N. 484 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 1993

                                N. 484
 Ordinanza emessa il 17 febbraio 1993 dala corte di appello di  Genova
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  Barlaro Agostina ed altre e
 Sanguineti Giovanni ed altri.
 Successione ereditaria - Successione legittima - Fratelli  e  sorelle
 naturali  del de cuius - Esclusione dai chiamati alla successione con
 conseguente riconoscimento di preferenza a lontani parenti  legittimi
 (nella  specie  del  sesto  grado)  del de cuius - Operativita' della
 rappresentazione nella linea collaterale limitata ai discendenti  dei
 fratelli   e   sorelle  legittimi  dell'ereditando  -  Ingiustificata
 disparita' di trattamento con incidenza  sul  principio  che  estende
 ogni tutela giuridica e sociale ai figli naturali.
 (C.C., artt. 468, 565 e 572).
 (Cost., artt. 3 e 30).
(GU n.37 del 8-9-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  n.  488/90
 assegnata a sentenza all'udienza del 5  febbraio  1993,  tra  Barlaro
 Agostina, Barlaro Miriam, Barlaro Patrizia, elettivamente domiciliati
 in Genova, via Ceccardi, 1/23 presso l'avv. Costantino Cerruti che li
 rappresenta  e  difende,  come  da delega in atti, appellanti, contro
 Sanguineti Giovanni, Sanguineti Carlotta, Sanguineti Carlo  +  altri,
 elettivamente  domiciliati  in Genova, via Cesarea, 5/7 presso l'avv.
 Giuseppe Tricoli che li rappresenta e difende come da delega in atti,
 appellati.
    I termini della  vertenza  giunta  all'esame  di  questa  corte  a
 seguito  dell'udienza  d'assegnazione  del  5  febbraio  1993  e  gli
 sviluppi del relativo provvedimento si possono cosi' sintetizzare:
      gli attori, odierni appellanti, Barlaro Agostina Gregoria,  piu'
 numerosi  altri  hanno  chiamato  in giudizio davanti al tribunale di
 Chiavari, con citazione  notificata  l'11  ottobre  1984,  i  signori
 Sanguineti   ben   specificati   in   epigrafe  chiedendo  di  essere
 dichiarati, quali  successori  per  diritto  di  rappresentazione  di
 Barlaro  Bernardo e Barlaro Carlo, fratelli unilaterali e naturali di
 Barlaro Anna deceduta il 28 settembre 1978  senza  testamento,  unici
 eredi   di   quest'ultima  con  diritto  di  preferenza  rispetto  ai
 convenuti, parenti legittimi in quarto grado chiamati all'eredita' in
 forza degli artt. 565 e 572  del  c.c.  e  di  ottenere,  quindi,  la
 consegna di tutti i beni ereditari;
      nello  stesso  atto introduttivo del giudizio gli attori avevano
 chiesto che, ove si fosse ritenuto che gli articoli sopra richiamati,
 nonche' l'art. 568 del c.c. escludessero dalla successione  legittima
 i fratelli naturali della de cuius e limitassero la rappresentazione,
 nella  linea  collaterale,  ai  soli discendenti dei fratelli e delle
 sorelle legittimi dell'ereditando o anteponessero agli stessi tutti i
 parenti    legittimi,    fosse    sollevata    la    questione     di
 costituzionalita'per   contrasto   con   gli   artt.  3  e  30  della
 Costituzione dei predetti artt. 565, 572 e 468 del c.c.  nella  parte
 in  cui  venivano, appunto, ad escludere dalla categoria dei chiamati
 alla successione legittima i fratelli e sorelle naturali riconosciuti
 o dichiarati e loro  successori  per  rappresentazione,  ovvero  agli
 stessi  anteponeremo  tutti i parenti legittimi in mancanza di membri
 delle famiglie legittime;
      il tribunale adito,  con  ordinanza  del  13  ottobre  1987,  ha
 ritenuto  non manifestamente infondata la questione prospettata dagli
 attori valutando gli artt. 565 e 572 del codice civile  in  contrasto
 con  l'art.  30,  terzo comma, della Costituzione in quanto il limite
