N. 628 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 agosto 1993
N. 628 Ordinanza emessa il 4 agosto 1993 dalla commissione tributaria di primo grado di Piacenza sul ricorso proposto da Boselli Ernestina contro l'U.T.E. di Piacenza Tributi in genere - Nuove tariffe d'estimo delle unita' immobiliari - Determinazione delle stesse con decreto ministeriale - Annullamento da parte del t.a.r. Lazio di tale provvedimento ministeriale - Successivo ripristino (fino al 31 dicembre 1994) delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale annullato in virtu' di decreto-legge gia' convertito in legge - Denunciata interferenza da parte del legisaltore nella sfera di attribuzioni del potere giudiziario - Irragionevole introduzione, sia pure in via provvisoria, di una tassa patrimoniale sugli immobili non conforme al principio della capacita' contributiva. (D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75). (Cost., artt. 3, 24, 53, 102 e 103).(GU n.43 del 20-10-1993 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 91/7952 presentato il 29 novembre 1991 (avverso dmf 27 settembre 1991, contr. catastali) da Boselli Ernestina residente a Pontenure in via Stradella n. 21 contro l'u.t.e. di Piacenza. Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della decisione. Con ricorso pervenuto a questa Commissione in data 29 novembre 1991 Boselli Albertina esponeva e chiedeva quanto segue: "Premesso che agli immobili siti in Perino (Coli) classificati nel n.c.e.u. del comune di Piacenza come segue: n. 1, categoria A/3, classe 5, vani 6; n. 2, categoria A/3, classe 5, vani 6; n. 3, categoria C/6, classe 6, mq 14; n. 4, categoria C/6, classe 6, mq 14; di proprieta' del sottoscritto risultano attribuite - in applicazione della tariffa d'estimo approvata con decr. min. fin. 27 settembre 1991 pubblicato in suppl. straord. alla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 1991 - le rendite catastali seguenti: 1) L. 960.000; 2) L. 960.000; 3) L. 123.200; 4) L. 123.200; che si ritengono tali rendite illegittime per i motivi piu' oltre specificati; C H I E D E che la on.le commissione tributaria intestata voglia: in via preliminare: ordinare all'ufficio tecnico erariale di Piacenza la produzione di tutti gli atti e provvedimenti di cui al procedimento di formazione della tariffa per la categoria relativa agli immobili di proprieta' del ricorrente piu' sopra specificato; in via principale: disapplicati, se del caso, ex art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, siccome illegittimi, gli atti generali relativi alla formazione della tariffa, dichiarare comunque nulla e di nessun effetto, per i motivi di cui al ricorso, la rendita attribuita sulla base della tariffa medesima agli immobili di proprieta' del ricorrente piu' sopra specificato; in via subordinata: in accoglimento del quinto motivo di ricorso, ridurre la rendita catastale attribuita all'u.t.e. agli immobili del ricorrente. M O T I V I 1. - Illegittimita' della rendita attribuita per violazione di legge nel procedimento di attribuzione della stessa. Il procedimento di attribuzione della rendita catastale agli immobili di proprieta' del ricorrente e' palesemente illegittimo, con particolare riferimento all'adottato criterio del valore ed all'obbligatorio previo interpello dei comuni interessati. 2. - Illegittimita' della rendita attribuita per eccesso di potere del decr. min. fin. 20 gennaio 1990 che ha avviato il procedimento di attribuzione della rendita stessa. Il decr. min. fin. 20 gennaio 1990 - col quale e' stata disposta dal Ministero delle finanze l'attribuzione delle rendite del tipo de qua - ha travalicato i limiti conferiti dalla legge sulla revisione degli estimi per l'attribuzione delle nuove rendite catastali delle unita' immobiliari, facendo applicazione di criteri previsti in norme di carattere eccezionale (applicati, invece, in via ordinaria) e contrastanti con le disposizioni della normativa sulle imposte dirette. 