MINISTERO DELL'INTERNO

CIRCOLARE 20 settembre 1993, n. 21 

  Problemi applicativi del risanamento degli enti locali territoriali
in  stato  di dissesto ai sensi dell'art. 21 del decreto-legge     18
gennaio     1993,   n.   8,   convertito,   con modificazioni,  dalla
legge  19  marzo  1993,  n.  68   e   del regolamento     concernente
le     modalita'     applicative    del risanamento degli enti locali
territoriali in stato di dissesto    finanziario,    approvato    con
decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378.
(GU n.227 del 27-9-1993 - Suppl. Ordinario n. 91)
 
 Vigente al: 27-9-1993  
 

                                  A    tutte    le    amministrazioni
                                  provinciali e comunali
                                  A tutte le comunita' montane
                                  Al    presidente    della    giunta
                                  regionale della Valle d'Aosta
                                  Ai prefetti della Repubblica
                                     e, per conoscenza,
                                  Alla Presidenza del  Consiglio  dei
                                  Ministri   -   Dipartimento  affari
                                  regionali
                                  Al   Ministero   per   gli   affari
                                  regionali     ed     i     problemi
                                  istituzionali
                                  Alla  Corte  dei  conti  -  Ufficio
                                  controllo       atti      Ministero
                                  dell'interno
                                  Alla Corte dei conti - Sezione enti
                                  locali
                                  Al   Ministero   del    tesoro    -
                                  Ragioneria  generale  dello Stato -
                                  I.G.B. - Ragioneria generale  dello
                                  Stato - I.G.E.S.P.A.
                                  Al   Ministero   delle   finanze  -
                                  Dipartimento   delle   entrate    -
                                  Direzione     centrale    per    la
                                  fiscalita' locale
                                  Al Ministero del bilancio  e  della
                                  programmazione economica
                                  Alla Cassa depositi e prestiti
                                  Al  commissario  dello  Stato nella
                                  regione siciliana
                                  Al rappresentante del Governo nella
                                  regione sarda
                                  Al commissario  del  Governo  nella
                                  regione Friuli-Venezia Giulia
                                  Ai  commissari  del  Governo  nelle
                                  province  autonome  di   Trento   e
                                  Bolzano
                                  Ai  commissari  del  Governo  nelle
                                  regioni a statuto ordinario
                                  Al presidente della commissione  di
                                  coordinamento nella Valle d'Aosta
                                  Agli  uffici regionali di riscontro
                                  amministrativo    del     Ministero
                                  dell'interno  presso  le prefetture
                                  dei capoluoghi di regione
                                  Alla        Scuola        superiore
                                  dell'Amministrazione dell'interno
                                  All'ANCI
                                  All'UPI
                                  All'UNCEM
                                  All'istituto      nazionale      di
                                  statistica
1. Premessa
         L'articolo    25    del decreto-legge 2 marzo 1989,  n.  66,
convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile  1989,  n.    144,
prendendo  atto  del  diffuso fenomeno della grave crisi  finanziaria
dei comuni,   gia' indagato   da   questo   Ministero, ha    inserito
nell'ordinamento     finanziario   e contabile    degli  enti  locali
l'istituto   del  dissesto,  mirante  a   liberare gli   enti     dal
peso    dell'indebitamento  pregresso  e ad assicurare condizioni  di
riequilibrio nella gestione.
         Sulla base dell'esperienza acquisita   in    tre  anni    di
applicazione    della  norma,  l'articolo   21 del decreto-legge   18
gennaio 1993, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 19 marzo
1993,  n.  68,  ha    modificato     la     normativa,     rendendone
l'applicazione  piu'  veloce ed incisiva. Tuttavia, e' da considerare
che le  innovazioni  introdotte  hanno avuta  la  prima  applicazione
nell'ordinamento dall'entrata in vigore del  decreto-legge  17  marzo
1992,  n.  233,   decaduto   per   mancata conversione, cosi' come  i
successivi reiterati fino al decreto-legge n. 8 del 1993. Gli effetti
relativi   sono   tuttavia stati salvati dall'articolo  1,  comma  2,
della legge di conversione n. 68 del 1993.
         Successivamente e' stato emanato il relativo regolamento con
decreto  del  Presidente della Repubblica n. 378 del 24  agosto 1993,
in esecuzione dell'articolo 21, comma 7, del  decreto-legge n. 8  del
1993.
         Si  ritiene  percio'  utile dare illustrazioni e chiarimenti
agli enti, ai commissari ed  agli  operatori  del  settore  con    la
presente circolare.
2. Lo stato di dissesto.
         L'articolo  1  del  D.P.R.,  applicando le norme di legge in
vigore, precisa quali sono gli elementi identificativi del  dissesto,
individuandoli nella condizione di non poter garantire l'assolvimento
delle  funzioni  e  dei  servizi  indispensabili  (quali definiti con
decreto ministeriale 28 maggio  1993,  n.    5184/E3),  ovvero  nella
sussistenza  di  crediti  liquidi  ed esigibili non   fronteggiabili,
ovvero ancora nel caso in  cui  non  siano  stati  estinti  i  debiti
rateizzati a norma dell'articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 1989.
          Trattasi  quindi di uno stato di fatto  inequivocabile, che
non ammette valutazioni discrezionali. La deliberazione  del dissesto
e' obbligatoria e non e' consentita la revoca dell'atto.
          L'articolo  2  del  D.P.R.  precisa che la deliberazione di
dissesto non ha bisogno di atti precedenti o  presupposti,  il    che
impedisce che siano assunte deliberazioni di meri intenti.
          Una   precisa norma di legge, che il Consiglio di  Stato ha
particolarmente richiamato nell'esprimere il parere di  competenza in
merito al citato D.P.R.,  impedisce  che  si  possa    dichiarare  il
dissesto  in  presenza  di bilancio deliberato, ed il  comma 2 indica
che cio' va  riferito  al  bilancio  che  ha  superato  il  controllo
regionale,  precisando  le  diverse fattispecie. Nei casi di bilancio
rinviato  per  osservazioni,  quali che siano, il Consiglio dell'ente
puo' valutare nel riesame se ricorrano  condizioni   di dissesto    e
deliberarlo, annullando la deliberazione di  bilancio gia' assunta.
           Gli    altri   commi dell'articolo 2   specificano  l'iter
della  deliberazione, e soprattutto chiariscono che la  pubblicazione
dell'avviso nella Gazzetta Ufficiale deve avvenire a  cura di  questo
Ministero.
           Il  Comitato  regionale di controllo, secondo l'articolo 3
del   D.P.R.,   ha titolo di chiedere   chiarimenti    all'ente    ed
all'organo    di  revisione   se venga a conoscenza di condizioni  di
dissesto non rese pubbliche; disciplina la procedura  sostitutiva  ed
indica le conseguenze dell'inadempienza.
3. Nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
           Il   prefetto  della  provincia,  ricevuta  copia    della
deliberazione di dissesto, propone a questo Ministero con la  massima
sollecitudine,  e  senza  bisogno  di  richiesta,  il  nominativo o i
nominativi delle persone  prescelte  per  l'organo  straordinario  di
liquidazione.  Ricevuta  la  comunicazione  dell'avvenuta  nomina, il
prefetto  la  notifica    senza  indugio,  in   modo   che   l'organo
straordinario di liquidazione possa insediarsi al piu' presto.
           L'articolo    4  del  D.P.R. regolamenta le condizioni  di
incompatibilita' e le altre   modalita'   per    la    nomina  ed  il
funzionamento dell'organo straordinario.
4. Insediamento dell'organo straordinario di liquidazione.
           I  commissari  provvedono, non appena ricevuta la notifica
della nomina, ad insediarsi presso l'ente.
           Dell'insediamento  va data comunicazione per  iscritto  al
sindaco  del  comune, affinche' metta   a   disposizione   una   sede
idonea, dia disposizioni per garantire l'accesso a tutti  gli    atti
dell'ente  e assicuri la collaborazione del personale comunale per le
esigenze della liquidazione. Parimenti va data    comunicazione  alla
Prefettura     competente     per     assicurare    la    regolarita'
dell'avvenuto  insediamento,  nonche'  al   comitato   regionale   di
controllo,  al  revisore  dei  conti o al collegio dei revisori ed al
tesoriere  dell'ente.
           Per quanto attiene al commissario  unico,  previsto    nei
comuni    con  popolazione  inferiore ai 5.000 abitanti,  qualora  lo
stesso presenti le dimissioni prima dell'insediamento, il termine  di
tre  mesi previsti dall'articolo 21, comma 3, del  decreto-legge n. 8
del 1993, per la presentazione del  piano  di  estinzione,  inizia  a
decorrere dalla data della nomina del sostituto.  Diversamente, se lo
stesso  si e' insediato, il termine di tre mesi resta interrotto alla
data di presentazione delle dimissioni e ricomincia a decorrere dalla
nomina del sostituto.
           Le dimissioni volontarie  debbono  essere  preventivamente
accolte prima di diventare operative, stante l'esigenza di assicurare
la   massima   celerita'   nella   definizione   della   liquidazione
straordinaria.  L'abbandono ingiustificato dell'ufficio e'   punibile
ai sensi delle disposizioni che si applicano ai  pubblici ufficiali.
           Le  dimissioni  sono  dovute  nei casi di incompatibilita'
sopravvenute.
           I  casi  di  incompatibilita'   sono   quelli     indicati
nell'articolo  4, comma 1, del regolamento di attuazione. Si rammenta
che  chi  e'  stato  nominato  commissario  straordinario  per     la
liquidazione   non   puo'  essere  nominato  commissario  ad  acta  o
commissario prefettizio presso lo stesso ente.
           Per   i   membri   della   commissione   straordinaria  di
liquidazione che  debbono essere sostituiti  prima  dell'insediamento
della  stessa, il termine di tre mesi comincia   a    decorrere    da
quando,  con  la  sostituzione  di uno o due di loro, il collegio  e'
completo e quindi puo' regolarmente insediarsi. Se la sostituzione si
rende necessaria dopo l'insediamento della  commissione,  essendo  la
stessa  un  organo  perfetto e non potendosi di conseguenza procedere
alla discussione degli atti se non in presenza di tutti i  membri, il
termine viene interrotto e ricomincia  a   decorrere dal  momento  in
cui l'organo ritorna completo.
           Le  disposizioni gia' dettate per le dimissioni volontarie
dell'organo individuale,  si   applicano   anche   alla   commissione
straordinaria di liquidazione.
           Qualora  nel  termine  di tre mesi non sia stato possibile
redigere il piano di estinzione, il commissario  liquidatore    o  il
presidente  della  commissione  debbono  richiedere  la  proroga  del
termine, accordabile una sola volta e per un periodo non superiore  a
tre  mesi.  La richiesta va   inoltrata  al  Ministero  dell'interno,
Direzione  generale dell'amministrazione  civile,  Direzione centrale
per  la  finanza  locale,  Ufficio  risanamento  enti  dissestati   e
comunicata per conoscenza alla Prefettura.
           In  sede  di  prima applicazione, i termini per gli organi
della  liquidazione  nominati  anteriormente  al  D.P.R.  iniziano  a
decorrere dalla data di pubblicazione dello stesso D.P.R.
