N. 57 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 1993
N. 57 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 1993 (della regione Liguria) Edilizia popolare, economica e sovvenzionata - Previsione che entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione dell'impugnato decreto-legge, il Comitato per la edilizia residenziale (C.E.R.) determini l'ammontare, per il 1994, della quota di cui al primo comma, lett. b), dell'art. 19 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, per consentire la copertura delle spese di amministrazione e degli oneri fiscali - Statuizione dell'onere, a carico delle regioni, di adeguare, entro il 31 dicembre 1993, i canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, con decorrenza 1 gennaio 1994, in modo da rispettare i vincoli di cui al paragrafo 11 della delibera C.I.P.E. 19 novembre 1981 e, in caso di mancato adeguamento, della attribuzione a carico del bilancio regionale della differenza tra il gettito della quota ricavata dal canone degli alloggi, al netto di una quota delle spese generali e di amministrazione e di una quota di manutenzione, e l'ammontare delle somme necessarie per coprire le spese di amministrazione e gli oneri - Lesione dell'autonomia finanziaria della regione e invasione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia residenziale pubblica. (D.L. 3 agosto 1993, n. 331, art. 66, nono comma). (Cost., artt. 117 e 118).(GU n.43 del 20-10-1993 )
Ricorso per la regione Liguria, in persona del presidente pro- tempore della giunta regionale, a cio' autorizzato con delibera n. 4335 del 24 settembre 1993 rappresentato e difeso per mandato a margine dall'avv. Giuseppe Petrocelli del servizio legale regionale, con domicilio eletto presso l'avv. Giampaolo Zanchini, in Roma, via degli Scipioni, 228, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 66, nono comma, del d.l. 3 agosto 1993, n. 331. Sulla Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 1993 e' stato pubblicato il d.l. n. 332, avente la medesima data, recante: "Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di I.V.A. con quelle recate da direttive C.E.E. e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonche' disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'I.L.O.R. dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie". L'art. 66, nono comma, del citato d.l. reca disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica, prevedendo - in particolare - che entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione, il comitato per la edilizia residenziale (C.E.R.) determini l'ammontare per il 1994 della quota di cui al primo comma, lett. b) dell'art. 19 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, per consentire la copertura delle spese di amministrazione e degli oneri fiscali. E' poi previsto a carico delle regioni il seguente onere: "Entro il 31 dicembre 1993 le regioni provvedono ad adeguare i canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, con decorrenza 1 gennaio 1994, in modo da rispettare i vincoli di cui al paragrafo 11 della delibera C.I.P.E. 19 novembre 1981. In caso di mancato adeguamento dei canoni, la differenza tra il gettito della quota di cui al terzo comma, lett. b), dello stesso art. 25 della citata legge n. 513/1977, vigente nella regione e quello necessario a coprire le spese di amministrazione e gli oneri e' posta a carico del bilancio regionale". La disposizione di legge ora richiamata appare costituzionalmente illegittima in quanto lesiva sia dell'autonomia finanziaria regionale garantita dall'art. 119 della Costituzione, sia della funzione regionale di "governo" in materia di edilizia residenziale pubblica (artt. 117 e 118 della Costituzione), e pertanto la regione Liguria si vede costretta ad impugnarla per violazione delle norme costituzionali ora richiamate, in base alle seguenti considerazioni in D I R I T T O Le disposizioni legislative da tener presenti in materia di canoni di alloggi di edilizia residenziale pubblica sono le seguenti: l'art. 19 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, che prevede che il canone sia costituito: a) da una quota destinata all'ammortamento del costo convenzionale a vano; b) da una quota di spese generali