N. 589 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 settembre 1993
N. 589 Sentenza emessa il 9 luglio 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 3 settembre 1993) dal tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da Pognant Airassa Anna, in proprio e n.q., ed altre contro l'O.P.A.F.S. Previdenza e assistenza sociale - Indennita' di buonuscita corrisposta dall'O.P.A.F.S. ai dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato - Esclusione dal computo di detta indennita' dell'indennita' integrativa speciale - Ingiustificato deteriore trattamento dei dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato rispetto ai dipendenti degli enti pubblici economici e degli enti locali - Incidenza sui principi di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione (anche differita) e dell'assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di vecchiaia. (Legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, lettere b) e c), sostituito dalla legge 3 marzo 1960, n. 185, art. 1, primo comma; legge 14 dicembre 1973, n. 829, art. 14, primo comma; legge 22 dicembre 1980, n. 885, art. 1, settimo comma). (Cost., artt. 3, 36 e 38).(GU n.41 del 6-10-1993 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 2044/90 proposto da Pognant Airassa Anna, in proprio e quale legale rappresentante della minore Faure Bruna, Faure Sabrina, Palmieri Maria, ved. Sabbatini, Sabbatini Paolo, Sabbatini Doriano, Randazzo Giovanna ved. Tagliavia, Tagliavia Rosalia, Tagliavia Filippa, Tagliavia Teresa, Mazzarelli Letizia ved. Puntillo, Cecchin Clara ved. Allemand, Allemand Elena e Allemand Adriana, rappresentati e difesi dall'avv. Carlo Vaira, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Torino, via Bertola n. 59; contro l'O.P.A.F.S. (Opera previdenziale assistenza ferrovieri dello Stato), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso cui e' domiciliata in Torino, corso Stati Uniti n. 45, per l'accertamento del diritto dei ricorrenti a veder computata nella base di calcolo della indennita' di buonuscita, gia' in precedenza liquidata ai loro de cuius dall'amministrazione convenuta, l'indennita' integrativa speciale nonche' la condanna dell'ente convenuto al pagamento a tale titolo delle somme in prosieguo meglio specificate; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Opera di assistenza ferrovieri; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 9 luglio 1992, relatrice la dott.ssa Silvia La Guardia, l'avv. Aliberti per delega dell'avv. Vaira per i ricorrenti e l'avv. Carotenuto per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: ESPOSIZIONE IN FATTO Anna Pognant Airassa e gli altri ricorrenti nominati in epigrafe, qualificatisi eredi di ex dipendenti dell'Azienda autonoma ferrovie dello Stato (ora Ente ferrovie dello Stato) cessati dal servizio in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 210/1985, adiscono il tribunale per vedersi riconoscere il diritto al computo, nella base di calcolo dell'indennita' di buonuscita gia' in precedenza liquidata ai rispettivi de cuius, dell'indennita' integrativa speciale e per la conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle somme specificate nel ricorso. Essi espongono di avere in precedenza evocato in giudizio, avanti il pretore di Torino, in funzione di giudice del lavoro, l'Opera previdenziale assistenza ferrovieri dello Stato (O.P.A.F.S.) chiedendone la condanna al pagamento di un'integrazione della buonuscita da calcolarsi inserendo nel computo relativo a quest'ultima anche l'indennita' integrativa speciale. L'ente si era costituito eccependo il difetto di giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria e sostenendo, nel merito di aver calcolato correttamente, alla luce della legislazione vigente, l'indennita' di buonuscita. Il pretore si dichiarava carente di giurisdizione. I ricorrenti, pertanto, ripropongono quella domanda nella presente sede fondandola sulle considerazioni che si riassumono: 1) violazione ed errata applicazione dell'art. 14 della legge 14 dicembre 