 posto al principio della piena tutela giuridica e sociale  dei  figli
 naturali dalla presenza dei primari diritti dei membri delle famiglie
 legittime,  doveva  essere interpretato con riferimento alla famiglia
 in senso  stretto:  quella  costituitasi  col  matrimonio  del  padre
 naturale  e  composta  dal  coniuge  e  dei  figli legittimi cosi' da
 escludere dall'eredita' i fratelli naturali  del  de  cuius  solo  in
 presenza  di  figli  legittimi,  con  conseguente contrasto anche con
 l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della mancata tutela dei
 figli naturali in assenza di membri della  famiglia  legittima  cosi'
 come delineata;
      avendo  il  tribunale  limitato l'esame della famiglia legittima
 cosi' come delineata;
      avendo il tribunale  limitato  l'esame  della  rispondenza  alla
 Carta  costituzionale  agli artt. 565 e 572 del c.c., la Consulta con
 ordinanza del 6 dicembre 1988, n.  1074,  rilevato  che  oggetto  del
 giudizio  quo  era  la  pretesa dei discendenti dei fratelli naturali
 della de cuius di  essere  chiamati  all'eredita'  a  preferenza  dei
 parenti  di  quarto  grado  e  che  in  nessun modo la stessa pretesa
 avrebbe potuto fondarsi su un titolo di vocazione ereditaria diretta,
 per  cui  non  sarebbe  stata   sufficiente   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  565  e 572 del c.c., ma
 avrebbe dovuto essere rimosso anche l'ostacolo dell'art. 468 del c.c.
 nella  parte  in  cui  limita  la   rappresentazione,   nella   linea
 collaterale,   ai   discendenti  dei  fratelli  e  sorelle  legittimi
 dell'ereditando, riteneva la questione di illegittimita', cosi'  come
 era stata delimitata, priva di rilevanza e ne dichiarava, pertanto la
 manifesta inammissibilita';
      cessata  la causa di sospensione, il processo e' stato riassunto
 ad iniziativa degli attori e si e' concluso davanti al tribunale  con
 sentenza  del  4 novembre 1983 con la quale la domanda proposta dagli
 attori e' stata respinta con ulteriori  statuizioni  connesse  ad  un
 sequestro  giudiziario dei beni ereditati concesso in corso di causa.
 I  primi  giudici  hanno  in  tal  modo   modificato   l'orientamento
 precedentemente  espresso  ritenendo,  in  particolare, che il filone
 interpretativo delle norme in materia, che pur si era evoluto  in  un
 senso  di  sempre  maggiore  favore  nei  confronti  della filiazione
 naturale, dovesse trovare un  ostacolo  in  alcuni  principi  cardine
 dell'orientamento,  quali  quello per cui la parentela naturale opera
 solo nello stretto  legame  genitori-figli  e  non  si  instaura  tra
 fratelli  naturali  e fratelli legittimi e quello in base al quale la
 tutela  assicurata  ai  figli  nati  fuori  del  matrimonio  riguarda
 esclusivamente il rapporto genitori-figli;
      avverso  tale  decisione  hanno  proposto  tempestivo  e rituale
 appello gli attori rienendo, in primo luogo,  possibile  interpretare
 le norme vigenti in materia nel senso di consentire l'ammissione alla
 successione  anche  dei  fratelli  naturali  del  de  cuius e ai loro
 disciendenti per rappresentazione allorquando manchino  susccessibili
 appartenenti  alla  famiglia legittima intesa nel senso che era stato
 indicato nella ordinanza del tribunale di Chiavari 13  ottobre  1987,
 il  riferimento  e'  stato  fatto  al novellato art. 258 in relazione
 all'art. 74 del  c.c.  ed  a  tutti  quegli  articoli  in  cui  viene
 riconosciuta  rilevanza  alla parentela naturale, quali il 148, 436 e
 il 737 del c.c.
    In subordine gli appellanti hanno nuovamente prospettato il dubbio
 di incostituzionalita' delle norme da applicare nella fattispecie  in
 esame, i gia' piu' volte richiamati artt. 565, 572 e 468 del c.c.
