N. 571 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 1993
N. 571 Ordinanza emessa il 17 giugno 1993 dal tribunale di Venezia nella richiesta di riesame proposta da Dona' Fausto Mafia - Provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa - Possesso ingiustificato di beni di valore sproporzionato alla attivita' svolta o ai redditi dichiarati - Configurazione di tale condotta come reato proprio richiedendosi per il soggetto attivo la qualifica di indagato per determinati reati o di soggetto nei cui confronti si proceda per l'applicazione di una misura di prevenzione - Irragionevolezza in considerazione della non definitivita' delle suddette qualifiche - Lesione dei principi di eguaglianza e di presunzione di innocenza. (D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, secondo comma, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, modificato dal d.l. 21 gennaio 1993, n. 14). (Cost., artt. 3 e 27, secondo comma).(GU n.41 del 6-10-1993 )
IL TRIBUNALE Vista l'istanza di riesame presentata dall'avv. Antonio Bondi nell'interesse di Dona' Fausto, indagato nel procedimento penale n. 1068/93 r.g.n.r. per il reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, del decreto-legge n. 306/1992 convertito, con modificazioni, nella legge n. 356/1992, modificata dal decreto-legge n. 14/1993, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. presso il tribunale di Venezia in data 26 maggio 1993; Letti gli atti del procedimento sulla cui base e' stato emesso il provvedimento suddetto; sentiti i difensori dell'indagato i quali, all'udienza camerale, hanno enunciato i motivi del riesame e prodotto documentazione a sostegno; Ritenuto che pregiudiziale al controllo nel merito del decreto citato e' l'indagine relativa alla costituzionalita' dell'art. 12-quinquies, secondo comma, sopra indicato, questione sollevata dai difensori del prevenuto per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 27 e 42 della Costituzione; O S S E R V A Presupposto del reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, citato, e' la pendenza a carico del soggetto di procedimento penale per una delle ipotesi criminose tassativamente indicate o di procedimento per l'applicazione di misure preventive. Questa disciplina appare in evidente contrasto con il principio di "presunzione di non colpevolezza" stabilito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione. Cio' anzitutto in quanto la pendenza di un procedimento penale per determinati reati o di un procedimento per l'applicazione di misure preventive, che costituisce il presupposto del reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, e' un dato di fatto provvisorio e procedurale che non implica un accertamento definitivo di responsabilita' a carico del soggetto. Non sembra, quindi, che un elemento di tal genere, proprio per la sua precarieta', possa costituire il presupposto di una fattispecie penalmente rilevante quale quella prevista dall'art. 12-quinquies, secondo comma. A cio' si aggiunga che, per la formulazione di tale norma, l'esito del procedimento presupposto appare del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato nel senso che l'eventuale assoluzione non spiegherebbe alcuna influenza sulla sussistenza del reato ex art. 12-quinquies, secondo comma. Tale disciplina contrasta, dunque, oltre che col gia' citato art. 27, secondo comma, della Costituzione, anche col principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Carta costituzionale in quanto viene a sottoporre alla medesima sanzione penale due situazioni completamente differenti tra di loro e, cioe', quella di chi venga, anche successivamente, assolto dal reato presupposto e quella di chi, invece, venga condannato per tale reato. Sussiste anche contrasto col principio di ragionevolezza stabilito dall'art. 3 della Costituzione, in quanto la norma in oggetto sancisce un trattamento diverso per situazioni sostanzialmente non dissimili e, cioe', quella di chi ha la disponibilita' di ricchezze sproporzionate ai suoi redditi od alla sua attivita' economica e che ha pendente procedimento penale per determinati reati e quella di chi ha analoga disponibilita' di beni senza aver pendente procedimento penale per i suddetti reati. Ritenuta, pertanto, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata e la sua rilevanza, non potendo il presente procedimento essere definito indipendentemente della risoluzione della medesima questione atteso che la norma censurata costituisce fondamento della disposta misura cautelare; Rilevato, quindi, che il presente procedimento deve di conseguenza essere obbligatoriamente sospeso per quanto disposto dall'art. 23, secondo comma, della legge n. 87/1953, sospensione applicabile anche nei procedimenti di riesame, come ritenuto dalla suprema Corte con le sentenze 3 luglio 1992, prima sezione, e 7 luglio 1992, sesta sezione; Precisato che tale sospensione concerne evidentemente anche il termine per la decisione previsto dall'art. 309, nono comma, del c.p.p., in applicazione del disposto dell'art. 173, secondo comma, del c.p.p.;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306/1992, convertito con modificazioni nella legge n. 356/1992, modificato dal d.l. n. 14/1993, in relazione agli artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione; Sospende il presente procedimento e dispone che a cura della cancelleria gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e che l'ordinanza sia notificata alla parte e al p.m. nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Venezia, addi' 17 giugno 1993 Il presidente: DODERO I giudici: DEFAZIO - RIGONI 93C0962