1973, n. 829, e dell'art. 1, quarto e settimo comma, della legge 22 dicembre 1980, n. 885. Essi sostengono che, per quanto l'indennita' integrativa speciale non sia stata espressamente menzionata dal citato art. 14, che specifica la base di calcolo dell'indennita' di buonuscita, e malgrado l'I.I.S. sia stata originariamente introdotta, con legge 7 maggio 1959, n. 324, con semplice funzione assistenziale e non quale voce della retribuzione, nondimeno essa avrebbe, nel tempo, mutato natura e sarebbe divenuta parte integrante dello stipendio, e come tale andrebbe necessariamente ricompresa nel calcolo della buonuscita. E cio' come risultato di un processo evolutivo sviluppatosi attraverso significativi interventi del legislatore, il quale ha, dapprima, ricompreso l'I.I.S. nella base imponibile su cui applicare le aliquote dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 48 del d.P.R. n. 597/1973; art. 42 del d.P.R. n. 601/1973), indi l'ha annoverata tra gli elementi della retribuzione rilevanti ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale (art. 22, secondo comma, della legge n. 160/1975). Detti interventi testimonierebbero, secondo i ricorrenti, un mutamento radicale dell'orientamento legislativo, che risulterebbe espresso, piu' di recente, in particolare dalla legge 22 dicembre 1980, n. 885, contenente "norme di integrazione e modifica del trattamento economico, fisso ed accessorio, del personale dell'Azienda autonoma della ferrovie dello Stato", il cui art. 1 prevede, al quarto comma, che l'I.I.S. spettante al personale in servizio e' ridotta di L. 90.152 ed inoltre, al settimo comma, che "la misura degli stipendi risultanti dall'applicazione del presente articolo hanno effetto .. sull'indennita' di buonuscita". Nello stesso senso, e dunque a favore dell'interpretazione che vede l'indennita' integrativa speciale assumere natura retributiva, deporrebbero altre disposizioni entrate in vigore nello stesso anno 1980 e relative ad altre categorie di dipendenti pubblici (i ricorrenti ricordano l'art. 3, secondo comma, della legge n. 299/1980 secondo cui gli iscritti all'I.N.A.D.E.L., collocati in quiescenza dopo il 31 dicembre 1973 hanno diritto a vedersi computata nella base di calcolo del premio di fine rapporto l'indennita' integrativa speciale nella misura prevista dall'art. 1 della legge 31 marzo 1977, n. 91); 2) violazione ed errata applicazione di legge in relazione ai principi generali vigenti in materia. I ricorrenti sostengono che, alla luce delle disposizioni dianzi citate, l'art. 1 della legge n. 885/1980 dovrebbe addirittura intendersi come ricognizione dell'esistente, confermando un diritto alla inclusione dell'I.I.S. nei trattamenti di fine rapporto, che sarebbe gia' spettato sulla scorta della normativa pregressa. Sussisterebbe quindi, in tal senso, un principio generale che l'O.P.A.F.S. avrebbe disatteso; 3) violazione ed errata applicazione di legge in relazione all'art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per disparita' di trattamento e ingiustizia manifesta, in quanto, in alcuni casi l'O.P.A.F.S. avrebbe incluso nel calcolo del premio di fine rapporto anche l'I.I.S., sia pure nella ridotta misura imposta dall'art. 1 della legge 91/1977, con cio' denotando un atteggiamento non univoco, foriero di ingiustificate disparita' di trattamento e contrastante col principio di imparzialita' della pubblica amministrazione; 4) violazione ed errata applicazione di legge in relazione al combinato disposto risultante dall'art. 1, secondo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 e dall'art. 1, quarto e settimo comma, della legge 22 dicembre 1980, n. 885. I ricorrenti osservano che, nei loro confronti, non andrebbe applicata neppure la limitazione di cui all'art. 1 della legge n. 91/1977, secondo cui per "tutte le forme di indennita' di fine rapporto di buonuscita comunque denominata e da qualsiasi fonte disciplinate debbono essere esclusi gli ulteriori aumenti dell'indennita' di contingenza e emolumenti aventi analoga natura scattati