N. 458 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 1993

                                N. 458
 Ordinanza emessa il 26 febbraio 1993 dalla Corte di appello di Torino
 nei  procedimenti  civili  riuniti  vertenti  tra  il   prefetto   di
 Alessandria ed altro e Simonelli Claudio ed altro.
 Elezioni - Elezioni comunali - Prevista decadenza dalla carica di
    consigliere  comunale di coloro che abbiano riportato una condanna
    per determinati reati (nella specie corruzione) - Operativita'  di
    tale  decadenza  anche nei riguardi delle consultazioni elettorali
    svoltesi  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge  che  tale
    decadenza  prevede  -  Prospettata  violazione  del  principio  di
    irretroattivita' della legge penale sfavorevole, con incidenza sul
    diritto di elettorato e sul principio di uguaglianza.
 (Legge 18 gennaio 1992, n. 16, art. 1, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 25 e 51).
(GU n.36 del 1-9-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunziato la seguente ordinanza nelle cause riunite n. 1643/92
 e  1647/92  r.g.  da: prefetto di Alessandria, rappresentato e difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato in Torino e p.m.  presso  il
 tribunale di Alessandria contro Simonelli avv. Claudio, elettivamente
 domiciliato  in Torino via Bligny, 11, presso l'avv. Alfredo Viterbo,
 che unitamente agli avv.ti  Paolo  Scaparone  e  Andrea  Ferrari,  lo
 rappresenta  come  da procura in atti contro il sindaco, pro-tempore,
 del comune di Alessandria, quale presidente del consiglio comunale di
 Alessandria.
                           OSSERVA IN FATTO
    Con ricorso 23 luglio 1992, proposto ai sensi dell'art. 9- bis  in
 relazione  all'art.  82  del  t.u.  n.  570  del 1960, il prefetto di
 Alessandria si rivolgeva al locale tribunale, chiedendo dichiarazione
 di decadenza della carica di  consigliere  comunale  (cui  era  stato
 eletto nel 1990) dell'avv. Claudio Simonelli, condannato con sentenza
 23  maggio  1988  di  questa  Corte (passata in giudicato per effetto
 della sentenza 13 dicembre 1989 della Corte  di  cassazione)  per  il
 reato previsto e punito dall'art. 318 del c.p. Il ricorrente esponeva
 che  il  Simonelli  non  poteva  piu' ricoprire la carica predetta, a
 seguito dell'entrata in vigore della legge 18 gennaio 1992, n. 16, il
 cui art. 1 aveva sostituito i primi quattro commi dell'art. 15  della
 legge  19  marzo  1990,  n.  55,  ed  aggiungeva  che  il  sindaco di
 Alessandria, da lui investito  della  questione,  non  l'aveva  posta
 all'ordine  del giorno del consiglio comunale, ritenendo che la legge
 n. 16/1992 non fosse applicabile al caso di specie.
    L'avv. Simonelli si costituiva resistendo, ed  il  Tribunale,  con
 sentenza   31   ottobre/14  novembre  1992,  respingeva  il  ricorso,
 affermando che la legge n. 16 del 1992 doveva  ritenersi  applicabile
 solo  alle  consultazioni  elettorali  successive alla sua entrata in
 vigore.
    Avverso tale sentenza appellavano sia il prefetto, con ricorso  in
 data   27   novembre  1992,  sia  il  p.m.  presso  il  tribunale  di
 Alessandria, chiedendo la totale riforma della pronuncia; interveniva
 il p.g. chiedendo l'accoglimento dei proposti gravami.
    L'avv. Simonelli  si  costituiva  resistendo;  non  si  costituiva
 invece  il sindaco di Alessandria, cui era stato notificato l'atto di
 appello per quanto di bisogno.
    All'odierna udienza le due cause venivano  riunite,  e  quindi  la
 difesa   sollevava,   nel   corso  della  discussione,  eccezione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 16 del 1992,
 per  contrasto  con  gli  artt.  3,  25,  48   e   51   della   Carta
 costituzionale.
                          OSSERVA IN DIRITTO
    La  questione  di  costituzionalita'  sollevata  dalla  difesa non
 appare, quanto meno in parte, manifestamente infondata.
    A parere di questa Corte, invero, le norme introdotte dalla  legge
 n.  16/1992  -  norme di stretta interpretazione, in quanto incidenti
 sullelettorato passivo - pur non potendo agire retroattivamente, sono
 in ogni caso applicabili anche  alle  consultazioni  elettorali  gia'
 svolte prima della loro promulgazione. In questo senso la prima parte
 del  primo  comma  della citata legge toglie ogni dubbio al riguardo,
 la'   dove  recita:  "Non  possono  essere  candidati  alle  elezioni
 regionali provinciali, comunali e  circoscrizionali,  e  non  possono
 comunque  ricoprire  le cariche di ...": tale formula dimostra, al di
 la' di ogni dubbio, che  le  cause,  di  decadenza  introdotte  dalla
 legge,  ed  elencate  sotto le lettere da a) a f) del medesimo comma,
 sono immediatamente operative.
    A questo punto, non occorre procedere  oltre  nell'indagare  sulla
 natura  di  queste  particolari  ipotesi  di decadenza, se cioe' esse
 integrino nuovi  casi  di  sanzioni  penali  accessorie,  o,  invece,
 sanzioni amministrative.
    Trattasi, infatti, pur sempre di una sanzione, cioe' di una misura
 che  incida  negativamente su di una situazione giuridica (un diritto
 soggettivo, nel nostro caso) del cittadino, quale conseguenza  di  un
 suo  comportamento:  in  sostanza, pertanto, si e' in presenza di una
 punizione. Di qui la possibilita' di contrasto con il  secondo  comma
 dell'art.  25  della  Costituzione,  in quanto, nella fattispecie, la
 "punizione" avverrebbe in forza di una legge entrata in  vigore  dopo
 la commissione del fatto.
    Evidenti,  anche,  le  ragioni  di  contrasto  con  il primo comma
 dell'art. 51 della Carta fondamentale, secondo la quale  i  cittadini
 possono accedere alle cariche elettive "secondo i requisiti stabiliti
 dalla  legge": nel caso che ne occupa, infatti, l'accesso alla carica
 elettiva verrebbe vanificato da una legge introdotta successivamente.
    Non  vanno  sottovalutate,  sotto   questo   profilo,   anche   le
 conseugenze  in  tema  di elettorato attivo: l'elettore, infatti, per
 effetto di una legge  successiva  allo  svolgimento  delle  elezioni,
 potrebbe veder dichiarato decaduto il candidato da lui legittimamente
 eletto,  il  che, anche se non integra un contrasto formale conl'art.
 48 della Costituzione, costituisce indubbiamente lesione  di  un  suo
 fondamentale diritto.
    Il  contrasto  con  gli  artt.  25  e  51  viene inevitabilmente a
 riverberarsi  anche  sull'art.  3  della   Costituzione,   sotto   il
 particolare aspetto dell'eguaglianza delle condizioni personali.
    Appare  opportuno,  pertanto,  sospendere  il  presente giudizio e
 rimettere gli atti alla Corte costituzionale perche' faccia conoscere
 il proprio orientamento su tale delicata questione.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948,  n.
 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Rilevata   la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge  18
 gennaio  1992,  n.  16,  in  relazione  agli  artt.  3, 25 e 51 della
 Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e la sospensione del giudizio;
    Ordina  che,  a  cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere del
 Parlamento.
      Torino, addi' 26 febbraio 1993
                    Il presidente f.f.: MANCINELLI

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