N. 443 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 marzo 1993

                                N. 443
 Ordinanza emessa  il  18  marzo  1993  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del  Veneto sul ricorso proposto da Benetti Arnaldo contro
 regione Veneto ed altro.
 Regione Veneto - Edilizia e urbanistica - Obbligo per i comuni di
    attribuire nei piani regolatori destinazione produttiva all'intera
    zona in cui sia ubicato anche un  solo  fabbricato  industriale  o
    artigianale  -  Lamentata  violazione  della  sfera  di  autonomia
    comunale  per  la  compromessa   facolta'   di   operare   proprie
    valutazioni - Incidenza sul principio di buon andamento della p.a.
    e sulla tutela della salubrita' dell'ambiente.
 (Legge regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61, art. 24, terzo comma).
 (Cost., artt. 5, 32, 97 e 128).
(GU n.36 del 1-9-1993 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  di  Benetti
 Arnaldo, rappresentato e difeso dall'avv.  Ivone  Cacciavillani,  con
 l'elezione  di domicilio presso la segreteria di questo tribunale, ai
 sensi dell'art. 35 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, come da  mandato
 in  calce  al  ricorso;  contro  la  regione  Veneto,  in persona del
 presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di  Venezia,  domiciliataria
 per legge;
    Il  comune  di  S.  Vito di Leguzzano, in persona del sindaco pro-
 tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Enrico  Vettori,   con
 elezione  di  domicilio  presso  l'avv.  Franco Zambelli in Venezia -
 Mestre, via Ospedale 9/12; per l'annullamento  del  piano  regolatore
 generale   del   comune  di  S.  Vito  di  Leguzzano,  approvato  con
 deliberazione della giunta regionale veneta 17 dicembre 1988 n. 8330,
 pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della  regione  n.  10 del 10
 febbraio 1989, per la  parte  relativa  all'area  di  proprieta'  del
 ricorrente;
    Visto  il  ricorso,  notificato  il 24 aprile e l'11 maggio 1989 e
 depositato presso la segreteria il 19 maggio  1989,  con  i  relativi
 allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio della regione Veneto e
 del comune di S. Vito di Leguzzano, depositati il 22 febbraio 1990  e
 il 29 giugno 1989;
    Viste le memorie prodotte dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  18  marzo  1993 - relatore il
 consigliere Luigi Trivellato - gli avv.ti Paggiaro,  in  sostituzione
 dell'avv.  Cacciavillani,  per  il  ricorrente,  Francesco Vettori in
 sostituzione dell'avv. Enrico Vettori,  per  il  comune  intimato,  e
 l'avvocato dello Stato Botta per la regione Veneto;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il   sig.   Arnaldo  Benetti,  titolare  della  ditta  Colben,  e'
 proprietario di un'area censita al comune censuario  di  S.  Vito  di
 Leguzzano  (Vicenza) al foglio 6 mappali 591, 813, 1163, 1164, che il
 programma di fabbricazione, approvato con deliberazione della  Giunta
 regionale  veneta  26  agosto  1975,  n.  3517,  destinava  a  "verde
 pubblico", area direttamente confinante con il centro  storico  nella
 quale sono ubicati un fabbricato ad uso abitazione del titolare ed un
 fabbricato ad uso officina meccanica.
    Con  deliberazione della Giunta regionale veneta 13 dicembre 1988,
 n. 8330 - di approvazione del piano regolatore generale di S. Vito di
 Leguzzano - la zona gia' a verde pubblico e'  stata  classificata  in
 parte  come  area  per  l'istruzione, in parte come area attrezzata a
 parco, gioco  e  sport,  in  parte  come  area  per  attrezzature  di
 interesse  comune,  mentre  il  fabbricato  del  ricorrente  e' stato
 qualificato come "attivita'" produttiva da bloccare inserita  in  una
 zona classificata B2 (superficie residenziale di completamento).