posteriormente al 31 gennaio 1977". E cio' in quanto i rapporti di lavoro erano cessati dopo il 30 maggio 1982, data di entrata in vigore della legge 29 maggio 1982, n. 297. Quest'ultima legge ha infatti abrogato integralmente l'art. 1 della legge n. 91/1977 stabilendo che, ai fini del calcolo dei trattamenti di fine rapporto la retribuzione annua deve contenere "tutte le somme .. corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese" (art. 1 della legge n. 297/1982 cit.). I ricorrenti ammettono che tale disposizione non comporta l'integrale ed automatica omogeneizzazione del trattamento di fine rapporto degli impiegati del settore privatistico e di quelli pubblici (riguardo ai quali l'art. 4, sesto comma, della legge cit. mantiene ferma la disciplina specifica); osservano, tuttavia, mutuando un criterio sovente seguito dalla Corte Costituzionale (es. Corte costituzionale 13-18 novembre 1986, n. 236) che detta legge estende i propri benefici anche ai pubblici impiegati poiche' sussisterebbe "un collegamento con la normativa riguardante i dipendenti privati in precedenza voluto e disposto dal legislatore". Collegamento, questo, che, nella specie, dovrebbe essere individuato nella legge n. 885/1z980 con la quale, superando ogni diverso e precedente orientamento, il legislatore avrebbe trattato l'indennita' integrativa speciale corrisposta ai ferrovieri quale parte integrante dello stipendio, come tale utile ai fini del calcolo della buonuscita. In virtu', quindi, del combinato disposto degli art. 1 legge n. 885/1980 e 1 della legge n. 297/1982, concludono i ricorrenti, l'I.I.S. dovrebbe essere ricompresa nel calcolo delle somme loro spettanti a titolo di premio di fine rapporto. In via subordinata, per il non creduto caso si ritenga che l'I.I.S. non abbia natura retributiva e, comunque, sia esclusa, in forza della normativa vigente dalla base contributiva della buonuscita, i ricorrenti sollevano eccezione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto risultante dagli art. 1 della legge n. 885/1980 e 14 della legge n. 829/1973 con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione. Tanto in considerazione della linea di tendenza legislativa sviluppatasi negli ultimi decenni e diretta ad assorbire l'indennita' integrativa speciale nello stipendio; tendenza che ha trovato tra l'altro recente espressione nella legge 17 settembre 1987, n. 494, che ha previsto il conglobamento dell'I.I.S. nello stipendio del personale universitario, degli enti pubblici non economici, degli enti locali delle aziende ed amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo, del servizio sanitario nazionale della scuola. I ricorrenti rammentano che la Corte costituzionale ha ritenuto che talune differenze nella disciplina positiva in materia vadano riguardate, se considerate singolarmente, come espressione della discrezionalita' legislativa di disporre in ordine alle modalita' e alla misura dei trattamenti economici del personale; ma ha, pure, evidenziato come "appare ormai indilazionabile un intervento volto a ricondurre verso una disciplina omogenea i trattamenti di quiescenza nell'ambito del pubblico impiego" e che la accentuazione frazionistica attraverso la prosecuzione dello spezzettamento normativo "potrebbe condurre a valutazioni globali della normativa che sulla base dell'accentuazione del carattere irrazionale delle singole componenti, imporrebbero una valutazione di illegittimita' della normativa complessiva" (Corte costituzionale 25 febbraio 1987, n. 220). Si e' costituita l'O.P.A.F.S. che, eccepita l'inammissibilita' del ricorso, ne sostiene, comunque, l'infondatezza in quanto la normativa specifica concernente il personale delle ferrovie non ricomprende l'I.I.S. nella base di computo della buonuscita ed anche l'eccezione di incostituzionalita' dovrebbe disattendersi poiche' manifestamente infondata, tenuto conto della discrezionalita' del legislatore, ribadita dalle piu' recenti pronunce della Corte costituzionale su questioni analoghe tra cui quella relativa al calcolo