N. 55 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 settembre 1993

                                N. 55
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria l'11 settembre 1993 (della regione Lombardia).
 Ambiente (tutela dell') - Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione
    dei  controlli  ambientali  ed  istituzione dell'Agenzia nazionale
    "per la protezione dell'ambiente" -  Attribuzione  a  detto  nuovo
    organismo di funzioni di ausilio tecnico-scientifico del Ministero
    dell'ambiente    in    materia    di    tutela   dall'inquinamento
    dell'atmosfera, delle acque e del suolo e trasferimento alle prov-
    ince  delle  funzioni  amministrative  di  autorizzazione   e   di
    controllo  per  la salvaguardia dell'igiene dell'ambiente prima di
    competenza delle uu.ss.ll., avvalendosi dei presidi multizonali di
    prevenzione e dei competenti servizi delle uu.ss.ll. -  Previsione
    che   le  regioni  stabiliscano  i  criteri  e  le  modalita'  per
    trasferire con proprio provvedimento alle province il personale, i
    beni mobili ed immobili, i  laboratori  e  le  attrezzature  delle
    uu.ss.ll.  gia'  adibiti  allo  scopo  prevedendo  la  conseguente
    riduzione delle dotazioni organiche -  Lamentata  invasione  della
    sfera  di  autonomia  regionale in materia di organizzazione degli
    enti da essa dipendenti  (nella  specie  uu.ss.ll.)  e  di  tutela
    dell'ambiente e di gestione del territorio.
 (D.L. 4 agosto 1993, n. 274 (Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto
    1993), art. 2).
 (Cost., artt. 117, 118 e 119).
(GU n.40 del 29-9-1993 )
   Ricorso  della  regione  Lombardia, in persona del presidente della
 giunta regionale Fiorinda Ghilardotti, autorizzata con delibera della
 giunta regionale n. 40753  del  3  settembre  1993,  rappresentata  e
 difesa  dagli  avvocati  prof.  Valerio  Onida  e Gualtiero Rueca, ed
 elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in  Roma,  largo  della
 Gancia,  1,  come  da  delega  in  calce  al  presente atto contro il
 Presidente  del  Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore,   per   la
 dichiarazione   di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2  del
 decreto-legge 4 agosto 1993, n. 274,  recante  "disposizioni  urgenti
 sulla   riorganizzazione   dei  controlli  ambientali  e  istituzione
 dell'Agenzia nazionale per la protezione  dell'ambiente",  pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 1993.
   Com'e'  noto,  con  referendum  svoltosi  il 18 aprile 1993, il cui
 effetto abrogativo, differito di 60 giorni, e' stato  dichiarato  con
 d.P.R.  5  giugno  1993, n. 177, sono state soppresse alcune parti di
 disposizioni gia' contenute nella  legge  n.  833/1978,  relative  ai
 compiti  di  controllo  e  salvaguardia ambientale che erano affidati
 alle unita' sanitarie locali.
    A tale abrogazione non conseguiva peraltro, a ben vedere, un vuoto
 normativo, perche'  le  funzioni  amministrative  nella  materia  dei
 controlli  ambientali, che rientra nella competenza legislativa delle
 regioni  ai  sensi  dell'art.  101  del  d.P.R.  n.  616/1977,   sono
 riconducibili  alle attribuzioni, oltre che delle stesse regioni, dei
 comuni  (art. 104, primo comma, del d.P.R. n. 616/1977 e art. 9 della
 legge n. 142/1990) e delle province (art.  104,  secondo  comma,  del
 d.P.R.  n. 616/1977; art. 14 della legge n. 142/1990): mentre compete
 alla legge regionale, ai sensi dell'art. 3 della legge  n.  142/1990,
 individuare   piu'   dettagliatamente  le  attribuzioni  dei  livelli
 regionali e locali di governo.
    Ciononostante  il  Governo,  nella  inerzia  del  Parlamento,   ha
 ritenuto  di  dover intervenire con il decreto-legge n. 274/1993, col
 quale si istituisce anzitutto l'agenzia nazionale per  la  protezione
 dell'ambiente  (organismo  nuovo,  incarico  di  "attivita'  tecnico-
 scientifica di ausilio del  Ministero  dell'ambiente  e  delle  altre
 amministrazioni  pubbliche  in  materia  di  tutela dell'inquinamento
 dell'atmosfera, delle acque e  del  suolo":  art.  1,  primo  comma):
 innovazione  che  -  pur  se  in  astratto  non  incompatibile con le
 competenze regionali,  dato  l'ambito,  in  apparenza  esclusivamente
 tecnico-scientifico   dei  compiti  dell'Agenzia,  rischia  pero'  di
 rappresentare - connessa com'e' alla riforma dei controlli ambientali
 - il  primo  passo  nella  direzione  di  un  ulteriore  processo  di
 riapprovazione di poteri in capo agli organi centrali.
    Inoltre  il  decreto-legge,  all'art.  2, detta una disciplina dei
 controlli ambientali, stabilendo anzitutto che "in attesa delle leggi
 regionali previste dall'art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142,  da
 adottare  non  oltre  il  31 dicembre 1993, le Province esercitano le
 funzioni amministrative di  autorizzazione  e  di  controllo  per  la
 salvaguardia  dell'igiene dell'ambiente", gia' attribuite alle u.s.l.
 dalle  norme  abrogate  col  referendum,  "avvalendosi  dei   presidi
 multizonali  di  prevenzione  e  dei  competenti servizi delle unita'
 sanitarie locali".