    Il  riferimento  e'  ancora  al  terzo  comma  dell'art.  30 della
 Costituzione, ed il punto focale quello della verifica della  nozione
 di  famiglia legittima alla quale la Costituzione si riferisce quando
 richiede il giudizio di  compatibilita'  tra  i  diritti  dei  membri
 appunto  della famiglia legittima e i diritti dei figli naturali. Gli
 argomenti a sostegno della tesi si rifanno, tra l'altro, alla portata
 e significato dell'intervento della Corte costituzionale sullo stesso
 art. 565 nel testo anteriore alla legge n. 151/1975, la sentenza  del
 4 luglio 1979, n. 55, poi confermata con la n. 184 del 12 aprile 1990
 relativa  al  nuovo  testo  dello  stesso  articolo,  con  cui  si e'
 affermato che, in assenza di membri della famiglia  legittima,  trova
 giustificazione  la successione fra fratelli naturali nel caso in cui
 non vi siano altri successibili ex lege al di fuori  dello  Stato,  e
 dove,  nell'esaminare  la questione sotto il profilo della violazione
 dell'art. 3 della  Costituzione,  si  e'  affermato  che,  una  volta
 ritenuto  che  la  posizione  giuridica  del  figlio  nato  fuori del
 matrimonio e' analoga a quella del figlio legittimo, sempre  che  non
 sussistano  i  diritti  dei  componenti  della famiglia legittima, e'
 contrastante con il principio  di  uguaglianza  e  di  pari  dignita'
 sociale  un  regime  successorio  che  esclude che i fratelli possano
 succedere  ai  loro  fratelli  naturali  stabilendo  un   trattamento
 deteriore rispetto agli altri successibili ex lege.
    Quanto    alla    valutazione   della   rispondenza   al   dettato
 costituzionale dell'art. 486 del c.c., da considerare necessariamente
 secondo  le  osservazioni  svolte  dalla  Corte  costituzionale   con
 l'ordinanza  del  6  dicembre  1988,  n. 1074, in base alla vocazione
 indiretta  fatta  valere  dai  Barlaro,  gli  appellanti  hanno   poi
 sostenuto  che il contrasto della stessa norma del c.c. con l'art. 30
 della Costituzione deriva dal fatto  che  non  assicura  al  fratello
 naturale,   quando  la  identica  posizione  giuridica  riservata  al
 fratello legittimo; atteso che il predetto art. 30 della Costituzione
 estende alla prole naturale la stessa tutela di cui  godono  i  figli
 legittimi in ordine ad ogni rapporto e non limitatamente a quello tra
 genitori  e  figli,  una  volta  riconosciuta  la  sussistenza  delle
 condizioni   di   successibilita'   del   fratello   naturale,   deve
 riconoscersi,   cosi'   come   avviene  per  il  fratello  legittimo,
 l'istituto della rappresentazione anche a favore dei discendenti  del
 primo  cio' non urtando con la tutela della famiglia legittima, unico
 vero limite costituzionale.
    Da parte loro i Sanguineti, costituitisi anche in questo grado del
 giudizio, hanno decisamente contestato il fondamento  dei  motivi  di
 appello   e,   in   particolare,   della   prospettata  questione  di
 legittimita'  costituzionale   sostenendo   al   riguardo,   in   via
 pregiudiziale,  l'inammissibilita'  della  questione  in  quanto gia'
 proposta nel corso dello stesso procedimento dopo  che  ne  era  gia'
 stata  dichiarata l'infondatezza, osservando, quindi, nel merito, che
 il  nostro  sistema  giuridico   considera   rilevante   in   materia
 successoria solo la parentela tra figlio naturale e genitore naturale
 e  non anche il legame tra fratelli naturali; che, di conseguenza, il
 problema della rappresentazione resta superato per  il  fatto  che  i
 fratelli  della  de  cuius  non  potevano  aver  alcun  diritto sulla
 eredita' dismessa della stessa Sanguineti Anna;
      che pieno conforto a tale orientamento poteva esser tratto dalla
 motivazione della decisione della Corte di  cassazione  16  maggio-17
 novembre 1979, n. 5747, che aveva dichiarato manifestamente infondata
 la  questione  d'illegittimita' costituzionale dell'art. 486 del c.c.