    Avverso  quest'ultimo  provvedimento  il  sig.  Arnaldo Benetti ha
 prodotto il ricorso  indicato  in  epigrafe,  ricorso  che  si  fonda
 sull'asserito  presupposto  che l'impugnato piano regolatore generale
 reiteri sull'area, in cui e' ubicato il suo insediamento  produttivo,
 la  previsione  del  vincolo  a  verde  pubblico di cui al previgente
 programma di fabbricazione.
    I motivi di ricorso sono i seguenti:
      1) violazione  dell'art.  7  l.u.  1942  n.  1150  e  successive
 modificazioni,  in quanto sarebbe stato reiterato un vincolo scaduto,
 mentre tale reiterazione potrebbe essere disposta solo se fosse  resa
 ragione  della specifica esigenza di essa e se ne fosse data adeguata
 giustificazione sulla base di individuate  ed  enunciate  ragionevoli
 possibilita'  di attuazione del nuovo vincolo, il che mancherebbe nel
 caso di specie;
      2) violazione delle leggi regionali 1985 n. 61  e  1987  n.  11,
 poiche'  l'art.  24,  terzo  comma,  legge  regione Veneto 1985 n. 61
 dispone che le parti del territorio anche parzialmente gia' destinate
 ad insediamenti produttivi debbono essere normalmente classificate in
 zona  produttiva  D.  Tale  norma,  d'altronde,  si  inquadra   nella
 prevalenza  data  alla tutela dei livelli occupazionali, fra l'altro,
 dalle leggi regionali, di deroga alla strumentazione generale,  1978,
 n. 73, 1982, n. 1 e 1987, n. 11;
      3)  eccesso  di potere per carenza di motivazione e travisamento
 del  fatto,  nell'assunto  che  e'  mancata  la   motivazione   sulla
 reiterazione  del  vincolo  e  non  si  e'  posto  mente al fatto che
 sull'area di  cui  si  tratta  esiste  un  opificio,  al  suo  valore
 economico e al suo valore sociale.
    La   regione   Veneto  e  il  comune  di  S.  Vito  di  Leguzzano,
 costituitisi in  giudizio,  controdeducono  in  fatto  e  in  diritto
 chiedendo il rigetto del ricorso.
                             D I R I T T O
    Osserva  innanzitutto  il Collegio che i motivi di ricorso primo e
 terzo, che per ragioni logiche, vanno considerati congiuntamente, con
 i quali il ricorrente sig. Arnaldo  Benetti  deduce  l'illegittimita'
 della  reiterazione  del  vincolo "a verde pubblico" sull'area di sua
 proprieta', sono infondati, sia perche' la zona in cui e' ubicato  il
 suo  insediamento  produttivo,  gia' destinata a "verde pubblico" dal
 previgente programma di fabbricazione, e' stata classificata nel modo
 sopra specificato, sia  perche',  comunque,  i  vincoli  ora  imposti
 derivano   da   una   rinnovata   disciplina   generale  dell'assetto
 territoriale disposta dalla pubblica  amministrazione  nell'esercizio
 del proprio potere di conformazione del territorio.
    Non  potrebbe,  invece,  essere  disatteso  il  secondo  mezzo  di
 gravame, con cui si deduce la violazione dell'art. 24,  terzo  comma,
 della  legge  regionale  veneta  27  giugno  1985,  n.  61, che cosi'
 dispone: "nelle zone di tipo D vanno  comprese  anche  le  parti  del
 territorio  gia' destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti
 per impianti industriali o a essi assimilati".
    Ed infatti il carattere tassativo della  disposizione  legislativa
 sopra trascritta comporta che lo strumento urbanistico deve dare atto
 della  obiettiva  destinazione  produttiva  delle  singole  parti del
 territorio comunale.