3. - Illegittimita' della rendita attribuita per eccesso di potere sotto il profilo del falso presupposto di fatto e violazione di legge per decr. min. fin. 20 gennaio 1990 che ha avviato il procedimento di attribuzione della rendita stessa. Il precitato decr. min. fin. 20 gennaio 1990 ha disposto l'avvio del procedimento di attribuzione della rendita facendo applicazione di norme che presuppongono l'inesistenza (o l'esistenza in semplice via di eccezione) di conratti di locazione, mentre esistono locazioni, oltretutto con canoni liberamente determinati per gli immobili delle categorie A/8, A/9, A/10 e degli interi gruppi B e C esistenti nella zona. Quand'anche cio' vero non fosse (come invece e'), il criterio stabilito dal provvedimento ministeriale non avrebbe comunque potuto essere adottato con atto di natura amministrativa di carattere generale. 4. - Illegittimita' della rendita attribuita per eccesso di potere per contraddittorieta', indeterminatezza e illogicita' manifesta del procedimento. Il procedimento di approvazione delle tariffe d'estimo e' stato con legge generale variato mentre era gia' in corso, con esautoramento delle commissioni censuarie distrettuali e provinciali e conseguente attribuzione di ogni potere alla commissione censuaria centrale, cosi' che i diversi prospetti approvati appartengono a due gruppi diversi, il primo dei quali formato con interpello delle commissioni censuarie in ogni grado, e l'altro con interpello della sola commissione censuaria centrale sulla base di una norma di legge con la quale si e' preteso sanare a posteriori un procedimento illegittimo sino in allora praticato in via di fatto. 5. - Illegittimita' della rendita attribuita, perche' determinata con l'applicazione di un saggio di interesse illegittimamente determinato (ed unico per tutta Italia) ad un valore incongruo rispetto al valore effettivo. Si producono inoltre i certificati catastali relativi agli immobili di proprieta' del ricorrente piu' sopra specificati. All'udienza del 12 maggio 1993 non si presentava alcuna delle parti. La commissione si riservava la decisione. O S S E R V A Va doverosamente premesso che il t.a.r. del Lazio con decisione n. 1184 del 16 maggio 1992 nelle more di questo giudizio ha annullato i decreti del Ministro delle finanze in data 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 sostanzialmente facendo proprie le censure mosse dalla Boselli. Invero il suddetto tribunale amministrativo ha posto a fondamento della propria decisione le seguenti argomentazioni: "Omissis ..". Nel merito il ricorso e' fondato. Il regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, stabilisce (art. 14) che "la tariffa esprime la rendita catastale, per unita' di consistenza ..", aggiungendo poi (art. 15) che "il reddito lordo e' rappresentato dal canone annuo di fitto ordinariamente retraibile dall'unita' immobiliare .." e (art. 19 che "per la determinazione della rendita catastale il reddito lordo annuo va depurato da tutte le spese e perdite eventuali ..". E' quindi evidente che la base cui va commisurata la determinazione della rendita catastale, e' rappresentata dal reddito virtualmente retraibile dall'unita' immobiliare mediante la sua locazione. Cio' non di meno, la rendita catastale puo' essere calcolata come "interesse del capitale fondiario", costituito dal "valore venale dell'unita' immobiliare", per quelle unita' "per le quali nella zona censuaria la locazione non esista o abbia carattere d'eccezione" (artt. 27 e 28 del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142). I ricorrenti, con una censura che presenta carattere assorbente, denunciano che il Ministro delle finanze col decreto 20 gennaio 1990, nel porre a base della revisione delle tariffe d'estimo "il valore unitario di mercato ordinariamente retraibile", oltre a violare il regolamento sopraricordato, introdurrebbe una alterazione del sistema fiscale, nel senso della trasformazione delle imposte sugli immobili le quali non sarebbero piu' determinate su base reddituale bensi' su base patrimoniale. L'affermazione appare convincente. Ed invero, sotto il profilo puramente strutturale sta per certo che la facolta' di determinare la tariffa sulla base dell'interesse del capitale fondiario, e' prevista dalla norma come eccezione alla regola generale del reddito locativo. Eccezione che e' destinata ad operare solo nel caso in cui nella singola zona non esista un mercato delle locazioni. Da