 dove si era ribadito, tra  l'altro,  che  la  legge  di  riforma  del
 diritto   di  famiglia,  pur  avendo  dato  larghissimo  spazio  alla
 riconoscibilita'  e  dichiarabilita'  della  filiazione  naturale   e
 parita'  di  trattamento  tra  figli  naturali e legittimi, non aveva
 esteso la parentela naturale  al  di  la'  del  rapporto  che  unisce
 vicendevolmente  ascendenti  e  discendenti  e, quindi, che l'art. 30
 della  Costituzione,  laddove  assicura  ai  figli  nati  fuori   del
 matrimonio  ogni  tutela  giuridica  sociale,  si  riferisce sempre e
 unicamente ai rapporti tra genitori e figli e non a quelli dei  figli
 tra  loro.  Quale  ulteriore argomento a favore della loro tesi anche
 gli   appellati   hanno   richiamato   le   decisioni   della   Corte
 costituzionale  n.  55/1979  e n. 184/1990 per evidenziare la diversa
 dizione  usata  in  quella   piu'   recente   rispetto   alla   prima
 (dichiarazione  d'incostituzionalita'  dell'art.  565  del c.c. nella
 parte in cui escludeva i fratelli e sorelle naturali  riconosciuti  o
 dichiarati  dalla  categoria  dei chiamati alla successione legittima
 "in mancanza d'altri successibili all'infuori dello  Stato"  sentenza
 n.  55/1979,  e  "in  mancanza d'altri successibili all'infuori dello
 Stato" sentenza n.  184/1990)  per  inferirne,  anche  dalle  diverse
 espressioni   usate  in  motivazione,  l'intenzione  della  Corte  di
 ammettere i fratelli naturali  alla  successione  limitatamente  alla
 ipotesi  della  assenza di altri parenti legittimi talche' l'eredita'
 andrebbe devoluta allo Stato. E, correlativamente, i Sanguineti hanno
 sostenuto che, contrariamente a quanto affermato dai Barlaro,  quando
 si  parla  di  famiglia  legittima e di parenti legittimi si deve far
 riferimento a tutte le persone che hanno un vincolo di parentela  tra
 loro  a causa della loro appartenenza a quella realta' sociale che e'
 la famiglia fondata sul matrimonio.
    Esposti, dunque, i termini delle questioni dibattute  dalle  parti
 in  causa,  la Corte deve osservare innanzi tutto che non puo' essere
 accolto il primo motivo di gravame; in base  alla  vigente  normativa
 non  puo'  essere  riconosciuta l'esistenza del diritto sostenuto dai
 Barlaro. Numerose sono indubbiamente le norme che,  anche  a  seguito
 dell'intervento della Corte costituzionale, sono venute ad assicurare
 un  sempre  piu'  ampio riconoscimento della parentela naturale al di
 la'  del mero rapporto di filiazione attribuendole rilevanza anche in
 linea collaterale. Sono stati richiamati, cosi' come viene  fatto  da
 quella  parte  della dottrina che sostiene appunto l'equiparazione ai
 fini successori dei fratelli legittimi e di quelli  naturali,  l'art.
 433,  n.  6,  del  c.c.  (obbligo  di  prestare alimenti a carico dei
 fratelli dell'alimentando senza distinzione  tra  legittimi  e  non),
 l'art. 468, primo comma (che riconosce il diritto del figlio naturale
 a  succedere  per  rappresentazione al fratello del proprio genitore)
 l'art. 737, primo comma (che estende in netto  contrasto  con  quanto
 disposto  in  origine, la collazione anche al caso che siano chiamati
 all'eredita' i soli figli naturali con implicito riconoscimento  d'un
 rapporto  di  parentela  tra  gli  stessi). A questi puo' aggiungersi
 l'art. 565 dopo l'ultimo intervento della  Corte  costituzionale  (e'
 prevista  la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali in
 mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato).