    D'altra parte,  non  puo'  ritenersi  che  sia  di  ostacolo  alla
 ricognizione  di  tale  destinazione produttiva la circostanza che il
 fabbricato  produttivo  del  ricorrente  sia   isolato,   cioe'   non
 circondato da altri fabbricati produttivi, ove si consideri che, come
 si evince dalla sentenza di questa sezione n. 336 del 14 aprile 1992,
 resa  relativamente  a fattispecie analoga a quella ora all'esame del
 Collegio,  la  norma  citata  comporta  necessariamente  la  concreta
 possibilita' che la sua applicazione porti all'individuazione di zone
 produttive puntiformi.
    Senonche'  il  carattere  tassativo della norma anzidetta, che non
 lascia   alcun   margine   di    discrezionalita'    alla    pubblica
 amministrazione,   fa  sorgere  fondati  sospetti  di  illegittimita'
 costituzionale della norma stessa.
    E la questione di legittimita'  costituzionale  di  tale  norma  -
 indubbiamente  rilevante  in  quanto  essa  deve essere applicata nel
 presente giudizio e condurrebbe all'accoglimento del  ricorso  -  non
 appare   manifestamente   infondata   per   il   seguente  ordine  di
 considerazioni.
    Innanzitutto l'art. 24, terzo comma della  legge  n.  61/1985,  in
 quanto  impone  al  Comune di attribuire destinazione produttiva alle
 zone in cui siano  ubicati  fabbricati  industriali  ed  artigianali,
 appare  lesivo  della  sfera di autonomia comunale riconosciuta dagli
 artt. 5 e 128 della Costituzione.
    Fra i piu' rilevanti poteri attribuiti ai Comuni in attuazione del
 principio  dell'autonomia  comunale  sancito  dal  combinato disposto
 degli anzidetti artt. 5 e 128 della Costituzione vi e'  indubbiamente
 quello   relativo   al  governo  del  proprio  territorio  attraverso
 l'adozione dei piani regolatori generali, i quali, ai sensi dell'art.
 7 della  legge  urbanistica  17  agosto  1942,  n.  1150,  nel  testo
 modificato  dall'art.  1  della  legge  19  novembre  1968,  n. 1187,
 debbono, fra l'altro, prevedere la "zonizzazione", cioe' la divisione
 del  territorio  comunale  in  zone  territoriali  omogenee,  con  la
 precisazione di quelle destinate all'espansione dell'aggregato urbano
 e  la  determinazione degli standards, dei vincoli e dei caratteri da
 osservare in ciascuna di esse.
    Tale contenuto dei piani regolatori generali  riveste  particolare
 importanza  ove  si ponga mente alla sua incidenza sia sul territorio
 che economica  e  sociale,  tanto  piu'  che  la  "zonizzazione"  non
 riguarda  soltanto  le parti del territorio comunale destinate ad usi
 residenziali, ma investe anche le aree ad  utilizzazione  produttiva,
 sia essa industriale, artigianale, commerciale o agricola.
    Poiche'  tale  potesta'  pianificatoria  e'  attribuita  ai Comuni
 affinche'  essi  possano  programmare  nel  modo  piu'  razionale   e
 conveniente,  l'uso  del  proprio territorio, ritiene il Collegio che
 tale esigenza venga frustrata dalla  norma,  della  quale  qui  viene
 sollevata la questione di legittimita' costituzionale, in quanto essa
 impone che ad una data parte del territorio comunale venga attribuita
 una   determinata   destinazione   a   prescindere  dalle  necessarie
 valutazioni discrezionali del Comune interessato.
    Ne' varrebbe, in contrario, addurre che alle regioni competono  in
 materia  urbanistica, funzioni legislative ed amministrative ai sensi
 rispettivamente degli artt. 117 e 118 della Costituzione, e  cio'  in
 quanto  si  deve  ritenere  che  le  norme  delle  leggi statali, che
 prevedono il contenuto dei piani regolatori  generali,  rechino  quei
 "principi  fissati  da leggi generali della Repubblica" che, ai sensi
 dell'art.   128   della    Costituzione,    delimitano    l'autonomia
 costituzionalmente garantita dai Comuni.