dell'indennita' di buonuscita dei dipendenti statali. MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorrenti chiedono venga loro riconosciuto il diritto al computo, nell'indennita' di buonuscita in precedenza liquidata dall'O.P.A.F.S., dell'indennita' integrativa speciale e la conseguente condanna dell'Opera previdenziale al pagamento delle somme specificate nel ricorso. Si tratta di indennita' di buonuscita relative a rapporti cessati in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 17 maggio 1985, n. 210, onde al riguardo sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo ordinario ai sensi dell'art. 6 della legge 20 marzo 1980, n. 75 (che ha abrogato l'art. 44, terzo comma, della legge 14 dicembre 1973, n. 829, relativo alla giurisdizione della Corte dei conti sui ricorsi contro provvedimenti definitivi dell'O.P.A.F.S. in materia di prestazioni obbligatorie). La previsione dell'art. 6 cit., a seguito della trasformazione, operata con la legge n. 210/1985, dell'Azienda autonoma in Ente ferrovie dello Stato e della conseguente privatizzazione del rapporto di lavoro dei ferrovieri, e' stata resa, invece, inapplicabile, per il futuro, nei confronti di questi ultimi, con la conseguenza che le controversie aventi ad oggetto la buonuscita corrisposta dall'O.P.A.F.S. a dipendenti cessati dal servizio dopo l'entrata in vigore della menzionata legge n. 210/1985 sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (ed alla competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro: vedasi Cass. ss.uu. 30 maggio 1991, n. 6161); ma i diritti di cui si discute sono, appunto, maturati sotto la previgente disciplina. Va conseguentemente disattesa l'eccezione preliminare formulata dalla amministrazione resistente. Nel merito, il ricorso si articola in una serie di motivi con i quali si argomenta, in vario modo e sotto profili di volta in volta diversi, la tesi principale dei ricorrenti - vale a dire quella della computabilita', nella base di calcolo della buonuscita, anche della indennita' integrativa speciale - ed in un motivo subordinato con il quale essi denunciano la ritenuta illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, del combinato disposto risultante dagli artt. 1 della legge n. 885/1980 e 14 della legge n. 829/1973 ove preclusivi della possibilita' di computo della I.I.S. Orbene l'art. 14 della legge 14 dicembre 1973, n. 829, recante la riforma dell'Opera di previdenza a favore del personale delle ferrovie dello Stato, prevede che questa "corrisponde ai dipendenti stabili cessati dal servizio, a titolo di indennita' di buonuscita, la somma risultante dal prodotto dei mesi di servizio utile per un dodicesimo dell'80 per cento del totale dell'ammontare dell'ultimo stipendio mensile, dell'eventuale assegno personale pensionabile e del compenso per ex combattenti". Il primo e anche il piu' radicale argomento addotto a fondamento del ricorso e' quello che potrebbe definirsi del conglobamento dell'indennita' integrativa speciale nello stipendio. I ricorrenti prendono, bensi', le mosse dal riconoscimento del fatto che l'indennita' integrativa speciale non viene espressamente menzionata dall'art. 14 cit. e che, oltretutto, essa aveva, quando venne introdotta con legge 27 maggio 1959, n. 324, semplice funzione assistenziale e veniva espressamente dichiarata non computabile agli effetti del trattamento di previdenza quiescenza e dell'imposizione tributaria. Ma, tanto debitamente premesso, essi giungono, poi, a sostenere, attraverso una ricognizione degli interventi legislativi che hanno in vario modo e per differenti finalita' riguardato l'istituto dell'I.I.S., che l'orientamento legislativo e', via via progressivamente ed ormai oggi radicalmente, mutato nel senso di far assumere all'indennita' integrativa speciale, a pieno titolo, natura retributiva, talche' essa dovrebbe riguardarsi come parte integrante dello stipendio. La tesi non e' persuasiva. L'indennita' integrativa speciale, per quanto in origine nata come istituto avulso dai sistemi pensionistici e