    Tuttavia l'esistenza di simili norme, a giudizio di  questa  corte
 non  puo'  giustificare  il  riconoscimento  di  una  "ormai avvenuta
 sostanziale equiparazione tra parenti legittimi e  quelli  naturali".
 Non  si puo' non far riferimento al dettato dell'art. 258 del c.c. il
 quale sancisce che il riconoscimento non produce effetto se  non  con
 riguardo  al  genitore dal quale e' stato fatto. Principio che con la
 riforma del 1975 e' stato confermato con l'aggiunta  di  quell'inciso
 "salvo  i  casi  previsti  dalla  legge", quasi a volere, da un lato,
 sottolineare  le  innovazioni   apportate   nell'ambito   dei   nuovi
 orientamenti  a  tutela  della  filiazione  naturale e, dall'altro, a
 ricordare che le stesse debbono essere contenute nello stretto ambito
 dei casi  espressamente  voluti  dal  legislatore;  norma  forse  non
 necessaria  ma  non  inutile.  Quindi deve ritenersi che la parentela
 naturale,  al   di   la'   del   rapporto   genitore-figlio,   rilevi
 giuridicamente  solo  in  casi  espressamente  previsti dalla legge e
 nessuna norma e in  particolare  l'art.  565  del  c.c.,  prevede  la
 possibilita' per gli appellanti di succedere alla Barlaro Anna.
    Deve,  quindi,  essere  affrontato  il  problema  sollevato con il
 secondo motivo d'impugnazione relativo della rispondenza delle  norme
 che limitano i diritti dei Barlaro al dettato della Costituzione.
    Esame  che  non  puo'  ritenersi  impedito dal fatto che la stessa
 questione  sia  stata  gia'  proposta  nel  corso  di  questo  stesso
 procedimento;  la  Corte  di  legittimita' delle leggi non ha affatto
 dichiarata la infondatezza della stessa questione.
    Come si e' premesso, rilevato che  l'impugnazione  non  era  stata
 estesa all'art. 468 del c.c. (il tribunale aveva ritenuto il relativo
 problema  logicamente  successivo),  la  Corte  costituzionale  si e'
 limitata ad osservare che la questione, cosi' come presentata, veniva
 ad essere priva di  rilevanza  nella  presente  fattispecie,  la  cui
 soluzione  deve coinvolgere l'esame della legittimita' costituzionale
 anche del citato art. 468 dal momento che la pretesa dei Barlaro  non
 si  puo'  fondare  su  un  titolo di vocazione ereditaria diretta. La
 corte non si e' quindi espressa  e,  pertanto,  la  riproduzione  del
 dubbio  di  legittimita' non puo' urtare, come hanno invece sostenuto
 gli appellati, con quel principio  del  ne  bis  in  idem  richiamato
 nell'ordinanza  della  Corte costituzionale n. 197 del 29 giugno 1983
 citata dagli stessi Sanguineti.
    Tutto cio' premesso, la corte passando dunque alla valutazione del
 secondo motivo d'appello e condividendolo, ritiene non manifestamente
 infondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 565, 572 e 468 del cod. civ. per contrasto con  gli  artt.  3  e  30,
 terzo  comma,  della Costituzione nella parte in cui non prevedono la
 successione legittima di fratelli e sorelle naturali del de cuius, e,
 per rappresentazione, quella dei discendenti degli stessi in mancanza
 di membri della famiglia legittima restrittivamente intesa.
    Invero, chiari i termini della  questione  in  base  a  quanto  in
 precedenza  esposto,  e  indubbia  la  sua  rilevanza  nella presente
 vertenza, l'eventuale riconoscimento  della  fondatezza  del  rilievo
 farebbe   succedere   i  Barlaro  a  preferenza  dei  Sanguineti  nel
 patrimonio ereditario della de cuius, si osserva che:
      se il principio fissato dal primo comma dell'art. 258  del  c.c.