5. Attivita' dell'organo straordinario della liquidazione.
           Il commissario o la commissione assumono le loro decisioni
con  atti deliberativi   aventi   numerazione  unica  e  separata  da
quelli degli organi dell'ente. Alle deliberazioni della   commissione
debbono    prendere    parte   tutti i   commissari   facenti   parte
dell'organo; le decisioni, qualora non  sia  possibile    raggiungere
l'unanimita',   sono   assunte   a   maggioranza.   E'   vietata   la
partecipazione di estranei alla formazione dell'atto deliberativo,  e
non sono necessari i pareri e le attestazioni previste dagli articoli
53 e 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
           L'unica  deliberazione  dell'organo  straordinario   della
liquidazione  soggetta all'esame del Comitato  di  controllo    sugli
atti  degli  enti  locali  e' quella finale   di   approvazione   del
rendiconto della gestione, con la quale cessa l'attivita' dell'organo
di liquidazione. Tutte le altre sono soggette alla sola pubblicazione
all'albo pretorio dell'ente, secondo le norme  vigenti in materia,  e
sono "ope legis" dichiarate immediatamente esecutive.
           I   rapporti   con   il   personale   dell'ente   sono  di
collaborazione, ferma  restando  l'estraneita' di  detto   personale,
compreso    il  segretario    comunale,    alle    funzioni   proprie
dell'organo  di liquidazione.
           Nel caso di problemi che richiedano per la loro  soluzione
 l'intervento di esperti dotati di specifiche professionalita'  o che
si    presentino    di     particolare     complessita',     l'organo
straordinario    della   liquidazione puo' richiedere   al  Ministero
dell'interno l'autorizzazione ad avvalersi di consulenti esterni.   I
consulenti  debbono  essere  privati  professionisti  iscritti    nei
relativi  albi professionali o funzionari dello Stato o    di    enti
locali  particolarmente  esperti  nella  materia per la soluzione dei
problemi della quale si chiede la nomina. Non possono  in  ogni  caso
essere  nominati  consulenti  i dipendenti dell'ente locale presso il
quale  opera  l'organo di liquidazione.
           La  richiesta del commissario o del    presidente    della
commissione  deve  indicare le generalita' della persona da nominare,
la qualifica professionale della stessa ed un preventivo della  spesa
da   sostenersi   per  la  consulenza.    L'organo  straordinario  di
liquidazione puo' avvalersi dei consulenti  esterni  solo  dopo  aver
ottenuto l'autorizzazione del Ministero dell'interno.
           Si  invita a richiedere l'ausilio di  consulenti  solo nei
casi  di effettiva necessita' e non per lo svolgimento di compiti che
sono propri della commissione o del commissario.
6. Istituzione del servizio di cassa della liquidazione.
           L'organo   straordinario della liquidazione,  una    volta
insediatosi  provvede  ad  istituire  un servizio di tesoreria  della
liquidazione, aprendo un conto bancario intestato a se stesso.  A tal
fine prende contatti prioritariamente con l'istituto    bancario  che
gestisce  il  servizio  di  tesoreria dell'ente e, solo nel  caso che
questi sia un privato, con un altro istituto di credito.
           Il  commissario o il presidente della    commissione    di
liquidazione    sottoscrive   un'apposita   convenzione   o   un atto
integrativo di quella esistente tra tesoriere ed ente per il servizio
di tesoreria della liquidazione. Ai sensi dell'articolo 61, comma  7,
del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio  1988, n. 43 e
successive  modificazioni,  deve essere pattuito con il tesoriere  un
compenso percentuale rapportato  al  volume  delle  entrate  e  delle
spese.
           Tale  compenso  deve  tener conto, qualora si tratti dello
stesso tesoriere dell'ente, del fatto che molte  operazioni  sono  le
stesse  che  il  tesoriere  avrebbe  dovuto  gestire per l'ente e che
quindi   sono   da ricomprendersi   nel    compenso    gia'    dovuto
dall'ente locale.
           Trovano  applicazione alla gestione della  liquidazione le
norme sul sistema di tesoreria unica previste dalla legge  29 ottobre
1984, n. 720 e successive modificazioni, con  le  modalita'  indicate
dal    decreto del Ministro del Tesoro 22  novembre  1985 (pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 1985,  n.  284),  successivamente
integrato  con i decreti ministeriali 27  dicembre 1985,  19 febbraio
1986, 30 maggio 1986. Di conseguenza  l'organo della liquidazione, se
il comune presso cui e' nominato e' superiore ai 5.000 abitanti, deve
assicurarsi che l'istituto di  credito che funge da  tesoriere  della
liquidazione  ottemperi  alle  disposizioni di cui  alla legge  sopra
citata, restando a  carico  di quest'ultimo   le modalita'  operative
del  rapporto  con  la   Sezione di tesoreria provinciale dello Stato
competente per territorio.
           Per la determinazione   della popolazione  residente    si
applica    la  disposizione  dell'articolo 1, comma 6,  del  decreto-
legge n. 8  del  1993,  secondo  la  quale  si  fa  riferimento  alla
popolazione  del    penultimo anno precedente  l'ipotesi,  pubblicata
dall'ISTAT e riferita alla data del 31 dicembre.
7. Acquisizione del fondo di cassa iniziale.
           Il    commissario  o la commissione devono   acquisire  il
fondo  di cassa iniziale della liquidazione, che    costituisce    la
base    per  la  formazione della massa attiva e per  l'effettuazione
delle spese richieste dal procedimento.
           Il fondo cassa della liquidazione e' formato  inizialmente
dal fondo cassa dell'ente disponibile presso il tesoriere comunale al
31  dicembre dell'anno precedente a quello per il quale il  comune ha
adottato l'ipotesi di   bilancio   riequilibrato, quale  risulta  dal
conto consuntivo o dal verbale di chiusura approvato dall'ente.
           Il  tesoriere  dell'ente  versa  all'istituto bancario che
provvede  al  servizio di cassa della   liquidazione   o    accredita
sull'apposito   conto,   se   tiene   il   servizio  di  cassa  della
liquidazione, tutte le riscossioni eventualmente  eseguite  in  conto
dei residui, salvo diversa disposizione dell'organo straordinario  di
liquidazione.
           Per    definizione  il  fondo di cassa non  puo'  assumere
valori negativi, in quanto lo stesso e'  costituito  dal    numerario
giacente    presso  la  tesoreria comunale, ma al limite assumere  il
valore zero. Lo  stesso  dicasi  nel  caso  in  cui  vi  siano  stati
pignoramenti  presso  il tesoriere comunale non coperti da mandato da
parte dell'ente, che in tanto sono stati possibili in  quanto vi  era
del denaro disponibile.
           In    relazione  al fatto che l'insediamento   dell'organo
della liquidazione  puo'  avvenire  in  un  tempo  successivo  al  31
dicembre  dell'anno  precedente  all'ipotesi  di  bilancio,  si  puo'
verificare una situazione in cui l'ente abbia effettuato  riscossioni
e  pagamenti  in conto residui degli esercizi precedenti  all'ipotesi
di   bilancio, alternando cosi' il fondo    cassa    effettivo  della
liquidazione.
           Sono  tre  i  momenti  che il commissario o la commissione
devono    tenere  presenti  nel  determinare  il  fondo  cassa  della
liquidazione:
1)  l'organo  di  liquidazione  deve  fotografare la situazione  al
    31  dicembre      dell'anno  precedente all'ipotesi di bilancio e
    richiedere all'ente l'accreditamento, sul  conto  speciale  della
    liquidazione,  del fondo di cassa risultante dal conto consuntivo
    o dal verbale di chiusura. L'ente e'  tenuto  ad  accreditare  la
    relativa   somma,   anche   eventualmente   in   piu'   rate   se
    e'impossibilitato a   farlo   in    un'unica  soluzione,  purche'
    questo      non   costituisca  un  danno     allo     svolgimento
    dell'attivita' dell'organo  di liquidazione;
2)  l'organo  di  liquidazione,  depositato  il  fondo  iniziale  di
    cassa, fatto l'elenco dei residui attivi degli  esercizi  di  sua
    competenza, deve  richiedere all'ente di conoscere le riscossioni
    effettuate  a  tale  titolo  sino  alla  data dell'insediamento e
    conseguentemente il versamento  delle  somme  riscosse  in  conto
    residui  attivi  sul  conto  della  liquidazione, in quanto somme
    appartenenti alla massa attiva;
3)  l'organo  della  liquidazione  non  deve,  nella  fase iniziale,
    rimborsare  all'ente  le  somme  eventualmente  pagate  in  conto
    residui  passivi prima dell'insediamento, fatto salvo il caso che
    l'ente presenti  una  situazione  di  cassa  tale  da  non  poter
    corrispondere  all'organo  straordinario  della  liquidazione  la
    cassa  spettantegli.    In  tal  caso  l'organo     straordinario
    effettuera'  una  compensazione delle somme gia' pagate dall'ente
    in conto residui passivi sino alla  concorrenza  della  cassa  da
    acquisire  (fondo  cassa  al  31  dicembre  con  l'aggiunta delle
    riscossioni in  conto  residui  attivi).  La  compensazione  deve
    essere  limitata,  come    specificato dal   comma 2, lettera a),
    dell'articolo  6 del D.P.R. attuativo  ai  soli  residui  passivi
    pagati  prima della deliberazione che dichiara il dissesto o alla
    data del 21 marzo 1992 per i dissesti precedenti tale  data,  con
    esclusione quindi  degli eventuali pagamenti anticipati di debiti
    fuori  bilancio e dei residui  passivi successivamente al termine
    suddetto.    La  compensazione    deve  altresi'   tenere   conto
    dell'ordine  cronologico  con    il quale sono stati effettuati i
    pagamenti.
           L'organo  deve in ogni caso valutare    la    legittimita'
della spesa sotto il profilo dell'esistenza e regolarita' del residuo
passivo.
           Si  consideri che a decorrere dall'emanazione del decreto-
legge  17 marzo 1992, n. 233, decaduto per mancata conversione, e per
effetto  dei successivi decreti reiterati fino al decreto-legge  n. 8
del 1993, la gestione dei residui e'  sottratta alla competenza degli
organi istituzionali dell'ente, che  dovevano  limitarsi  a  gestire,
conformemente  alle  disposizioni del   decreto ministeriale 19 marzo
1990, un'ipotesi di bilancio in  termini di pura competenza.
           I residui passivi pagati dall'ente per i  quali  non    e'
stata  effettuata  la  compensazione  con  il  fondo  di  cassa  sono
disciplinati come segue: quelli pagati anteriormente alla data  della
delibera    che dichiara il dissesto o alla data del  21  marzo 1992,
per i dissesti dichiarati prima di tale  data,  sono  inseriti  nella
massa  passiva  come  credito  del  comune  e assistiti da diritto di
prelazione qualora si debba provvedere al pagamento proporzionale dei
debiti ammessi alla liquidazione; per quelli  pagati successivamente,
l'eventuale parte eccedente la  liquidazione  commissariale  resta  a
carico  dell'ente,  fatta salva la  possibilita' di porli a carico di
chi ne avesse disposto illegittimamente il pagamento anticipato.
