N. 427 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 1993

                                N. 427
 Ordinanza   emessa  l'8  maggio  1993  dal  pretore  di  Perugia  nel
 procedimento civile vertente tra Napoli  Lucio  e  la  prefettura  di
 Perugia
 Circolazione  stradale  -  Infrazioni  al  nuovo  codice della strada
 (nella  specie:  eccesso  di  velocita')  -  Ricorso  al  prefetto  -
 Previsione,  nel  caso di mancato accoglimento, di un raddoppio della
 pena minima edittale - Violazione del diritto di difesa.
 (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, primo comma).
 (Cost., art. 24).
(GU n.35 del 25-8-1993 )
                       IL VICE PRETORE ONORARIO
    A scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza 16 aprile
 1993,  ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  civile
 iscritta al n. 478 del ruolo generale degli affari civili contenziosi
 dell'anno  1993,  promossa da Napoli Lucio, elettivamente domiciliato
 in Perugia, Ponte San Giovanni, via Bixio,  35,  c/o  Perugia  Invest
 S.a.s.,  in  proprio nonche' rappresentato dall'avv. GiampietroMilani
 del foro  di  Roma,  opponente,  contro  la  prefettura  di  Perugia,
 rappresentata  in  giudizio  dal  funzionario dott.ssa Maria Speranza
 Sciurpi ex art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, opposta,  ed
 avente  ad  oggetto  opposizione  ex  art. 22 della legge 24 novembre
 1981, n. 689.
    Oggetto  della  presente  ordinanza:  questione  di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 204, primo comma, del d.lgs. 30 aprile 1992,
 n.  285, nella parte in cui dispone che in materia di infrazioni alle
 norme sulla circolazione stradale a seguito  di  ricorso  avverso  il
 sommario   processo   verbale   il   prefetto   "se  ritiene  fondato
 l'accertamento emette, entro trenta giorni, ordinanza motivata con la
 quale ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite  non
 inferiore  al  doppio del minimo edittale per ogni singola violazione
 ..", limitatamente all'inciso "nel limite non inferiore al doppio del
 minimo edittale per ogni singola violazione" sollevata in riferimento
 all'art. 24 della Costituzione  a  seguito  di  istanza  della  parte
 ricorrente.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  ricorso  depositato  l'8  marzo  1993  Napoli Lucio proponeva
 opposizione avanti a questo pretore avverso  l'ordinanza  ingiunzione
 24  febbraio 1993, n. 565/93, con la quale il prefetto di Perugia gli
 aveva comminato il pagamento della somma di L. 1.000.000, oltre spese
 di procedimento, a  titolo  di  sanzione  pecuniaria  per  infrazione
 all'art. 142/9› del codice della strada, commessa il 6 febbraio 1993,
 per aver alla guida dell'auto targata Roma 255475 superato di km/h 57
 il limite massimo di velocita' di km/h 90.
    Lamentava l'opponente l'illegittimita' del provvedimento impugnato
 per  difetto del presupposto costituito dall'esistenza di limitazione
 di velocita' a 90 km/h. Sosteneva infatti il Napoli la presenza,  sul
 tratto  di strada percorso, di limitazione legislativa a 110 km/h, in
 quanto avente le caratteristiche di strada  extraurbana  a  carattere
 principale  perche'  classificata  "strada principale di orientamento
 nord-sud" a livello internazionale dal  d.m.  14  febbraio  1984  del
 Ministero  dei  lavori  pubblici  e  stante  il  difetto  di  diversa
 segnaletica e la validita' in via transitoria di quella  preesistente
 all'entrata  in  vigore  del  nuovo  codice  della  strada.  Chiedeva
 pertanto l'annullamento dell'impugnata  ordinanza  ingiunzione  e  la
 declaratoria di inefficacia delle sanzioni accessorie connesse.
    Con  memoria depositata il 29 marzo 1993 si costituiva in giudizio
 la prefettura di Perugia, sostenendo l'impossibilita' di classificare
 la  strada  percorsa  dal  trasgressore  tra  le  strade  extraurbane
 principali,  per  le  quali  e' fissato il limite di velocita' di 110
 km/h, per la mancanza di tutte le caratteristiche tecniche  richieste
 a tal fine dall'art. 2 del nuovo codice.
    La  limitazione  a  90  km/h,  derivante dalla qualifica di strada
 statale,  comportava  la  sussistenza  dell'infrazione  nella  misura
 contestata e la conseguente legittimita' del provvedimento impugnato,
 del quale si chiedeva la conferma.