previdenziali, ha indubbiamente subito una qualche evoluzione finendo per essere sottoposta alla imposizione diretta, come ogni altro reddito di lavoro, dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e per essere inclusa nella base di calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale dall'art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160. L'equiparazione della indennita' integrativa speciale alla retribuzione realizzata da detta normativa e', peraltro, limitata ai fini espressamente previsti dalla stessa e non puo' comportare un effetto di abrogazione implicita delle disposizioni contenute nella legge n. 324/1959 che prelude espressamente la computabilita' della indennita' stessa agli effetti del trattamento di previdenza e quiescenza. Il trattamento della I.I.S. ai fini impositivi non autorizza a ritenere la stessa ricompresa pure tra gli elementi utili ai fini della liquidazione della buonuscita ed altrettanto e' a dirsi quanto all'art. 22 della legge 160/1975 il quale, come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 220 dell'11-25 febbraio 1988, dispone unicamente l'inclusione dell'I.I.S. nella base di computo della retribuzione sulla quale vanno calcolati i contributi per assegni familiari ed il testo legislativo in cui quella disposizione e' inserita non riguarda l'indennita' di buonuscita. Le indicate disposizioni segnano - e' vero - una tendenza del legislatore, ma tuttavia una tendenza non ancora del tutto univoca, considerato che la preclusione del computo della I.I.S. agli effetti del trattamento di previdenza e quiescenza e' stata ripresa da altre disposizioni, quali quelle contenute nel d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, per i dipendenti statali e nell'art. 2 della legge 20 marzo 1980, n. 75, che, nell'includere la tredicesima mensilita' nella base di calcolo della buonuscita, ha ribadito la esclusione dalla stessa delle indennita' non espressamente previste dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale. Neppure puo' condividersi l'affermazione secondo la quale la legge 22 dicembre 1980, n. 885, recante norme di integrazione e modifica del trattamento economico, fisso ed accessorio, del personale della Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, denoterebbe un mutamento ormai radicale dell'orientamento legislativo la' dove (art. 1, quarto e settimo comma) prevede che una parte dell'indennita' integrativa speciale, pari a circa novantamila lire mensili lorde, va inscritta nella base di calcolo, tra l'altro, dell'indennita' di buonuscita; in effetti tale importo, e solo esso, viene poi espressamente menzionato come stipendio: si ha, cioe', un parziale scorporo dell'I.I.S. che in quella misura viene fatto confluire nella diversa voce "stipendio". La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sempre ritenuto che la norma di cui all'art. 1, terzo comma, lett. b), della legge n. 324/1959, in uno con la natura previdenziale della indennita' di buonuscita, escludesse ai fini della sua determinazione la computabilita' dell'indennita' integrativa speciale, in applicazione delle norme del d.P.R. n. 1032/1973 o di altre analogamente impostate (cfr. ad es. Cons. Stato, sesta sezione 26 settembre 1985, n. 475; id. 15 settembre 1986, n. 713 e 3 aprile 1985, n. 121). Per le stesse ragioni sinora esposte non puo' condividersi l'affermazione dei ricorrenti, contenuta nel secondo motivo, secondo la quale la disposizione contenuta nell'art. 1 della legge n. 885/1980 si limiterebbe in realta' alla mera ricognizione dell'esistenza confermando un diritto, che gia' sarebbe stato attribuito dalla normativa preesistente, all'inclusione dell'I.I.S. nei trattamenti di fine rapporto; onde anche tale argomentazione va disattesa. I ricorrenti deducono inoltre che il comportamento della O.P.A.F.S. sarebbe viziato da violazione dell'art. 97 della Costituzione e da eccesso di potere per disparita' di trattamento ed ingiustizia manifesta in considerazione del fatto che in altri casi l'Opera stessa avrebbe incluso nella base di