           Nella situazione in cui il fondo  iniziale  di  cassa  sia
zero    o  prossimo  ad un valore zero, o ancora l'ente  presenti  al
momento  dell'insediamento   dell'organo   della   liquidazione   una
situazione   di  cassa  inadeguata,  in  quanto  la  stessa  non  sia
sufficente  a  far fronte al pagamento delle spese  obbligatorie    e
di  conseguenza  non  sia possibile istituire un fondo per  le  prime
spese della liquidazione, l'articolo  11  del  Regolamento  attuativo
dell'articolo    21    del decreto-legge n. 8 del 1993,  prevede  che
l'organo  straordinario   puo'   richiedere   al   proprio   cassiere
un'anticipazione    sino  ad  un  massimo  di lire 5.000.000, per   i
comuni inferiori  a 5.000 abitanti, e di lire  10.000.000  per    gli
altri enti.
           L'eventualita' di ricorrere all'anticipazione non dovrebbe
essere  frequente, in quanto il fondo di cassa iniziale  va integrato
con  le  riscossioni  gia'  eventualmente    effettuate dall'ente  in
conto  residui attivi. In ogni caso la commissione  o il  commissario
devono provvedere ad attivare con urgenza le riscossioni e  le  altre
operazioni per la formazione della massa attiva.
           L'accredito    materiale   del fondo cassa   dell'ente  al
conto bancario della liquidazione avviene con le modalita'  stabilite
dalla  legge  per i pagamenti degli enti locali ed in particolare con
l'emissione di un mandato di pagamento da imputare su un capitolo  da
istituirsi  alla sez. IX, del Titolo I della spesa, con  la  dicitura
"Versamento fondo di cassa  della  liquidazione straordinaria"  (cat.
econ.  "Somme  non  attribuibili"). Il   mandato deve essere riferito
alla sola cassa.
           Qualora  l'ente  non  provveda,  il   commissario   o   la
commissione,   previa diffida, devono chiedere al Comitato  regionale
di controllo, che provvede con urgenza, di nominare un    commissario
ad acta per l'emissione del mandato.
8.  Provvedimenti per l'accertamento e la riscossione dei residui
    attivi.
            L'organo    della   liquidazione deve attivare   tutti  i
provvedimenti necessari all'accertamento ed  alla  riscossione    dei
residui attivi. Tra questi assumono importanza le entrate  tributarie
e quelle patrimoniali dell'ente, relative ad esercizi  pregressi.
            A  tal  fine l'organo della liquidazione e'  autorizzato,
con proprio atto deliberativo, ad approvare i ruoli degli    esercizi
pregressi.
            Con   decreto del Presidente della Repubblica 28  gennaio
1988, n. 43 e' stato istituito il Servizio centrale di    riscossione
dei  tributi  dello  Stato  e  di altri enti   pubblici,   il   quale
provvede alla riscossione delle entrate mediante   l'affidamento  del
servizio   ad   un  concessionario  che  opera  in  singoli    ambiti
territoriali.
            L'organo   straordinario della liquidazione  deve    dare
pronta  comunicazione  al  concessionario competente alla riscossione
affinche' provveda al  versamento  presso  il  conto  bancario  della
liquidazione  delle  somme  che  riscuotera'  per  tributi ed   altre
entrate  patrimoniali  relative  agli  esercizi  per   i   quali   e'
competente.    Ai  concessionari e' dovuto, ai sensi dell'articolo 61
del D.P.R.   n. 43 del 1988, un  compenso  differenziato  per  ambito
territoriale  ed  a  seconda  che  si  tratti di riscossioni dirette,
tramite    ruolo,  o  riscossioni  coattive,   nonche'   sulla   base
dell'importo della partita riscossa.
            Per    le  entrate riscuotibili mediante   versamenti  su
conto  corrente postale l'organo della liquidazione  si  avvarra' del
conto  corrente dell'ente, avendo cura che sia  indicata  la  causale
precisa dei versamenti stessi.
            A  tal  fine l'ente e' tenuto nel minor tempo possibile a
girare le entrate di competenza della liquidazione  sul  conto  della
stessa;  ugualmente  dovra'  comportarsi  per  il  caso di versamenti
erroneamente fatti alla tesoreria comunale. E' opportuno in ogni caso
dare avviso al pubblico dell'apertura di un  conto    bancario  della
liquidazione diverso da quello dell'ente.
            I    ruoli   dei tributi devono   essere  resi  esecutivi
dall'Intendenza di finanza competente per  territorio,  a  cui  vanno
trasmessi a cura di chi approva il ruolo stesso.
            Gli   articoli  68  e  69  del  D.P.R.  n.  43  del  1988
disciplinano la riscossione coattiva  dei  tributi  locali  e  quella
volontaria   a   richiesta   dell'ente,   per  il  resto  deve  farsi
riferimento alla disciplina legislativa dei singoli tributi.
            Si  richiamano le disposizioni ancora vigenti    per    i
tributi  degli  enti  locali contenute nel Testo unico per la finanza
locale del 14 settembre 1931, n. 1175, ed in particolare quelle sulla
pubblicazione dei ruoli e sul numero di  rate  per  la    riscossione
degli stessi.
9. Individuazione ed alienazione del patrimonio disponibile.
            L'organo della liquidazione provvede  all'alienazione dei
beni  mobili  e  degli  immobili  per  il  finanziamento  della massa
passiva.
            Possono  essere  alienati  solo   i   beni   mobili   non
strettamente  indispensabili  per  l'esercizio  delle  funzioni e dei
servizi dell'ente ed i beni immobili  facenti  parte  del  patrimonio
disponibile.
            Sono    di    conseguenza esclusi i beni  del  demanio  e
quelli del patrimonio indisponibile,  come  definiti  rispettivamente
dagli articoli 824 e 826 del codice civile.
            I   beni   sono   individuabili   tramite   le  scritture
patrimoniali degli enti, gli inventari, le visure catastali  ed  ogni
altra risultanza scritta o fattuale.
            Prima   di procedere all'alienazione dei  beni    stessi,
l'organo    straordinario    della    liquidazione   deve   attendere
l'approvazione ministeriale del piano di estinzione.
            Ai   fini dell'accertamento dell'entrata   da    inserire
nella    massa  attiva,  il commissario o la commissione chiedono  al
tecnico comunale, o in mancanza di questo, ad un tecnico privato,  la
stima    del    valore  del bene al prezzo   di   mercato.   L'organo
straordinario della liquidazione iscrive  come  accertamento    nella
massa  attiva  un  valore  non inferiore all'80 per cento della stima
effettuata,  al  fine  di  assicurare  che  non  vi  siano  scompensi
eccessivi  nel  caso  che  la  vendita  dei  beni non dia i risultati
preventivati.  Si richiama l'attenzione sul fatto che la stima   deve
avvenire    tenendo  conto  delle effettive possibilita' offerte  dal
mercato, escludendo  dalla  vendita  quei  beni  che  per  situazioni
obiettive      degli   stessi,   stato   di  degrado  o  collocazione
territoriale  svantaggiosa,  non  hanno   possibilita'   di   trovare
acquirenti.
           Ugualmente  non  e'  possibile effettuare la vendita   dei
beni immobili se l'ente non ha acquisito la  proprieta'  del  terreno
sul quale gli stessi sono stati edificati.
           Si  rammenta    la  disposizione   dell'articolo   3   del
decreto-legge     31  ottobre  1990,  n.   310,   convertito      con
modificazioni  della    legge  22  dicembre  1990,  n.  403,  che  ha
consentito,  anche per  le finalita' di cui agli articoli 24 e 25 del
decreto-legge  n.  66  del   1989,   l'alienazione   del   patrimonio
disponibile    nonche'  del  patrimonio  di  edilizia residenziale di
proprieta' degli enti.   Nelle    more    del  perfezionamento  delle
operazioni  di    vendita   e' stato altresi' consentito ricorrere al
finanziamento presso istituti di credito o utilizzare in  termini  di
cassa  le  somme  a    specifica  destinazione, ai sensi del comma 2,
dell'articolo 3,  del decreto-legge  n. 310 del 1990 come  modificato
con    l'articolo    7  del  decreto-legge  n.  8 del 1993. Stante la
delicatezza della materia, si rinvia alle  raccomandazioni  contenute
in  proposito nella  circolare Ministero dell'interno 15 maggio 1991,
n. 19/91, @ 5.
           L'organo della liquidazione ha le piu' ampie  facolta' nel
decidere il  sistema  di  vendita  del  bene,  tenuto  conto    della
necessita'    di  realizzarne  a tempi brevi il corrispettivo,  fermo
restando il  rispetto  delle  procedure  di  legge  che  regolano  la
materia.
           Gli  articoli 87, comma 1, e 140 del T.U.L.C.P.  approvato
con   regio   decreto   3 marzo 1934,   n.    383,    non    abrogati
dall'articolo 64 della legge 8 giugno 1990, n. 142,  stabiliscono che
i  contratti  dei  comuni  e delle province riguardanti  alienazioni,
locazioni, ecc. devono  di  regola  essere  preceduti  da    pubblici
incanti, con le forme stabilite per i contratti dello  Stato.
           Si    applicano  di  conseguenza le norme contenute  nelle
"Nuove   disposizioni sull'amministrazione del patrimonio  e    sulla
contabilita'   generale dello Stato", approvate con regio  decreto 18
novembre 1923, n. 2440  e  quelle  del  Regolamento  di    attuazione
approvato    con  regio  decreto 23 maggio 1924, n. 827 e  successive
modificazioni,  nonche', per quanto non  modificate,  quelle    della
legge    24  dicembre  1908, n. 703. Le forme che i  contratti  dello
Stato possono assumere per la vendita dei beni sono  prioritariamente
quelle del pubblico incanto, sulla base del valore di  stima, e della
licitazione privata, con le modalita' degli  articoli 63  e  seguenti
del Regolamento n. 2440 del 1923.  La  trattativa privata  ha  luogo,
ai  sensi  degli articoli 41 e 92  del  suddetto regolamento, quando,
dopo aver interpellato (se  cio'  sia  ritenuto  conveniente)    piu'
persone  e  ditte, si tratta con una di  esse  a seguito di incanti o
licitazioni private andate deserte o si  abbiano  fondate  prove  per
ritenere  che,  ove si sperimentassero, andrebbero deserte o, ancora,
nel caso in cui fosse   obiettivamente dimostrabile   che   non    vi
siano    altri   acquirenti   interessati all'acquisto oltre a quello
prescelto.
10. Quantificazione del contributo erariale massimo accordabile.
           In via preliminare occorre sottolineare che l'articolo  21
della   legge   n.   68  del  1993,  al  comma  3,  nel  disciplinare
l'individuazione  dell'attivo della liquidazione, stabilisce  che  lo
Stato concorre alla formazione della massa attiva quando, e  solo se,
non vi siano sufficienti risorse dell'ente.
           Il  contributo erariale e' attribuito con    le    risorse
derivanti  da  un  mutuo  che sara' assunto dall'organo straordinario
della  liquidazione in unica soluzione e finanziato con il  fondo per
lo sviluppo degli investimenti.