 "il  riconoscimento  non  produce effetti che riguardo al genitore da
 cui  fu  fatto"  trova  nell'ordinamento  piu'   deroghe   nei   casi
 espressamente previsti dalla legge come sopra puntualizzato;
      se  il  limite alla tutela della filiazione naturale e' previsto
 dalla Corte costituzionale nella compatibilita' della  stessa  con  i
 diritti dei membri della famiglia legittima;
      se  per  famiglia  legittima  si deve intendere la c.d. famiglia
 nucleare  formata  dal  matrimonio  del  genitore,  quindi   i   suoi
 discendenti   oltre   al   coniuge   e  cio'  secondo  l'orientamento
 interpretativo  comunemente  accettato,  proprio  in  base  a  quanto
 proposto dalla stessa Corte costituzionale": "'famiglia legittima' e'
 quella  costituitasi  con il matrimonio del padre naturale e composta
 dal coniuge e dai figli legittimi. A questa interpretazione conducono
 il linguaggio e il contenuto tanto delle norme costituzionali, quanto
 della legislazione ordinaria, oltreche'  la  stessa  sistematica  del
 codice  civile  ..  Da questo quadro non e' verosimile che sia uscito
 l'art. 30 terzo comma: anche qui l'accenno alla famiglia legittima di
 chi ha figli naturali evidentemente non comprende gli ascendenti o  i
 collaterali;  poiche'  si  contrappongono i figli naturali nati fuori
 del matrimonio di lui alla sua famiglia legittima,  questa  non  puo'
 essere   che   il  gruppo  costituitosi  col  suo  matrimonio"  Corte
 costituzionale sentenza 11 aprile 1969, n. 79;  principio  per  altro
 richiamato  ad  esempio  nell'ordinanza  della  stessa Corte 24 marzo
 1988,  n.  363:  "unanimamente  riferito  -  (il   termine   famiglia
 legittima) - dagli interpreti alla (piccola) famiglia che il genitore
 abbia costituito mediante matrimonio con persona diversa dall'altra";
      allora   la   esclusione   dalla  categoria  dei  chiamati  alla
 successione legittima dei fratelli e sorelle naturali, riconosciuti o
 dichiarati, del de cuius, o, in altri termini, in caso di mancanza di
 membri della famiglia legittima, l'anteposizione agli stessi dei piu'
 lontani parenti, consente  fondatamente  di  ritenere  le  norme  che
 dettano  tale  disciplina, gli artt. 565 e 572 del c.c., in contrasto
 sia con l'art. 30, terzo comma, della Costituzione  atteso  la  ormai
 riconosciuta   natura  del  limite  ivi  imposto  alla  tutela  della
 filiazione  naturale,  che  con   l'art.   3   della   stessa   Carta
 fondamentale:  se  la posizione giuridica del figlio naturale, quando
 manchino i membri della famiglia legittima, e' uguale  a  quella  dei
 figli  legittimi  allora  il  regime  successorio  che  esclude che i
 fratelli o sorelle naturali  possano  succedere  ai  propri  fratelli
 prevedendo quindi un trattamento deteriore rispetto a quello di tutti
 gli  altri  successibili  ex  lege  e'  in  urto  con il principio di
 uguaglianza e di pari dignita' sociale.
    Ne  discende  che  parimenti  fondata  e'  la  questione  relativa
 all'art. 468 del c.c. nella parte in cui limita la  rappresentazione,
 nella  linea  collaterale,  ai  discendenti  dei  fratelli  e sorelle
 legittimi dell'ereditando: non e'  assicurata  al  fratello  naturale
 l'identica posizione giuridica riservata al fratello legittimo sempre
 nel caso in cui manchino membri della famiglia intesa nel senso sopra
 precisato;  correttamente  si  e' affermato degli appellanti che, una
 volta riconosciuta la sussistenza delle condizioni di successibilita'
 del fratello naturale, debba  anche  riconoscersi,  come  per  quello
 legittimo,  l'istituto  della  rappresentazione  anche  a  favore dei
 discendenti del primo non contrastando  tale  riconoscimento  con  la
 tutela della "famiglia legittima".