e di amministrazione; c) da una quota per la manutenzione; d) da una quota per servizi. Il canone e' ragguagliato alla consistenza e alle caratteristiche degli alloggi e dalla capacita' economica media del nucleo familiare; l'art. 25 della legge 8 agosto 1977, n. 513, che prevede che i canoni degli alloggi, al netto delle spese di cui alle lettere b) e c) del precedente art. 19 siano destinate: a) al pagamento delle rate residue dei mutui gravanti sugli alloggi; b) all'esecuzione di opere di manutenzione straordinarie e di risanamento del patrimonio di abitazioni degli I.A.C.P. o dello Stato; c) al finanziamento dei programmi di edilizia residenziale pubblica; d) al risanamento dei disavanzi pregressi degli I.A.C.P.; e) alla realizzazione di servizi e di urbanizzazioni in quartieri o immobili di edilizia pubblica carenti di tali opere. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui alla delibera C.I.P.E. del 19 novembre 1981 (doc. B) depositato agli atti). Tale atto prevede (art. 11) che i canoni sono diretti a compensare i costi di amministrazione, nonche' a consentire il recupero di una parte delle risorse impiegate per la realizzazione degli alloggi stessi. Le regioni devono determinare i canoni secondo uno schema ivi precisamente delineato, strettamente ancorato al reddito dell'affittuario, a cui corrisponde un canone "sociale ridotto", un canone "sociale", ed infine l'"equo canone". L'ottavo comma del citato art. 11 della delibera C.I.P.E. prevede: "la regione, nell'individuare fasce di reddito e percentuali di riduzione dell'equo canone, dovra' fare in modo che il gettito annuo complessivo dei canoni nell'ambito regionale non sia inferiore all'ammontare risultante dall'applicazione dei massimali in vigore, ai sensi dell'art. 25, secondo comma, della legge 8 agosto 1977, n. 513, alla data di approvazione del provvedimento regionale, aumentati del 50%, da destinare, dedotte le quote di competenza degli enti gestori, alle finalita' indicate nel penultimo comma dell'articolo medesimo". Le "quote di competenza degli enti gestori" a cui si fa riferimento sono quelle previste dalle lett. b) e c) dell'art. 19 del d.P.R. n. 1035/1972 cit. ivi compresi - secondo quanto previsto per la prima volta espressamente dal d.l. n. 331 cit. - gli oneri fiscali, tra cui, ovviamente, l'I.C.I. (che incide in maniera falcidiante) e porterebbe ad un aumento dei canoni assolutamente improponibile, poiche' contrastante con gli obiettivi fissati dalla delibera C.I.P.E. e tale da scardinare il meccanismo di relazione ivi previsto tra reddito dell'inquilino e canone. In altre parole, in base alle citate disposizioni, entro il 1994 la regione dovrebbe incrementare i canoni di una cifra pari almeno all'onere derivante dall'I.C.I. piu' il 50% di detto onere. (Il meccanismo e' ricavato dal p. 8 dell'art. 11 delibera C.I.P.E.). Ma la regione Liguria, anche aumentando al massimo i parametri fissati dalla delibera C.I.P.E., non raggiungerebbe il risultato prefissato dal combinato disposto dell'art. 11, ottavo comma, della delibera C.I.P.E. 19 novembre 1981 e dall'art. 66 qui impugnato, (coprire le spese di amministrazione e gli oneri fiscali), o meglio: lo raggiungerebbe solo superando i rgidi limiti imposti alla regione nella determinazione dei canoni dalla delibera C.I.P.E. 19 novembre 1981. Va infatti, preliminarmente, tenuto presente che - come si e' visto - la determinazione del canone di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, lungi dal presentare margini di discrezionalita' per l'ente regione, e' condizionata imprescindibilmente da insuperabili fattori di ordine obiettivo, quali: il reddito degli affittuari, la vetusta' o meno del patrimonio immobiliare dato in locazione, la dimensione dei centri abitati ove sono situati gli immobili, la misura (che e' prefissata) dell'equo canone, ed altre variabili. Il che rende pressoche' impossibile disporre di spazi autonomi di manovra per consentire che il gettito dei canoni venga elevato a livelli idonei a raggiungere fini diversi e stabiliti "all'esterno" dei vincoli intrinseci al complesso sistema di quantificazione del canone. La riprova delle affermazioni sopra esposte e' contenuta nella relazione depositata quale