           L'importo massimo mutuabile  si  determina  sommando  alle
disponibilita'    dell'ente    rimaste accantonate sul fondo  per  lo
sviluppo  degli investimenti al 31  dicembre  dell'anno    precedente
all'ipotesi    di  bilancio,  un contributo sino a 5 volte  la  quota
capitaria stabilita per gli enti dissestati nell'anno dell'ipotesi di
bilancio, con riferimento alla  popolazione    del    penultimo  anno
precedente  quello dell'ipotesi, cosi' come disposto dall'articolo 47
del decreto legislativo 3 dicembre 1992, n. 504.
           Per  gli enti che hanno dichiarato il  dissesto  prima del
21 marzo 1992, data di entrata in vigore del decreto-legge  17  marzo
1992,  n.  233, che ha introdotto la nuova disciplina dell'estinzione
del  fabbisogno  pregresso,  il  contributo  erariale  si   determina
considerando come disponibilita' accantonate le somme  a disposizione
dell'ente  sul  plafond  per gli investimenti al 31 dicembre 1991 (in
quanto  non  utilizzate  per  gli  investimenti),  aggiungendovi   un
contributo  fino a 5 volte la quota capitaria stabilita  per gli enti
dissestati nell'anno 1992, calcolata con  le modalita' di cui sopra.
           Si ribadisce che il concorso erariale alla massa attiva e'
del tutto eventuale, e si attiva solo quando e nella misura in cui le
risorse dell'ente risultino insufficienti.
11. I debiti fuori bilancio.
11.1 Definizione di debito fuori bilancio.
           Debito  fuori bilancio e' un'obbligazione verso  terzi per
il    pagamento  di  una  determinata  somma  di denaro   che   grava
sull'ente, non essendo imputabile, ai fini della  responsabilita',  a
comportamenti  attivi  od omissivi di amministratori e  funzionari, e
che   non   puo'   essere   regolarizzata   nell'esercizio   in   cui
l'obbligazione  stessa  nasce,  in quanto assunta in violazione delle
norme gius-contabili che regolano i procedimenti di spesa degli  enti
locali.
11.2 I requisiti generali del debito.
           I    requisiti  di  carattere generale che il debito  deve
avere per essere riconosciuto sono i seguenti: quelli della certezza,
cioe' che  esista  effettivamente  una  obbligazione  a    dare,  non
presunta  ma  inevitabile  per l'ente; quello della   liquidita', nel
senso che sia individuato il soggetto creditore,    il    debito  sia
definito nel suo ammontare, l'importo sia determinato o determinabile
mediante  una semplice operazione di calcolo aritmetico; quello della
esigibilita', cioe' che il pagamento non sia dilazionato da termine o
subordinato a condizione.
11.3 I debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi degli articoli 24
e 25 del decreto-legge n. 66 del 1989.
           L'organo straordinario della liquidazione deve  richiedere
all'ente  l'elenco di tutti i debiti fuori bilancio  maturati sino al
31 dicembre dell'anno precedente all'ipotesi di bilancio, prima    di
procedere  a  verificarne  l'ammissimibilita'  o   meno   al piano di
estinzione.
           Successivamente provvede alla  loro  distinzione  ed  alla
loro  messa in evidenza per tipologie differenti, a  seconda  del re-
gime giuridico a cui gli stessi soggiacciono.
           Una    prima   tipologia riguarda i   debiti  riconosciuti
dall'ente  ai sensi dell'articolo 24 e/o 25 del decreto-legge  n.  66
del 1989. Si tratta di debiti fuori bilancio maturati alla  data  del
12  giugno 1990 e riconosciuti dall'ente entro il 15 luglio 1991. Per
tali debiti  l'organo  della  liquidazione  deve    acquisire  idonea
documentazione  attestante  tutti i requisiti di  riconoscibilita' ed
in particolare le  schede  predisposte  da  questo    Ministero,  che
debbono  essere  state  compilate  a firma del Sindaco   o Presidente
della provincia, del  responsabile  dell'ufficio  competente  per  il
servizio,  del  ragioniere  e del segretario   comunale.   Qualora le
attestazioni gia' predisposte risultino  carenti  o  siano  mancanti,
deve  richiederne l'integrazione o la compilazione ai soggetti  sopra
indicati attualmente in servizio   nell'ente,   che provvederanno  ad
attestare sulla base della documentazione rinvenuta negli uffici o in
mancanza  sulla  base  delle  attestazioni    di  coloro che dovevano
provvedervi  ai  sensi  della  citata    normativa.    Deve  altresi'
richiedere  gli atti deliberativi con i quali l'ente ha provveduto al
riconoscimento.
           L'adempimento e' da considerare obbligatorio e la relativa
omissione da' luogo alla responsabilita' personale di  chi e'  tenuto
alla firma delle schede.
           Qualora   risultino   debiti   che  presentavano  tutti  i
requisiti per essere  riconosciuti  e  per  i  quali  l'ente  non  ha
provveduto  nei termini al riconoscimento, gli stessi  vanno  esclusi
sul   piano  di  estinzione,  e  va  effettuata  la  segnalazione  al
Procuratore della Corte dei conti per l'accertamento delle  eventuali
responsabilita'  in merito al danno prodotto all'ente  dall'omissione
del riconoscimento.
           Per    i   debiti   fuori   bilancio   espressamente   non
riconosciuti dall'ente con proprio atto deliberativo, il  commissario
o la commissione devono limitarsi a darne comunicazione ai creditori.
11.4 Debiti fuori bilancio maturati in data successiva al 12 giugno
     1990.
           Per   i debiti fuori bilancio sorti in data  successiva al
12 giugno 1990 si applica l'articolo 23 del decreto-legge  n.  66 del
1989, richiamato esplicitamente dall'articolo 12 bis, comma   3,  del
decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6,  come  convertito dalla legge 15
marzo 1991, n. 80.
           L'articolo  23  dispone  che  l'effettuazione di qualsiasi
spesa e' consentita solo se sussiste la deliberazione   autorizzativa
della  spesa  e  se  l'impegno  contabile  e'  stato  registrato  sul
competente  capitolo di bilancio dandone comunicazione    ai    terzi
interessati.  L'acquisizione  dei  beni e servizi in violazione delle
suddette  procedure  determina  la  non  imputabilita'  all'ente  del
rapporto  obbligatorio e di conseguenza la spesa va posta a carico di
coloro che hanno consentito la fornitura del bene o del servizio.
           Fanno  eccezione  i   debiti   fuori   bilancio   previsti
dall'articolo 12 bis, comma 4, della legge n. 80 del 1991.
11.5 I debiti  di  cui  al  comma  4, dell'articolo  12  bis,  del
     decreto-legge n. 6 del 1991.
           La   norma  prevede  quattro  tipologie  di  debiti  fuori
bilancio, di cui l'ultima ha carattere residuale. Essa    ricomprende
nella    sua  generalita'  anche  le  altre  categorie,  che  debbono
intendersi  come  una specificazione del principio che,   scaduti   i
termini  di  cui  all'articolo  24 del decreto-legge n. 66 del 1989 e
successive  modifiche, solo i debiti fuori bilancio per  i  quali non
vi e' responsabilita' di  un  soggetto  sono  imputabili  all'ente  e
quindi sanabili.
           Nei  debiti  fuori  bilancio per fatto non imputabile alla
volonta' di un soggetto rientrano quelle obbligazioni dovute a  causa
di  forza  maggiore  non  previdibili,  come  i debiti fuori bilancio
sorti  per effetto di puri fatti (produttori di  danno  e quindi  del
debito di risarcimento), ricostruzioni   di   carriera, revisioni  di
prezzi  (nei  limiti  consentiti  dall'ordinamento)  o  di condizioni
contrattuali,  i  debiti  derivanti  da  contratti  di   durata,   da
partecipazione  a  consorzi  o a gestione di   servizi,  nei quali la
quantificazione del debito o di parte di esso avviene  a consuntivo.
           Tali debiti sono ammissibili al  piano  di  estinzione  se
maturati  in  data  successiva  al  12  giugno  1990,  ma entro il 31
dicembre     dell'anno  precedente   l'ipotesi   di   bilancio,   con
l'osservanza  delle  condizioni  e  procedure  previste  dal comma 2,
dell'articolo 24, del decreto-legge n. 66 del 1989.
           Per i debiti sorti in vigenza dell'esercizio finanziario a
cui si riferisce l'ipotesi di bilancio ed appartenenti alle tipologie
di cui al comma 4, articolo 12 bis, del  decreto-legge n. 6 del 1991,
l'ente deve provvedere prioritariamente con  risorse  proprie  o  con
l'attivazione  della procedura di cui all'articolo 1 bis del decreto-
legge 1 luglio 1986, n. 318 convertito dalla legge 9 agosto 1986,  n.
488. Solo qualora l'ente dia dimostrazione di non poter provvedere ai
sensi  della  citata  normativa,  l'organo  della  liquidazione  puo'
prevederne, essendo in corso la procedura di  dissesto,  l'ammissione
con riserva alla massa passiva.
           Si  ribadisce che qualora trattasi di debiti precedenti al
12 giugno 1990 e non riconosciuti dall'ente entro il 15  luglio  1991
gli  stessi vanno esclusi dalla massa passiva, con le conseguenze in-
dicate al punto 11.3 della presente circolare.
12.  Tipologie di debiti fuori bilancio.
12.1 Debiti fuori bilancio relativi ad espropri.
           La  legge  27 ottobre 1988, n.   458,   come    modificata
dall'articolo    12,    comma 4 bis, del  decreto-legge  28  dicembre
1989,  n. 415 convertito dalla legge 28 febbraio 1980, n.    38    ha
autorizzato    la  Cassa  Depositi e Prestiti a concedere mutui,  con
ammortamento a carico dello Stato,  destinati  al  finanziamento  dei
maggiori    oneri  di  esproprio maturati alla data del  31  dicembre
1987, per l'acquisizione di aree destinate ad interventi di  pubblica
utilita' da parte dei comuni e delle province.
           Veniva altresi' prevista la possibilita' di ricorrere, per
la  parte  non  coperta  dalla  Cassa  depositi e prestiti, a mutui a
carico dell'ente, ai sensi del  comma  8,  dell'articolo    24    del
decreto-legge n. 66 del 1989.
           Con  l'articolo  6 del decreto-legge 6 del 1991 il termine
e' stato spostato a quello dell'entrata in vigore della norma,  cioe'
al  15  marzo  1991.  Infine  l'articolo 6 del decreto-legge n.8  del
1993, ha stabilito la possibilita' di finanziamento degli oneri   per
espropri    maturati    sino  alla  data  di  entrata in vigore della
disposizione.
           La norma, come modificata in  sede  di  conversione  dalla
legge  n.  68  del  1993, ha previsto la possibilita' di  finanziare,
oltre i  maggiori  oneri  di  esproprio  per  opere  pubbliche  o  di
interesse    pubblico, rideterminati ai sensi dell'articolo 15  della
legge  22 ottobre 1971, n. 865 come sostituito    dall'articolo    14
della  legge 28 gennaio 1977, n. 10, e ai sensi  dell'articolo  5 bis
del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333,  convertito  dalla legge  8
agosto  1992,  n. 359, anche quelli derivanti da  sentenze passate in
giudicato o accordi bonari su determinazione    dell'ufficio  tecnico
erariale,  nonche'  le maggiori somme dovute a titolo di risarcimento
per accessione invertita, occupazione senza titolo, interessi  legali
e  svalutazione  monetaria. Tali  disposizioni sono da tener presente
ai fini dell'individuazione dell'ammontare dei debiti fuori  bilancio
per  espropri da ammettere alla liquidazione.  In particolare si puo'
fare riferimento alla circolare  4 aprile 1990, n. 1174  della  Cassa
depositi  e prestiti, come  integrata dalla circolare 27 aprile 1993,
n. 1190, ai fini della   documentazione necessaria  a  comprovare  il
debito.