    Ritiene,  inoltre,  il  collegio che l'art. 24, terzo comma, legge
 regionale  veneta  n.  61/1985,   violi   anche   l'art.   97   della
 Costituzione.
    Osserva  in  proposito  il  collegio che, se il principio del buon
 andamento della  pubblica  amministrazione,  tutelato  dall'anzidetta
 norma  costituzionale,  si  applica  prevalentemente alla materia del
 pubblico impiego e a quella concernente le modalita' e i  criteri  di
 organizzazione  dei  pubblici  uffici,  e'  indubbio che il sindacato
 della Corte costituzionale si esplica pure in ordine all'idoneita' di
 norme  di  legge  ad  assicurare  la   soddisfazione   dell'anzidetto
 principio   in   quanto   esse   incidano   sui  canoni  di  condotta
 dell'amministrazione, condizionandone l'agire concreto.
    Ad avviso del collegio, rientra nel sindacato di quest'ultimo tipo
 quello diretto a rilevare la possibile incostituzionalita'  dell'art.
 24,  terzo comma, legge regionale veneta n. 61/1985, con riferimento,
 appunto all'art. 97 della  Costituzione,  poiche'  l'anzidetta  norma
 regionale  costringe  i Comuni ad agire in contrasto con il principio
 del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,   in   quanto
 impedisce  che  gli  stessi  possano  determinarsi  in  base  ad  una
 considerazione ponderata ed obiettiva di tutti  gli  interessi  e  di
 tutte  le  esigenze  che  debbono  essere valutati nell'esercizio del
 potere programmatorio in materia urbanistica.
    Infine, la norma legislativa  regionale  in  questione  appare  in
 contrasto  con l'art. 32 della Costituzione che tutela la salute come
 fondamentale interesse della collettivita'.
    Ed   invero,   considerato    che,    in    base    all'evoluzione
 giurisprudenziale  in materia, la tutela della salute va intesa anche
 come tutela della salubrita' dell'ambiente, e  cio'  in  ragione  del
 collegamento  stabile  del  soggetto con l'ambiente messo in pericolo
 (cfr. Cass. ss.uu. 6 ottobre 1979, n. 5172),  pare  al  collegio  che
 confligga con tale valore costituzionalmente garantito la sottrazione
 di  ogni  discrezionalita',  per  la  pubblica amministrazione, nella
 programmazione   del   territorio   in   presenza   di   preesistenti
 insediamenti produttivi che, non di rado, possono presentare pericoli
 per  la  salubrita'  dell'ambiente,  pericoli  che  possono risultare
 potenziati anche a causa dell'ubicazione degli insediamenti stessi.
    Per  le  considerazioni   suesposte   appare   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata, con riferimento agli artt. 5, 32, 97 e 128
 della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  24,  terzo  comma,  della legge regionale veneta 27 giugno
 1985, n. 61.
    Pertanto, il collegio ritiene  che  la  citata  norma  legislativa
 regionale vada sottoposta all'esame della Corte costituzionale con la
 conseguente   sospensione  del  processo  in  attesa  della  relativa
 pronuncia.
                                P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1953,  n.  87, solleva, in relazione agli artt. 5, 32, 97 e 128 della
 Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 24, terzo comma, della legge regionale veneta 27 giugno 1985, n. 61.
    Sospende, nel frattempo, il giudizio in corso.
    Dispone  che,  a  cura della segreteria del tribunale, la presente
 ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al  presidente  della
 giunta  regionale  del  Veneto  e  sia  comunicata  al Presidente del
 Consiglio regionale del Veneto.
    Cosi' deciso in Venezia, in camera di consiglio, il 18 marzo 1933.
                        Il presidente: PUCHETTI
    Il segretario: PEZZIN
                                               L'estensore: TRIVELLATO
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