.
    La  questione di legittimita' costituzionale che sta alla base non
 puo' mancare, pertanto, di essere sottoposta al giudice delle leggi.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta la rilevanza,  nonche'  la  non  manifesta  infondatezza,
 dell'insorta  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 291
 e, per quanto vi si connette, dell'art.  297  del  cod.  civ.,  nella
 parte  in  cui non viene consentita l'adozione alle persone che hanno
 discendenti legittimi o  legittimati  minorenni,  per  contrasto  con
 l'art. 3 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il procedimento in corso;
    Ordina la notificazione, a cura della cancelleria, della  presente
 ordinanza   alle  parti  private  del  procedimento,  al  procuratore
 generale  presso  questa  Corte,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  nonche'  la comunicazione della stessa ai Presidenti delle
 due Camere del Parlamento.
      Genova, addi' 22 aprile 1993
                        Il presidente: PICCARDO
                                   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 93C0799