           Le   disposizioni sopra indicate necessitano di essere co-
ordinate con il riconoscimento dei debiti previsto dagli articoli  24
e  25  del  decreto-legge  n.  66 del 1989 ed in   particolare con la
disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 12 bis, della  legge  n.
80   del   1991,   per   quanto  attiene  alla  eventualita'  di  una
sovrapposizione tra i diversi canali di finanziamento.
           L'inserimento    di  debiti  fuori  bilancio  per    oneri
espropriativi  nella  massa  passiva  esclude  le  altre   forme   di
finanziamento     ed     il  fatto  deve  risultare    da    apposita
attestazione dell'ente, in  quanto  non  e'  ammissibile  un  duplice
finanziamento  per  lo  stesso  oggetto.  Qualora  l'ente  ottenga un
finanziamento da un   istituto   di credito a  seguito  di    domanda
presentata      prima   dell'insediamento  del  commissario  o  della
commissione liquidatrice e' tenuto a  darne  comunicazione  immediata
all'organo  della  liquidazione,  al  fine  di  escludere il relativo
debito dalla  massa passiva.  Se il debito e' stato gia'  pagato  con
il   piano   di   estinzione,   l'ente  e'  tenuto  a  rinunciare  al
finanziamento successivamente ottenuto.
           Per quanto attiene alla data di riferimento del    debito,
sono  riconducibili  nella massa passiva tutti gli oneri  relativi ad
espropriazioni o piu' generalmente acquisizioni di  aree per opere  o
interventi  di  interesse  pubblico,  anche senza titolo, che   siano
avvenute prima del 31 dicembre   dell'anno   precedente l'ipotesi  di
bilancio,  sia che figurino tra i residui passivi siano che siano tra
i debiti fuori bilancio, con le specificazioni di seguito indicate.
           Qualora l'ammontare del debito fosse gia' certo e  liquido
alla data del 12 giugno 1990 lo stesso doveva  essere    riconosciuto
dal  consiglio dell'ente entro il 15 luglio 1991. Nel caso quindi che
non sia stato riconosciuto nel suddetto termine  il debito non  viene
ammesso  alla  massa  passiva  e  va proposta l'azione al Procuratore
della Corte dei conti per il mancato riconoscimento del debito  fuori
bilancio.
           Per    i  debiti  fuori bilancio, successivi al 12  giugno
1990,  conseguenti ad espropriazioni illegittimamente iniziate  o  in
presenza  di  carenza assoluta di titolo all'impossessamento del bene
da parte dell'ente, gli stessi sono ammissibili alla   massa  passiva
solo  in  presenza  di  una  sentenza  che  giustifichi  l'accessione
invertita del bene stesso e quantifichi quanto dovuto per occupazione
senza titolo, interessi legali e svalutazione monetaria.
           Il  debito  fuori bilancio, successivo   al   12    giugno
1990, e' dovuto ad un maggiore onere risultante dalla  differenza tra
indennita'  definitiva  rideterminata  e indennita'   originariamente
stabilita, in  presenza  di  procedure  espropriative    regolarmente
iniziate, non prevedibile, perche' conseguente ad una  modifica della
disciplina  legislativa,  rientra  nell'ipotesi  di  cui  al comma 4,
dell'articolo 12 bis della legge n. 80 del 1991.
           Per quanto attiene ai debiti fuori bilancio per  oneri  di
esproprio  maturati  successivamente  al  31    dicembre    dell'anno
precedente l'ipotesi di  bilancio,  gli  stessi  vanno  di    massima
esclusi dalla massa passiva, se ne e' possibile il  finanziamento con
le  procedure  di  cui  alla  legge  n.  458  del 1988 e   successive
modifiche.  Altrimenti l'ente deve dare la dimostrazione che  non  e'
in  grado  di  finanziarli  ai sensi dell'articolo 1 bis del decreto-
legge  n. 318 del 1986 perche' possano essere  ammessi   con  riserva
alla massa passiva.
           In merito all'acquisizione di aree per i piani di edilizia
economica  e  popolare  e  quelle  relative  ai piani di insediamento
industriale, l'inserimento nella massa passiva  e'  ammesso  per    i
debiti  conseguenti  ad  acquisizione delle aree per la realizzazione
dei  soli  servizi  (strade, scuole, verde, ecc.) con l'esclusione di
quelle cedute e date in concessione superficiaria ai privati, a coop-
erative, agli I.A.C.P. e ad altri enti  pubblici per la realizzazione
degli immobili e degli insediamenti  produttivi i cui maggiori  oneri
debbono  ricadere  sugli anzidetti   beneficiari, in tutti i casi nei
quali l'ente sia in grado di adottare  i provvedimenti di recupero  a
carico degli acquirenti o  concessionari delle aree.
           Infine    e'  necessario che l'organo della   liquidazione
acquisisca attestazione che l'opera e' stata realizzata sulla base di
un progetto approvato dall'organo competente  e  che  non    e'  piu'
possibile la retrocessione del bene.
12.2 Debiti conseguenti a sentenze passate in giudicato e capacita'
     transattiva  dell'organo di liquidazione.
           Il  comma  4  dell'articolo  12 bis della legge n. 80  del
1991 prevede che successivamente al 15  luglio  1991  possono  essere
riconosciuti    debiti    fuori bilancio maturati dopo il  12  giugno
1990, conseguenti a sentenze passate in giudicato.
           Il  comma 3, dell'articolo 21 del decreto-legge  n.  8 del
1993 riconosce alla commissione o  al  commissario    liquidatore  il
potere di transigere vertenze in atto e pretese in corso.
           Entrambe  le disposizioni non  presentano  difficolta' in-
terpretative    se  si  tengono  fermi i riferimenti temporali   come
precisati  al precedente punto. In particolare    sono    ammissibili
alla   massa passiva i debiti fuori bilancio per sentenze  passate in
giudicato successivamente alla data del 12 giugno  1990,    anche  se
riferite  a  debiti  sorti  prima  di  tale  data  e non riconosciuti
dall'ente.
           Qualora  la sentenza sia passata in  giudicato  in    data
anteriore  al  12  giugno  1990, il debito doveva essere riconosciuto
dall'ente ai sensi degli articoli 24 o 25 del decreto-legge  n.66 del
1989 e  successive  modifiche.  Il  mancato  riconoscimento  comporta
l'attivazione   nella   procedura   di  accertamento  di    eventuale
responsabilita' avverso gli organi dell'ente.
           Per le sentenze divenute esecutive successivamente  al  31
dicembre  precedente  l'anno  dell'ipotesi  di  bilancio, la spesa e'
ammissibile alla massa passiva solo dopo che l'ente  abbia dimostrato
l'impossibilita'  di  provvedere  al  finanziamento  con   la   spesa
corrente  o  le procedure di cui all'articolo 1 bis del decreto-legge
n. 318 del 1986.
           Per  i debiti fuori bilancio sorti precedentemente  al  12
giugno  1990 non riconosciuti dall'ente in quanto totalmente od anche
solo in parte privi della certezza, a seguito di  una  vertenza    in
corso, e' possibile la definizione e l'ammissione  alla massa passiva
solo   a   seguito   della  transazione  della  vertenza    ad  opera
dell'organo straordinario della liquidazione. Le  vertenze per debiti
sorti successivamente al  31  dicembre  dell'anno  dell'ipotesi    di
bilancio  sono  di  competenza  dell'ente e non rientrano nella massa
passiva della liquidazione.
           L'atto  di  transazione consiste in una    scrittura    in
forma  pubblica  o  privata  con la quale si raggiunge l'accordo  tra
l'organo    della  liquidazione  ed   il   creditore   sull'ammontare
complessivo     del  credito,  comprensivo  sia  di  oneri  accessori
(interessi) che  di  quelli  connessi  (rivalutazione  monetaria)  al
credito principale, quando dovuti, senza che resti nulla in sospeso.
           Da    tener  presente  la disposizione di cui al  comma  3
dell'articolo  21 del decreto-legge n. 8 del 1993  ove  si    precisa
che,  in  deroga  ad  ogni altra disposizione, i debiti insoluti  non
producono  interessi, rivalutazione monetaria o  altro  dalla    data
della    delibera  che  dichiara il dissesto, e che quindi in  nessun
caso possono venir ammessi alla liquidazione, nemmeno con un atto  di
transazione.  Tale  disposizione non puo' essere applicata  agli enti
locali per i quali e' stato approvato, con decreto  ministeriale,  il
piano  di risanamento, ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n.
66 del 1989, anche se non autorizzati alla contrazione  del mutuo per
il finanziamento del  fabbisogno  pregresso (per effetto del  mancato
espletamento  delle  procedure di  mobilita' del personale dipendente
dichiarato in esubero - articolo  4, comma  8, del decreto-legge n. 8
del 1993). Pertanto la norma  di cui  al comma 3 dell'articolo 21 del
decreto-legge n. 8 del  1993 e' vigente solo per gli enti  che  hanno
dichiarato  il  dissesto  finanziario  ai  sensi dell'articolo 21 del
citato decreto-legge convertito con modificazioni dalla legge  n.  68
del  1993  e  per  gli enti i cui piani di risanamento, deliberati ai
sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66  del  1989,  non  sono
stati ancora approvati con decreto ministeriale. Per questi ultimi il
riferimento  temporale  per  l'esclusione  degli  oneri accessori   e
connessi decorre  dalla data del 21 marzo 1992, data  di  entrata  in
vigore  del    decreto-legge  17  marzo  1992,  n. 233, i cui effetti
prodotti sono   stati fatti salvi dall'articolo  1,  comma  2,  della
legge  n.  68 del 1993.
           Gli    interessi  moratori (articolo 1224 codice   civile)
sono dovuti esclusivamente se vi e' stato un atto di messa in mora da
parte del creditore, ed a far data da tale atto.
           Gli  interessi corrispettivi di cui all'articolo  1282 del
codice    civile  possono  essere  ricompresi    nella    valutazione
complessiva del credito effettuata in sede di transazione, ma solo se
la   conclusione   transattiva  della  pretesa  del  creditore  trova
giustificazione in un vantaggio per l'ente.
           Piu' in generale nessun  atto  transattivo  puo'  ricevere
l'assenso  da  parte  dell'organo  di liquidazione se non risulta  in
maniera  esplicita  il  vantaggio  che  ne  deriva   all'ente.   Tale
vantaggio  va  ad  affiancarsi  a  quello  del  creditore  di  vedere
riconosciuto ed  ammesso  il  proprio  credito  alla  massa  passiva,
acquistando  cosi'  la  certezza  di  partecipare  alla  liquidazione
(totale o parziale) dell'importo che gli e' dovuto. Ma, si ribadisce,
il commissario o  la  commissione  liquidatrice  agiscono  non  negli
interessi  dei  creditori, ma nell'interesse pubblico al  risanamento
delle finanze dell'ente.