qui l'impossibilita', in via amministrativa, di trasformare tale criterio da eccezionale a generale, come appunto hanno fatto i decreti ministeriali impugnati. Sotto il profilo sistematico generale, poi, c'e' da ricordare che l'intero sistema tributario, per quel che concerne l'aspetto in questione, e' andato via via modellandosi sulla base di una tariffa d'estimo espressiva di una rendita locativa. Lo dimostra il fatto che laddove la proprieta' o il possesso di una unita' immobiliare e' stato assunto ad indice di capacita' contributiva, in relazione all'attitudine del bene a produrre reddito, quest'ultimo e' accertato con riferimento immediato e diretto alla tariffa d'estimo (art. 34 del testo unico delle imposte dirette approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), mentre laddove la capacita' contributiva e' correlata al valore o all'incremento di valore del bene i dati contenuti nella tariffa non esplicano effetti diretti sull'accertamento ma sono utilizzati per orientare il potere dell'ufficio di procedere alla rettifica del valore dichiarato dal contribuente (art. 12, comma 3-bis, del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modifiche nella legge 13 maggio 1988, n. 154). Va altresi' ricordato e precisato che successivamente alla decisione del t.a.r. del Lazio il Governo ha riprodotto il conteuto dei dd.mm. 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 nei decreti legge nn. 298, 348 e 388 del 1992 e 16/1993, tutti decaduti, tranne l'ultimo che e' stato convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, la quale all'art. 2 ha fissato nuove e diverse tariffe basate sul parametro della redditivita' anziche' su quello del valore commerciale dell'immobile. Tale legge dispone che le nuove tariffe e rendite che deriveranno all'esito di apposito procedimento entreranno in vigore il 1 gennaio 1995, ma, nel caso in cui risultassero inferiori a quelle attuali, potranno essere utilizzate con riferimento al primo gennaio 1992 agli effetti dell'Isi, Irpef, Ilor, Irpeg, Invim e Ici. Le somme che fossero state versate in piu' potranno essere recuperate sotto forma di credito d'imposta, alla prima dichiarazione dei redditi successiva all'approvazione delle nuove tariffe. Orbene, questa commissione ritiene d'ufficio che il contenuto della legge in questione presti il fianco a gravi dubbi di legittimita' costituzionale sotto diversi profili e precisamente: 1) violazione degli artt. 102, primo comma e 103, primo comma, della Costituzione. Il potere legislativo convertendo nella legge n. 75/1993 il d.l. n. 16/1993, resuscita - sia pure per un tempo limitato e cioe' fino al 31 dicembre 1994 - le disposizioni contenute nei dd.mm. citati che sono stati dichiarati illegittimi con la predetta sentenza n. 1184 del 16 maggio 1992 del t.a.r. del Lazio. Sembra a questa commissione che un tale modus procedendi costituisca uno straripamento del potere legislativo nel campo riservato istituzionalmente al potere giudiziario. Avendo il t.a.r. del Lazio, con sentenza divenuta definitiva ed operante su tutto il territorio nazionale e con effetto su tutti i rapporti rientranti nella materia regolata dai citati decreti dichiarata l'illegittimita' dei decreti medesimi, essi non potevano essere fatti rivivere nemmeno temporaneamente. Tale modus procedendi sembra porsi in stridente contrasto con gli artt. 102, primo comma, e 103, primo comma, della Costituzione secondo cui la funzione giurisdizionale e' esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario e il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi, e in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. E' ben vero che il legislatore, resosi conto delle insormontabili difficolta', ha disposto che le tariffe illegittime continueranno ad applicarsi in via provvisoria fino all'emanazione delle nuove tariffe che entreranno in vigore dal 1 gennaio 1995, ma e' altrettanto vero e indubitabile che con tale censurabile metodo i contribuenti sono obbligati a conformarsi ad atti amministrativi illegittimi. E' altresi' vero che la legge 24 marzo 1993, n. 75, ha previsto che il contribuente, qualora le nuove rendite in vigore dal 1 gennaio 1995 risultassero inferiori a