calcolo del premio di fine rapporto anche l'indennita' integrativa, sia pure nella misura ridotta prevista dall'art. 1 della legge 31 marzo 1977, n. 9. A tale riguardo, precisato che la controversia involge diritti soggettivi onde non si ravvisa la pertinenza di un tipo di censura quale quella di eccesso di potere caratteristico della impugnazione di atti autoritativi, deve osservarsi che eventuali temporanee oscillazioni interpretative da parte della amministrazione non influiscono sull'aspetto della spettanza o meno ai ricorrenti di quanto da essi preteso. Con il quarto motivo i ricorrenti rammentano che la cessazione del servizio nella specie era avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge 29 maggio 1982, n. 297, che ha abrogato l'art. 1 della legge n. 91/1977 stabilendo che ai fini del calcolo dei trattamenti di fine rapporto, la retribuzione annua deve contenere tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale. I ricorrenti stessi riconoscono che la disposizione non comporta l'integrale ed automatica omogeneizzazione del trattamento di fine rapporto dei pubblici impiegati e di quelli del settore privatistico (stante il disposto dell'art. 4, sesto comma, della legge n. 297/1982) ma affermano (invocando un criterio seguito dalla Corte costituzionale, ad es. con la sentenza n. 236 del 13-18 novembre 1986) che non di meno, essa estenderebbe i propri benefici anche nei loro confronti in quanto sussisterebbe un collegamento tra la normativa riguardante i pubblici dipendenti e quella riguardante i dipendenti privati. E tale collegamento essi ravvedono nella legge n. 885/1980. In realta', per le ragioni sopra esposte, l'art. 1 della legge n. 885/1980 non puo' essere inteso nel senso preferito dai ricorrenti onde l'esaminato motivo risulta fondato su un presupposto erroneo e va, quindi, anch'esso respinto. Risulta, a questo punto, rilevante il dubbio di costituzionalita' prospettata dagli appellanti relativamente al combinato disposto degli artt. 1 della legge n. 885/1980 e 14 della legge n. 629/1973, con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione; senza la soluzione della relativa questione in un senso o nell'altro non sarebbe infatti possibile la decisione della controversia in accoglimento o meno della domanda di corresponsione di un'integrazione della indennita' di buonuscita, liquidata computando nella relativa base di calcolo anche la indennita' integrativa speciale. La questione viene prospettata dai ricorrenti in termini che riprendono argomentazioni gia' sottoposte alla Corte costituzionale e da questa disattese (con riferimento alla situazione, del tutto corrispondente, per quanto interessa, di dipendenti statali, regolata dal d.P.R. n. 1032/1973) con la sentenza 25 febbraio 1988, n. 220, dichiarativa della inammissibilita' della questione sollevata in ragione della discrezionalita' del legislatore in ordine alla determinazione della base retributiva utile ai fini del trattamento di quiescenza, in merito ai modi ed alla misura di tale trattamento ed all'ammontare delle prestazioni previdenziali. A tale pronuncia hanno fatto seguito varie altre dichiarative della manifesta inammissibilita' di questioni identiche o del tutto analoghe a quella allora decisa (cfr., in materia di trattamento di fine rapporto del personale delle Ferrovie dello Stato, Corte costituzionale 8-10 giugno 1988, n. 641). Tuttavia, proprio nella menzionata sentenza n. 220/1988 la Corte costituzionale, esercitando una funzione che potrebbe definirsi sollecitatoria del legislatore, aveva osservato che "appare ormai indilazionabile un intervento volto a ricondurre verso una disciplina omogenea, i trattamenti di quiescenza nell'ambito del pubblico impiego" e che la accentuazione frazionistica attraverso la prosecuzione dello spezzettamento normativo "potrebbe condurre a valutazioni globali della normativa che sulla base della accentuazione del carattere irrazionale delle singole componenti imporrebbero una valutazione di illegittimita' della normativa complessiva". Di qui