           Sono inseriti nella massa passiva  d'ufficio  i    debiti,
comprensivi   della sorte capitale, accessori e spese,  rinvenenti da
procedure esecutive in corso al momento   della    deliberazione  del
dissesto,  gia'liquidate  dal  giudice  o  per  le  quali sia   stato
richiesto al giudice dell'esecuzione  il  provvedimento  dichiarativo
dell'estinzione  del  procedimento  esecutivo, come   specificato dal
comma 3, dell'articolo  21  del  decreto-legge  n.  8    del    1993,
convertito dalla legge n. 68 del 1993.
           In  tali casi la dichiarazione di estinzione da  parte del
giudice  delle  procedure esecutive pendenti comporta la liquidazione
dell'ammontare del debito, intesa questa in senso  tecnico, cioe' che
il debito, gia' certo, e' reso liquido e quindi deve essere  inserito
nella  massa  passiva  della  liquidazione. Il debito diverra' quindi
esigibile   con   l'approvazione    del    piano    di    estinzione.
Sull'ammissibilita'  del  debito  relativo a procedimenti   esecutivi
liquidati  dal giudice non e' data  all'organo  della    liquidazione
nessuna    valutazione   discrezionale dovendo   procedere  d'ufficio
all'inserimento nella massa passiva.   Qualora il  commissario  o  la
commissione  abbiano  notizia  di un'azione esecutiva pendente per un
debito  rientrante  nella  loro  competenza,  e  l'ente   non   abbia
provveduto  ad  attivarsi,  dovranno  essi  provvedere  a chiedere al
giudice il provvedimento dichiarativo dell'estinzione dell'azione.
13. La gestione con vincolo di destinazione.
           Sono  entrate e spese a destinazione vincolata  quelle che
sono definite tali da una norma di legge o da un atto amministrativo.
L'esempio piu' evidente e' dato dai contributi per  il rilascio delle
concessioni edilizie, di cui all'articolo 3 della  legge  28  gennaio
1977,  n.  10, i cui proventi, per il disposto dell'articolo 12 della
stessa legge, come modificato dall'articolo 16   bis  della  legge  9
agosto  1986,  n.  488,  debbono  essere  versati  in  conto corrente
vincolato presso la Tesoreria del comune.
           I proventi delle concessioni  edilizie  e  delle  relative
sanzioni    debbono   essere   utilizzati   esclusivamente   per   la
realizzazione delle opere di urbanizzazione  primaria  e  secondaria,
il   risanamento  dei  complessi  edilizi  nei  centri  storici,  per
l'acquisizione delle  aree da espropriare per la  realizzazione   dei
programmi  pluriennali, e, nel limite massimo del 30  per  cento, per
spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale.
           Sono sicuramente a destinazione vincolata i mutui concessi
dalla  Cassa  depositi  e  prestiti   per   espressa   determinazione
dell'articolo  1  del  decreto  ministeriale 1 marzo 1992 (pubblicato
sulla  Gazzetta  Ufficiale 18 marzo 1992, n. 65) ed    in    generale
tutti  i  mutui per la realizzazione di opere pubbliche e le relative
spese, in considerazione dell'obbligo, a  pena    di    nullita'  del
contratto  di  mutuo,  di  specificare  la  natura  dell'oggetto  del
finanziamento.
           Per  i contributi statali e regionali o di altri  enti  e'
necessario rinvenire nella norma o atto che ne dispone la concessione
il vincolo di destinazione.
           Si  tenga  conto  che  l'ambito di autonomia gestionale in
relazione ad entrate vincolate puo' variare in funzione della  natura
del  vincolo.  Alcune  possono essere utilizzate  con  criteri liberi
in quanto il vincolo attiene solo alla materia, come  nel caso    dei
contributi  regionali per funzioni trasferite  ai  sensi del  decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio  1977,  n.   616. In  altre
situazioni il vincolo non consente  l'utilizzazione del contributo se
non  per  la  specifica  spesa  per  la  quale  e'  stato concesso il
finanziamento e richiede una contabilizzazione separata del movimento
di cassa. Il vincolo opera sia come  impedimento a destinare a  scopi
diversi  le  somme  introitate,  sia come impossibilita' di impegnare
importi maggiori di quelli stanziati.
           Il  principio fondamentale introdotto nella  normativa sul
dissesto  dall'articolo 21 del decreto-legge n. 8 del 1993, e' quello
di una netta separazione di competenze tra gli  organi  istituzionali
dell'ente e l'organo speciale  della  liquidazione.  Rientrano  nella
competenza  esclusiva   dell'organo  straordinario della liquidazione
la gestione di tutti i debiti fuori bilancio e di  tutti   i  residui
attivi  e  passivi  alla  data  del   31   dicembre precedente l'anno
dell'ipotesi  di  bilancio,  compresi  quelli   aventi   vincolo   di
destinazione.  Ne  consegue  che  anche i residui relativi ad   opere
pubbliche finanziate con mutui o   con   contributi vincolati,    non
differiscono,  in  quanto  alla  loro   gestione,   da tutte le altre
situazioni pregresse.
           E'   da  rilevare  che,  ove  per  le  spese  a  specifica
destinazione    non siano rinvenibili in tutto o in parte le  risorse
finanziarie ed ove l'ente non intenda  ricostituirle,  esse  dovranno
essere  ritenute  valide  solo  per  la  parte effettivamente coperta
finanziariamente. Della diversa  destinazione  delle  risorse  dovra'
farsi rapporto alla Procura della Corte dei Conti.
           Il comma 6, dell'articolo 6 del Regolamento concernente le
modalita'  applicative del risanamento degli  enti  locali dissestati
prevede che i residui attivi  ed  i  corrispondenti  residui  passivi
della  gestione  vincolata sono esclusi dalla massa attiva e passiva.
Si intende con cio' che le spese che trovano  copertura in un'entrata
vincolata al finanziamento  delle    stesse    non  possono    essere
finanziate  con  gli  ordinari mezzi che   concorrono alla formazione
della massa attiva e che quindi vanno tenute separate  nel  piano  di
estinzione delle situazioni pregresse.
           La    competenza   per quanto attiene   alla  liquidazione
delle  relative spese e all'emissione dei  mandati  e'    dell'organo
straordinario  della  liquidazione  che,  laddove si rende opportuno,
puo'  procedere al pagamento, proprio perche' trattasi  di  spese con
proprio specifico finanziamento, anche  prima  dell'approvazione  del
piano di estinzione, previa verifica delle condizioni  di regolarita'
della spesa previste dalla legge.
           Le   deliberazioni   di   approvazione   degli   stati  di
avanzamento dei lavori non sono strettamente necessarie, in quanto la
liquidazione degli stessi avviene sulla base  di  un  certificato  di
pagamento  redatto  e  sottoscritto  dal direttore dei lavori,  fatto
salvo il rispetto della normativa regolamentare  comunale.    L'unica
verifica  necessaria  attiene  alla  effettiva    acquisizione  della
relativa  entrata.  Tale  verifica  puo'  essere  fatta  con     atto
deliberativo  ad opera dell'organo straordinario della liquidazione o
dell'ente.  In  questo  secondo  caso  l'organo  della   liquidazione
delibera la presa d'atto dell'operato del comune o della  provincia e
dispone la liquidazione dando conto dei motivi  per  i quali  si pro-
cede al pagamento prima dell'approvazione del  piano di estinzione
           Richiedono  necessariamente la deliberazione degli  organi
competenti dell'ente gli atti  di  collaudo  ed  i    certificati  di
regolare esecuzione, prima di disporre il saldo dei lavori.
           In  ogni caso l'organo straordinario della liquidazione ha
titolo ad avvalersi della collaborazione degli uffici  dell'ente  per
la  verifica degli atti amministrativi che giustificano  il pagamento
della spesa.
           Per  quanto attiene alle entrate per concessioni edilizie,
stante il regime di stretto vincolo che la legge  ha  disposto  sulle
stesse,  l'organo  della  liquidazione  puo'  utilizzare la parte dei
contributi percepiti dall'ente prima  del  31  dicembre    precedente
l'anno  dell'ipotesi  di  bilancio e non ancora  impegnati, sino alla
data dell'insediamento del commissario  o  commissione  liquidatrice,
esclusivamente  per il pagamento dei  debiti  fuori bilancio relativi
ad opere di urbanizzazione di cui  all'articolo 12 della legge n.  10
del 1977 e successive modifiche ed  integrazioni.
           Le  opere  di  urbanizzazione primaria e secondaria   sono
quelle definite dall'articolo 4 della legge  29  settembre  1964,  n.
847,    come    modificato con l'articolo 44 della legge n.  865  del
1971, e per effetto dell'articolo 17 bis del decreto-legge 31  agosto
1987,  n.  361,  convertito  con modificazioni dalla legge 29 ottobre
1987, n. 441. Sono state integrate, per quanto attiene all'inclusione
dei  parcheggi, dall'articolo 11 della  legge  14 marzo 1989, n. 122,
per le opere cimiteriali dall'articolo 26 bis  del  decreto-legge  28
dicembre 1989, n. 415, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38
e  per  gli  edifici di culto  dall'articolo 53 della legge 20 maggio
1985, n. 206.
14. Il regime delle prescrizioni
           La prescrizione estintiva produce l'estinzione del diritto
soggettivo per effetto dell'inerzia del titolare del  diritto  stesso
che  non  lo  esercita  per  un  tempo  determinato dalla legge.   E'
regolata in via generale dalle norme del   codice   civile,  articolo
2934  e  seguenti,  fatti  salvi  i  casi  in  cui  la  legge dispone
diversamente.
           Per quanto attiene alle partite attive e'  sconsigliabile,
per  l'organo  della  liquidazione,  rinunciare   al   diritto   alla
riscossione  di  entrate  proprie  dell'ente, anche se prescritte, in
quanto la prescrizione deve essere fatta  valere  dal  debitore,  che
potrebbe  voler pagare comunque. In ogni caso si rammenta che  non e'
ammessa la ripetizione di cio' che e' stato spontaneamente pagato  in
adempimento di un debito prescritto.
           Non   e' sicuramente in potere dell'amministrazione,  e di
conseguenza dell'organo della liquidazione, rinunciare ad  opporre la
prescrizione che sia compiuta dei debiti contratti  verso  terzi,  in
quanto  i principi che sono alla base della contabilita' pubblica non
consentono di effettuare pagamenti non dovuti (articolo 380 del regio
decreto 23 maggio 1924, n. 827).
           I  crediti inesigibili devono trovarsi  in  evidenza    in
apposito registro delle scritture patrimoniali fino a che permanga il
diritto  alla  riscossione  ai  sensi  dell'articolo 2, del   decreto
ministeriale 15 luglio 1980 (Gazzetta Ufficiale 13   agosto 1980,  n.
221).
