N. 45 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 ottobre 1992
N. 45 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 settembre 1993 (della regione Emilia-Romagna). Sanita' pubblica - Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, primo comma, lett. h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 - Definizione degli istituti in questione quali "strumenti tecnico-scientifici dello Stato, delle regioni e delle province autonome, per le materie di rispettiva competenza" - Attribuzione al Ministro della sanita' dei poteri di nominare un componente del consiglio di amministrazione e un revisore dei conti e di stabilire prestazioni a pagamento e criteri per la determinazione delle tariffe da parte delle regioni, nonche' di poteri di indirizzo e coordinamento in materia di requisiti minimi strutturali e tecnologici e di criteri organizzativi uniformi - Disciplina analitica dell'organizzazione degli istituti e finanziamento degli stessi mediante ricorso alla quota del fondo sanitario da ripartire tra le regioni - Invasione della sfera di attribuzioni della regione in materia di sanita' e zootecnia e lesione dell'autonomia finanziaria della regione - Eccesso di delega - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 355/1993. (D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270, artt. 1, primo, quarto e quinto comma, 2, primo e secondo comma, 3, secondo, terzo, quarto e sesto comma, 5, primo comma, 6, primo comma, lett. a), 10, primo comma (Gazzetta Ufficiale n. 180 del 3 agosto 1993)). (Cost., artt. 76, 117, 118 e 119).(GU n.39 del 22-9-1993 )
Ricorso per la regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della giunta regionale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 4052 del 31 agosto 1993, rappresentata e difesa, come da mandato a rogito del notaio Lucia Anna Maria Maffeo di Bologna del 31 agosto 1993, rep. n. 69603, dall'avv. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio del secondo, via Confalonieri 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, recante "Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180, suppl. ord., del 3 agosto 1993, e precisamente delle seguenti disposizioni: art. 1, primo, quarto e quinto comma; art. 2, primo e secondo comma; art. 3, secondo, terzo, quarto e sesto comma; art. 5, primo comma; art. 6, primo comma, lett. a); art. 10, primo comma. Per contrasto con gli artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione, nei limiti e sensi chiariti nell'esposizione dei motivi. M O T I V I Come si evince dallo stesso titolo del decreto impugnato, esso e' stato emanato in attuazione dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421: secondo il quale il Governo avrebbe dovuto emanare "per rendere piene ed effettive le funzioni che vengono trasferite alle regioni", norme per la riforma del Ministero della sanita', e secondo il quale le stesse norme avrebbero dovuto comprendere, fra l'altro, il "riordino" degli Istituti zooprofilattici. Si notera' che quello citato tra virgolette e' il solo principio o criterio direttivo dato al Governo per l'esercizio del potere delegato. E' dunque assolutamente escluso che il Governo avesse in questa occasione una discrezionalita' o un margine di liberta', nel senso di diminuire - anziche' aumentare - il grado di "regionalizzazione" delle istituzioni sanitarie. Per quanto riguarda in particolare gli istituti zooprofilattici, l'attuazione dell'assetto costituzionale e la determinazione delle funzioni rispettive delle regioni e dello Stato e' stato fissato, sin dai primi anni della riforma regionale, con la legge 23 dicembre 1975, n. 745. Ora, essendo tale legge anteriore rispetto alla legge di riforma sanitaria, n. 833/1978, ed a tutte le successive riforme della stessa, ben poteva essere sentito il bisogno di un "riordino" che adeguasse e migliorasse, alla luce di oltre 17 anni di esperienza, i principi normativi in materia, eliminando eventuali carenze o incongruenze. Ma altrettanto chiaro e' che cio' non doveva porre in discussione la regionalizzazione delle funzioni, ne' meno ancora portare ad una maggiore ingerenza dello Stato nella vita e nella attivita' degli Istituti. Non solo infatti nella legge di delega manca - come e' ovvio - un indirizzo in tal senso, ma l'unico indirizzo e' in senso recisamente opposto. Senonche', il legislatore delegato ha fatto esattamente il contrario di quanto indicato nella legge di delega, ed anziche' ispirare la normativa al criterio di "rendere piene ed effettive" le funzioni regionali, ha mirato a "reinserire" gli Istituti stessi in un quadro di riferimento