documento C), ove e' descritta la tipologia di utenza e le percentuali di equo canone applicato (dati ricavati dalla rispettiva rendicontazione) di due dei quattro I.A.C.P. liguri (Genova e La Spezia), i quali rappresentano quasi l'80% dell'intero patrimonio di edilizia residenziale in Liguria. E' ivi calcolato che, pur immaginando astrattamento di modificare i canoni in modo da utilizzare i parametri piu' alti di cui alla delibera C.I.P.E. (il 25% ed il 90% dell'equo canone per coloro che posseggono il reddito di cui ai punti A e B del terzo comma dell'art. 11 della delibera C.I.P.E.), e pur riducendo a tre le fasce in cui articolare il reddito degli affittuari rispetto alle sei ivi consid- erate possibili (le due fasce sub A e C, in aggiunta alle ipotetiche quattro fasce sub B), non si riuscirebbe a coprire le spese generali e gli oneri fiscali, come imposto, invice, dall'ottavo comma dell'art. 11 della delibera C.I.P.E. e dall'art. 66 qui impugnato. In tal caso, il relativo "scoperto" sarebbe posto a carico del bilancio regionale: ma ognun vede come l'operazione ideato dal Governo violi, in primo luogo, l'autonomia finanziaria regionale garantita dall'119 della Costituzione, in quanto fa gravare sul bilancio regionale pesanti oneri sociali senza idonei nuovi trasferimenti di risorse finanziarie da parte dello Stato. Si richiama, al riguardo, la copiosa giurisprudenza di codesta Corte, ove e' chiarito come - a norma dell'art. 119 della Costituzione - l'"autonomia finanziaria delle regioni" deve concretarsi, sul piano sostanziale, in una condizione di autosufficienza per quanto attiene alla provvista dei mezzi occorrenti per far fronte alle "spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali" cosi' come precisa il secondo comma di detto articolo. Codesta Corte ha poi sancito, con sentenza n. 307/1983, come la necessita' del coordinamento tra finanza statale e finanza regionale, richiesto dall'art. 119, non possa essere tale da consentire, di per se', misure di contenimento che vulnerino competenze ed interessi regionali costituzionalmente garantiti, e cio' anche in presenza di situazioni congiunturali, risolvendosi, la indebita limitazione dell'autonomia finanziaria, in indebita incidenza sulle potesta' ex artt. 117 e 118 della Costituzione. E' stato, altresi', ivi ritenuto lesivo delle competenze regionali costituzionalmente garantite il provvedimento legislativo che non lasci sufficienti margini allo svolgimento dell'indirizzo politico- normativo regionale: e tale e', indubbiamente, il precetto contenuto nell'art. 66, nono comma, del d.l. qui impugnato, giacche' viene espropriata la regione di ogni possibilita' di governare la materia dell'edilizia residenziale pubblica e di attuarne le intrinseche finalita', consistenti nel fornire abitazioni a condizioni di favore per le categorie disagiate (v. altresi', Corte costituzionale n. 193/1976, ove ben chiarita la natura e le finalita' degli I.A.C.P., enti strumentali della regione senza fini di lucro, nonche' la natura dei canoni da essi praticati, "piu' modesti di quelli correnti sul mercato, perche' calcolati senza intenti speculativi e non equiparabili alla controprestazione in senso privatistico"). Per contro, la disposizione legislativa qui impugnata non solo pare dimenticare le finalita' assistenziali della materia de qua, ma pone la regione di fronte ad una improponibile alternativa: la rinuncia a perseguire un proprio fine istituzionale, (in contrasto, evidentemente, con gli artt. 117 e 118 della Costituzione) o l'accollo completo del relativo onere senza alcun trasferimento di fondi da aprte dello Stato (in violazione dell'art. 119 della Costituzione).
P. Q. M. Si chiede la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 66, nono comma, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331 per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. Saranno depositati: A) delibera n. 4335 del 24 settembre 1993 di autorizzazione alla proposizione del ricorso; B) delibera C.I.P.E. del 19 novembre 1981; C) relazione del servizio programmi di edilizia residenziale della regione Liguria; D) copia della disposizione legislativa impugnata. Genova-Roma, addi' 24 settembre 1993 Avv. Giuseppe PETROCELLI 93C1049