           Per  quanto  attiene  alle  entrate tributarie si richiama
l'attenzione sulla disposizione dell'articolo 290 del testo unico per
la   finanza locale che  stabilisce  che  i  ruoli    principali    e
suppletivi non possono che riguardare le imposte previste nei bilanci
dell'anno  in  corso  e dei due esercizi  precedenti,  questo qualora
l'ente non abbia provveduto a tale incombenza.
           A  tal fine e' sufficente che la delibera che  approva  il
ruolo  sia  adottata  entro  il 31 dicembre. Le partite   iscritte al
ruolo entro il limite triennale, debbono considerarsi    estinte  per
decadenza, comprese le ipotesi di reiscrizione automatica.
           Diversamente sono soggetti alla prescrizione quinquennale,
se  non diversamente disposto, i debiti d'imposta una  volta iscritti
al ruolo.
           L'interruzione  della prescrizione ha luogo  nel  caso che
il titolare del diritto compie un atto con  il  quale    esercita  il
diritto  stesso, come nel caso di notificazione di un atto giudiziale
o di costituzione in mora del debitore,  ovvero  perche'  il  diritto
viene riconosciuto dal soggetto passivo del rapporto.
           Cosi'  non  opera la prescrizione nei confronti dei debiti
fuori bilancio riconosciuti dall'ente. Se il  riconoscimento non  era
dovuto perche' il debito era prescritto si configura   la  situazione
di  danno  patrimoniale  denunciabile  al Procuratore della Corte dei
conti.
           Di  seguito si indicano, a titolo di    esempio,    alcune
situazioni ricorrenti per l'ente locale:
1)  situazione in cui l'ente e' creditore:
    -  prescrizione    decennale:   proventi  dell'acquedotto,  oneri
    di urbanizzazione delle concessioni edilizie, proventi per  l'uso
    di   impianti   ed   attrezzature,   ritenute   previdenziali  ed
    assistenziali  a carico  dei dipendenti, alienazioni di immobili;
    - prescrizione quinquennale:  contravvenzioni,  contributi  dello
    Stato  e  della  regione  per spese diverse, affitti in genere di
    beni immobili;
2)  situazioni in cui l'ente e' debitore:
    - prescrizione   decennale:   corrispettivo degli  appalti    dei
    lavori pubblici, contributi a favore di terzi o una tantum, spese
    varie   come   energia   elettrica,  riscaldamento,  cancelleria,
    acquisto   macchine mobili ecc., tutti  i  casi  in  cui  non  e'
    modificata la prescrizione ordinaria;
    -     prescrizione    quinquennale:    indennita'    di    carica
    amministratori, stipendi e pensioni ai dipendenti, canoni appalti
    dei servizi, contributi consorziali, affitti  passivi,  interessi
    passivi  periodici,  spese   per le  manutenzioni, quote associa-
    tive;
    - prescrizione  triennale:  spese  per  progettazioni    e    per
    l'utilizzo di professionisti.
        La prescrizione applicabile al credito principale si  applica
anche  a  quello connesso, rivalutazione   monetaria,   ed   a quello
accessorio, interessi corrispettivi.
15  Ipotesi  di bilancio stabilmente riequilibrato -  Termini  di
    presentazione.
           L'ipotesi di bilancio riequilibrato deve essere redatta su
modello ufficiale e deve essere deliberata  dal  consiglio  dell'ente
e  presentata  al  Ministero dell'interno entro il termine perentorio
di tre mesi decorrenti dalla data di  emanazione   del decreto    del
Presidente  della  Repubblica di   nomina   dell'organo straordinario
della liquidazione.
           In sede di prima applicazione,  come  specificato    dalla
circolare  telegrafica del Ministero dell'interno n. 22 del 27 agosto
1993 per  gli  enti  per  i  quali  e'  stato    nominato    l'organo
straordinario   di   liquidazione  in  data  anteriore  a  quella  di
pubblicazione  sulla Gazzetta Ufficiale del decreto  del   Presidente
della Repubblica di cui al comma 7 dell'articolo 21 del decreto-legge
n.  8  del  1993,  i termini decorrono dalla data di pubblicazione di
quest'ultimo.
           L'inosservanza  del termine integra l'ipotesi    di    cui
all'articolo  39, comma 1, lettera a), della legge 142 del  1990.  Il
termine  di  tre  mesi  e'  perentorio,  e  di conseguenza   verranno
immediatamente  attivate  le  procedure  per  lo   scioglimento   del
consiglio   dell'ente inadempiente. Ai sensi del comma 3  del  citato
articolo   39  della  legge  n.  142  del  1990  con  il  decreto  di
scioglimento  si  provvedera'  alla  nomina di un commissario che, in
sostituzione  dell'organo  sciolto,  provvedera'     all'approvazione
dell'ipotesi di bilancio.
           Si  sottolinea che il termine perentorio di  tre  mesi per
la  presentazione  dell'ipotesi di bilancio e' il termine massimo,  e
nulla osta che l'ipotesi di bilancio venga deliberata   e  presentata
anche     prima  della  nomina    dell'organo    straordinario  della
liquidazione, al fine di consentire l'approvazione  ministeriale  nei
tempi piu' brevi possibili.
           Per le ipotesi di bilancio i cui termini di  presentazione
sono  scaduti  prima  della pubblicazione del D.P.R.,  questi debbono
intendersi    decorrenti    dalla    stessa    data,    a      motivo
dell'impossibilita'  di conoscere le norme regolamentari. In materia,
richiamasi la circolare FL 22/93 del 27 agosto 1993.
16.  Condizioni  preliminari  per  l'adozione  della  delibera  di
     approvazione dell'ipotesi di bilancio.
           Presupposto    indispensabile  per    la     deliberazione
dell'ipotesi  di  bilancio  riequilibrato  e' l'avvenuta esecutivita'
della deliberazione con la quale l'ente dichiara il dissesto.
           L'ente  che  ha  un  bilancio  di   previsione   approvato
regolarmente  ed  esecutivo agli effetti di legge non puo' deliberare
il dissesto e quindi approvare per lo stesso esercizio un'ipotesi  di
bilancio riequilibrato.
17. Contenuto dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
           L'ipotesi  di  bilancio  riequilibrato deve essere redatto
sulla base di modelli ufficiali conformi alle disposizioni del D.P.R.
n. 421 del 1979 e successive modifiche ed integrazioni.
           A  differenza di un bilancio di  previsione  ordinario non
devono essere riportati gli stanziamenti relativi a  residui attivi e
passivi, in quanto l'articolo 21 del decreto-legge n.  8 del  1993 ha
attribuito la competenza su tutta la  gestione pregressa ad un organo
straordinario  di  liquidazione,  rimanendo  affidata   agli   organi
istituzionali  dell'ente  solo  la gestione relativa alla competenza.
Analogamente il fondo iniziale di cassa  da  prevedersi  nell'ipotesi
sara' di valore zero.
           L'ente    di    conseguenza   e'   tenuto   ad   astenersi
dall'effettuare  operazioni in ordine alla riscossione e    pagamento
dei residui e degli eventuali debiti fuori bilancio dalla data  della
deliberazione  che dichiara il dissesto, fatti salvi casi  produttivi
di gravi e comprovati pregiudizi economici per l'ente.
           Qualora   l'ente abbia provveduto ad  effettuare    (nelle
more    della    nomina dell'organo straordinario di  liquidazione  o
perche'  il dissesto era stato gia'    dichiarato    antecedentemente
alla data del 21 marzo 1992) riscossioni in conto residui  attivi e/o
pagamenti    di    residui  passivi,    di   competenza   dell'organo
straordinario di liquidazione, le suddette operazioni debbono  essere
contabilizzate  nell'ipotesi  di  bilancio  ed a tal fine si dovranno
prevedere nelle partite di giro due capitoli di pari importo.
           Nel  prevedere i suddetti stanziamenti    l'ente    dovra'
tenere    conto   della   compensazione   da   effettuarsi   all'atto
dell'istituzione   del fondo di  cassa  della  liquidazione  per    i
residui  passivi    gia'  pagati  dall'ente, come gia' specificato al
punto  7 della presente circolare.
           Gli  stanziamenti di cassa da prevedersi  nell'ipotesi  di
bilancio  si  riferiranno  all'ammontare  degli    stanziamenti    di
competenza nei limiti di cui all'articolo 3, comma 1, del D.P.R.   n.
421 del 1990.
18. Manovra tariffaria.
           Prioritariamente    alla deliberazione   dell'ipotesi   di
bilancio,  o  comunque  contestualmente  alla  stessa,  l'ente   deve
deliberare ai livelli massimi di legge le tariffe relative ai tributi
(imposte,  tasse,  oneri  di  urbanizzazione  e  canoni   o diritti),
canoni  patrimoniali,  con  il  recupero  della  base  imponibile  in
presenza di fenomeni di evasione. Questo obbligo  permane per i dieci
anni successivi all'approvazione ministeriale.
           Si rammenta che ai sensi del comma 5, dell'articolo 25 del
decreto-legge n. 66 del 1989 l'ente dissestato  puo'  deliberare  gli
aumenti tariffari anche in deroga ai termini ordinari  di legge.
           Per    quanto  attiene ai servizi a   domanda  individuale
l'ente e' tenuto ad approvare tariffe che assicurino la copertura del
36  per cento dei costi complessivi dei servizi con  i  soli proventi
degli utenti.
           Per quanto attiene ai diritti di segreteria  istituiti dal
comma 10 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 8 del 1993 gli  stessi
devono  essere  applicati  in  modo  da  garantire che per   ciascuna
categoria  sia previsto, per almeno uno degli   atti    nelle  stesse
ricompreso, l'applicazione del livello massimo.
           Per    l'imposta  comunale sugli immobili gli   enti  sono
tenuti  obbligatoriamente a deliberare l'aliquota massima  del  6 per
mille, fatta salva la facolta' di applicare l'aliquota  del    7  per
mille ricorrendone i presupposti.
           Si    richiama  infine  l'attenzione sul fatto che  l'ente
deve  attivarsi per applicare e riscuotere con la massima  speditezza
i proventi derivanti dal rilascio delle  concessioni    edilizie,  ai
sensi  dell'articolo  3  della  legge  28  gennaio  1977,  n.  10,  e
provvedersi, qualora non l'abbia fatto, degli  strumenti  urbanistici
obbligatori per legge.
           La  manovra tariffaria relativa ai  comuni  dissestati non
puo'  limitarsi  alla  mera  applicazione  delle tariffe   massime di
legge,   ma gli enti sono tenuti  a    trasmettere    al    Ministero
dell'interno,   Ufficio   risanamento   enti   dissestati,   tutti  i
provvedimenti   adottati  ai  fini  di  accelerare  i  tempi  per  le
riscossioni e per l'eliminazione dell'evasione contributiva.
           La    mancata  effettuazione della manovra tariffaria   in
tutti i suoi aspetti, dalla fissazione delle  tariffe  alla    celere
riscossione    di  tutti  i  proventi  relativi,  costituisce  motivo
ostativo  per l'ottenimento del parere favorevole da   parte    della
Commissione  di  ricerca  per  la finanza locale e per il conseguente
decreto approvativo.