quelle risultanti dall'applicazione dei dd.mm. potra' recuperare le somme eventualmente versate in piu' sotto forma di credito di imposta alla prima dichiarazione dei redditi successiva all'approvazione delle nuove tariffe, ma non e' chi non vede che tale sistema: A) obbliga per intanto i contribuenti a pagare somme che potrebbero risultare maggiori di quelle effettivamente dovute (e cio' sino al 31 dicembre 1994); B) non prevede un termine di restituzione delle somme pagate in piu' essendo consentito soltanto l'evidenziazione di tali somme sotto la forma del credito di imposta nella prima dichiarazione dei redditi successiva all'approvazione delle nuove tariffe (non e' chiaro se sia ammessa la compensazione tra debiti e crediti e - in particolare - in caso di dichiarazione a credito, quando concretamente il contribuente possa ottenere la restituzione dell'imposta pagata in piu' del dovuto); C) non stabilisce la corresponsione di interessi per il periodo intercorrente tra la data del pagamento indebito e la data dell'effettivo rimborso; 2) violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione. Essendo imposto al contribuente di pagare le imposte - sia pure in via provvisoria (ma ognuno ben sa quanto come in Italia non vi sia nulla di piu' definitivo del provvisorio) - nella misura stabilita con atti amministrativi illegittimi, sorge il fondato dubbio che siano stati violati anche gli artt. 3 e 53 della Costituzione non essendo conforme ne' al principio della capacita' contributiva ne' a quello della progressivita', la tassazione delle rendite immobiliari su una ipotesi di fruttuosita' del valore capitale dell'immobile determinato in case a criteri di tipo patrimoniale, che la stessa norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi all'anno 1994, palesando, inoltre, la propria intrinseca irrazionalita'; 3) violazione, sotto un altro profilo, degli artt. 3 e 53 della Costituzione e dell'art. 24. Il carattere provvisorio o transitorio di applicazione delle tabelle annullate dal t.a.r. disposto dalla norma in parola non elimina il sospetto della violazione degli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione perche', differendo al periodo di imposta successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi la possibilita' da parte dei contribuenti di recuperare quanto eventualmente pagato in piu' del dovuto e del giusto ed il relativo contenzioso, sottopongono il contribuente stesso, medio tempore, ad una tassazione avulsa dalla sua capacita' contributiva e ripristinatoria di una forma (non tanto velata) di solve et repete. Oltre che non manifestamente infondata per le considerazioni che precedono, la questione e' senz'altro rilevante ai fini della decisione della presente controversia concernente l'impugnativa del classamento degli immobili della ricorrente sulla scorta delle nuove tariffe per la determinazione della sua rendita catastale, aumentata complessivamente nella misura indicata in ricorso, per effetto delle tariffe di estimo delle unita' immobiliari urbane introdotte con dd.mm. 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991. Infatti la rendita catastale e' stata aumentata complessivamente da L. 796.464 (che si ottiene aggiornando le rendite catastali precedenti con i coefficienti del 1991: catt. A/3 r.c. L. 864 x coeff. 388 = L. 335.232; A/3 r.c. L. 864 x coeff. 388 = L. 335.232; C/6 r.c. L. 120 x coeff. 525 = L. 63.000; C/6 r.c. L. 120 x coeff. 525 = L. 63.000) a L. 2.166.400 (somma delle rendite esposte nel ricorso e non contestate dall'ufficio).
P. Q. M. Sciogliendo la riserva di cui al verbale d'udienza del 12 maggio 1993, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara d'ufficio, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.l. n. 16/1993 convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 15, in relazione agli artt. 3, 24, 102 e 103 della Costituzione, e rilevante per quanto in motivazione; Sospende il presente procedimento ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga notificata alla ricorrente, all'ufficio tecnico erariale di Piacenza e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Piacenza, addi' 4 agosto 1993 Il presidente relatore: BONGIORNI 93C1054