l'esigenza, avvertita dai ricorrenti, di riproporre la questione. Tale questione, ritenuta gia' non manifestamente infondata in quegli identici termini nei quali era stata dichiarata inammissibile, e' stata nuovamente sottoposta alla Corte costituzionale, in una piu' approfondita prospettazione, volta ad evidenziare tutti i possibili punti di contrasto, con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, delle norme (art. 1 della legge n. 324/1959 e 3, 37, 38 del d.P.R. n. 1032/1973) che precludono il computo dell'I.I.S. nel calcolo della buonuscita dei dipendenti statali, da parte del Consiglio di Stato, sezione sesta, con ordinanza 15 novembre 1991, n. 140. In questa il consiglio ha illustrato un duplice parallelo ordine di considerazioni che inducono a dubitare della legittimita' costituzionale delle previsioni normative sopra richiamate. Le argomentazioni del Consiglio di Stato, che questo collegio pienamente condivide, sono perfettamente trasferibili con riferimento alla questione della computabilita' della I.I.S. ai fini della liquidazione della buonuscita del personale delle Ferrovie dello Stato le cui posizioni, quanto all'aspetto che interessa, sono regolate in modo del tutto analogo a quelle dei dipendenti statali. Orbene, il primo percorso argomentativo seguito dal Consiglio di Stato prende le mosse dalla constatazione della sempre piu' marcata caratterizzazione della indennita' integrativa speciale quale elemento della retribuzione da lavoro subordinato e dalla considerazione "che la retribuzione globale lorda e' comprensiva degli oneri tributari delle condizioni previdenziali e delle ritenute pensionistiche previste dalla legge, cosicche' il suo adeguamento alle variazioni del costo della vita, merce' l'indennita' integrativa speciale e le variazioni di essa via via succedutesi, non puo' essere stato in misura completa in difetto dell'estensione alla stessa di tali oneri, contribuzioni e ritenute. Cio' vuol dire, supposta la retribuzione globale lorda come conforme alla prescrizione dell'art. 36, primo comma, della Costituzione, che la stessa viene a discostarsi da tali prescrizioni (proporzionalita' della qualita' e quantita' del lavoro prestato e sufficienza alla garanzia di un'esistenza libera e dignitosa) di tanto quanto oneri, contribuzioni e ritenute non si estendono alla sua interezza e quindi anche alla indennita' integrativa speciale, almeno nella misura in cui gli stessi ne comportino una maggiorazione essendo a carico dell'amministrazione". Si osserva quindi che il descritto effetto deficitario rispetto alle prescrizioni costituzionali deriva dall'art. 1, terzo comma, lett. c), della legge 27 maggio 1959, n. 324, che sottrae l'indennita' integrativa speciale ad ogni ritenuta e quindi anche alla contribuzione obbligatoria prevista, nel caso del personale delle Ferrovie dello Stato, dall'art. 36 della legge 14 dicembre 1973, n. 829. Il decremento, constata ancora il Consiglio di Stato, "risulta con tanta maggior evidenza per la considerazione peggiorativa che le ritenute onerose per il lavoratore, quali quelle tributarie e quelle pensionistiche, sono state elise dall'esenzione originaria per effetto del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, quella tributaria, e dall'art. 13, primo comma, n. 5, della legge 29 aprile 1976, n. 176, quella pensionistica". Si condivide quindi l'affermazione secondo cui per quel tanto di cui l'indennita' integrativa speciale non e' consentito che sia maggiorata a carico dell'amministrazione della contribuzione previdenziale gli artt. 1, terzo comma, lett. c), della legge 27 maggio 1959, n. 324, come sostituito dall'art. 1, primo comma della legge 3 marzo 1960, n. 185, nonche', per quanto concerne i dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato, l'art. 36 della legge 14 dicembre 1973, n. 829, sembrano in contrasto con l'art. 36, primo comma, della Costituzione nonche', in considerazione della proiezione riduttiva, da cio' provocata, della retribuzione globale nella misura del trattamento di fine