statale, irrazionalmente ed illegittimamente esautorando e comprimendo competenze regionali gia' stabilite. La complessiva violazione dei principi in materia e' gia' evidente nell'inquadramento generale che l'art. 1, primo comma, del decreto impugnato assegna agli istituti quali "strumenti tecnico-scientifici dello Stato, delle regioni e delle privince autonome, per le materie di rispettiva competenza". E' evidente, infatti, che definire gli istituti quale obiettiva struttura di servizio per l'attivita' di enti diversi e' cosa ben diversa rispetto alla "ristrutturazione regionalizzata" di tali istituti disposta a suo tempo dalla legge n. 745/1975. Ma non meno evidente e' l'assoluta illegittimita' costituzionale di una normativa delegata che, in assenza di indicazioni in tale senso nella delega, e in aperto contrasto con le indicazioni stabilite, travolga l'assetto stesso e la collocazione istituzionale degli Istituti. Un tale mutamento non puo' certo essere sottinteso nel generico concetto di "riordino" degli Istituti stessi. Ugualmente, non era certo previsto nella delega al "riordino" la attribuzione al Ministro della sanita' di nuove funzioni amministrative, con il pretesto che esse si riferiscano al settore zooprofilattico. Qui la violazione della delega e', se possibile, ancora piu' netta. Infatti e' del tutto chiaro che il legislatore delegante non ha voluto l'attribuzione di nuovi compiti al Ministro, ma soltanto il "rimanere" (secondo la testuale espressione della legge) in capo ad esso di talune delle funzioni gia' spettantegli: coerentemente, d'altronde, con l'intenzione generale gia' ricordata di "rendere piene ed effettive le funzioni che vengono trasferite alle regioni". Ne deriva la piena illegittimita' costituzionale di tutte le funzioni assegnate al Ministro dall'art. 2, secondo comma, lettere da a) ad l) del decreto n. 270, in quanto esse non siano meramente riproduttive di funzioni gia' spettanti al Ministro; dei poteri di nomina di un componente del consiglio di amministrazione e di un revisore dei conti, previsti dall'art. 3, secondo e quarto comma; del potere di stabilire "prestazioni a pagamento" e "criteri per la determinazione, da parte delle regioni, delle tariffe" (cose che, in quanto occorrano, devono semmai essere ricondotte alla funzione governativa di indirizzo e coordinamento, e non gia' al Ministro); del "potere di indirizzo e coordinamento" attribuito incongruamente al ministro in materia di requisiti minimi strutturali e tecnologici, nonche' di criteri organizzativi uniformi. Del tutto illogico ed incongruo, ed elusivo della delega, sarebbe infatti limitare le funzioni ministeriali, come la delega prescrive, nel decreto relativo al Ministero della sanita', per crearne una pletora di nuove in altri decreti, emanati sulla base della stessa delegazione legislativa| Il potere ministeriale di indirizzo e coordinamento previsto dall'art. 2, primo comma, e' illegittimo anche per motivi propri alle regole concernenti tale funzione. Ci si riferisce da una parte ai noti principi sulla titolarita' collegiale del Governo di tale funzione, quando essa non sia esercitata direttamente dal legislatore, principi piu' volte confermati dal legislatore, ed in termini generali nell'art. 2 della legge n. 400/1988: ed e' chiaro che la violazione di una regola tanto fondamentale del sistema, anche se potesse mai essere giustificata, abbisognerebbe di apposito fondamento nella delega. Ma il decreto impugnato non solo viola le regole sulla titolarita' della funzione di indirizzo, ma altresi' quelle sul suo esercizio, in particolare non offrendo quella disciplina sostanziale che delimiti ed inquadri l'esercizio del potere, la cui necessita' cogente e' stata ribadita anche di recente nella giurisprudenza costituzionale (puntualmente, ad esemnpio, la sentenza n. 355/1993). Non meno illegittima appare la sostanziale sottrazione alle regioni della potesta' legislativa in materia di organizzazione istituzionale degli istituti. Tale sottrazione avviene, nell'impugnato decreto, sia attraverso l'art. 10, primo comma, in quanto esso abroga l'art. 1, secondo comma, della l. n. 745/1975, che tale potesta' riconosceva, sia attraverso la positiva disciplina stabilita dall'art. 3, secondo comma, che minutamente disciplina l'organizzazione dell'ente, non solo individuandone gli organi, ma persino stabilendo il numero dei componenti dell'organo di amministrazione, le titolarita' dei poteri di nomina e le relative procedure (dell'illegittimita' del diretto potere ministeriale di nomina si e' gia' detto). Per il collegio dei revisori addirittura la nomina e' a maggioranza