    Tale disposizione appare lesiva dell'autonomia delle  regioni,  in
 quanto,   scavalcando  la  legislazione  regionale  cui  pure  si  fa
 riferimento, in rapporto all'art. 3 della legge n.  142/1990,  impone
 una  soluzione  organizzativa  uniforme  fondata sull'attribuzione di
 tutte le competenze di controllo alle province, con "avvalimento" dei
 presidi multizonali di prevenzione e dei servizi delle u.s.l.
    Ne'  la   lesione   viene   meno   per   effetto   del   carattere
 dichiaratamente  transitorio  della  disciplina in questione, dettata
 "in attesa delle leggi regionali" (e che quindi  potrebbe  ritenersi,
 in  via  di  principio, meramente suppletiva e cedevole nei confronti
 della disciplina legislativa regionale): infatti il secondo comma del
 medesimo art. 2 prosegue prescrivendo che le regioni,  con  le  leggi
 attuative  dell'art.  3, legge n. 142/1990, "stabiliscono i criteri e
 le modalita' per trasferire con propri provvedimenti alle province il
 personale, i beni mobili ed immobili, i laboratori e le  attrezzature
 delle unita' sanitarie locali gia' adibite allo scopo", e "provvedono
 al trasferimento delle conseguenti risorse finanziarie".
    Cio' significa che le competenze relative sono collocate, non solo
 transitoriamente  ma  a  regime,  cioe' dopo l'emanazione delle leggi
 regionali previste dall'art. 3 della legge n. 142/1990, in capo  alle
 province.  Le  regioni  potrebbero  bensi'  "individuare le strutture
 tecnico-scientifiche di ausilio per  l'esercizio  delle  funzioni  di
 controllo  ambientale"  (ibidem),  ma  non  potrebbero  scegliere una
 soluzione organizzativa e di  riparto  delle  competenze  diversa  da
 quella individuata dal decreto-legge.
    Viceversa l'art. 3 della legge n. 142/1990 prevede che le regioni,
 "ferme  restando  le  funzioni che attengono ad esigenze di carattere
 unitario nei rispettivi territori,. . . organizzano l'esercizio delle
 funzioni amministrative a livello locale attraverso  i  comuni  e  le
 province",  e  che  a  tal  fine le leggi regionali, conformandosi ai
 principi stabiliti  dalla  stessa  legge  n.  142/1990,  identificano
 "nelle  materie  e nei casi previsti dall'art. 117 della Costituzione
 gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche
 della popolazione e del territorio"  (secondo  comma),  disciplinando
 altresi'  "la cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con
 la regione,  al  fine  di  realizzare  un  efficiente  sistema  delle
 autonomie  locali  al  servizio  dello  sviluppo economico, sociale e
 civile" (terzo comma).
    In  base  a  tali  principi  la  regione  e'  chiamata  dunque  ad
 identificare,  in  rapporto alla dimensione dell'interesse, i compiti
 da  svolgere  rispettivamente  a  livello  regionale,  provinciale  e
 comunale, nonche' le modalita' di raccordo.
    Viceversa, come si e' detto, l'art. 2 del decreto-legge impugnato,
 trascurando  del  tutto  il  flessibile  sistema  voluto  dalla legge
 generale di ordinamento delle autonomie locali, tende ad imporre  una
 soluzione rigida e assolutamente uniforme, fondata sulla attribuzione
 totale  ed esclusiva delle competenze in tema di controlli ambientali
 alle province: in tal modo negando alle regioni sia  la  possibilita'
 di  individuare  in materia "le funzioni che attengono ad esigenze di
 carattere unitario", e dunque da svolgere  a  livello  regionale  (ad
 esempio  per  il coordinamento dei controlli), sia la possibilita' di
 collocare le funzioni a livello delle province e dei  comuni  secondo
 la  dimensione  dell'interesse  e  in  rapporto "alle caratteristiche
 della popolazione e del territorio".
    Lo stesso secondo comma dell'art. 2 del decreto, nella sua  ultima
 parte,  demanda  ad  un  atto  di  indirizzo  e coordinamento - senza
 fissare criteri, e dunque in violazione del  principio  di  legalita'
 sostanziale  -  il  compito di stabilire "la tabella di equiparazione
 tra le posizioni funzionali del personale rivestite presso le  unita'
 sanitarie locali e quelle delle province".
    A  sua  volta il terzo comma di detto articolo, dopo aver previsto
 accordi di programma promossi dalla regione per determinare  i  costi
 necessari  per  lo  svolgimento  delle attivita' di controllo ai fini
 della statuizione delle tariffe, e le modalita' per il  trasferimento
 dei  relativi importi ai soggetti competenti, dispone che le regioni,
 "in  conformita'  alle  direttive  all'uopo  emanate   dal   Ministro
 dell'ambiente,  di  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro,  curano
 annualmente la pubblicazione di  relazioni  preventive  e  consuntive
 sulle  attivita'  di  controlli  provinciali": in tal modo da un lato
 identificando in modo riduttivo  i  compiti  di  coordinamento  delle
 regioni  in  materia, e assoggettandone per di piu', dall'altro lato,
 l'esercizio ad  un  improprio  potere  di  "direttiva"  del  Ministro
 dell'ambiente,  che  non si giustifica in nessun modo, non versandosi
 in materia  delegata  ma  in  materia  di  competenza  propria  delle
 regioni.
                               P. Q. M.
    Chiede   che   la   Corte   voglia   dichiarare   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2 del d.l.  4  agosto  1993,  n.  274,  per
 violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.
      Roma, addi' 3 settembre 1993
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

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