    Con  successiva memoria istruttoria, depositata all'udienza del 16
 aprile 1993, il ricorrente ribadiva le proprie  domande  e  proponeva
 istanza   affinche'   il   giudice   adito  sollevasse  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 204, primo comma, del d.lgs. 30
 aprile 1992, n. 285 "laddove limita la capacita' a difendersi ponendo
 ogni  opposizione  al  soggiacimento,  in  caso  di  soccombenza,  al
 raddoppio  della  pena  edittale",  in  riferimento all'art. 24 della
 Costituzione.
    A scioglimento della riserva di provvedere su  tale  richiesta  il
 vice pretore ha emesso la presente ordinanza.
                       MOTIVI DEL PROVVEDIMENTO
    A  prescindere  dal  fondamento della tesi principale avanzata dal
 ricorrente in ordine  alla  previsione  di  un  limite  di  velocita'
 superiore  a  quello  applicato dall'amministrazione, con conseguente
 illegittimita' della misura  della  sanzione  pecuniaria  irrogata  e
 soprattutto  di  quella accessoria della sospensione della patente di
 guida, va rilevato che comunque questo pretore, in virtu' dei  poteri
 concessi  dall'art.  23,  undicesimo  comma,  della legge 24 novembre
 1981, n. 689, e' chiamato a valutare anche la misura  della  sanzione
 pecuniaria inflitta con il provvedimento impugnato.
    Sotto  tale profilo si deve osservare che l'art. 204, primo comma,
 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, costituente il nuovo codice  della
 strada, prevede che il prefetto, allorche' ritenga infondato e quindi
 rigetti  il  ricorso  proposto  dal  cittadino  avverso  il  sommario
 processo verbale secondo le modalita' dell'articolo precedente,  deve
 comminare  una sanzione in misura "non inferiore al doppio del minimo
 edittale".
    Se si considera che, ai sensi  dell'art.  202,  primo  comma,  del
 d.lgs. citato, per la medesima violazione il trasgressore e' tenuto a
 pagare  soltanto  il  minimo  della  pena  edittale prima di proporre
 ricorso al prefetto, la disposizione dell'art. 204 viene in  sostanza
 a  raddoppiare  l'entita' della sanzione pecuniaria per il solo fatto
 dell'avere il trasgressore esposto le proprie  ragioni  all'autorita'
 amministrativa,  per  il  "disturbo"  della quale il ricorrente viene
 ulteriormente sanzionato.
    La  norma  costituisce  pertanto  un  autentico  deterrente   alla
 proposizione  di  ricorsi,  ponendo  il cittadino nell'alternativa di
 rinunciare ad ogni pretesa difensiva a pagare il minimo della pena  o
 far  valere  i propri diritti con il rischio di subire quanto meno il
 raddoppio della pena.
    La previsione legislativa in questione, se puo'  ottenere  indubbi
 vantaggi  sul  piano  pratico nel senso di snellire l'attivita' della
 pubblica amministrazione, dal punto  di  vista  giuridico  appare  di
 dubbia  legittimita' sotto il profilo costituzionale, con riferimento
 in  particolare all'art. 24 della Costituzione ed ai principi in esso
 contenuti, nel  momento  in  cui  crea  di  fatto  un  ostacolo  alle
 possibilita'  difensive  del  cittadino,  il cui diritto di resistere
 alle pretese  sanzionatorie  dell'amministrazione  e'  frustrato  dal
 timore di dover eventualmente pagare il doppio di quanto inizialmente
 richiesto.
    Ne'  e'  conferente  affermare  che  in definitiva si tratta di un
 ostacolo che incide solo in sede di ricorso amministrativo.
    Il sistema adottato in tema di opposizione alle  contestazioni  di
 infrazioni  del  nuovo codice della strada, sostanzialmente analogo a
 quello gia'  previsto  dal  precedente  testo  normativo  cosi'  come
 modificato  dagli articoli 23 e 24 della legge 23 marzo 1989, n. 122,
 prevede infatti che  in  caso  di  mancato  ricorso  al  prefetto  il
 sommario  processo  verbale  acquisti  automaticamente e direttamente
 efficacia di titolo  esecutivo  (art.  203,  terzo  comma),  restando
 preclusa  ogni  possibilita'  di  impugnare  nel merito le risultanze
 dell'accertamento anche  in  sede  giurisdizionale,  ove  e'  ammesso
 discutere  soltanto  della  legittimita'  dell'ordinanza  emanata dal
 prefetto a seguito del ricorso.  Risulta  pertanto  evidente  che  la
 limitazione,  pur se riferita all'impugnazione amministrativa, incide
 indirettamente e di riflesso  sulla  stessa  possibilita'  di  difesa
 avanti   agli   organi  giurisdizionali,  limitando  la  facolta'  di
 provocare  la  formazione  del  provvedimento  che  possa  costituire
 oggetto di sindacato del giudice.