statale. Per il direttore generale, si prescrive che esso sia nominato dalla regione della sede legale "d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome", che non si vede in assoluto come possa entrare nella questione. Le regioni adottano le "restanti" norme organizzative (oltretutto nell'ambito degli indirizzi ministeriali sui "criteri organizzativi uniformi", sulla cui specifica illegittimita' ci si e' gia' soffermati): ma e' evidente che la potesta' legislativa regionale in materia di organizzazione degli istituti e' qui diventata non piu' concorrente, nell'ambito di principi ma meramente integrativa. Trattandosi di materia pacificamente regionale, secondo le stesse definizioni del d.P.R. n. 616/1977 (in particolare art. 27, primo comma, lettera l, e art. 66), non puo' essere dubbio che la riduzione della potesta' legislativa regionale a potesta' meramente integrativa viola direttamente l'art. 177, primo comma, della Costituzione. Della palese violazione anche della legge di delega si e' detto piu' volte. Con cio' non si vuol sostenere che il "riordino" previsto dalla legge di delega non avrebbe potuto comportare la fissazione di principi orientativi per la legislazione regionale: al contrario, si afferma che si sarebbe dovuto trattare di principi orientativi della potesta' legislativa, non della pura e semplice sostituzione della legislazione regionale con quella statale. Non dissimili motivi di illegittimita' colpiscono l'art. 1, quinto comma, nella parte in cui prevede che il Ministro della sanita' con proprio regolamento, (d'intesa con la conferenza Stato-regioni) "coordina i compiti degli istituti con quelli previsti dalla legge 23 giugno 1970, n. 503, modificata dalla legge 11 marzo 1974, n. 101, e dalla legge 23 dicembre 1975, n. 745". Corrispondentemente, risultano illegittime anche la disposizione dell'art. 1, quarto comma, in quanto non prevede la potesta' regionale di precisare ed integrare i compiti degli istituti, e la norma abrogatrice dell'art. 10, in quanto essa abroga, con l'art. 4 della legge 23 dicembre 1975, n. 745, la potesta' legislativa regionale di determinare o precisare i compiti degli istituti. Viola infatti direttamente l'art. 117, primo comma della Costituzione (oltre che i principi della legge di delega) la pretesa di sostituire alla potesta' legislativa regionale (da esercitarsi nell'ambito di principi legislativi statali) un "regolamento" ministeriale (che oltretutto non si sa come dovrebbe "coordinare" le disposizioni di quattro atti con forza di legge). Specifici motivi di illegittimita' colpiscono anche l'art. 6, dedicato al finanziamento degli istituti. A parte infatti la considerazione che la legge di delega specificamente disponeva che le norme di riordino "non devono comportare oneri a carico dello Stato", non si vede come il decreto delegato, in assenza (ed anzi in violazione) di principi di delega possa disporre del Fondo sanitario nazionale. E' noto infatti che dopo il decreto legislativo n. 502/1992 il fondo nazionale, disciplinato dall'art. 12 di detto decreto, e' ripartito tra le regioni, al netto soltanto della quota pari all'1% del fondo stesso, assegnato al Ministero. Ora, essendo chiaro che la disposizione dell'art. 6, primo comma, lett. a), quando parla del "Fondo" non si riferisce alla quota ministeriale (che viene in considerazione semmai alla lett. b), ne risulta che in pratica il decreto qui impugnato dispone di quella parte del fondo sanitario che la legge impone di ripartire tra le regioni. Ne deriva una lesione della autonomia finanziaria regionale, e percio' dello stesso art. 119 della Costituzione, in quanto cio' avviene in assenza di una volonta' delegante in tale senso, ed anzi contro la disposizione, essa si' certamente di principio, del decreto legislativo n. 502/1992 relativa alla destinazione del fondo sanitario. E' ovvio invece che le regioni dovranno pur sempre, come nel sistema previgente, far fronte alle esigenze finanziarie degli istituti: ma cio' deve avvenire all'interno dei bilanci, e nell'ambito delle autonome decisioni regionali e non attraverso un preventivo impoverimento del fondo sanitario regionale. Tutto cio' premesso, la ricorrente Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa.
Chiede voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, recante "Riordino degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421", in relazione alle disposizioni specificamente impugnate, per contrasto con gli artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione. Padova-Roma, addi' 31 agosto 1993. Avv. prof. Giandomenico FALCON - Avv. Luigi MANZI 93C0976