           La  manovra  tariffaria  deve  permanere per i dieci  anni
successivi all'approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
19. Contribuzioni diverse da prevedere nell'ipotesi di bilancio.
               L'ente e' tenuto a prevedere anche:
          - i  contributi  erariali  per  l'anno  dell'ipotesi  negli
          importi  effettivamente  spettanti. A tal fine e' possibile
          richiederne  l'importo  al  Ministero      dell'interno   -
          Direzione generale per l'amministrazione civile - Direzione
          centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari -
          Ufficio  risanamento  enti dissestati.   Analoga  richiesta
          potra' essere   fatta   per   conoscere  l'ammontare    del
          contributo  erariale  per  l'allineamento alla media di cui
          alla lettera b), comma 4, dell'articolo 14 del  Regolamento
          di attuazione.
          -  il  contributo  una  tantum  per  il  personale posto in
          mobilita', al titolo II dell'entrata cat. 1', ma  solo  per
          quello  eccedente  il  rapporto  medio  dipendenti/abitanti
          della fascia demografica di appartenenza,  e  solo  per  il
          periodo  intercorrente dalla  data  della deliberazione che
          dispone  la  mobilita'   e   contestualmente   approva   la
          graduatoria  del  personale  suddetto, sino   all'effettivo
          trasferimento  da   parte del dipartimento  della  funzione
          pubblica  ad altro ente. Puo' risultare  pregiudizievole al
          rimborso  del  personale  in  mobilita'  una  deliberazione
          redatta in maniera lacunosa e comunque da cui non si evince
          con chiarezza la messa in mobilita' delle singole unita' di
          personale.
           L'ente   e' altresi' invitato a prevedere  nell'ipotesi di
bilancio contributi per la realizzazione di opere pubbliche    o  per
altra    finalita'    solo  se  esiste   una   ragionevole   certezza
dell'assegnazione degli stessi.
20. Documenti accompagnatori dell'ipotesi di bilancio.
20.1 La relazione previsionale e programmatica
           L'ente  deve deliberare ai sensi dell'articolo 1   quater,
commi  5,  6,  7  e  8, dell'articolo 1, del decreto-legge n.  55 del
1990  convertito, con modificazioni, dalla legge   26   aprile  1983,
n.    131,  la relazione previsionale e   programmatica   nella quale
dovra' essere dato conto, oltre che dei  dati  normalmente  richiesti
per  tutti  gli  enti,  anche  dell'effettiva   realizzabilita' degli
obiettivi  di  risanamento  nell'arco  dei  3  anni  successivi  alla
dichiarazione  di  dissesto,  con    particolare    riferimento  alla
gestione delle aziende e degli altri  organismi  dipendenti dall'ente
locale.  E'  invece  facolta'  dell'ente  deliberare  un'ipotesi   di
bilancio pluriennale.
20.2  La relazione del revisore o del collegio dei  revisori  dei
      conti sull'ipotesi di bilancio.
           L'organo    di  revisione deve esprimere una   valutazione
complessiva  sulla validita' delle misure adottate dall'ente  per  il
riequilibrio  del  bilancio  ed in particolare, con  riferimento alla
redazione dell'ipotesi:
 -       confermare  la  veridicita' delle previsioni di entrata  e
         di spesa;
 -       esprimere  una valutazione sui  tempi  necessari  all'ente
         per l'attivazione delle riscossioni  e dei pagamenti e per
         l'eliminazione dell'evasione contributiva;
 -       esprimere   una   propria  valutazione  sulla congruita' e
         coerenza delle  previsioni e sulla riduzione dei costi dei
         servizi.
20.3 Il rapporto dell'ente ai fini dell'istruttoria.
           L'ente  e'  tenuto  a  curare con la massima precisione la
redazione del rapporto prescritto nel D.P.R. ed a  sottoscriverlo  in
tutte  le  sue parti, curandone la perfetta corrispondenza con i dati
dell'ipotesi  di  bilancio,  del  conto  consuntivo  e  degli   altri
documenti  contabili. Il rapporto costituisce documento  fondamentale
per l'istruttoria del piano di risanamento e l'omessa   presentazione
dello  stesso,  o  una  compilazione lacunosa e   contraddittoria dei
quadri informativi, puo' essere pregiudizievole   per  il  favorevole
esame da parte della Commissione di ricerca,  fatto salvo l'eventuale
accertamento di responsabilita' personali.
21. Rideterminazione della pianta organica e mobilita' del personale.
           L'ente,  prima  di  deliberare l'ipotesi di bilancio, deve
obbligatoriamente rideterminare la pianta   organica,    qualora  sia
numericamente  superiore  alle  unita'  spettanti  sulla  base    del
rapporto   dipendenti/abitanti   della    fascia    demografica    di
appartenenza, disponendo la mobilita' del personale in esubero.
           L'importanza   di   questo   adempimento   discende  dalla
necessita' di  rendere  effettivo  il  riequilibrio  dell'ipotesi  di
bilancio,  che  si  fonda  su  un  equilibrato rapporto delle diverse
categorie   economiche   della   spesa.   La   mancata    prioritaria
rideterminazione della pianta organica puo' costituire pregiudizio ai
fini   dell'emissione   del   decreto  ministeriale  di  approvazione
dell'ipotesi di bilancio.
           Il  rapporto   dipendenti/abitanti e'   quello    indicato
nella  tabella  riportata  nella circolare del Ministero dell'interno
F.L. n. 22/89 del 21 giugno 1989. La popolazione  da    prendere  per
riferimento  e'  quella  ufficialmente  pubblicata dall'ISTAT   al 31
dicembre del penultimo anno precedente l'ipotesi di   bilancio,  come
disposto  dall'articolo  47  del  decreto  legislativo  n. 504 del 30
dicembre 1992.
           La deliberazione deve  contenere  l'esplicita  indicazione
del   numero  dei  posti  che  vengono  soppressi  e  dei  posti  che
costituiscono la pianta organica rideterminata,  con    l'indicazione
delle singole qualifiche.
           Qualora  la  pianta  organica  ed il personale in servizio
siano  contenuti entro i limiti del rapporto di  fascia  dovra'    in
ogni  caso essere prodotta un'attestazione in tal senso, a  firma del
Sindaco,  del  segretario comunale e del responsabile del  personale,
in  cui  vengono  chiaramente  individuate  le  singole    qualifiche
professionali,  i posti occupati e quelli vaganti, in  conformita' ai
dati riportati nell'allegato del personale all'ipotesi di bilancio.
           Si rammenta che l'articolo 31 del decreto  legislativo  n.
29  del  1993  prevede  la  rilevazione  di tutto il   personale   in
servizio presso le  pubbliche  amministrazioni,  la  rideterminazione
delle  piante organiche e la ricognizione delle vacanze di organico e
del  personale  in  esubero,  ai  fini    della     razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche.
           L'ente   puo'   conservare   posti  vacanti  nell'organico
rideterminato nel limite di  fascia  solo  se  non  venga  deliberata
mobilita' di personale.
           La  rideterminazione della pianta organica deve  ispirarsi
a    criteri  di funzionalita' ed efficienza  nell'organizzazione dei
servizi, assicurando prioritariamente quelli   indispensabili,  anche
in  considerazione  che  per  i successivi 5 anni   non  e' possibile
apportare modifiche alla pianta organica  ristrutturata, ai sensi del
comma 5, dell'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989.
           La mobilita' del personale e' obbligatoria  in  tutti    i
casi    in  cui  il personale in servizio a qualsiasi  titolo  presso
l'ente a tempo indeterminato risulti eccedente rispetto al limite  di
fascia. Contestualmente, con lo stesso atto deliberativo, deve essere
approvata  la  graduatoria  per  la  mobilita',  con    l'indicazione
nominativa del personale da trasferire ad altro ente.  Dovra'  essere
altresi'  indicata  la  precisa  natura  del  rapporto    di pubblico
impiego.
           Si rammenta il contributo "una  tantum"  per  il  rimborso
della   spesa  del  personale  collocato  in  mobilita'  puo'  essere
riconosciuto solo a decorrere dalla data della  delibera  approvativa
della relativa graduatoria.
           L'omissione    o  il  ritardo di tale adempimento puo'  di
conseguenza causare danno patrimoniale all'ente,  con  la    relativa
segnalazione  al  Procuratore  della  Corte dei Conti per l'eventuale
azione in danno.
           La  graduatoria   di mobilita' deve   essere    effettuata
sulla  base  dei criteri indicati dall'articolo 21, del decreto-legge
n. 8 del 1993.
           L'atto deliberativo, non appena esecutivo  ai  sensi    di
legge,  va trasmesso in duplice copia alla  Commissione  centrale per
gli    organici    degli    enti    locali   -   Direzione   generale
dell'amministrazione  civile  del  Ministero   dell'interno   e   per
conoscenza  alla Commissione di ricerca per la finanza locale, sempre
presso il Ministero dell'interno, conformamente alle disposizioni op-
erative dettate dalla C.C.O.E.L. per l'esame delle piante organiche.
           L'approvazione   della   rideterminazione    dell'organico
rideterminato da parte della C.C.O.E.L. e' presupposto necessario per
ottenere    il  parere favorevole sull'ipotesi di  bilancio  da parte
della Commissione di ricerca per la finanza locale.
22. Provvedimenti ministeriali sull'ipotesi di bilancio.
           La  Commissione di ricerca per la  finanza  locale    cura
l'istruttoria   dell'ipotesi di bilancio e da' il parere al  Ministro
dell'interno in tempo utile per consentire il rispetto   del  termine
di quattro mesi per l'adozione del provvedimento ministeriale.
           In    caso  di necessita', formula richieste   istruttorie
all'ente locale, che e' tenuto ai chiarimenti ed alle integrazioni di
documentazione entro il termine assegnato, che  e'    necessariamente
breve.
           Il    Ministro  dell'interno, ove siano   stati  accertati
dalla  Commissione di ricerca per la finanza locale    il    rispetto
delle norme in vigore ed il raggiunto equilibrio, approva con decreto
l'ipotesi  di  bilancio  e formula eventuali prescrizioni, alle quali
l'ente locale e' tenuto ad adeguarsi.
           Ove   l'ente locale, nonostante le  eventuali    richieste
istruttorie,  non  si  adegui  alle norme in vigore o non assicuri il
riequilibrio della gestione, il Ministro  dell'interno,  su    parere
della   Commissione   di   ricerca   per   la  finanza  locale,  nega
l'approvazione dell'ipotesi di bilancio.
           Il     decreto   ministeriale  che  nega    l'approvazione
dell'ipotesi di bilancio comporta  l'applicazione  della    procedura
prevista    dall'articolo   39, lettera a)   della legge n.  142  del
1990, determinando lo scioglimento del consiglio comunale, eccettuato
il caso che non si ravvisino responsabilita' imputabili  al consiglio
dell'ente in carica.
           Ciononostante, l'ente dissestato e' tenuto a  rideliberare
per  lo  stesso  esercizio una nuova ipotesi di bilancio in effettivo
riequilibrio, rimuovendo le cause  ostative  evidenziate nel  decreto
ministeriale,  al  fine  di  evitare  ulteriori  danni conseguenti al
comportamento omissivo degli organi.
           Si  rivolge  invito alle Prefetture a    diramare    copia
della  presente circolare agli enti locali, dandone  assicurazione ad
avvenuto adempimento.
                                            Il Ministro: Mancino