    I  dubbi  e  rilievi di non manifesta infondatezza della questione
 prospettata vengono peraltro suffragati dall'orientamento seguito  in
 materia  dalla  Corte  costituzionale,  se  solo  di ponga mente alla
 pronuncia  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'   della   previsione
 dell'art.   98   del  c.p.c.  relativa  ai  depositi  cauzionali  per
 soccombenza (sentenza 29 novembre 1960, n. 67), in quanto  limitativi
 del diritto di difesa della parte.
    La  questione  medesima  appare,  d'altra  parte, rilevante per la
 decisione del giudizio a quo.
    Risulta dalla documentazione in atti che all'attuale ricorrente fu
 elevato accertamento per infrazione consistente  nel  superamento  di
 oltre  40  km/h  del  limite  massimo  di  velocita', con conseguente
 possibilita' di oblazione mediante pagamento di somma pari al  minimo
 edittale  della  sanzione  e  indicata  nel  processo  verbale  in L.
 500.000.
    A seguito del ricorso interposto dal trasgressore, il prefetto  ha
 applicato  la  sanzione in L. 1.000.000, appunto "calcolata in misura
 non inferiore al doppio del minimo edittale ai  sensi  dell'art.  204
 del  c.d.s.",  ne'  avrebbe  potuto  agire  diversamente,  almeno nel
 minimo. E'  evidente  che,  ove  risulti  illegittima  la  previsione
 legislativa    richiamata,    ne    conseguirebbe    l'illegittimita'
 dell'entita'   della   pena,   in   quanto   calcolata   e   motivata
 esclusivamente in base alla disposizione in discorso.
    Ne'  si puo' opinare che la quantificazione della pena rientra nei
 poteri discrezionali dell'amministrazione, che e'  quindi  libera  di
 stabilirla  entro  i  limiti  e secondo i criteri di legge, senza che
 possa aver rilievo sindacare  la  legittimita'  costituzionale  della
 norma   che   definisce   gli   ambiti   di  operativita'  dell'agire
 amministrativo.  Senza  nulla  togliere  alla  liberta'  in   materia
 dell'organo  amministrativo,  si deve osservare che semmai e' proprio
 la norma di cui si tratta che, imponendogli un  limite  superiore  al
 minimo edittale, ne limita la discrezionalita', impedendogli come nel
 caso di specie di poter effettivamente tenere conto delle circostanze
 previste  dalla  legge,  tra  cui  anche la gravita' della sanzione e
 quindi, nel caso di specie,  l'eccedenza  di  velocita'  rispetto  ai
 minimi dello scaglione corrispondente al tipo di sanzione.
    Si  induce  in  tal  modo  il  prefetto  a  punire  in maniera non
 differenziata chi superi di pochi km/h l'eccedenza di  40  chilometri
 rispetto al limite e chi la superi in misura molto maggiore, o quanto
 meno  si  riducono  le  possibilita'  dell'organo  amministrativo  di
 graduare adeguatamente la pena in simili ipotesi.
    Da quanto precede si evidenzia che  nella  fattispecie  sottoposta
 all'esame  del  giudice  a quo l'illegittimita' dell'art. 204 citato,
 nella parte che impone il raddoppio della pena, comporterebbe sia  la
 possibile   illegittimita'   della   quantificazione   contenuta  nel
 provvedimento impugnato, se operato dal prefetto con l'intenzione  di
 applicare  la  misura  minima,  sia  soprattutto  la possibilita' per
 l'organo giurisdizionale di valutare a sua volta la congruita'  della
 sanzione inflitta senza la limitazione a livello inferiore del doppio
 del  minimo,  con  facolta'  quindi di ridurre eventualmente la somma
 ingiunta anche al di sotto dell'importo in tal modo risultante.
                               P. Q. M.
    A scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza 16 aprile
 1993 nella causa indicata in epigrafe;
    Considerata la richiesta di parte ricorrente;
    Visto l'art. 1 della legge costituzionale 1› febbraio 1948, n. 1;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza;
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  204,
 primo  comma,  del  d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui
 dispone che il prefetto .. "se ritiene fondato l'accertamento emette,
 entro trenta giorni, ordinanza motivata  con  la  quale  ingiunge  il
 pagamento  di  una  somma  determinata,  nel  limite non inferiore al
 doppio  del   minimo   edittale   per   ogni   singola   violazione",
 limitatamente  all'inciso  "nel  limite  non  inferiore al doppio del
 minimo edittale per ogni singola violazione";
    Sospende il presente giudizio e ordina la trasmissione degli  atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa  ed  al  Presidente  del  Consigliodei
 Ministri,  nonche'  trasmessa  ai  Presidenti  delle  due  Camere del
 Parlamento.
      Perugia, addi' 8 maggio 1993
                  Il vice pretore onorario: CANONICO

 93C0817