servizio, col successivo art. 38, secondo comma. Un secondo ordine di considerazioni - ampiamente sviluppato nella motivazione della richiamata ordinanza della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 140/91 - induce a dubitare, anche con riferimento al principio di uguaglianza e ragionevolezza espresso dall'art. 3 della Costituzione, della legittimita' costituzionale delle norme ostative al computo dell'indennita' integrativa speciale nel calcolo dell'indennita' di buonuscita. Come si crede risulti dimostrate sulla base delle considerazioni che precedono, l'indennita' integrativa speciale e' sostanzialmente una componente della retribuzione dei pubblici dipendenti, al punto di non poter essere esclusa legittimamente dalla contribuzione previdenziale senza ledere principi costituzionali. Ne deriva che le norme di legge che la riguardano e che ai fini del calcolo della buonuscita prendono a riferimento una misura della retribuzione che non comprende l'I.I.S., norme che sono mantenute in vigore dalla disposizione del sesto comma dell'art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297, il cui primo comma, sostitutivo del testo dell'art. 2120 del codice civile, comprende, invece, nella definizione della retribuzione "tutte le somme .. corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale" determinano una disparita' di trattamento, in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, per situazioni identiche o corrispondenti, posto che la definizione della retribuzione contenuta nell'art. 2120 del cod. civ. viene assunta, dal quarto comma dell'art. 1 della legge n. 297/1982 cit., come valevole "per tutti i rapporti di lavoro subordinato per i quali siano previste forme di indennita' di anzianita', di fine lavoro, di buonuscita comunque denominate e da qualsiasi fonte regolate" eccettuati solo, appunto, quelli dei dipendenti pubblici, ai sensi del successivo, menzionato sesto comma. Disparita' di trattamento, quella evidenziata, che non puo' trovare giustificazione nel ritenuto carattere previdenziale della indennita' di buonuscita, che non pare costituire adeguato elemento di differenziazione poiche' la previdenza altro non e' che lo scopo di tutti i trattamenti di fine servizio, i quali si sostanziano in retribuzione, non tanto differita, quanto accantonata presso lo stesso datore di lavoro o in appositi fondi preordinati alla relativa erogazione. Disparita' di trattamento sussistono, del resto, anche all'interno dell'ambito (del pubblico impiego; basti pensare al trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti locali, ai cui fini l'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, ha assoggettato a contribuzione previdenziale ed ha compreso nel calcolo relativo l'indennita' integrativa speciale. Non puo' dirsi, dunque, manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lettere b) e c), della legge 27 maggio 1959, n. 324, nel testo sostituito dall'art. 1, primo comma, della legge 3 marzo 1960, n. 185, e degli artt. 14 legge 11 dicembre 1973, n. 829, e 1, settimo comma, della legge 22 dicembre 1980, n. 885, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione. Deve quindi sospendersi il giudizio disponendo per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione.
P. Q. M. Respinge i motivi da 1 a 4 del ricorso e, sospeso il giudizio, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lettere b) e c) della legge 27 maggio 1959, n. 324, nel testo sostituito dall'art. 1, primo comma, della legge 3 marzo 1960, n. 185, nonche' dell'art. 14, primo comma, della legge 14 dicembre 1973, n. 829 e dell'art. 1, settimo comma, della legge 22 dicembre 1980, n. 885, in relazione agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della segreteria la presente pronuncia sia notificata alle parti in causa ed alla presidenza del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deliberato in Torino nella camera di consiglio del 9 luglio 1992. Il presidente: GOMEZ DE AYALA Il consigliere: MONTINI Il primo referendario, estensore: LA GUARDIA 93C1003