    Si  osserva  da  ultimo  che  non valgono ad impedire il dubbio di
 legittimita'  costituzionale  linearmente  sopra  esposto,   ne'   il
 richiamo  alla  decisione della Corte di cassazione 17 novembre 1979,
 n. 5747, che ha ritenuto manifestamente  infondata  la  questione  di
 costituzionalita'  della norma di cui all'art. 468 del c.c., ne' alle
 diverse  espressioni  usate  dalla  Corte  costituzionale  nelle  due
 decisioni,  la  n.  55/1979  e  la  n. 183/1990 con le quali e' stata
 affermata la incostituzionalita' dell'art. 565, nel testo  precedente
 e  successivo  alla  riforma,  nella  parte  in  cui  escludeva dalla
 categoria dei chiamati alla  successione  legittima  in  mancanza  di
 altri  successibili  all'infuori  dello  Stato,  i fratelli o sorelle
 naturali del de cuius.
    Quanto  al  primo,  si  conviene  che   una   volta   ammessa   la
 successibilita'  del  fratello o sorella naturale del de cuius per le
 ragioni indicate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 55/79 e
 n. 183/90 possono ritenersi superate tutte le  argomentazioni  allora
 addotte  dalla  suprema  Corte  che  aveva  affermato  che  la tutela
 giuridica e sociale assicurata ai figli nati fuori del matrimonio  si
 riferisce sempre e unicamente ai rapporti tra genitori e figli.
    Quanto  al  secondo,  non  si  puo' ignorare il fatto che l'ultima
 sentenza ha una impostazione piu' rigorosa del  problema  rispetto  a
 quella  precedente,  che  aveva  consentito a parte della dottrina di
 ritenere superata  ogni  distinzione  tra  figli  legittimi  e  figli
 naturali,  dove  e'  affermato  che  non  vi  sono  ragioni  idonee a
 giustificare la conservazione della  regola  del  codice  civile  che
 esclude il diritto di successione tra fratelli e sorelle naturali la'
 dove  manchino  altri  successibili  per  titolo  di  coniugio  o  di
 parentela e, il favore per i figli naturali, non entri  in  conflitto
 col  principio  della  successione  familiare o con l'interesse dello
 Stato.  Tuttavia,  rilevato   che   il   problema   specifico   della
 costituzionalita'  di  un  sistema  che da la preferenza ad un remoto
 parente di sesto grado rispetto ad un fratello naturale del de  cuius
 con  il  quale  spesso esistono solidi vincoli affettivi non e' stato
 ancora sollevato e affrontato dalla Corte di legittimita' delle leggi
 e che occorre, invece, chiarezza sul punto, occasione,  come  e'  nel
 caso  di specie a gravi e protratte controversie, non definitivamente
 risolvibili in base ad una ricerca  e  interpretazione  del  pensiero
 della  consulta, si ritiene lecito e rilevante investire direttamente
 la stessa Corte del problema.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale  degli  artt.  565  e  572  del  c.c.  in
 relazione  agli  artt.  3 e 30, terzo comma, della Costituzione nella
 parte in  cui,  in  mancanza  di  membri  della  famiglia  legittima,
 escludono  dai  chiamati  alla  successione  legittima  i  fratelli o
 sorelle; riconosciuti o dichiarati, del de cuius  ovvero  antepongono
 agli  stessi  tutti  i parenti legittimi; nonche' dell'art. 468 c.c.,
 ancora  in  relazione  agli  artt.  3  e  30,  terzo   comma,   della
 Costituzione,  nella  parte  in cui limita la rappresentazione, nella
 linea collaterale,  ai  discendenti  dei  fratelli  e  delle  sorelle
 legittimi dell'ereditando;
    Sospende   il   presente   procedimento   e   dispone  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia, a cura  della  cancelleria,
 notificata  alle  parti,  al  Presidente  del  Consiglio dei Ministri
 nonche' comunicata al  Presidente  del  Senato  e  della  Camera  dei
 deputati.
    Cosi'  deciso  in Genova nella camera di consiglio del 17 febbraio
 1993.
                  Il presidente: (firma illeggibile)
    Depositato in cancelleria il 17 giugno 1993.
                  Il cancelliere: (firma illeggibile)

 93C0931